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GLOBALIZZAZIONE: I FLUSSI FINANZIARI

Per quanto riguarda i flussi finanziari, maggiore è il grado di integrazione del mercato finanziario e il suo grado di globalizzazione e maggiore è il suo grado di efficienza. D'altro canto, questo produce un elemento di instabilità. Se vogliamo avere una maggiore stabilità dei sistemi finanziari dobbiamo rinunciare all'efficienza e introdurre una forte regolamentazione. Se nel dibattito relativo al trade off tra efficienza e stabilità ai flussi commerciali c'è un'uniformità di opinioni sui benefici che l'apertura commerciale genera, riguardo ai flussi finanziari la discussione è ancora aperta. Tutto a causa del trade off fra efficienza e stabilità. Il primo grafico dimostra quanto detto: la linea rossa rappresenta il tasso di integrazione dei mercati finanziari: ad un maggior tasso corrisponde una maggiore incidenza di crisi finanziaria.

Il secondo grafico rappresenta il numero di paesi soggetti a stress finanziari: negli ultimi 40 anni abbiamo avuto una maggiore concentrazione di crisi finanziarie, proprio a seguito di una maggiore integrazione dei mercati finanziari.

Pagina 14

Globalizzazione: i flussi finanziari 19

Nella tabella, infine, possiamo notare come man mano che si progredisce verso una maggiore integrazione dei mercati finanziari, assistiamo ad un aumento delle crisi finanziarie.

FLUSSI DI FATTORE LAVORO

Passiamo ora a occuparci di flussi di persone. Se fino al 1880 la migrazione proveniva soprattutto dal nord Europa e l'Europa occidentale, fra il 1880 e gli anni '20 proviene dall'Europa del sud. Segue una terza fase di immigrazione proveniente dall'Europa occidentale. Infine, a fronte di una minore pressione proveniente dall'Europa, aumenta il tasso di immigrazione dall'Asia. Ecco che allora le tre diverse fasi della globalizzazione sono caratterizzate da flussi migratori differenti.

Si noti come l'Italia diventi paese di destinazione dei flussi migratori per la prima volta nel 1990. In sintesi: - 1° fase: tra il 1870 e il 1924 il 10% della popolazione mondiale emigrò. Nazionalismo e la Prima guerra mondiale riducono i flussi migratori nel periodo fra le due guerre. - 2° fase: con la fine della Seconda guerra mondiale, riprendono i flussi migratori ma ad un livello minore, a causa delle politiche di controllo delle migrazioni. - 3° fase: flussi prevalentemente da Sud a Nord. Rafforzamento delle politiche migratorie. L'istogramma a lato permette di apprezzare la percentuale nel tempo degli immigrati negli Stati Uniti. GLOBALIZZAZIONE: FLUSSI DI FATTORE LAVORO L Pagina 15 I flussi migratori: a. Possono generare problemi di integrazione per i paesi di destinazione. b. Generano conseguenze per il mercato del lavoro. I flussi di lavoro possono compensare l'eccesso di domanda (D) in alcuni settori. Si pensi alla domanda di infermieri in Italia, non soddisfatta.

Dalla popolazione italiana.

Hanno effetti sui paesi d'origine.

Negativi: brain drain (Perdita di talenti e persone intraprendenti)

Globalizzazione: flussi di fattore Le.

Positivi: brain gain (Acquisizione di talenti formatesi nel loro paese, ma che esprimono le loro competenze nei paesi d'immigrazione)

Le migrazioni, dunque, non riguardano solo i paesi in via di sviluppo, ma anche i paesi sviluppati (100.000 persone ogni anno in Italia).

Tendenzialmente i maggiori flussi migratori si dirigono verso USA, UE, Nuova Zelanda e Australia, ma anche Dubai e Abu Dhabi (che attrae molta manodopera indiana).

È interessante notare che gli Stati Uniti registrano il maggior flusso di immigrati, ma che al contempo generano un grande flusso di emigrati. L'Italia, nel 2010, registrava circa un'immigrazione di 4,5 milioni e un'emigrazione di circa 3,5 milioni. Gli stati con maggio emigrazione sono quelli in via di sviluppo (Bangladesh, Cina, Messico, Filippine,

Egitto). RISCHI E OPPORTUNITÀ DELLA GLOBALIZZAZIONE La globalizzazione, dunque, presenta sicuramente delle opportunità di crescita e di sviluppo, ma anche dei rischi. a. Opportunità di crescita e sviluppo b. Rischi: povertà/disuguaglianza, crisi finanziarie/ambiente La crescita e lo sviluppo si misurano come: - Aumento dei beni disponibili e aumento del PIL - Miglioramento delle condizioni di vita misurate da diversi indicatori (reddito, aspettativa di vita, alfabetizzazione, etc). Tutto ciò è corroborato dall'evidenza empirica: esiste una correlazione positiva (non causale ma di concomitanza) fra l'apertura economica e l'aumento di qualità della vita espressa in termini di reddito pro capite. Resta il fatto che prima di aprirsi alla globalizzazione è importante che il paese raggiunga un certo grado di sviluppo. GLOBALIZZAZIONE E DISUGUAGLIANZE Innanzitutto, occorre distinguere frapovertà edisuguaglianza, dando due definizioni:

Povertà: stato di un individuo al di sotto di certe condizioni ritenute accettabili. Può essere divisa in povertà assoluta o relativa.

Disuguaglianza: considera la distribuzione del benessere, o del reddito in generale.

Globalizzazione: disuguaglianze

Povertà e disuguaglianza sono concetti collegati ma distinti.

Il grafico mostra l'andamento della disuguaglianza nei paesi europei negli ultimi 300 anni, dal 1740. Il livello di disuguaglianza, altissimo nel 700, raggiunge l'apice attorno al '900, declinando poi in modo significativo, riducendosi molto negli anni '80 e assumendo un andamento altalenante negli ultimi 40 anni. In una prospettiva storica, dunque, la globalizzazione ha effettivamente ridotto le disuguaglianze.

Globalizzazione: disuguaglianze

Le multinazionali

I tre fattori principali della globalizzazione sono il fattore lavoro,

Il fattore capitale e il livello di apertura al commercio internazionale. La globalizzazione è un processo non univoco, caratterizzato da stop and go.

Aspetti negativi della globalizzazione: maggiore volatilità dei mercati finanziari (e quindi effetto contagio). Il processo di globalizzazione determina dei vincitori e dei perdenti: i vincitori riescono a seguire e sfruttare questo processo, i perdenti ne sono danneggiati (la globalizzazione rende la torta più grande, ma non è divisa in modo equo).

LE IMPRESE MULTINAZIONALI

Non è sufficiente esportare in un'altra nazione per essere definita un'impresa internazionale. Un'impresa multinazionale è un'impresa che detiene una quota significativa di partecipazione azionaria (almeno il 50%) in un'altra impresa operante in un paese estero. Quindi è caratterizzata dal fatto di avere una filiale, uno stabilimento, parte del processo produttivo in un paese estero.

Le differenze

limitazioni normative e ottenere condizioni più favorevoli per le proprie attività. Relativamente più complesse - Gestiscono una rete di filiali e sedi in diversi paesi, con la necessità di coordinare le attività e le risorse tra di esse. - Devono affrontare le sfide legate alle differenze culturali, linguistiche e normative dei paesi in cui operano. - Devono gestire i rischi legati alla volatilità dei mercati internazionali e alle fluttuazioni dei tassi di cambio. Relativamente più competitive - Competono su scala globale, affrontando la concorrenza di altre imprese multinazionali e locali in diversi mercati. - Possono beneficiare di economie di scala e di scopo, grazie alla loro dimensione e alla diversificazione delle attività in diversi paesi. - Possono sfruttare le sinergie tra le diverse filiali e sedi, ad esempio condividendo conoscenze, tecnologie e risorse. Relativamente più innovative - Investono in ricerca e sviluppo per sviluppare nuovi prodotti e tecnologie, al fine di rimanere competitive sul mercato globale. - Possono beneficiare di collaborazioni e partnership con altre imprese multinazionali, università e centri di ricerca in diversi paesi. In conclusione, le imprese multinazionali hanno una serie di vantaggi rispetto alle imprese nazionali, ma devono anche affrontare sfide e responsabilità maggiori a causa della loro dimensione e della loro presenza globale.

norme ambientali (o i governi locali chiudono un occhio). Aggirano regolamenti e politiche più agevolmente agendo su scala globale (questo si associa al fatto che sono più mobili), cioè nel momento in cui si introducono delle politiche particolarmente stringenti in un Paese, le multinazionali possono spostarsi là dove le condizioni sono più vantaggiose.

Sono molto mobili anche perché hanno dei costi più bassi per trasferire l'attività. Producono prodotti standardizzati, vi è quindi un problema di varietà dei prodotti nazionali! Portano competenze/tecnologie/risorse finanziarie! Sono rapide nello sfruttare opportunità economiche, quindi partecipano anche alla diffusione della ricchezza (se la Fiat mette uno stabilimento in Polonia partecipa all'arricchimento di quell'area).

Sono vincolate a standard internazionali di commercio e questo implica migliori condizioni di lavoro.

qualità dei prodottiComplessità organizzativa maggiore, in quanto bisogna coordinare qualcosa che si trova all'estero (con anche problematiche relative alla lingua, agli usi, ai costumi eccetera)Pagina 18INVESTIMENTI ESTERI DIRETTIGli IDE sono una misura indiretta delle attività delle IMNIDE: investimento in un'impresa estera nella quale l'investitore detiene almeno il 10% delle azioni ordinarie con obiettivo di stabilire interesse duraturo/relazione di lungo termine con significativa influenza nella gestione.(lungo periodo= orizzonte temporale che dura dai 5 ai 10 anni)L'IDE è diverso dall'investimento di portafoglio, che tipicamente è:Facilmente disinvestibile• Non ha influenza nella gestione•Quindi l'investimento di portafoglio può anche avere un importo rilevante, ma se sussistono le due caratteristiche sopra esposte non si può parlare di IDE.Nell'investimento di portafoglio rientrapo t. Per formattare il testo utilizzando tag HTML, puoi seguire le seguenti indicazioni: - Utilizza il tag

per ogni paragrafo del testo. - Utilizza il tag per evidenziare le parole o frasi in grassetto. - Utilizza il tag

    per creare una lista non ordinata. - Utilizza il tag
  • per ogni elemento della lista. Ecco il testo formattato con i tag HTML:

    L'investimento privato, ma anche i grandi fondi di investimenti. Per esempio i cinesi che hanno acquistato il Milan hanno fatto un IDE.

    Gli IDE comprendono:

    • L'acquisizione del Capitale (K) sociale
    • Gli utili reinvestiti
    • Gli investimenti diretti di Capitale
    • I Finanziamenti di nuovi Investimenti
    • Gli Utili non distribuiti dalle controllate
    • I Prestiti interaziendali
    • Le Fusioni
    • Le Acquisizioni transnazionali

    L'IDE è uno strumento che misura i flussi in entrata e in uscita, se volessimo definire invece qual è lo stock, cioè qual è l'ammontare di investimento diretto estero in un dato paese:

    IMNStock di IDE(i,t): capitale diretto posseduto da non residenti del paese i al tempo t.

Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
46 pagine
3 download
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/11 Economia degli intermediari finanziari

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher emma.r8 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Internazionalizzazione dei mercati e delle imprese internazionali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Deana Gabriele.