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STORIA DELL’ARTE CONTEMPORANEA

L'IMPRESSIONISMO

Nel 1870 Napoleone III, sconfitto a Sedan, esce dallo scenario europeo e verrà proclamata in

Francia la terza Repubblica, con la conseguente ascesa di una borghesia moderata e

conservatrice la quale instaura una politica di rigida difesa ai propri interessi.

Anche l'urbanistica parigina con Hausmann consolida il suo aspetto borghese arricchendosi di

stazioni ferroviari, teatri, musei, sale da ballo e caffè. Parigi era già percorsa da un efficiente rete

metropolitana, la città era rischiarata da un impianto di lampioni a gas ed invasa da enormi

marciapiedi dei boulevard. Ovunque erano novità e progresso: strutture in acciaio e vetro, grandi

magazzini dotati di ascensori. In questa Parigi si matureranno i presupposti per la più grande

novità artistica del secolo: l'Impressionismo.

Gli impressionisti furono figli della borghesia mercantile ed imprenditoriale, che portò allo sviluppo

economico di Parigi, ma si scaglieranno contro la sua cultura conservatrice ed accademica. Il

gruppo impressionista si sviluppa in modo diverso rispetto agli altri movimenti, non è organizzato

ne preordinato, non ha un manifesto programmatico e si formò per aggregazione spontanea. Gli

impressionisti infatti iniziarono a riunirsi al Cafè Guerbois dandosi appuntamenti settimanali fissi

nei quali gli artisti si confrontavano, maturavano le loro idee e si caricavano di entusiasmo. Il

gruppo inoltre era privo di una base culturale omogenea e i vari aderenti provenivano da

esperienze artistiche e realtà sociali diverse.

Il movimento impressionista ha un diverso modo di porsi nei confronti della realtà esterna, essi

sostengono che tutto ciò che percepiscono visivamente continua oltre al campo visivo, per questo

viene quasi abolita la prospettiva geometrica e la visione non è più ristretta ad un reticolo

geometrico. La realtà dunque non sarà più rappresentata con un disegno netto e meticoloso. Il

soggetto di rappresentazione perde di importanza, ciò che si vuole rendere è la percezione visiva,

l'impressione che uno stimolo esterno suscita nell'artista il quale coglie la sostanza delle cose e

delle situazioni. La rappresentazione di un oggetto è data dalle giustapposizioni dei colori puri

tramite tocchi virgolati, picchiettature, trattini o macchiette rapide e veloci escludendo l'uso del

bianco e del nero, quali non colori. Vi è anche l'abolizione del disegno e delle linee di contorno

degli oggetti i quali ci vengono fatti percepire tramite accostamenti di colori puri, infatti secondo

l'impressionismo il colore non esiste di per se ma in rapporto a quelli che ha vicino. La luce

determina la percezione dei colori i quali variano a seconda di essa, dunque il pittore deve saper

catturare la sensazione di un istante. Spesso gli impressionisti rappresentano il medesimo

soggetto in diversi momenti del giorno per mostrare come la luce, nel suo continuo divenire,

trasformi cose e colori. L'intento era quello di rappresentare le sensazioni che la realtà restituiva,

non la realtà stessa, poiché essa è in continua evoluzione, in un continuo divenire. Gli

impressionisti prediligevano dipingere a contatto con la realtà, en plein air, e ciò venne reso

possibile dalla diffusione dei primi tubetti di colore ad olio. Tale diffusione fece si che la pittura

potesse diventare l'hobby domenicale di chiunque. Gli impressionisti in genere prestavano

indifferenza al tema- soggetto delle opere ma ciò che a loro interessava era il come lo trattavano.

Al loro modo di rappresentare le sensazioni della realtà fu importante l'invenzione della fotografia

che aiutava a cogliere dettagli che l'occhio umano non percepiva, aggiungendovi impressione e

stati d'animo dell'artista. Importante fu anche la diffusione delle stampe giapponesi nelle quali

colpiva l'uso del colore e la loro dimensione fiabesca. Nel suo tentativo di rappresentare la realtà

così come appare all’osservatore, l’impressionismo è vicino alla filosofia positivista, che promuove

un’indagine razionale e scientifica della realtà fondata sull’esperienza diretta.

Nel 1831 il Salon, la grande esposizione di opere di artisti viventi, divenne annuale; si tendeva

tuttavia inevitabilmente a privilegiare l'arte ufficiale maggiormente corrispondente alla mentalità

borghese dominante, in cui cioè trovassero posto valori quali il patriottismo e la religione.

La prima esposizione alla quale un impressionista ebbe l'opportunità di esporre fu nel 1863 al

“Salon des Refuses”, concesso da Napoleone III agli artisti che venivano rifiutati al Salon ufficiale.

A tale Salon alternativo espose Manet con le Dejeunè sur l'erbe, ma anche Pisarro e Whristler per

un totale di 3000 opere esposte.

→ La prima vera esposizione impressionista si tenne nel 15 Aprile 1874 quando alcuni giovani

artisti, le cui opere erano state più volte rifiutate dal Salon ufficiale, ebbero l'opportunità di esporre

ad una mostra alternativa con sede nello studio del fotografo-ritrattista di Gaspard Nadar al 35° del

Boulevard des Capuccines. Ad essa esposero 35 artisti tra i quali: Monet, Degas, Pissarro, Renoir,

Sisley e Morisot.

Alla loro prima mostra il critico d'arte Louis Leroy osservando un dipinto di Monet diede agli artisti

l'appellativo derisorio di “Impressionisti”.

Tale prima mostra fu un fallimento, ma furono successivamente i russi, per primi, ad interessarsi

all'arte impressionista. Vi furono poi altre sette mostre impressioniste, ed una volta sciolto il

gruppo, le varie personalità continueranno a produrre seguendo ognuno una propria sensibilità.

Notevole fu anche il contributo degli scrittori e degli altri intellettuali:

Baudlaire ne "Il pittore della vita moderna", concepiva l'idea della modernità come qualcosa

– di transitorio sottolineando già l'idea che diverrà cardine per l'Impressionismo;

Zola in “Opera”, annunciava già la necessità di una novità, denunciando il desiderio, la

– necessità di luce, sole testimoniandoci come già la pittura di Courbert risultava vecchia, che

"puzza di polvere di uno studio sempre chiuso dove non filtra la luce". Con Zola nasce il

topos della pittura en plein air.

EDOUARD MANET (1832-1883)

Edouard Manet è un pittore francese della seconda metà dell’Ottocento. Vicino al gruppo degli

impressionisti segue però una via artistica autonoma. Manet nasce a Parigi da una famiglia

borghese. A 18 anni inizia la sua formazione con il pittore Thomas Couture, le cui opere però gli

appaiono ben presto vuote e banali. Dal 1856 viaggia in Europa e studia quei pittori della

tradizione che fondano il loro linguaggio sul colore: Tiziano, Giorgione, Goya e Velásquez,

ammirando molto anche la pittura di Delocroix del quale copia la Zattera della Medusa. Nel 1861

conosce Degas, iniziando così a frequentare il Cafè Guerbois. Nel 1869 l'artista inizia a dipingere i

suoi primi en plein air senza abbandonare però l'atelier. Nonostante la sua fama, le sue opere

continuano a essere rifiutate da alcuni Salons.; non esporrà mai con gli impressionisti, è convinto,

infatti, che il rinnovamento dell’arte debba attuarsi all’interno del Salon e delle istituzioni ufficiali.

Nel 1874 Manet non partecipa alla prima mostra dell'impressionismo ma è evidente il suo influsso

morale ed artistico. Successivamente soffrirà di depressione, ammalandosi d'atassia ma

continuerà a dipingere sino alla morte avvenuta nel 1883.

Viene generalmente considerato come colui che apre la strada alla pittura contemporanea.

L'opera considerata apriprista della pittura impressionista è “COLAZIONE SULL'ERBA” del 1863.

L'opera, esposta al Salon des Refuses nel 1863, destò scandalo per il suo crudo realismo, la

volgarità della scena e l'inosservanza delle tecniche pittoriche accademiche. I soggetti sono ripresi

da due opere di Tiziano: il Concerto Campestre e La Venere di Urbino. La tecnica pittorica di

Manet è profondamente innovativa e suscita accese polemiche negli ambienti accademici: Manet

accosta colori puri, disegna le figure con decise linee di contorno e abbandona la ricerca dei

volumi eliminando i toni cromatici intermedi e i chiaroscuri. L'opera fu denigrata per la scena e per

la nudità di una presunta scena di prostituzione. Accanto alla prostituta vi sono due uomini francesi

vestiti secondo la moda del tempo. La tecnica pittorica sintetica fu messa in ridicolo, considerata

priva di prospettiva e chiaroscuro, con toni stridenti e crudezza del disegno. Le figure sono prive di

volume, il senso di profondità è dato solo dalle quinte teatrali formate dalle fronde degli alberi che

creano tramite sovrapposizione, zone d'ombra e luce.

Al Salon del 1885 Manet presenta “OLYMPIA” (1863), confermandosi come portatore

dell'anticlassicismo.

Il dipinto tratta comunque temi classici, ispirandosi alla Venere di Urbino di Tiziano, alla Maya

Desnuda di Goya e all'Odalisca con Schiava di Ingres. La dama, probabilmente una prostituta, è

rappresentata “sul posto di lavoro”, nel suo corpo acerbo nudo e privo di sinuosità, con il realismo

quotidiano che diviene spiazzante. Olympia, premendo la mano sinistra sul suo ventre, guarda con

sguardo beffardo, di sfida, l'osservatore mentre riceve da una schiava di colore un mazzo di fiori

donato da un ammiratore, mentre un gatto nero si riposa ai piedi del letto. Manet viene accusato di

non saper modellare i corpi e stendere il colore, ma è proprio la sua tecnica di realizzazione la

rivoluzione. Il colore è steso in modo da restituire forti contrasti tra colori caldi e freddi che si

rafforzano a vicenda. La piattezza delle forme è determinata dai netti contorni.

Il dipinto “IL BAR DELLE FOLLIES BERGERES” (1881/82) fu esposto al Salon del 1882; realizzato

interamente in studio, coglie tutti i temi cardine della pittura di Manet:

L'amore per il quotidiano, ben visibile nella rappresentazione delle cameriera bionda dallo

• sguardo mesto, contrastante alla vita proiettata alle sue spalle;

Il gusto per la natura morta, nella rappresentazione delle bottiglie sul bancone;

• La volontà di cogliere l'attimo, la sensazione data dall'ambiente senza coinvolgimento

• emotivo.

L'obbiettivo è quello di restituire l'impressione del momento. Grazie ad uno specchio inclinato

posto alle spalle della barista, Manet ci riesce a mostrarci, con tocchi veloci, la sala del bar, ricca di

luci, dame e gentiluomini con la tuba. L'immediatezza della visione, la ric

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A.A. 2015-2016
7 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/03 Storia dell'arte contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher aandreadrew94 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'arte contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Bianchi Giovanni.