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Disciplina della stampa e della professione giornalistica (V cap.)
La libertà di stampa rappresenta il presupposto logico-giuridico della disciplina di altri mezzi di comunicazione come la radiotelevisione e Internet. A differenza di altri media, l'editoria quotidiana e periodica nel nostro paese ha tradizionalmente goduto, almeno nel periodo repubblicano, di una buona riuscita in termini di pluralismo. I problemi dell'editoria italiana emergono sotto il profilo della produttività soprattutto se consideriamo l'avanzamento di altre forme di comunicazione che utilizzano tecnologie digitali. L'art. 28 dello Statuto Albertino afferma che la stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi; questa affermazione troverà poi attuazione con l'Editto della stampa, dalla quale ricaviamo la distinzione tra:
- stampa comune (la legge sancisce di depositare una copia presso l'autorità giudiziaria)
- stampa periodica
(l'obbligo di comunicare l'inizio delle pubblicazioni, con una serie di informazioni legate al divieto di stampa anonima e l'obbligo di nominare un gerente responsabile che assume la funzione di responsabile per i reati sia per gli articoli anonimi che per quelli firmati). L'involuzione massima della libertà di stampa ha avvio nel periodo fascista attraverso:
- sequestro amministrativo preventivo
- obbligo di autorizzazione degli stampati
- divieto di affissione di stampati offensivi della morale, della pubblica decenza, del buon costume
- responsabilità affidata al gerente nominato dal prefetto
- istituzione dell'albo dei giornalisti dove l'iscrizione è subordinata ad una serie di requisiti negativi con l'obbligo di certificazione sulla condotta politica dell'interessato in modo da assicurare l'allineamento politico di ogni giornalista con il regime.
L'art. 21 cost. è prevalentemente concentrato
sull'esercizio della libertà di stampa: - comma 2 ("lastampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure"; l'autorizzazione alla pubblicazione degli scritti viene rimandata alla discrezionalità dell'autorità amministrativa, la censura deve essere esercitata attraverso un controllo preventivo, obbligo di registrazione della stampa a garanzia di terzi) - comma 3 ["si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria (Riserva di giurisdizione) o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva con l'intervento delle sole fonti primarie (Riserva di legge assoluta)"] - comma 4 ("quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre 24 ore, comunicare l'atto all'autorità giudiziaria")ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle 24 ore successive, il sequestro si intende revocato e privo d'ogni effetto) – comma 5 ("la legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica) Diversamente da quanto avvenuto per la radiotelevisione, la stampa ha seguito sin dall'origine il modello dell'impresa privata: - sostegno economico [finanziamento diretto (fondi verso quelle imprese editrici di particolare valore che pubblicano quotidiani o periodici qualificati come giornali di forze politiche) e finanziamento indiretto (forme di credito agevolato come la riduzione dell'IVA)] – regolamentazione della distribuzione e della vendita (evitare situazioni di privilegio o discriminazione in favore o a danno di determinate testate, per quanto riguarda la vendita esiste una regolazione restrittiva della concorrenza) – obblighidi trasparenza (permette di individuare le persone fisiche a cui queste imprese fanno capo, assicurando il diritto dell'informazione del cittadino e il rispetto delle norme antitrust, obbligo di iscrizione al registro degli operatori della comunicazione ROC, il deposito annuale del bilancio e la comunicazione di ogni modificazione dell'assetto azionario e societario). Si considera giornalista colui che provvede alla raccolta, elaborazione o commento di notizie destinate a essere diffuse tramite organi di informazione; il giornalista quindi non si limita a fornire e diffondere una notizia, ma svolge un attività di mediazione intellettuale e di elaborazione della notizia. La Corte ha ribadito la legittimità dell'esistenza di un "ordine dei giornalisti" che ha il compito di salvaguardare nell'interesse della collettività, la dignità professionale e la libertà di informazione e critica dei propri iscritti. La leggesocietà e i giornalisti. Inoltre, la legge prevede che i giornalisti debbano astenersi dal pubblicare notizie false o tendenziose, diffamatorie o lesive della dignità delle persone. La legge stabilisce anche che i giornalisti hanno il diritto di non rivelare le fonti delle loro informazioni, a meno che non siano obbligati per legge a farlo. Inoltre, i giornalisti hanno il dovere di rispettare la privacy delle persone e di evitare discriminazioni di qualsiasi tipo. Infine, la legge prevede che i giornalisti debbano essere indipendenti e imparziali nel loro lavoro, evitando conflitti di interesse e influenze esterne. Essi devono agire nel rispetto dei principi etici e professionali della professione giornalistica. In conclusione, l'ordinamento professionale dei giornalisti prevede una serie di doveri e responsabilità che i giornalisti devono rispettare nel loro lavoro, al fine di garantire la libertà di informazione e promuovere la fiducia tra i giornalisti e la società.Stampa e i lettori. La Federazione nazionale stampa italiana FNSI insieme all'ordine dei giornalisti, hanno adottato una Carta dei diritti e dei doveri che articola meglio i contenuti della l. 69/1963. La Carta dei doveri contiene previsioni più puntuali come il divieto di adesione ad associazioni segrete e il divieto di accettare privilegi, ma in particolare si sofferma sull'esigenza di tutelare la riservatezza dei cittadini qualora la notizia sulla vita privata non siano di chiaro e rilevante interesse pubblico.
La radiotelevisione (VI cap.)
Il fenomeno televisivo ha raggiunto dimensioni imponenti e nessun altro mezzo di comunicazione di massa ha una platea così vasta. Per capire la televisione bisogna partire dalla radio: il primo mezzo di comunicazione pervasiva nei confronti di un pubblico ampio e indifferenziato.
A partire dal 1910 lo Stato italiano riserva a se stesso lo sfruttamento dei servizi radiotelegrafici, con la facoltà di rilasciare concessioni e
Licenze a operatori privati o pubblici. Da un punto di vista politico la legge giustifica il monopolio statale sui servizi di radiodiffusione alla luce della loro pubblica utilità, che nell'interesse dei cittadini possono essere meglio perseguiti attraverso la gestione monopolistica.
L'Unione radiofonica italiana URI nel 1927 si trasforma nell'Ente italiano audizioni radiofoniche EIAR che nel 1944 assume la denominazione RAI (Radio audizioni Italia) la quale nel 1952 assume l'attuale denominazione Radiotelevisione italiana; nel gennaio del '54 venne avviato il servizio televisivo nazionale.
Alla fine degli anni '60 gli abbonamenti RAI sfiorano i 10 milioni di utenti sulla scorta del modello inglese della BBC (Information, education, entertainment).
La prima sentenza della Corte cost. in materia di radiotelevisione risale alla n. 59 del 1960: (la legittimità del monopolio pubblico) secondo la Corte esistono ragioni di utilità generale.
idonee agiustificare il monopolio dato che lo Stato sia istituzionalmente in grado di esercitare i servizi in più favorevoli condizioni di obbiettività e di imparzialità. Con la sentenza n. 225/1974 la Corte riafferma l’esclusiva per la radiodiffusione in ambito nazionale, ma dichiara illegittima la riserva statale dei servizi televisivi via cavo su scala locale; la Corte viene adettare una serie di comandamenti (decalogo al legislatore) che rappresentano indicazioni al legislatore per l’approvazione di una legge quadro in materia di diffusione radiofonica e televisiva. La legge n. 103/1975 riguarda le “nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva “: siintende rivedere l’intero sistema radiotelevisivo, individuando i principi fondamentali per la diffusionedi programmi televisivi; per la prima volta il controllo del servizio radiotelevisivo (in particolare della RAI) passa dal Governo al Parlamento. Con una sentenza storica n.
202/1976 la Consulta dichiara incostituzionale il monopolio su tutti i servizi di diffusione radiofonica e televisiva su scala locale; si tratta di una decisione che contribuisce in maniera decisiva all'apertura del mercato radiotelevisivo alla concorrenza. In questo quadro prende il via ciò che è stato definito "caos dell'etere" caratterizzato dall'occupazione delle frequenze e dalla moltiplicazione delle emittenti private in nome del pluralismo nel mercato televisivo.
A partire dal 1980 nascono Canale 5, Italia 1 e Rete 4 che immediatamente cominciano a mettersi in concorrenza tra loro, ma soprattutto con la RAI; la televisione privata diventa contemporaneamente oggetto e strumento di un accesa disputa politica. Si arriva alla legge n. 10/1985 con l'affermazione dei principi di pluralismo e libertà che devono ispirare un sistema misto di remittenza pubblica e privata.
La legge n. 223/1990 (legge Mammì) disciplina il sistema
radiotelevisivo pubblico e privato: introducendo una prima regolamentazione antitrust, viene stabilito a livello nazionale il limite di tre canali per impresa e vengono introdotte norme relative alla pubblicità. Nel complesso le garanzie di pluralismo della legge Mammì non possono considerarsi soddisfacenti, infatti la sentenza n. 420/1994 la dichiara costituzionalmente illegittima. Nel 1996 il ministro Maccanico presentò al Senato due disegni di legge che nel 1997 si trasformarono nella legge n. 249/1997 riguardante l'Istituzione dell'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo. Per la prima volta viene istituita un'autorità che esercita le proprie funzioni sia sulla radiotelevisione che sulle telecomunicazioni, ma soprattutto vengono stabilite nuove norme antitrust: limiti in riferimento sia al numero massimo di reti controllabili da un solo soggetto (limite dimensionale da 3 a 2).20% reti) sia ai tetti di risorse acquisibili da un solo soggetto (limite economico 30%). Sul finire degli anni '90 sarà l'apertura al nuovo mercato digitale a caratterizzare le successive vicende legislative del settore radiotelevisivo. Il legislatore con la legge n. 66/2001 sa