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L’ATTIVITA’ MENTALE NEL SONNO: CHE COSA CAMBIA NELL’ANZIANO?
IL SOGNO NELL’ANZIANO
_La frequenza dei sogni
I soggetti anziani ricordano i sogni meno frequentemente dei giovani. i risultati sono stati ottenuti sia
interrogando i soggetti anziani sulla loro frequenza attuale confrontata con quella dei soggetti giovani, sia
chiedendo quali fossero i cambiamenti che si erano verificati rispetto alle loro età precedenti.
Comunque c’è una grande differenza interindividuale in relazione alla capacità di ricordare i propri sogni
anche se a proposito non ci sono dati che riguardano gli anziani.
Lo studio di Schredl mostra che solo nel 40% dei soggetti anziani il ricordo è diminuito rispetto a quando
erano giovani; gli altri soggetti conservano la stessa quantità di sogni ricordati o addirittura l’aumentano.
Vi sono inoltre differenze di genere: le femmine conservano questa caratteristica più a lungo.
Il fatto che l’invecchiamento non porti per forza a una diminuzione del ricordo del sogno porta a due
considerazioni:
1) un certo numero di soggetti mantiene la propria frequenza di ricordo del sogno nel tempo, dimostrando
una stabilità intraindividuale
2) considerazione che riguarda l’età alla quale inizierebbe la diminuzione del ricordo: questa coincide con
l’invecchiamento? Uno studio di Waterman non ha trovato differenze nella percentuale di ricordo tra 45 e
75 anni: le differenze tra anziani e giovani comincerebbero quindi prima. Dati successivi indicano che tra i
20 e i 38 anni è l’età in cui inizia a diminuire la frequenza del ricordo dei sogni. Una diminuzione così
precoce escluderebbe quindi il ruolo dell’invecchiamento in quanto tale.
Altre differenze quanto all’abilità di ricordare i sogni sono state ricondotte a caratteristiche di personalità
oppure memoria visita, infine all’atteggiamento e alle opinioni sul sonno. Per questo ultimo punto si è visto
che l’importanza data ai sogni scendeva dal 68% tra i 30-40 anni al 19% tra i 60-70 anni; e la percentuale di
soggetti che hanno interesse per i propri sogni è molto inferiore a quella dei giovani.
Si è studiato anche il sogno in base al sonno REM. Kahn, svegliando i soggetti da sonno REM, hanno
riportato una percentuale di resoconti di sogni significativamente inferiore nei soggetti anziani (55.4 %),
rispetto ai giovani (87%), mentre nessuna differenza significativa tra i due gruppi è emersa per risvegli da
stadio 2 del sonno NREM.
La diminuzione del ricordo nei sogni nei soggetti anziani rispetto ai giovani ha portato a interrogarsi sul
perché gli anziani ricordano il sogno meno dei giovani. Tra le interpretazioni un ruolo importante spetta a
quelle che fanno riferimento a processi mnestici. Negli ultimi trent’anni queste ricerche hanno sottolineato
non solo l’esistenza di processi mnesitici “attivi” di tipo iterativo nel corso dell’episodio di sonno, ma anche
il ruolo cruciale dei processi di recupero al momento della transizione veglia-sonno. L’iperattività di un
processo iterativo durante il sonno per il consolidamento in memoria del sogno ha mostrato che i sogni
ricordati al mattino sono quelli che hanno contenuti correlati tra loro. Il processo iterativo di consolidazione
mnestica si sviluppa attraverso tappe successive che si collocavano in relazione alle fasi di sonno REM, ma
che si può supporre possano includere anche le fasi di sonno NREM intercorrenti e quindi il ciclo NREM-
REM nel suo insieme.
Importante è il ruolo degli eventi corrispondenti al risveglio e della consegna che viene data al soggetto: la
prima consegna è “cosa stavi sognando prima del risveglio”, ma mostrava una discrepanza tra numero di
sogni riportati dopo REM e dopo NREM; così si è cambiata la consegna in “ cosa passava nella tua testa
prima del risveglio” e la discrepanza si è fatta più lieve.
In un esperimento i soggetti venivano svegliati durante la notte e chiesto il sogno, poi veniva chiesto loro
anche al mattino. Quando i soggetti non ricordavano i sogni, veniva loro fornito un probe (indice) costituito
dalle prime parole del resoconto notturno: l’uso di questo indice ha permesso di recuperare un numero
consistente di sogni e mostrare che i contenuti non erano andati perduti bensì erano meno accessibili
spontaneamente. Le variazioni della freq di ricordo del sogno negli anziani potrebbero essere quindi
espressione di un minore consolidamento, in relazione con la diversa organizzazione degli episodi di sonno,
in particolare la diminuzione di cicli NREM-REM, sia di una difficoltà di recupero, soprattutto al risveglio
spontaneo del mattino. È stato suggerito che durante il sonno vi sia la disponibilità di una certa quota di
risorse cognitive che possono essere utilizzate in modo diverso sia in funzione dello specifico stato di sonno
in cui si trova il soggetto sia in funzione dell’età. sarebbero le caratteristiche dei resoconti dei sogni forniti
dai soggetti a indicare che il sogno è il prodotto finale di una serie di operazioni cognitive che implicano
processi attentivi, mnestici, linguistici e immaginativi. Le differenze che si osservano i funzione dello stato di
sonno da cui proviene il resoconto del sogno e in funzione dell’età potrebbero, quindi, dipendere dalla
modificazione della capacità di utilizzare le risorse cognitive disponibili, piuttosto che dalla loro quantità
assoluta.
Le interpretazioni che coinvolgono la difficoltà di recupero non sono in contraddizione con quelle più
generiche che contribuiscono la diminuzione della frequenza di ricordo alla scarsa attenzione e/o interesse
per il sognare e per i propri sogni.
_ la lunghezza dei resoconti
scarsi effetti dell’età sulla lunghezza dei resoconti dei sogni. È solo la diminuzione delle immagini visive che
da l’impressione che i resoconti dei sogni degli anziani siano più brevi. La lunghezza sarebbe, invece,
influenzata dal genere e dalle risorse cognitive. Garma ricorda che le femmine forniscono racconti più
lunghi, caratteristica che si mantiene anche negli anziani. Waterman ha mostrato una correlazione positiva
fra capacità mnestiche di tipo visuo-spaziale e lunghezza dei resoconti, ma non con la frequenza con cui i
soggetti ricordano i propri sogni. Questo potrebbe significare che una buona memoria visiva e visuo-
spaziale è necessaria per l’elaborazione del contenuto di un sogno
La lunghezza dei resoconti dei sogni dell’anziano non solo non risulta diversa da quella del giovane, ma
aumenta quando agli anziani vengono somministrate domande di sollecitazione (prove) in una procedura
guidata, indice del fatto che nell’anziano non vi sarebbe un deterioramento del sistema di produzione del
sogno, ma piuttosto dei processi di consolidamento.
_il contenuto dei sogni
diminuzione della frequenza delle immagini visive e della loro vividezza .
Lo studio della componente acustica si è focalizzato sugli aspetti linguistici. Il ricordo di materiale linguistico
implicito (“generico” non strutturato in parole o frasi) è diminuito negli anziani.
Un altro approccio si è orientato sull’analisi linguistica dei nuclei verbali ricordati. È stato sostenuto che
questi nuclei verbali ricordati all’interno del sogno esprimessero, ancora più che il sogno nel suo insieme, il
grado di consolidazione in memoria. Sebbene la proporzione di sogni che contiene attività verbale non
differisca fra giovani e anziani (77-78%), la lunghezza delle espressioni verbali risulta inferiore negli anziani
rispetto ai giovani. Poiché la complessità sintattica delle frasi riportate nei sogni dei soggetti non sembra
modificarsi con l’età, è plausibile ipotizzare che nel soggetto anziani non siano i meccanismi alla base della
produzione delle sequenze linguistice a essere alterati, bensì il processo di consolidamento.
Le ricerche con diari e questionari constatano che i temi aggressivi sono poco frequenti. Anche le emozioni,
come la paura, sono poco rappresentate. Negli anziani i sogni sono più “neutri” e si riducono anche gli
incubi.
I sogni degli anziani sono anche “passivi”, cioè con poca implicazione in prima persona di colui che sogna.
Waterman riporta anche una riduzione del numero delle interazioni amichevoli: quindi soggetti che
subiscono e interagiscono poco. Da queste osservazioni si può affermare che i sogni dell’anziano riflettono
un rapporto diverso che ha con il mondo nella vita da sveglio? Anche se la relazione sembra semplicissima,
si deve ricordare che i sogni incorporano gli alti e bassi delle nostre esperienze quotidiane, riflettono il
nostro stato d’animo del momento integrando gli eventi della veglia.
Funkhouser riporta la presenza di temi che si riferiscono alla quotidianità rispetto a eventi remoti risalenti
all’infanzia: i soggetti più anziani inseriscono nel sogno temi che si riferiscono alla vita presente più
frequentemente dei giovani. Questi dati supportano quella che è stata definita Continuity Hypotesis
secondo cui i contenuti dei sogni degli anziani sarebbero maggiormente legati ad aspetti della loro vita del
presente piuttosto che del loro passato.
_il sogno nelle patologie dell’invecchiamento
Alcuni studi che hanno esaminato il contenuto dei sogni di soggetti con deterioramento cognitivo ne hanno
sottolineato il carattere regressivo e ripetitivo. Alcuni autori riportano maggior numero di personaggi
familiari di sesso maschile e di interazioni sociali amichevoli in soggetti con sindrome cortico-basale. Sogni
ricorrenti e infantili sarebbero maggiormente presenti in soggetti psicotici anziani istituzionalizzati rispetto
a soggetti sani. Infine, soggetti anziani con disturbo depressivo bipolare modificherebbero il tono emotivo
(euforico e depressivo) dei sogni in funzione della fase(maniacale o depressiva) in cui si trovano.
Lo studio già citato di Cipolli non ha evidenziato una diminuzione della frequenza con cui i soggetti con PD
ricordano i propri sogni rispetto ad anziani sani. La lunghezza del resoconto onirico e la capacità di
organizzarlo in episodi coerenti sono invece correlate al livello di funzionamento cognitivo, ma non all’età
né alla durata della malattia, né al dosaggio dei farmaci assunti.
Concludendo, le modificazioni con l’età relative alla frequenza con cui si ricordano i sogni (riportare con
diari, questionari o svegliando i soggetti) non sembrano legate a una ridotta capacità di produrli: un
cervello vecchio può continuare a fabbricare sogni “nuovi”. Altri fattori quali specifiche abilità cognitive
(capacità mnestiche) o l’interesse attribuito ai sogni entrano in gioco. Gli anziani tenderebbero a ricordare
meno i sogni per poc