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POLIGENIA E POLIMORFISMO MHC

L'espressione degli alleli MHC è co-dominante, e quindi entrambi i prodotti degli alleli verranno espressi sulla superficie cellulare e entrambi sono in grado di presentare gli antigeni alle cellule T.

POLIGENIA E POLIMORFISMO MHC

I polimorfismi ad ogni locus possono raddoppiare il numero di molecole MHC espresse in un individuo ed incrementare la diversità già determinata dalla poligenia.

POLIMORFISMO MHC E RICONOSCIMENTO ANTIGENICO DA PARTE DEI LINFOCITI T

Il prodotto degli alleli MHC può differire da uno all'altro fino a 20 aminoacidi. La maggior parte delle differenze sono localizzate nel dominio esterno della molecola, in particolare nella tasca dove si lega il peptide. I residui polimorfi che costituiscono il sito di legame del peptide determinano le proprietà del sito di legame delle molecole MHC e permettono ad ogni allele di legare peptidi diversi.

POLIMORFISMO MHC E RICONOSCIMENTO ANTIGENICO DA PARTE DEI LINFOCITI T

Scoperta del fenomeno dellarestrizione MHC studiando lerisposte dei linfociti T citotossici alleinfezioni virali.

I linfociti T citotossici uccidono solole cellule infettate da un virus, ma nonuccidono cellule non infettate oinfettate da un altro virus.

I linfociti T citotossici attivati daun’infezione virale in topi con genotipoPeter C. Doherty Rolf M. Zinkernagel MHC a uccidono le cellule infettate(1940-) (1944-) da quel virus ma non le cellule congenotipo MHC b.

L’ESPERIMENTO DI DOHERTY E ZINKERNAGELRESTRIZIONE MHCRICONOSCIMENTO DELLE MHC NON-SELF

Il fenomeno della restrizione MHC ha permesso di spiegare il fenomenodel riconoscimento delle molecole MHC non-self nel rigetto deitrapianti di organi e tessuti tra individui della stessa specie.

Il rigetto avviene anche se le molecole MHC differiscono di un soloaminoacido ed è mediato da linfociti T specificamente reattivi versomolecole MHC non-self o allogeniche. Questi linfociti ammontano acirca l’1-10% dei

linfociti T in un individuo.

RICONOSCIMENTO DELLE MHC NON-SELF

Dato che un recettore dei linfociti T normalmente lega peptidi estranei esposti sulle molecole MHC self, vi sono due modi in cui può legare molecole MHC non-self.

  1. In alcuni casi il peptide legato dalla molecola MHC non-self interagisce fortemente con il recettore T e il linfocita T viene attivato. Questo meccanismo cross-reattivo è conosciuto come peptide-dominante.
  2. Nel secondo meccanismo, conosciuto come MHC-dominante, i linfociti T alloreattivi reagiscono a causa del legame stretto del recettore T con le molecole MHC non-self.

RICONOSCIMENTO E RISPOSTA AI SUPERANTIGENI

I superantigeni sono una classe distinta di antigeni che stimola, nei linfociti T, una risposta simile a quelle elicitate da molecole MHC allogeniche. Essi agiscono come superantigeni in quanto si legano in maniera diversa contemporaneamente alle molecole MHC ed al TCR, permettendo la stimolazione di un ampio numero di linfociti T.

Vengono prodotti da batteri, micoplasmi e virus, e le risposte che provocano sono più di aiuto per il patogeno che per l'ospite.

RICONOSCIMENTO E RISPOSTA AI SUPERANTIGENI

I superantigeni non devono venire processati per essere riconosciuti. Legano direttamente la superficie esterna di una molecola MHC II che ha già legato un peptide e la regione Vβ. L'interazione di un superantigene con il TCR avviene a livello dell'ansa CDR2 e in misura minore con l'ansa CDR1 e inoltre con l'ansa ipervariabile HV4.

RICONOSCIMENTO E RISPOSTA AI SUPERANTIGENI

Il modo in cui avviene la stimolazione da parte dei superantigeni non determina una risposta adattativa verso il patogeno, ma una massiccia produzione di citochine da parte dei linfociti T CD4.

Superantigeni esogeni batterici:

  • Enterotossina A dello stafilococco (SEA), che causa avvelenamento da cibo
  • Tossina 1 della sindrome da shock tossico (TSST-1), che è un potente induttore di...

IL-1 e TNF-α

Il ruolo dei superantigeni virali nelle malattie umane è meno chiaro. Esistono anche superantigeni endogeni, tra cui quello del virus deltumore mammario del topo, il quale si è stabilmente integrato nelgenoma dell’ospite.

MHC DI CLASSE III

Nella regione III mappano geni che codificano:

  • alcuni componenti del complemento (C2, C4 e fattore B) α β
  • alcune citochine: TNFα e la linfotossina (LTα) e (LTβ).
  • HLA-H (ridenominato HFE) mutato nell’emocromatosiereditaria

MHC DI CLASSE Ib

Proteine simili alle molecole MHC I sono presenti nella regione I. Presentano un basso polimorfismo e sono chiamate MHC classe Ib. Come i geni MHC I, questi geni codificano proteine di superficie β associate alla -microglobulina.

Nel topo una delle molecole MHC IB, la H2-M3, può presentare peptidi formilati. Le cellule infettate da batteri che si localizzano nel citosol possono così venire uccise da linfociti CD8 che

Riconoscono il peptide N-formilato legato ad H2-M3.

MHC di classe Ib agiscono da ligandiche, attivano o inibiscono le cellule NK.

Alcuni geni MHC di classe Ib, come i geni MIC, sono regolati a livello trascrizionale in modo autonomo, in quanto sono indotti come risposta a stress cellulari.

Ve ne sono cinque, ma solo due MICA e MICB sono espressi in fibroblasti e cellule epiteliali, in risposte dell'immunità innata o nella induzione di risposte adattative quando gli interferoni non vengono prodotti.

Le proteine MIC-A e MIC-B sono riconosciute dal recettore NKG2Dγ:δ espresso dalle cellule NK, linfociti T e da qualche linfocita CD8, inducendo queste cellule ad uccidere le cellule bersaglio.

NKG2D è un recettore "attivatore".

MHC di classe Ib agiscono da ligandiche, attivano o inibiscono le cellule NK.

Altre piccole famiglie di proteine di legame sono lontanamente correlate con i geni MHC di classe I, anche se non sono codificate dal locus MHC:

  • UL16 o proteine RAET1, omologhe alle proteine murine Rae 1 (retinoic acid early inducible 1). Anch'esse legano NKG2D, e sono espresse in condizioni di stress cellulare, per cui le cellule bersaglio possono attivare NKG2D sulle γ:δ cellule NK, sulle cellule T e sulle cellule citotossiche CD8 ed essere eliminate.
  • MHC DI CLASSE Ib AGISCONO DA LIGANDICHE ATTIVANO O INIBISCONO LE CELLULE NK
  • HLA-E (e la controparte murina Qa-1) si lega ad una sottopopolazione di peptidi non polimorfi. I complessi peptid:HLA-E si legano al recettore NKG2A, complesso sulla superficie delle cellule NK con CD94. Poiché NKG2A è inibitorio, una cellula che esprime HLA-E o Qa-1 non è uccisa dalle cellule NK.
  • MHC DI CLASSE Ib AGISCONO DA LIGANDICHE ATTIVANO O INIBISCONO LE CELLULE NK
  • Altre due molecole MHC di classe Ib, HLA-F e HLA-G, possono inibire l'uccisione da parte delle cellule NK. HLA-G è espressa dalle cellule placentari di derivazione fetale, le quali non esprimono

molecole MHC di classe I classiche e non possono essere riconosciute dalla cellule T CD8, ma non vengono uccise neanche dalle cellule NK.

HLA-G riconosce un recettore inibitorio sulle cellule NK, il recettore leucocitario tipo immunoglobulina della sottofamiglia B, membro 1 (LILRB1), chiamato anche LIR-1, che evita che le cellule NK uccidano le cellule placentari.

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
35 pagine
SSD Scienze mediche MED/04 Patologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher kalamaj di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Immunologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Foggia o del prof Conese Massimo.