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Secondo l’OMS ne esistono numerosissimi sottotipi, 34 per la precisione. Di questi sottotipi circa
l’85-90% sono tumori epiteliali (carcinomi), mentre gli altri si dividono tra tumori delle cellule
germinali e tumori dello stroma ovarico. I carcinomi ovarici sono caratterizzati dalla presenza di cisti
definite “complesse”. I sintomi compaiono molto tardivamente e la prognosi è severa. Risulta anche
di dubbia utilità lo screening ecografico a causa della presenza di molti falsi positivi con la
conseguenza di procedure invasive e chirurgiche inutili.
Tumori maligni del corpo dell’utero
Di tutte le neoplasie maligne che possono colpire questa zona, circa il 75% sono adenocarcinomi
endometriali. Esistono poi altri adenocarcinomi, tra cui quelli secernenti mucina e quelli a cellule
chiare, e una serie di carcinomi, come quelli a cellule argirofile, quello papillifero sieroso, e quelli a
cellule squamose). L’insorgenza si pensa sia data dall’esposizione ad estrogeni non correttamente
bilanciati dal progesterone oppure da fattori di rischio quali l’obesità, il diabete, la menopausa tardiva,
la familiarità oppure l’assunzione di Tamoxifene, un farmaco antitumorale assunto via orale ed
appartenente alla famiglia dei modulatori selettivi del recettore degli estrogeni utilizzato per prevenire
la ripresa della malattia in donne già operate per tumore al seno.
Per quanto riguarda, nello specifico, l’adenocarcinoma endometriale, la sua insorgenza è legata
soprattutto ad iperestrogenismo, una condizione frequente in pazienti obese e diabetiche. Tra i
sintomi, che sono precoci, rientra la metrorragia. La diagnosi si basa sull’indagine ecografica e
sull’isteroscopia, che danno ottimi risultati in termini di diagnosi precoce. Per quanto riguarda la
terapia è di tipo chirurgico coadiuvata, eventualmente, da radioterapia. Più volte è stato proposto, ma
mai effettuato, uno screening di massa tramite ecografia transvaginale, visto anche l’alto tasso di falsi
positivi.
Tumori maligni del collo dell’utero
Anche in questo caso il carcinoma è la neoplasia con il più alto tasso di incidenza. In particolare il
carcinoma squamoso, seguito dall’adenocarcinoma e infine da tumori mesenchimali, che però sono
rarissimi. L’eziopatogenesi è data da infezioni virali del collo dell’utero trasmesse con i rapporti
sessuali a causa del principale agente virale, ossia l’Human Papilloma Virus (HPV) o virus delle
verruche (sottotipi 16 e 18 soprattutto). Contro questo virus esiste un vaccino quadrivalente non
obbligatorio e gratuito per le bambine che hanno compiuto il 12° anno d'età e che rende immuni dai
sottotipi 6, 11, 16 e 18.
I sintomi che si riscontrano sono tardivi e per questo è necessario che sia istituito un programma di
screening, che sta dando ottimi risultati in termini di diagnosi precoce. Proprio per questo esiste e si
sta diffondendo sempre più il Pap test, o test di Papanicolaou dal nome del suo inventore. Questo test
si effettua prelevando dei campioni tramite cyto-brush e spatole di Ayre, che verranno poi analizzati
al microscopio. Per la diagnosi si usa la colposcopia, che permette la visione ingrandita della cervice
uterina, e una biopsia. Una volta individuata la neoplasia, la terapia è di tipo chirurgico coadiuvata,
eventualmente, da radioterapia.
Assistenza alla persona sottoposta a isterectomia
Per isterectomia si intende la rimozione per via chirurgica dell’utero e può essere subtotale, se viene
lasciata in sede la cervice, totale o radicale, se oltre all’utero e alla cervice vengono rimosse anche le
tube di Falloppio, le ovaie, la parte superiore della vagina e le ghiandole linfatiche pelviche. Inoltre
la vagina viene suturata al fondo e accorciata. Per la rimozione si possono usare diverse tecniche
chirurgiche, utilizzando la via laparotomica, quella vaginale e infine quella laparoscopica.
Periodo pre-operatorio
Il periodo precedente all’intervento è un periodo caratterizzato da un forte stato di ansia, legata sia
ad una eventuale insufficiente conoscenza delle procedure pre ed intraoperatorie, che alla percezione
della perdita della femminilità. È quindi compito dell’infermiere ridurre il livello di ansia tramite
l’ascolto e il dialogo con la paziente, informandola su eventuali dubbi presenti ed insegnandole alcune
tecniche di rilassamento. Una volta ottenuta la compliance della paziente, questa deve essere
preparata correttamente all’intervento chirurgico tramite il ricovero il giorno precedente o la mattina
dell’intervento, fornendo informazioni sia sulla fase preoperatoria (in particolare relative al digiuno)
che postoperatoria, preparando l’intestino e la cute, inserendo il catetere vescicale e il SNG se
richiesto ed eseguendo la profilassi antibiotica e antitrombotica qualora fosse necessario.
Periodo post-operatorio
Una volta uscita dalla sala operatoria, sarà compito dell’infermiere del reparto di degenza monitorare
le possibili situazioni di emergenza. Per fare questo sarà necessaria la valutazione dello stato di
coscienza, la misurazione dei parametri vitali, e il monitoraggio di eventuali segni di sanguinamento
della ferita. Sarà poi necessario procedere alla rimozione del catetere vescicale in prima giornata, alla
mobilizzazione precoce della paziente. Non devono essere somministrati liquidi fino alla ripresa della
peristalsi, e una volta somministrati deve essere valutata la risposta dell’organismo.
Sarà poi necessario rendere una serie di informazioni, già data sicuramente in fase preoperatoria, sulle
restrizioni nelle attività, sugli effetti dati dalla carenza di estrogeni e rinforzare l’importanza del
rispetto dei controlli di follow-up.
Nel caso in cui l’intervento sia stato eseguito per via vaginale, deve essere valutata la presenza di
sanguinamento dalla vagina tramite il controllo del tampone vaginale. Successivamente deve essere
controllata la pervietà del catetere vescicale, che verrà poi rimosso in seconda giornata insieme al
tampone vaginale. Dopo la prima minzione deve poi essere valutato il ristagno in vescica, che è
negativo se <100ml. In caso invece di risultato positivo, deve essere valutata la quantità di urina
emessa spontaneamente e incentivare la paziente ad una minzione ogni 2h. devono poi essere inseriti
ovuli vaginali per la terapia antibiotica dopo la rimozione del tampone vaginale.
Diagnosi infermieristiche e problemi collaborativi nel periodo post-operatorio ginecologico
Le principali diagnosi infermieristiche utilizzate in fase post-operatoria sono:
Rischio di infezione correlato a invasione di microrganismi secondaria a intervento
• Rischio di alterazione della funzione respiratoria correlato a stasi delle secrezioni polmonari
• secondario a immobilità
Dolore correlato a trauma tessutale secondario a isterectomia
• Rischio di alterazione dell’eliminazione intestinale correlata agli effetti sulla peristalsi
• dell’anestesia e dell’intervento
Rischio di alterazione del comfort correlato agli effetti dell’anestesia
• Disturbo dell’immagine corporea correlato alla perdita della fertilità e/o a variazioni
• dell’aspetto
Rischio di alterazione del modello di sessualità correlato alla diminuzione della libido e/o al
• dolore conseguente alla chirurgia
Lutto correlato alla perdita di un organo e/o della funzione riproduttiva
• Rischio di gestione inefficace del regime terapeutico correlato a insufficiente conoscenza
• della cura della ferita, segni di complicanze, restrizioni delle attività, controlli di follow-up
I principali problemi collaborativi utilizzati in fase post-operatoria invece sono:
Trauma ureterale, vescicale, intestinale e vascolare
• Monitorare segni e sintomi di ritenzione urinaria, prolungata assenza di peristalsi e urine
• torbide con ematuria
Monitoraggio parametri vitali per precoce rilevazione segni e sintomi di ipovolemia.
• Emorragia (si verifica più frequentemente nelle prime 24h)
• Trombosi venosa profonda
• Infezione del sito chirurgico
• Ileo paralitico
•
[VEDI SLIDE PER LA PARTE SU SALUTE ED EDUCAZIONE SESSUALE]
Promozione della salute sessuale e riproduttiva
La salute sessuale è stata definit nel 1972 dall’OMS come “integrazione degli aspetti somatici,
affettivi, intellettuali e sociali dell’essere sessuale in modalità positivamente arricchenti e che
valorizzano la personalità, la comunicazione e l’amore”.
Secondo la World Association for Sexual Health (WAS) l’educazione sessuale vuol dire apprendere
relativamente aspetti cognitivi, emotivi, sociali, relazionali e fisici della sessualità.
L’educazione sessuale deve iniziare precocemente, fin dall’infanzia e continuare sempre, durante
adolescenza e durante tutto il resto della vita adulta. Con i bambini e i ragazzi l’educazione sessuale
mira a sostenere e proteggere lo sviluppo sessuale.
Ma perchè fare educazione sessuale? Vi sono varie motivazioni per cui un professionista sanitario è
tenuto a fare educazione alla sessualità. Infatti, la sessualità è una componente centrale dell’essere
umano e ogni essere umano ha diritto a essere informato. L’educazione sessuale informale non è
adeguato alla società moderna. Inoltre i giovani sono esposti a moltissime nuove fonti di
informazioni, il più delle volte non ad opera di professionisti della salute e quindi non affidabili. Per
tutti questi motivi, nasce la necessità di promuovere l’educazione e la salute sessuale.
Le principali fonti di educazione e informazione ad oggi sono rappresentate da:
Scuole
• Libri
• Materiale educativo e informativo sull’argomento
• Internet (spesso inaffidabile)
• Programmi informativi e campagne promozionali dei mass-media
• Servizi sanitari e professionisti della salute
•
Gli ultimi studi concordano tutti sulla necessità fi dare educazione e informazione alla sessualità e
alla contraccezione agli adolescenti.
Chi si trova a fare educazione alla sessualità però si trova davanti a un problema reale: infatti si sta
avendo sempre di più da parte dei giovani, una non adeguata informazione e conoscenza sulla
gestione della sessualità e i rischi ad essa correlati, sopratutto in termini di MST, inefficace
educazione alla contraccezione e conseguente insufficiente prevenzione di gravidanze indesiderate
nella fascia di età tra 14-25 anni.
Legislazione
1975: L.405/75 istituisce i Consultori Familiari sul territorio nazionale
1977: La Regione T