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LA SINDROME DA IMMOBILIZZAZIONE
L’immobilità (o sindrome ipocinetica) è una condizione data da una ridotta o assente capacità di
compiere movimenti ad insorgenza acuta o cronicamente progressiva la massima espressione
clinica che ne consegue è rappresentata da un complesso di alterazioni multisistemiche che nel
loro insieme configurano la sindrome da immobilizzazione.
Cause di immobilizzazione
• Patologie a carico dell’apparato muscolo-scheletrico (dolore, ridotta ampiezza di
movimento,
• Debolezza muscolare..)
• Malattie neurologiche (compromissione della funzione motoria da danno cerebrale, dolore,
debolezza, ipotrofia muscolare, deficit sensoriali..)
• Malattie cardiovascolari
• Malattie polmonari
• Gravi malattie sistemiche (neoplasie)
• Malnutrizione
• Cause iatrogene ( sonnolenza, bradicinesia..)
• Problematiche psicologiche (depressione, timore di cadute, perdita dell’abitudine al
movimento dopo allettamento prolungato)
• Fattori socio-ambientali:
inadeguatezza del supporto sociale che può causare solitudine, indigenza e
o malnutrizione.
immobilizzazione forzata a letto per la cura di patologie acute o negli istituti di
o assistenza per anziani con problemi di instabilità, deficit visivi in assenza di idonei
programmi di mobilizzazione.
presenza di barriere architettoniche
o assenza di ausili per il movimento
o
Tutti questi fattori interagiscono fra di loro. Da tale interazione dipende la velocità con cui si
instaura e progredisce la sindrome da immobilizzazione.
APPARATO CARDIOVASCOLARE
Cuore
Ridotta gittata cardiaca, ridistribuzione della volemia dalla periferia al centro, ridotta capacità di
adeguamento del cuore ad una maggiore richiesta di prestazioni, stato di scompenso cardiaco
potenziale con facile insorgenza di epa, ridotta capacità di adeguamento pressorio nel cambio
postura.
Alla ripresa della posizione eretta il flusso ematico viene ridistribuito dal centro alla periferia. Da ciò
si ha ipovolemia che impedisce l’adeguamento della gittata cardiaca alle nuove richieste e,
assieme alla vasodilatazione periferica, può causare ipoperfusione dei tessuti (ipotensione
ortostatica, astenia al minimo sforzo), il tutto aggravato dalla riduzione dell’azione dei barocettori
per decondizionamento durante l’allettamento.
Intervento terapeutico
Far muovere la persona con cautela
Controllare l’apporto di liquidi
Educare la persona a muoversi in modo graduale
Trombosi venosa profonda
Epidemiologia nei soggetti ospedalizzati: Medicina e Chirurgia dal 10 al 40%
Ortopedia dal 40 al 60%
Trombo: aggregato di cellule ematiche emazie e piastrine intrappolate in una rete di fibrina.
Fasi
1. stasi ematica: le valvole venose impediscono al sangue di tornare indietro ma possono
anche creare di circolazione lenta. Danni alle pareti vasali con conseguente ridotta
produzione locale di fattori antitrombotici (antitrombina iii e prostaciclina).
2. Alterazione coagulazione: la fibrina si accumula nel sangue venoso a flusso lento
intrappolando le cellule sanguigne.
3. Le cellule sanguigne intrappolate dalla fibrina si combinano con le piastrine formando un
trombo. Il trombo in fase di crescita riempie la vena riducendo la circolazione e creando
gonfiore e dolore nella regione. Il trombo o una sua porzione può occludere il vaso o
staccarsi; questa porzione si chiama embolo.
4. Un embolo viaggia lungo il flusso sanguigno finchè non si sposta in un vaso sanguigno
arterioso.
Fattori di rischio
Tutti i ricoverati sono a rischio ma in alcuni il rischio è maggiore:
scarsa mobilità intervento chirurgico
età avanzata terapie estrogenica
obesità flogosi
fumo vene varicose
uso del cvc (arti inf. se in femorale- patologie polmonari croniche
arti sup. se in succlavia – giugulare)
storia di tvp
Intervento profilattico/terapeutico
Valutazione del rischio (Homans positivo)
Mobilizzazione precoce
Somministrazione di eparina calcica
Uso di calze a compressione graduata con applicazione di vari gradi di pressione, massima
alla caviglia e via via inferiore risalendo lungo l’arto
Indicazioni
Nei soggetti a basso rischio di TVP
Nei soggetti ad alto rischio associata a eparina
APPARATO RESPIRATORIO
Il clinostatismo provoca la riduzione della capacità vitale a causa del sollevamento del diaframma
conseguente alla maggiore pressione endoaddominale .
Si altera il rapporto ventilazione-perfusione per la presenza di zone atelettasiche, per la
ridistribuzione del flusso ematico nelle zone polmonari posteriori che sono declivi nella postura
distesa.
Maggiore rischio di sviluppare infezioni broncopolmonari per ristagno di secrezioni endobronchiali
e per la riduzione dell’efficacia della clearance muco-ciliare e riduzione dello stimolo tussivo.
Intervento profilattico/terapeutico
• Favorire una respirazione ottimale Utilizzare il drenaggio posturale
• •
Educare la persona ad effettuare Eseguire il klapping
• •
respiri profondi Mobilizzare la persona quanto più
•
Educare la persona ad effettuare colpi possibile
• di tosse efficaci Fare assumere alla persona posture
•
Mantenere un buon grado di atte a favorire la respirazione
• idratazione
Garantire un ambiente ideale
•
APPARATO MUSCOLARE
riduzione della massa (ipotrofia), della forza muscolare (ipostenia), contratture muscolari (perdita di
forza contrattile di 1-1,5% ogni giorno di allettamento), fibrosi di tendini, legamenti e capsule e
limitazioni funzionali (anchilosi).
APPARATO OSTEOARTICOLARE
Il tessuto osseo non ha la sua funzione di resistenza al carico di conseguenza si ha riduzione
osteosintesi da parte degli osteoblasti e osteopenia ovvero impoverimento della struttura e della
massa ossea .
Può comparire osteoporosi (perdita di minerale osseo e calciuria), fibrosi di tendini e legamenti e
capsule, alterazioni simil artrosiche delle cartilagini con progressiva
Perdita dell’escursione articolare fino all’anchilosi.
Intervento profilattico/terapeutico
• Muovere la persona il più possibile Eseguire esercizi isometrici (attivi e
• •
Eseguire esercizi isotonici (attivi e passivi)
• passivi)
Mantenere sempre in movimento le Se necessario richiedere la
• •
articolazioni prestazione di un FKT
APPARATO GASTROENTERICO
Anoressia legata a minore richiesta energetica da parte dell’organismo, rallentamento processi
digestivi, fattori neuropsicologici come confusione mentale, depressione, stipsi rallentamento della
peristalsi, disidratazione della massa fecale, formazione di fecalomi, malnutrizione.
Intervento profilattico/terapeutico
• Controllare l’alimentazione Favorire la privacy durante
• •
Controllare l’idratazione l’eliminazione
• Educare la persona
Muovere la persona •
•
APPARATO URINARIO
Ridotta sensibilità vescicale con alterazioni del meccanismo di svuotamento, incontinenza,
ritenzione urinaria.
Molteplici fattori:
Difficoltà a mingere distesi, alterata sensibilitò vescicale, insufficiente svuotamento, mancanza di
privacy, ridotto controllo centrale per la confusione mentale, inadeguato accesso ai servizi,
personale ridotto e poco attento, infezioni urinarie, aggravamento delle lesioni cutanee presenti,
urolitiasi (stasi e aumento secrezione calcio)
Intervento profilattico/terapeutico
• Garantire un buon grado di Fare in modo che la minzione
• •
idratazione avvenga in bagno sul WC
Mobilizzare il più possibile la persona Controllare le urine per qualità e
• • quantità
FUNZIONI NEUROPSICOLOGICHE
Confusione mentale per deprivazione sensoriale e per ipoperfusione cerebrale, depressione,
indifferenza od ostilità verso l’ambiente, deterioramento cognitivo.
Intervento profilattico/terapeutico
• Favorire la relazione Stimolare la persona a relazionarsi
• •
Parlare con la persona assistita Evitare i troppi sonnellini pomeridiani
• •
Consentire le visite anche al di fuori
• dell’orario
APPARATO TEGUMENTARIO
Lesioni da decubito (area localizzata di danno tissutale provocata da fattori intrinseci ed estrinseci;
intrinseci legati a situazioni patologiche, estrinseci legati a meccanismi di trazione o stiramento,
frizione, pressione, umidità)
LESIONI DA DECUBITO
Meccanismi
Le forze di stiramento determinano un progressivo spostamento l’una sull’altra di superfici
costituite da elementi sovrapposti. Si realizzano ad esempio quando il paziente è seduto sulla
sedia senza sufficiente appoggio per le gambe o quando la testata del letto è sollevata, con
tendenza alla caduta del tronco e scivolamento dei segmenti corporei da una posizione all’altra. In
questi casi si produce una trazione dei tessuti molli superficiali ancorati dalle fasce muscolari
profonde, con effetto di stiramento, possibile angolazione, microtrombosi, ostruzione e recisione
dei piccoli vasi, ipossia e conseguente necrosi tissutale profonda.
Lo sfregamento sembrerebbe privo di un ruolo patogenico prncipale. Eso determina la rimozione
dello strato più superficiale della cute, lo strato corneo, con conseguente riduzione dell’attività
fibrinolitica del derma, rendendo questo più suscettibile alla necrosi da compressione. L’aumentata
perdita di acqua trans dermica, con accumulo di liquidi in superfici, comporta una diminuzione della
resistenza della cute ai traumi.
La pressione esercitata sui tessuti è considerata il fattore patogenetico principale. La pressione
normale nella circolazione capillare arteriosa è di 32 mmHg. La compressione esterna diventa
lesiva per i tessuti quando super il livello critico di 32 mmHg poiché causa una riduzione
dell’apporto ematico con conseguente ischemia ed ipossia. Gli effetti della compressione variano,
oltre che per l’entità e la durata della compressione, anche in funzione della sede, dello spessore
della cute e dei tessuti molli. È dimostrato ad esempio che una pressione di 60-70 mmHg
mantenuta per 2 ore può essere sufficiente a produrre un danno irreversibile. Se il tessuto cutaneo
può rispondere all’insulto provocato dalla compressione con un’iperemia compensatoria, nel
paziente anziano questa è generalmente insufficiente a proteggerlo dal rischio di ipossia.
In situazione di ipossia viene utilizzato il metabolismo anaerobio con:
Produzione di sostanze tossiche e acidosi locale
• Aumento