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RESPONSABILITÀ EXTRACONTRATTUALE

1. Se la responsabilità contrattuale insorge in relazione alla violazione di un obbligo preesistente trasoggetti determinati o determinabili e si pone, quale momento patologico di un rapporto o di unarelazione giuridicamente rilevante, la responsabilità extracontrattuale, invece, non ha il suopresupposto nell’esistenza di un rapporto obbligatorio, ma è fonte di un obbligazione risarcitoria acarico di chi, abbia cagionato ad altri un danno ingiusto. La riconosciuta centralità del fatto illecitofa si che la responsabilità extracontrattuale sia altrimenti definita responsabilità per fatto illecito oresponsabilità aquilana.

2. L’art. 2043 c.c. è la regola che presiede al nostro sistema di responsabilità aquilana, identificandogli elementi costitutivi dell’illecito extracontrattuale e la conseguenza giuridica che da essodiscende: ove un qualunque fatto doloso o colposo

cagioni danno ingiusto ad altri, chi ha commesso il fatto è tenuto a risarcirlo. Qualunque fatto che determini le caratteristiche delineate dall'articolo in questione può essere fonte di responsabilità, sia che il fatto sia commissivo, sia che il fatto sia omissivo. È configurabile l'illiceità del fatto solo se esso è doloso o colposo, ed è legato al verificarsi del danno da un nesso causale. Pertanto non è prevista nessuna responsabilità senza dolo o almeno colpa di un fatto illecito. Ma non basta in quanto il fatto colposo o doloso deve avere un nesso causale con il danno subito. Non si può prescindere dalla capacità di intendere e volere (naturale) del danneggiante al momento del fatto ai fini dell'affermazione della responsabilità (art. 2046 c.c.). Se il soggetto che compie l'illecito arrecando un danno ad altri al momento del cagionamento del danno è incapace naturale, esso

non risponde del danno. Dunque l'incapace naturale non risponde ma c'è un soggetto danneggiato che a buon diritto reclama un risarcimento. La legge fa allora ricadere la responsabilità su chi è tenuto alla sorveglianza dell'incapace (genitori, insegnanti, etc.), fornendo a costui quale sola prova liberatoria, la possibilità di provare di non aver potuto evitare il fatto (art. 2047 c.c.). Se il sorvegliante riesce ad offrire la prova liberatoria, come pure quando manchi una persona tenuta alla sorveglianza, scatta la possibilità di ottenere che il giudice condanni l'incapace naturale a versare al danneggiato un'equa indennità. Le considerazioni svolte valgono nella misura in cui lo stato di incapacità naturale non sia derivante da colpa dello stesso incapace e/o non sia da questi intenzionalmente provocato. Se ciò dovesse accadere, la responsabilità dell'evento ricadrebbe in pieno.

sull'incapace. Nel caso invece di incapacità d'agire, il padre, la madre o il tutore sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela (art.2048 c.c.). Dunque qualora un minore compia un atto illecito responsabili sono altri, e saranno dunque tenuti al risarcimento del danno. Tale responsabilità è da alcuni ritenuta come responsabilità diretta per via della vigilanza e dell'educazione che devono dare al minore, per altri invece responsabilità indiretta. Entrambe le tesi sono fondate. Ma l'art. 2048 non richiama solo la responsabilità dei genitori e dei tutori, ma anche quella dei precettori (insegnanti) e dei maestri d'arte. L'art. 2048 c.c. è sicuramente portatore di una disciplina particolare della responsabilità extracontrattuale dato che a rispondere del danno cagionato ad altri non è chi lo compie ma i genitori, o i tutori.

etc. Al regime speciale di responsabilità appena enunciato, se ne affiancano altri. L'art. 2049 c.c. richiama alla responsabilità dei padroni e dei committenti, dettando che per i danni arrecati dai loro domestici o commessi nell'esercizio delle incombenze a cui sono adibiti ne rispondono essi. Ovviamente è necessario che l'evento dannoso sia in qualche modo legato all'esercizio delle incombenze a cui il preposto è adibito.

Altra regola speciale è enunciata dall'art. 2050 c.c. riguardante i danni provocati dallo svolgimento di un'attività pericolosa (ad esempio il trasporto di sostanze chimiche); in questo contesto l'esercente dell'attività è tenuto a risarcire il danno cagionato a meno che non provi di aver adottato tutte le misure atte ad evitarlo.

L'art. 2051 c.c. guarda al danno cagionato da cose in custodia e, qui, il fatto che la prova liberatoria sia ancorata alla dimostrazione

positiva del caso fortuito sembra con chiarezza accreditare l'idea che la responsabilità sia imputata al soggetto che le cose custodisce. Regola analoga è prevista anche dall'art. 2052 c.c. per il danno cagionato a terzi da animali. L'art. 2053 c.c. guarda alla responsabilità per danni provocati da cose con riguardo alla rovina di edificio o di altra costruzione. L'art. 2054 c.c. disciplina le ipotesi di danno provocato da veicoli senza guida di rotaie funzionale alla locomozione di persone (automobile), il co. 1 di detto articolo pone in via oggettiva a carico del conducente la responsabilità per il danno prodotto da cose o persona se non dimostra di non aver potuto evitare il fatto, nel co. 2 è contemplato il caso di scontro tra veicoli ove chi ha torto dovrà risarcire il danno all'altro. Altri due casi particolari sono quelli del danno ambientale, e del danno da prodotto difettoso. Un ruolo importante nella definizione.della struttura dell'illecito compete al danno; trattasi di un elemento imprescindibile, giacché non può esservi un illecito extracontrattuale senza la dimostrazione della sua sussistenza da parte del danneggiato. Vi sono tuttavia dei danni che è consentito arrecare in quanto non trovano fonte in un comportamento illecito; supponiamo che Tizio arrechi un danno a Caio per il solo fatto di aver aperto un negozio concorrente nelle vicinanze del negozio del secondo. Il danno che pur esiste non trova fonte in un illecito e quindi non sarà risarcibile. Esistono dunque danni che è lecito provocare. Dunque il danno è fonte di responsabilità solo se trattasi di danno ingiusto. L'art. 2043 fa semplice richiamo al danno ingiusto senza specificare se esso sia patrimoniale o non patrimoniale, tuttavia la presenza dell'art. 2059 c.c. che fa esclusivo riferimento al danno non patrimoniale, ha dato credito all'idea che l'art. 2043

Si riferisce al danno patrimoniale. È danno non patrimoniale il danno morale, ossia il danno connesso al dolore, al patimento, allasofferenza interiore che il danneggiato sopporta a seguito del fatto illecito. Ad esempio la distruzione di un oggetto alla quale si è particolarmente legati, è fonte di un danno morale che si aggiunge alla tutela risarcitoria del danno patrimoniale del singolo oggetto e che quindi sfugge ad una quantificazione precisa data in valutazione al giudice che in via equitativa stabilirà l'ammontare. Ma il profilo di più intenso dibattito sul quale involge il danno non patrimoniale è quello legato al danno biologico. La figura è di incerta qualificazione in quanto può essere fonte di un danno patrimoniale tuttavia è innegabile anche il legame con la natura non patrimoniale. Si differenziano due orientamenti: il primo delimita la portata dell'art. 2059 al solo danno morale ampliando la portata dell'art.

2043 anche al danno biologico; il secondo invece vede il dannobiologico come non patrimoniale e dunque rientrante a tutti gli effetti nella tutela dell'art. 2059 c.c.

Al di là del danno biologico e del danno morale, il danno non patrimoniale trova essere anche nel danno esistenziale con cui si intende una condizione, seguita ad un illecito, che rende chi ne è vittima soggetto a stress, disagi, preoccupazioni anche duraturi nel tempo, tali da alterarne la qualità della vita. Alcuni illeciti che possono portare al danno esistenziale sono: stolcking; mobbing; peggioramento della qualità della vita a seguito di una errata diagnosi; etc.

può accadere che lo stesso fatto dannoso sia imputabile a più soggetti, che sono solidalmente tenuti al risarcimento del danno. In ciò risiede la disciplina del danno imputabile a più persone.

La modalità ordinaria di risarcimento del danno è quella per equivalente cioè in termini monetari.

essendo il denaro misura di ogni valore. Ma è anche data la possibilità al danneggiato dichiedere il risarcimento in forma specifica quando ciò sia possibile. Risarcire in forma specifica vuol dire riparare il danno in natura o tramite la ricostruzione del bene danneggiato o per via della sua sostituzione. 5. Vi sono delle cause di giustificazione che rendono possibile la non risarcibilità del danno cagionato, tali sono principalmente due ossia la legittima difesa (art. 2044) e lo stato di necessità (art. 2045). DIRITTO DI FAMIGLIA La Repubblica, art. 29 Cost, riconosce i diritti della famiglia come società fondata sul matrimonio. Se ne fa discendere il concetto di matrimonio collegato al rapporto di filiazione e di coniugio. Per lungo tempo questo è stato l'unico modello di famiglia giuridicamente rilevante, ma con il tempo però, l'accresciuta sensibilità verso un fenomeno in larga diffusione, la convivenza.

Portò ad alcuni mutamenti nella disciplina sul diritto di famiglia, come l'intervento effettuato dalla Corte Costituzionale nella dichiarazione di illegittimità riguardante l'esclusione dai successori del contratto di locazione del convivente, all'interno della legge sull'equo canone. Tuttavia, ad un'organica disciplina non si è pervenuti.

Si è poi presentato anche il problema della convivenza omosessuale, ove il legislatore italiano sul punto tace, ma è prevedibile che il silenzio non possa perdurare a lungo, in quanto in Europa ha preso corpo ormai da tempo la tendenza a riconoscere la rilevanza giuridica di tali unioni (Olanda, Belgio e Spagna consentono il matrimonio civile tra omosessuali, la Germania sta per adeguarsi a tale disciplina; nei paesi scandinavi si riconoscono alle coppie di fatto diritti e doveri simili a quelli delle coppie unite in matrimonio; in Francia è previsto il PACS).

2. CONIUGIO, PARENTELA, AFFINITÀ.

to giuridico, come ad esempio il rapporto di parentela, il rapporto di affinità e il rapporto di adozione. Il matrimonio è un istituto giuridico che regola la convivenza e la solidarietà tra due persone, stabilendo diritti e doveri reciproci. Attraverso il matrimonio, i coniugi acquisiscono una serie di diritti e responsabilità nei confronti l'uno dell'altro e della famiglia che formano. Il vincolo coniugale è il legame legale che si instaura tra i coniugi a seguito del matrimonio. Esso implica l'obbligo di fedeltà, assistenza morale e materiale reciproca, nonché la responsabilità condivisa per la gestione della famiglia e l'educazione dei figli. Oltre al rapporto di coniugio, l'ordinamento giuridico riconosce altri legami familiari. Il rapporto di parentela si instaura tra persone che discendono l'una dall'altra, come genitori e figli, fratelli e sorelle, nonni e nipoti. Il rapporto di affinità si forma tra un coniuge e i parenti dell'altro coniuge, come suoceri, cognati e cognate. Il rapporto di adozione, invece, si crea quando una persona assume la responsabilità legale di un minore, diventandone genitore adottivo. Tutti questi legami familiari sono tutelati e regolati dall'ordinamento giuridico, al fine di garantire la protezione e il benessere delle persone coinvolte.
Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
27 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Moses di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzione di Diritto privato 2 e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università del Salento o del prof De Mauro Antonio.