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DIRITTO PUBBLICO - INTRODUZIONE ALLO STUDIO DEL DIRITTO PUBBLICO Capitolo 3
E DELLE SUE FONTI
La forma di stato attualmente vigente in Italia sulla base della Costituzione del 1958 può essere indicata con varie
denominazioni: stato pluralista, se ci si sofferma sulla base sociale e sulle finalità perseguite dai poteri pubblici; stato
democratico, stato costituzionale o stato sociale, se ci si riferisce agli strumenti giuridici utilizzati.
Noi parleremo di stato contemporaneo.
Lo stato contemporaneo è una forma di stato nella quale la finalità principale perseguita dai pubblici poteri è il
mantenimento dell’unità in un contesto pluralista. Si sottopone il potere delle maggioranze politiche alla Costituzione e si
promuove la coesione sociale attraverso il perseguimento dell’uguaglianza sostanziale.
La diffusione di questa forma di stato è avvenuta attraverso vari cicli costituzionali. Per ciclo costituzionale si intende
un periodo storico caratterizzato dalla produzione di Costituzioni che presentano caratteri simili, anche in virtù delle
reciproche influenze verificatesi nel momento della loro scrittura.
Con l’espressione stato pluralista si fa riferimento all’elemento plurisoggettività dell’ordinamento giuridico statale, per
evidenziare che esistono, e sono politicamente attivi, soggetti o gruppi di soggetti profondamente diversi tra loro, e che
questa diversa soggettività è riconosciuta dall’ordinamento.
Nello stato contemporaneo, l’allargamento del suffragio ha fatto si che la quasi totalità dei soggetti dell’ordinamento
sia politicamente attiva.
Lo stato democratico è quella forma di stato nella quale esiste una tendenziale corrispondenza tra governanti e
governati.
1. La prima caratteristica dello stato democratico è il principio di maggioranza. Si adottano solo le decisioni che
dispongono di un verificato consenso della maggioranza dei soggetti politicamente attivi.
2. È garantito il rispetto di coloro che non sono maggioranza, ovvero delle minoranze
3. Deve sussistere una possibilità per gruppi politici diversi di concorrere liberamente per il governo del paese.
Deve essere assicurata alle minoranze la possibilità di diventare, un giorno, maggioranze. Questa libera
competizione politica implica elezioni libere.
4. Le decisioni delle maggioranze vanno adottate ed eseguite sotto il controllo delle minoranze.
Con stato costituzionale intendiamo la forma di stato caratterizzata da una costituzione rigida.
La costituzione rigida è quella costituzione che si pone al vertice del sistema delle fonti. Anche la legge deve rispettare
la costituzione.
La costituzione riesce a prevalere sulla legge grazie alla presenza di due garanzie
1. La giustizia costituzionale, cioè un istituto che consente di eliminare le leggi contrarie alla costituzione.
2. Un procedimento aggravato di revisione costituzionale, diverso da quello legislativo, nel senso che sono
richieste, per modificare la costituzione, maggioranze più ampie di quelle che possono approvare una legge.
Nello stato costituzionale la costituzione è il frutto di un potere costituente che si esprime attraverso un compromesso
costituzionale tra le diverse componenti della società che si accordano sulle regole del vivere insieme e le scrivono in
una costituzione rigida.
1. Quanto alla giustizia costituzionale, le costituzioni rigide istituiscono un sistema di controllo della costituzionalità
delle leggi.
2. La seconda garanzia della rigidità della costituzione consiste nella previsione di procedure per la propria
modifica diverse dal procedimento legislativo ordinario.
Lo stato sociale è quella forma di stato che ha come fine l’uguaglianza sostanziale.
• Uguaglianza formale: vuol dire che tutti i soggetti sono uguali davanti alla legge e debbono essere trattati nello
stesso modo.
• Uguaglianza sostanziale: significa invece uguaglianza di risultato e consiste nella rimozione delle differenze che
ostacolano il raggiungimento dell’uguaglianza formale. Parte dal punto di vista che tutti sono diversi e quindi
devono essere trattati in modo ragionevolmente diverso.
Si è assistito nel XX secolo, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, alla messa in discussione della sovranità
esterna nel senso di una sua progressiva limitazione, sia spontaneamente accentata dagli stati, sia imposta loro
dall’ordinamento internazionale o da ordinamenti sovranazionali.
Il principale fattore di crisi della sovranità esterna è però la globalizzazione, cioè l’intensificazione di relazioni
economiche e sociali mondiali che collegano tra loro località molto lontane. La globalizzazione descrive
l’’interconnessione sempre più stretta tra i fattori della produzione su scala mondiale. 1