vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
FISCAL COMPACT
Nell’Unione economica e monetaria europea la reazione alla crisi dei debiti sovrani si è concretizzata nel
Fiscal Compact. Con il Consiglio Europeo di Bruxelles del 30 gennaio 2012, 25 paesi – con l’esclusione di
Gran Bretagna e Repubblica Ceca – hanno sottoscritto il Trattato intergovernativo sulla stabilità,
coordinamento e governance. Il Trattato, che sarà operativo dal gennaio 2013, prevede le regole necessarie
a rafforzare la disciplina di bilancio, riconducibili:
Al mantenimento del pareggio di bilancio; (dal 2013 non ci potrà più essere deficit)
Alla riduzione del debito
L’imposizione è quindi il pareggio, e per chi ha un debito superiore al 60% (vedi trattato di Maastricht) deve
avviare una operazione di riduzione di questo debito: non basta il pareggio ma è necessario un avanzo di
bilancio!
Pareggio di bilancio
La regola aurea (golden rule) del pareggio di bilancio dovrà essere inserita nelle Costituzioni nazionali
(l’Italia è l’unico Paese ad avere inserito tale vincolo). Ogni Stato si impegna a mantenere il proprio saldo di
bilancio in pareggio o in surplus nel medio termine. L’obiettivo sarà considerato raggiunto se il disavanzo
annuo strutturale - cioè, corretto per gli effetti del ciclo e al netto di operazioni legate a circostanze
eccezionali, quali, ad esempio, una grave crisi economica – non supera lo 0,5% del PIL. Per i paesi aventi un
debito pubblico al di sotto del 60% del PIL il margine di tolleranza per il deficit strutturale è fissato nella
misura dell’1% del PIL. Il mancato rispetto dell’obiettivo di medio termine comporta un meccanismo di
correzione automatica, sulla base delle proposte e delle raccomandazioni della Commissione Europea.
Riduzione del debito
Il Trattato obbliga gli stati membri a ridurre il debito in eccesso rispetto alla soglia del 60% del PIL ad un
ritmo annuo di 1/20, quindi del 5%. Tale velocità di convergenza potrà essere modificata sulla base, ad
esempio, di possibili squilibri economici.
(l’Italia quindi dovrebbe ridurre la spesa pubblica mediamente di 30/50 mld annui)
Sanzioni e multe
Per quanto concerne il deficit corrente, esso dovrà essere mantenuto sotto il 3% in rapporto al PIL. Allo
Stato membro che dovesse superare questa soglia saranno applicate sanzioni, tranne nel caso in cui la
maggioranza qualificata degli Stati membri esprima parere contrario. Ciascuno Stato, qualora non rispetti
gli impegni assunti in ordine all’obiettivo di medio termine e alle procedure per la riduzione dei disavanzi
eccessivi, potrà essere denunciato alla Corte di Giustizia Europea dalla Commissione o anche da un altro
Stato membro. La Corte di Giustizia potrà applicare sanzioni fino ad un massimo dello 0,1% del PIL, che
saranno versate all’ESM (European Stability Mechanism), un fondo permanente di sostegno per i paesi in
difficoltà.
La speranza è quella di un parlamento europeo che abbia una maggiore attenzione per l’individuo e per
le esigenze sociali. Un parlamento che tenga presente che questi “tagli”, sebbene siano giusti, oggi
porterebbero il sociale indietro di decine di anni (quindi non è questo il momento!)
Trattato di Maastricht
Febbraio 1992
Rappresenta la più radicale revisione ed estensione dei Trattati CE.
Entra in vigore il 1° Novembre 1993
Obiettivi
- Sviluppo armonioso ed equilibrato= sviluppo sostenibile (vedi concetto di sostenibilità del prof)
Crescita non inflazionistica (una delle determinanti del benessere e della sua sostenibilità è la
- crescita - NO decrescita felice! se non c’è crescita non c’è benessere materiale, non c’è occupazione
e non ci può essere tassazione vengono quindi a mancare i soldi per la spesa pubblica. La crescita
non è quindi un concetto negativo purché non inflazionistica: non è più possibile fare signoraggio e
globale)
che bisogna essere competitivi su un mercato
Alto grado di convergenza delle performance economiche: bisogna “camminare” tutti insieme,
- cercare quindi di far convergere tutti i Paesi allo stesso tasso di performance
In particolare si pone una serie di obiettivi cardini tendenti alla costruzione della futura Europa:
del progresso economico e sociale dei Paesi Membri
1.Promozione
-Creazione di un Mercato Unico (entra in azione il 1 gennaio 1993)
coesione economica. Il mercato unico europeo è una sorta di mercato globale in
-Rafforzamento della
piccolo quindi si accetta la logica della globalizzazione all’interno mercato unico, ovviamente mettendo
insieme stati con capacità di competere diverse sarà necessario aiutarne qualcuno allora perché si
ottengano tutti gli effetti desiderati del mercato unico sarà necessario accompagnarlo, da qui la
politica di coesione.
-Instaurazione dell’Unione Economica e Monetaria
e affermazione di una identità Europea forte nei confronti degli altri Stati mondiali. Attuando
2.Creazione
una politica estera comune
3.Rafforzare la tutela dei diritti dei cittadini di tutti i Paesi Membri partecipanti istituendo una
cittadinanza dell’Unione e realizzando una politica sociale comunitaria.
4.Sviluppare una più stretta cooperazione tra i Paesi Membri nel settore della giustizia e degli affari
interni
Quindi attraverso:
- Instaurazione mercato unico
- Unione economica e monetaria ( senza unione monetaria non si può avere mercato unico. Uscire
dall’euro significherebbe uscire anche dall’Europa ritornando ad essere uno Stato sovrano ma
sarebbe necessario un progetto che possa portare un benessere sostenibile e non una semplice
teoria)
- Rafforzamento integrazione economica (Politiche comuni)
- Attribuzione nuove aree di competenza
- Consolidamento e ampliamento di competenze
- Fissazione criteri di convergenza
Criteri di convergenza ricollegato al concetto di crescita non inflazionistica.
1.Tasso di inflazione non superiore dell’1,5% (rispetto a quello medio dei tre paesi meno inflazionistici)
2.Disavanzo pubblico non superiore al 3% del PIL
3.Debito pubblico non superiore al 60% del PIL
4.Tassi di interesse nominali a lungo termine non superiori del 2% (rispetto a quello medio dei tre paesi
meno inflazionistici)
Tasso di inflazione:
CRESCITA INFLAZIONISTICA: non ce la faccio a vendere un prodotto a prezzi bassi, lo produco a prezzi alti
ma a quel punto nessuno lo acquista perché in un mercato globale il consumatore lo acquisterà altrove,
allora faccio correre l’inflazione: Svaluto. A quel punto lo straniero potrà comprare con la sua valuta forte,
non svalutata, ad un prezzo più basso ma al contempo con la moneta svalutata, se sono un paese forte
importatore (di energia, know how, petrolio…), comprerò ad un prezzo più alto all’estero e non potrò
reggere nel medio-lungo periodo.
Se la crescita non deve essere inflazionistica è necessario che tutti i paesi che vogliono fare ingresso nell’ue
si allineino ai paesi meno inflazionistici cioè a quei paesi dell’ue competitivi ed efficienti. Viene presa quindi
una media dei 3 paesi più virtuosi: i Paesi che non si discostano più dell’1.5% dall’inflazione media possono
entrare a far parte dell’unione monetaria. Così facendo con piccoli aggiustamenti, con la politica di
coesione io ti aiuto, tu ti ristrutturi e riesci a produrre a costi livellati con gli altri. Perché facendoti entrare
con una continua inflazione prima o poi non venderesti più nulla e andresti fuori mercato e allora sono
l’inflazione deve essere bassa, non sarà più possibile applicare il
necessarie azioni di aggiustamento
signoraggio e l’inflazione dovrà essere contenuta con politiche sostenibili.
Nel 1992 viene quindi stabilito questo primo criterio e la notte tra il 1998-1999 è stato deciso chi entrava e
chi no: 6 anni quindi per provvedere all’aggiustamento del tasso di inflazione
Disavanzo pubblico
: differenza tra le entrate dello stato (tasse) e le spese dello stesso in quell’anno .Se lo
Stato spende di più di ciò che guadagna significa che ha contratto un debito nei confronti dei risparmiatori
o degli investitori stranieri: quindi il disavanzo è tanto più grande quanto maggiore è il prestito. Questa
differenza in negativo diviso il PIL( di quell’anno) e moltiplicato 100 mi darà la percentuale: per entrare
nell’uem è necessario avvicinarsi al 3% (in quel periodo molti paesi, tra cui l’Italia, si trovavano al 6-7-8%).
Tre sono le strade che i Paesi possono attuare per avvicinarsi al 3% :
Crescere, quindi aumentare il PIL in modo tale che il rapporto tra nominatore e denominatore si assottigli;
Aumentare le Tasse oppure ridurre la Spesa Pubblica.
Ovviamente non è una scelta facile: diminuire la spesa pubblica significa ridurre la spesa degli statali, della
sanità…incidere quindi sul PIL, aumentare le tasse significa diminuire il consumo e vendere di meno.
Necessario è quindi trovare una giusta combinazione. La strada trovata, dal 92 al 99, è stata quella dei tagli
alla spesa pubblica.
Debito Pubblico che corrisponde alla somma storica dei Deficit. L’ue prevede che per entrare nell’unione
monetaria sia necessario rimanere sotto la soglia del 60% perché continuando ad indebitarsi nei confronti
di famiglie e degli investitori stranieri la credibilità dello Stato diminuisce, i tassi di interesse crescono (lo
spread sale!!!). Oggi l’Italia si trova al 133%.
Tassi di interesse nominali a lungo termine non superiori del 2%. Questo criterio nasce dall’esigenza di
allineare la Banca Centrale ai Tassi di altri Paesi come Giappone o USA, in quanto per poter essere
competitivo il “sistema Paese” non può far pagare alle imprese un costo del denaro più alto di quello che
pagano nei paesi extra europei. Quindi per allinearsi ai Tassi allora presenti nei Paesi extra europei, l’Ue
prevede che non possano entrare nell’unione monetaria i paesi che superano il 2%, si tratta di Paesi che
devono combattere l’inflazione e che non hanno capacità di crescita.
Problema fondamentale oggi è l’occupazione, ovviamente però non ci può essere ritorno al lavoro se non
c’è crescita, se non c’è produzione, ecco che non si riesce a trovare una soluzione per crescere e per
migliorare i livelli di occupazione. In più oggi è venuto meno lo stabilizzatore socio economico che avevamo,
infatti fino ad ora abbiamo retto perché le famiglie avevano un po’ di risparmio, una casa di proprietà…
c’era quindi un nucleo famigliare che riusciva a resistere con il tempo il Paese st