vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Il diritto e la distribuzione imperativa dei valori
Anche gli enunciati valutativi, come quelli precettivi, non sono verificabili in termini di vero e falso. Vi è inoltre la funzione espressiva, tipica del linguaggio artistico e della poesia, e quella performativa. Gli enunciati performativi realizzano l'operazione di cui parlano, pongono in essere ciò che enunciano. A causa di tali enunciati avviene una modificazione nella realtà sociale e giuridica. Il verbo usato è alla prima persona del presente indicativo.
Capitolo 2. La politica viene definita come l'attività volta alla distribuzione imperativa dei valori nella società. Bisogna però precisare cosa sia un valore. Un valore è un qualsiasi bene in grado di soddisfare un bisogno o un interesse dell'uomo (la vita, l'integrità fisica, la libertà, la sicurezza, la salute, il lavoro, l'istruzione, la casa, i beni di consumo, i divertimenti e...
così via). Poiché le risorse disponibili sono di solito limitate, occorre scegliere quale valore abbia priorità su di un altro e a quale categorie di persone i beni vanno attribuiti. L'attività politica è appunto il processo/procedimento attraverso cui si effettuano queste scelte, attraverso cui i valori e i beni vengono distribuiti. Distribuzione che potrà essere più o meno egualitaria. Avere potere politico significa partecipare a tali scelte, contribuire a determinarle. Poiché le scelte "nate" dall'attività politica finiscono inevitabilmente con lo scontentare qualcuno, esse devono essere imposte coercitivamente. Parliamo di distribuzione imperativa dei valori proprio perché le regole di distribuzione vengono fatte osservare per mezzo delle sanzioni. Le sanzioni sono necessarie perché, anche se le scelte vengono prese all'unanimità, ci può sempre essere una minoranza nondissuasive che coercitive. In ogni caso, il diritto non può prescindere dal consenso dei soggetti che ne sono destinatari. Il diritto, inoltre, non si limita solo alla creazione di norme e alla loro applicazione, ma ha anche una funzione di regolazione dei rapporti sociali. Infatti, le leggi sono spesso il risultato di un processo di mediazione tra interessi contrapposti e hanno lo scopo di garantire l'equilibrio e la giustizia nella società. Per garantire la certezza del diritto, le norme giuridiche devono essere chiare, precise e accessibili a tutti. Inoltre, devono essere applicate in modo uniforme e coerente, altrimenti si rischia di creare confusione e ingiustizia. In conclusione, il diritto è uno strumento fondamentale per la convivenza civile e per la tutela dei diritti e delle libertà dei cittadini. Pur avendo una base normativa e una forza coercitiva, il diritto si fonda anche sul consenso e sulla partecipazione attiva dei soggetti che ne sono destinatari.Negative che positive. Sono negative quelle sanzioni che prevedono la privazione dei beni, della libertà o addirittura della vita; sono positive invece quelle che costituiscono la conseguenza di un'azione prevista dal sistema giuridico. Conseguenza che prevede premi ed incentivi che alcune leggi prevedono per chi accetta di seguire determinati comportamenti.
Abbiamo visto come i vocaboli possono essere vaghi e ambigui. Ciò comporta che ogni enunciato, dopo la sua enunciazione, viene interpretato. Il che significa che anche gli operatori giuridici, avvocati, giuristi e soprattutto giudici, partecipano allo svolgimento dell'attività politica dal momento che la distribuzione dei valori continua anche con l'interpretazione e con l'applicazione delle norme. Capitolo 3. Diritto e giustizia.
Per giusnaturalismo s'intende la dottrina che prevede l'esistenza di un diritto universalmente valido fondato su una peculiare idea di natura che preesiste.
ad ogni forma storicamente assunta didiritto positivo. Il diritto naturale, proprio in quanto tale, è per forza anche giusto. Vi sono tre modalità principali della dottrina giusnaturalistica: la prima fa riferimento alla natura, considerata come qualcosa aventi leggi e scopi suoi propri che l'uomo non può modificare e che anzi incombono su di lui; nella seconda concezione, metafisica di stampo religioso, le leggi naturali che governano sia i fenomeni fisici che l'uomo provengono dalla volontà di Dio, ritenuta unica fonte di valore. Tale volontà, essendo per sua essenza razionale poiché in Dio volontà e ragione coincidono, può essere conosciuta dall'uomo solo per mezzo della ragione; con l'olandese Ugo Grozio si passa poi alla terza fase, al giusnaturalismo moderno, che considera il diritto naturale razionale di per se, tanto da poter addirittura far a meno dell'esistenza di Dio: nel senso che, se Dio non ci fosse,Il diritto naturale razionale esisterebbe ugualmente. Lo storico italiano Norberto Bobbio ha definito il giusnaturalismo come delle teorie della morale. Teorie che egli ha riunito in un' unica teoria meta-etica: nel senso che consistono tutti in una concezione oggettivistica dell'etica, in un modo di concepire i valori come razionalmente conoscibili. Il giuspositivismo è invece una dottrina della filosofia del diritto molto più recente rispetto al giusnaturalismo: si è sviluppata infatti a partire dalla seconda metà del secolo scorso. Tale corrente è caratterizzata da una visione scientifica del diritto, dalla convinzione che tale visione si può realizzare solo se ci si occupa di diritto positivo e non di diritto naturale e dall'esigenza di tener separato il diritto dalla morale. Il giuspositivismo tradizionale è quello formalista e per questo si parla di formalismo giuridico.
Far coincidere la legittimità con la legalità; l'altra nel ritenere possibile la sua riduzione in termini di consenso.
Legittimità e legalità.
Legittimità e legalità hanno la stessa origine e lo stesso significato. Divergono invece sotto il profilo delle relazioni tra le espressioni linguistiche e coloro che se ne servono. Legittimità ha un uso più tecnico, e quindi più restrittivo. Il termine legalità viene invece utilizzato in senso generico. La più nota concettualizzazione della differenza tra i due vocaboli è quella del tedesco Carl Schmitt. Egli afferma che "la legalità concerne le modalità di esercizio del potere, nel quale è legale in quanto viene esercitato nel pieno rispetto delle leggi vigenti; la legittimità, invece, concerne la titolarità del potere, e cioè la necessità che per essere ritenuto legittimo deve essere adeguatamente giustificato".
Anche Bobbio propone una definizione di legalità e legittimità su cui vale la pena soffermarsi. Egli sostiene che la legalità è il requisito dell'esercizio del potere mentre la legittimità è il requisito della titolarità del potere.
Legittimità e consenso. La seconda strada è stata sviluppata soprattutto dalla scienza politica americana, che in breve sostiene che ogni governo o potere politico che riesca ad ottenere il consenso da parte della popolazione è da considerarsi legittimo. L'esistenza del consenso può venire constatata mediante opportune tecniche aventi carattere empirico; e si ritiene così di essere in possesso di criteri di fatto, cioè scientifici, per risolvere il problema della legittimità. Anche se c'è chi sostiene che il consenso possa essere manipolato attraverso la propaganda. Quindi non può essere assoluta garanzia di legittimità: occorre
sto e accettare l'autorità e la validità delle sue azioni e decisioni. La legittimità può essere valutata in base a criteri oggettivi, come il rispetto delle leggi e dei diritti umani, o può essere soggettiva, basata sulle convinzioni personali e culturali. La funzione valutativa del giudizio di legittimità consiste nel valutare se un potere è giusto e giustificato, mentre la funzione ascrittiva consiste nel riconoscere e accettare la legittimità di un potere. La propaganda può influenzare la percezione della legittimità di un potere, cercando di convincere le persone che le azioni e le decisioni di quel potere sono giuste e giustificate. Tuttavia, è importante essere critici e valutare in modo indipendente la legittimità di un potere, basandosi su criteri oggettivi e sul proprio libero e responsabile convincimento.