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ADGNATUS PROXIMUS FAMILIAM HABETO
che letteralmente significa: sq
SE UNA PERSONA MUORE SENZA AVER FATTO TESTAMENTO
ALLA QUALE NON C’È UN SUUS HERES
Pa
IL PIÙ PROSSIMO DEGLI ADGNATI EREDITERÀ LA FAMILIAM
La norma dice che se c’è un questo è chiamato a succedere nel caso
suus heres,
in cui una persona sia morta senza fare testamento. I sono i figli o la mo-
suus heres
di
glie in e dividono in parti eguali l’hereditas. Se un figlio fosse premorto al
manus pa-
i suoi figli subentrano nella posizione del premorto dividendo equamente la
ter,
quota che sarebbe spettata a loro padre (successio Nel caso del postumo, ov-
in locum).
vero il figlio che nasce dopo che sia morto il padre, non c’è bisogno di uno schiavo
i
per accettare l’hereditas, poiché il è un quindi non deve accetta-
suus heres necessarius,
re l’eredità, perché questa diventa sua alla morte del padre e non potrà ri-
nt ipso iure
fiutarla. Ciò implica che la posizione del figlio è una specie di continuazione della
posizione del Nella norma è molto chiara la posizione del rispetto a quel-
pater. suus
pu
la dell’adgnatus se il primo viene chiamato il secondo invece potrà ave-
proximus: heres
re la familia.
Ap 99
Questa norma è di grande rilievo teorico sul piano della tecnica legislativa, poi-
e
ché presenta tre due premesse e una disposizione legislativa che è quella del-
cola: el
l’adgnatus. Se noi moderni avessimo dovuto scrivere questa disposizione avremmo
detto un'altra cosa, ovvero:
SI INTESTATO MORITUR SUUS HERES ESTO
Mi
SI SUUS HERES NEC ESCIT
ADGNATUS PROXIMUS FAMILIAM HABETO
Avremmo quindi messo in positivo il precetto, dicendo: se una persona dovesse
le
morire intestata sia il il primo degli eredi e, in sua mancanza, il secondo
suus heres
sarà il prossimo degli La norma romana invece non dice il sia erede,
adgnatus. suus
ua
ma lo da per scontato, mettendolo come premessa. La legge non ha bisogno di ri-
marcare che il sarà erede, perché lo è già senza bisogno di una legge. Quindi
suus
la nozione di è concepita dal diritto romano come un (utiliz-
suus heres erede naturale
sq
zando una terminologia illuministica). Il rapporto tra il e l’adgnatus, dal punto
suus
di vista legislativo, è chiaro: l’adgnatus ha bisogno di una norma per ricevere la fami-
poiché non è scontato. La legge quindi, affermando che l’adgnatus avrà
lia proximus
Pa
la non lo configura come un erede necessario e dunque questo potrà anche
familia,
rifiutarla.
Se non ci dovessero essere nemmeno la norma prosegue dicendo:
adgnati,
di
SI ADGNATUS NEC ESCIT
GENTILES FAMILIAM HABENTO
che letteralmente significa:
i
SE NON C'È NESSUN ADGNATUS
nt
EREDITERANNO GLI UOMINI DELLA SUA GENS
All’origine, probabilmente, i avevano una successione collettiva, perché
gentiles
pu
la norma presenta il e l’adgnatus al singolare, ma poi i al
suus heres proximus gentiles
plurale. Siccome noi sappiamo che la era titolare del patrimonio gentilizio,
gentes
allora è possibile che questa successione intestata di terzo grado sia collettiva della
Ap
in quanto tale e non di un in particolare - ma noi moderni non siamo
gentes gentile 100
sicuri. Gaio dice ai suoi studenti che questa struttura della successione intestata,
e
che è molto antica, creava delle ovvero delle iniquità giuridiche e
iuris iniquitates, el
quindi lo stesso giurista romano spiega come il pretore interverrà su questa mate-
ria per superare tali ingiustizie.
Nella legge delle la gerarchia dei successibili all’intestato è basata sul
XII Tavole Mi
vincolo dell’adgnatio - perché abbiamo visto che il è quel figlio in che di-
suus potestate
venta alla morte del padre - escludendo così la categoria dei figli -
sui iuris emancipati
proprio perché hanno rotto, con l’emancipazione, il vincolo dell’adgnatio (il figlio
emancipato rispetto al padre ed i suoi fratelli ha solo il vincolo della che
cognatio,
le
per il diritto romano ha pochissima rilevanza). Questo avrà valore per tanti secoli,
ma ad un certo punto inizia a suonare sbagliata. Si considera ingiusto che i figli in
ua
ed i figli non siano sullo stesso piano. Questa consapevolezza av-
potestate emancipati
viene tra il II ed il I sec. a.C., secoli decisivi poiché cambia un po’ tutto: cambiano
il diritto, la letteratura, la filosofia, i costumi e anche l’economia (perché dopo la
sq
conquista di Cartagine Roma diventa l’unica potenza mediterranea e inizia ad ac-
cumulare enormi ricchezze). La questione interessante sotto il profilo successori è
il mutamento dei costumi e della cultura proprio grazie all’influenza greca - in par-
Pa
ticolare di quella ateniese. Conquistata Atene, dove ci sono ancora i resti delle scuo-
le filosofiche più importanti (Socrate-Platone-Aristotele) ed una cultura sviluppatis-
sima, i romani iniziano a pensare che la stessa città abbia catturato Roma, proprio
per lo spessore culturale che racchiudeva. In particolare sotto Silla, giungono a Ro-
di
ma tutti i libri di Aristotele e, grazie a questi, i romani scoprono la dialettica. Tutta
la grande cultura greca irrompe in una Roma che aveva dei valori del tutto diver-
si, tra i quali quello della famiglia era fondato sul sangue e non su un vincolo giuri-
dico. i
C’è un episodio storico molto importante per i romani, poco conosciuto, che
nt
rappresenta lo spartiacque. Siamo esattamente nel 155 a.C. quando viene invitato
in Senato - dove prevale la cultura romana conservatrice - Carneade per esporre
pu
filosofia greca ai romani. Il filosofo, capo della scuola scettica, - conosciuto special-
mente grazie ai “Promessi Sposi” - iniziò a parlare ai senatori della giustizia dal
punto di vista filosofico spiegando come esista una legge di natura che è buona,
Ap
corretta e valida per tutti gli uomini. Esalta il concetto della giustizia come il bene
101
sommo di una nazione, ma ad un certo punto si interrompe, congedandosi. L’indo-
e
mani viene il Senato e si ripresenta il filosofo. Fece di nuovo un ragionamento sulla
el
giustizia, ma diametralmente opposto a quello del giorno prima, dicendo che la
giustizia non esiste se non nella legge del più forte: la fa chi vince. C’è da dire che
in questo c’era anche un celato sentimento anti-romano. Carneade fece questo di-
Mi
scorso per insegnare alla classe dirigente romana la relatività culturale, ovvero che
era in grado di dimostrare una tesi ed il contrario della stessa, grazie appunto alla
vecchia tradizione sofistica. I senatori ovviamente lo cacciarono, poiché si sentiro-
no raggirati. Da questo momento in poi, però, inizò una violentissima sfida dentro
le
Roma su quale cultura avrebbe dovuto prevalere. I circoli intellettuali che sono le-
gati all’importantissima famiglia degli Scipioni, ed anche la stessa dinastia, si schie-
rarono per l’innovazione, mentre Catone ed i vecchi senatori parteggiavano per il
ua
contrario. Inizialmente prevalse il Senato, ma in realtà l’idea greca era penetrata
largamente nella società. Di fatti alla lunga, la cultura e la filosofia greca, prendo-
sq
no il sopravvento e conquistano anche la classe dirigente di Roma: tanto è vero
che i figli delle famiglie importanti vengono inviati a studiare ad Atene. Non a ca-
so, infatti, i precettori di tutte le famiglie abbienti nell’impero saranno tutti di origi-
Pa
ni greche. Grazie a ciò, il tema della famiglia, e non sarà il solo, cambia aspetto.
Una delle conseguenze è proprio la modifica delle regole della successione intestata:
nella definizione delle categorie dei soggetti chiamati a succedere ci sono profonde
modificazioni. Si fa interprete di ciò il pretore che nel I sec a.C., dopo questo perio-
di
do turbolento di scontri culturali ed ideologici, nel suo editto inventa una “successio-
parallela a quella antica dello Il soggetto individuato dal preto-
ne” pretoria, ius civile.
re, per succedere all’intestato, chiede al pretore stesso il possesso della (e
familia
non l’hereditas che può essere data solo dallo del defunto. Il pretore conce-
ius civile)
i
derà il possesso, e non la proprietà, e lo difenderà per un anno - ovvero fin quando
nt
non avrà quel diritto di proprietà. Il possesso che da il pretore si chiama
usucapito Naturalmente gli eredi dello erano fortemente
bonorum possessio sine tabulis. ius civile
sfavorevoli a questa innovazione, perché si aggiungono altri concorrenti al patrimo-
pu
nio. Il pretore dunque fa due diverse liste, una per gli e l’altra per i e
ingenui libertini,
dice che amministrerà la giustizia concedendo il alle
bonorum possessio sine tabulis
quattro categorie di persone che divideranno in parti uguali:
Ap 102 e
Gerarchia dei successibili all’intestato per la legge delle XII “successione” pretoria dal I sec a.C. per gli ingenui
el
tavole { suus heres
SUUS HERES UNDE LIBERI Mi
emancipati
{ adgnatus
gentiles
ADGNATUS UNDE LEGITIMI uxor in manus
le
GENTILES UNDE COGNATI
UNDE VIR ET
UXOR
ua
sono tutti i figli, sia quelli in che quelli
unde liberi: potetstate emancipati;
• i successori dello ovvero e
unde legitimi: ius civile, adgnatus, gentiles moglie in ma-
• sq
nus; sono i parenti di sangue che per la prima volta gli viene data
unde cognati:
• Pa
rilevanza giuridica; sono la moglie (non in o il marito.
unde vir et uxor: manus)
•
Supponiamo che una persona abbia due figli, ne emancipa uno e, mentre l’al-
di
tro rimane sotto il questo si fa la sua vita ed il suo patrimonio. Muore il pa-
pater,
dre. Entrambi i figli, il e l’emancipatio, divideranno in parti uguali. Tutto quello
suus
che ha guadagnato il povero però, è andato nel patrimonio del quindi
suus, pater,
l’emancipatio eredita anche la parte di quello che ha guadagnato il fratello. Il pretore
i
a questo punto stabilisce che il figlio se volesse chiedere la
emancipatio, bonorum posses-
nt
insieme al dovrà mettere tutti i suoi beni nell’asse ereditario del
sio sine tabulis suus,
e poi si dividerà il patrimonio (collatio
pater bonorum).
In tutta questa str