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CAPITOLO 3: UN RUOLO LAVORATIVO ED UNA PIENA CITTADINANZA PER

L’ADULTO CON SINDROME DI DOWN

Per rendere compatibile la soggettività di persone con disabilità, con l’oggettività del mondo del

lavoro, è importante che vi siano delle figure professionali in grado di mediare e che quindi

agiscano sulla base delle conoscenze maturate nell’ambito dell’organizzazione lavorativa e

nell’analisi dei ruoli compatibili con la disabilità. Devono quindi, raccogliere le richieste, avviare i

progetti, valutare le persone con sindrome di Down, pianificare l’intervento e gestire l’inserimento.

Alcuni dei progetti che possono essere messi in atto sono i seguenti:

Tirocinio di formazione in situazione: ovvero condurre delle esperienze in vari posti in modo

• che il soggetto possa conoscere meglio il mercato del lavoro;

Borsa di lavoro: la persona disabile osserva per un anno il lavoro che andrà a svolgerlo e poi

• firmerà un contratto d’impiego;

Inserimento lavorativo socio-assistenziale in settori come quelli del no-profit e quelli

• pubblici.

Un coerente progetto di vita ed un efficace programma per l’educazione e la formazione sono

possibili sono se la comunità crede che questo accesso sia possibile. Inoltre, è fondamentale, per

una buona riuscita del progetto, che il soggetto con la sindrome di Down acquisisca all’interno

dell’ambiente di lavoro, una mentalità, un atteggiamento ed una capacità di socializzazione al

lavoro, oltre che delle abilità pratiche.

Bisogna dare un’opportunità a queste persone poiché il ruolo lavorativo costituisce un fattore

fondamentale nell’identità personale e la fonte principale di apprendimento nel mondo adulto.

CAPITOLO 4: LA SESSUALITà E LE PERSONE CON SINDROME DI DOWN

Le relazioni personali e la sessualità sono essenziali per il normale sviluppo di tutti gli adulti,

inclusi quelli con disabilità fisiche e mentali. È in primo luogo, indispensabile che vengano stilati

dei programmi sull’educazione sessuale che però, necessitano di un approccio individualizzato

poiché i soggetti con SD hanno un’ampia gamma di livelli cognitivi, di stili di apprendimento, di

adattamenti della vita e nel lavoro e di problematiche sanitarie (vedi un esempio di programma pag.

58). Nel caso ad esempio, della masturbazione, l’educazione sessuale deve focalizzarsi

sull’attuazione di tale attività in un luogo privato ed appropriato.

In una donna con sindrome di Down la gravidanza può costituire un alto rischio; dovrebbe perciò

essere affidata al servizio di ostetricia ad alto rischio, con una equipe di professionisti esperti nella

cura di donne con disabilità di sviluppo. Relativamente alla contraccezione, nessuna forma di

contraccettivo è totalmente controindicata per le donne con SD. Un argomento di discussione

oggetto di molte controversie è costituito dalla sterilizzazione chirurgica delle donne mentalmente

disabili: essa richiede il consenso informato ed il coinvolgimento del paziente, dei genitori e dei

tutori legali.

Un altro grande problema relativo alle donne con disabilità intellettive riguarda gli abusi sessuali;

l’isolamento sociale ed i problemi comunicativi e cognitivi accrescono questo rischio. In taluni casi

possono essere predisposti a tollerare gli abusi poiché in una condizione di isolamento sociale,

possono essere da loro concepiti come forme di attenzione.

Inoltre, per quanto concerne i problemi femminili di salute nella SD, dai dati è emerso che la

situazione delle donne con SD è uguale a quella della popolazione normale. Di conseguenza anche

per loro sono valide le stesse indicazioni che vengono fornite alle altre donne come il trattamento

delle irregolarità del ciclo mestruale, lo screening per le malattie della mammella e dell’apparato

riproduttivo ecc. Relativamente ai maschi, bisogna invece, dire che è stato riscontrato che la

maggior parte dei maschi con SD è sterile e non si conoscono ancora le cause di tale sterilità.

Una questione poi molto controversa è quella riguardante la questione del matrimonio e dell’avere

figli. Alcuni soggetti con SD mostrano un profondo interesse per il matrimonio e per la famiglia e

questo aspetto spesso spaventa i genitori. Le donne con SD sono spesso fertili ed i loro neonati

presentano un’alta incidenza di SD.

Medici, genitori ed educatori devono fornire a questi individui l’opportunità di studiare, di fare

nuove esperienze e di andare incontro a successi e fallimenti. In relazione poi, al loro ingresso nel

mondo del lavoro, i soggetti con SD possono necessitare di un considerevole sostegno: possono

infatti, essere soggetti ad un rischio di depressione e di contrasti per l’adattamento molto alto per

cui bisogna aiutarli.

CAPITOLO 5 : SVILUPPO ED INTERVENTO PRECOCE NEI BAMBINI

CON SD

Al fine di esaminare la problematica relativa allo sviluppo ed all’intervento precoce nei bambini con

SD, è importante analizzare prima un modello generale di sviluppo quale quello di Guralnick. Esso

mette in evidenza come lo sviluppo del bambino sia influenzato da vari fattori come: 1) la qualità

della relazione genitore-bambino; la sensibilità, la suscettibilità, l’impegno negli scambi

comunicativi ecc. rivestono un ruolo fondamentale; 2) le esperienze e l’impegno che le famiglie

forniscono ai loro bambini; 3) la salute e la sicurezza che le famiglie danno ai loro bambini. Essi

sono governati da una serie di caratteristiche familiari come quelle personali dei genitori. Con il

passare del tempo possono però, emergere fattori che causano stress alla famiglia e che hanno

conseguenze negative sullo sviluppo del bambino come ad esempio, risorse finanziare limitate,

relazioni coniugali non buone, caratteristiche individuali del bambino come temperamento o

disabilità. Analizzando quest’ultimo caso ed in particolar modo citando il caso del bambino con SD,

i fattori di stress nei genitori possono essere costituiti dalle problematiche di salute del loro figlio,

dai divari tra il linguaggio ricettivo e quello espressivo, dalle difficoltà di attenzione, dalla

mancanza di corrispondenza tra espressioni affettive del bambino e del genitore, dalle

problematiche derivanti dall’interazioni con i pari e dalla sofferenza provata. Molto alto è poi il

rischio di isolamento sociale per queste famiglie. Possono anche emergere difficoltà economiche

causate dalle maggiori cure sanitarie di cui questi individui necessitano. Questi aspetti possono

anche inficiare ancor di più, il declino dello sviluppo intellettuale del bambino.

Per far fronte a questa situazione, bisogna mettere in atto un intervento precoce che preveda in

primo luogo, aiuti relativi alle risorse e quindi, alla forma di organizzazione e di coordinamento

degli aspetti dei servizi sanitari, educativi e sociali. In secondo luogo, sono indispensabili aiuti

sociali come i servizi di consulenza familiare e la mobilitazione della rete di associazioni, di amici e

di familiari. Infine, è fondamentale che siano diffuse le informazioni circa i servizi presenti sul

territorio e che i professionisti diano un valido sostegno ai genitori.

È stato dimostrato che interventi precoci ben ideati ed attuati, possono minimizzare il declino nello

sviluppo intellettuale del bambino e dare valide risorse alle famiglie per affrontare il problema; essi

possono inoltre, portare a risultati molto positivi a lungo termine. Le recenti ricerche hanno messo

in luce il fatto che i programmi di intervento precoce devono essere attuati sulla base sui modelli di

interazione familiare che non sono efficaci. Due di questi sono costituiti dall’approccio “orientato

verso la performance” o dallo stile di coping che tende all’elusione.

CAPITOLO 6: FAVORIRE LA COMPETENZA EDUCATIVA DEGLI STUDENTI CON SD

Fino alla metà degli anni Settanta, sia in scuole di addestramento nell’ambito delle istituzioni, sia in

scuole pubbliche o private, ai bambini con SD erano forniti servizi educativi speciali che erano

rigidamente separati dai regolari servizi di educazione. In seguito poi, ad una sentenza del 1972, fu

sentenziato che ogni bambino, indipendentemente dal tipo o dalla gravità della disabilità, avesse il

diritto ad un programma di educazione libero, appropriato e pubblico. Attraverso la legge del 1975,

fu sollecitata l’integrazione di bambini con disabilità, nelle classi normali.

Nei primi anni Settanta e quindi in un periodo in cui non c’erano ancora leggi che garantissero una

libera educazione pubblica, nel Minnesota e nell’Illinois, diversi ricercatori hanno raccolto svariate

misurazioni psicoeducative trasversali e /o longitudinali che descrivono le caratteristiche di 171

individui con SD. Dai loro dati è emerso che molti degli studenti raggiungevano livelli

impressionanti di rendimento accademico nonostante il fatto che la maggior parte dei loro QI fosse

di livello moderato-non lieve di ritardo mentale nei primi anni di scolarizzazione.

Nella maggior parte dei soggetti con SD, i punteggi QI solitamente diminuiscono con l’avanzare

dell’età. È stato dimostrato però, che nonostante ciò, il rendimento nel linguaggio ricettivo, nella

lettura e nella performance motoria generalmente migliorano. È fondamentale quindi, che gli

insegnanti adottino un approccio olistico verso l’educazione del bambino.

CAPITOLO 7: INCLUSIONE: UN MODO IMPEGNATIVO DI LAVORARE

NELLA SCUOLA

Nell’ambito del dibattito sulla riforma sull’educazione speciale, grande attenzione è data alla

giustizia sociale. Christensen e Dorn hanno considerato due prospettive in relazione alla giustizia

sociale: una individualista e l’altra collettivista. Le prime hanno favorito l’eguaglianza di accesso

all’educazione pubblica ed il trattamento speciale per gli individui con necessità particolari in

quanto esse concettualizzano la disabilità come inerente alle persone. Hanno quindi, giustificato gli

ambienti isolati come un modo compensatorio per offrire maggiori risorse agli studenti meno abili.

Le seconde invece, considerano la società come un corpo compatto di persone che condividono una

serie fondamentale di credenze sulla vita e secondo loro quindi, la giustizia sociale dovrebbe

riconoscere l’esistenza di tali credenze condivise. Tali prospettive non sembrano avere principi di

giustizia chiaramente articolati.

Nell’ambito dell’educazione speciale, le prospettive individualiste hanno esercitato una grande

influenza, tuttavia esse presentano degli effetti negativi. In primo luogo, esse tendono ad etichettare

i soggetti con disabilità. Coloro che entrano in contatto con il bambino etichettato tenderanno ad

interagire con lui con un comportamento appropriato alle aspettative. Inoltre, coloro che sostengono

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
7 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/04 Psicologia dello sviluppo e psicologia dell'educazione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ali82ronza di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Disabilità e integrazione scolastica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Soresi Salvatore.