vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Vero e bene non coincidono
3) il terzo periodo è quello più propriamente critico. Si parla in proposito di filosofia critica o criticismo perché contrapposta sia al dogmatismo metafisico (che presenta le sue concezioni come dogmi indiscutibili) sia allo scetticismo in cui ha finito col cadere l'empirismo di Hume (il quale dubita della possibilità di giungere a conoscenze universali e necessarie).
La critica deve essere lo strumento della filosofia e criticare vuol dire giudicare sulla validità ma anche sui limiti dell'esperienza e della conoscenza umana.
Con le sue tre celebri "Critiche", della ragione pura, della ragione pratica e del giudizio, Kant opera una sintesi formidabile tra razionalismo ed empirismo, collocando illuministicamente la ragione a fondamento di ogni indagine, insieme tuttavia alla consapevolezza dei limiti della ragione umana medesima.
La critica della ragione pura. Spiegazione dei termini: critica=analisi, esame.
giudizio; ragione=conoscenza,intesa come modi del conoscere; pura=indipendente dall'esperienza, che si applica ai contenuti dell'esperienza ma è indipendente da essa: i modi di funzionare della conoscenza, cioè, precedono l'esperienza e non dipendono da essa.
Quindi il titolo "Critica della ragione pura" significa nel complesso: analisi, esame della conoscenza, ossia dei modi del conoscere non limitati ma indipendenti dall'esperienza.
Kant conviene con l'empirismo nell'affermare che ogni nostra conoscenza comincia con l'esperienza e quindi critica il razionalismo ma, precisa, ciò non significa che la conoscenza stessa derivi interamente dall'esperienza e pertanto, in questo senso, critica anche l'empirismo e i suoi esiti scettici cui è giunto con Hume.
Kant non si rassegna a ritenere, come Hume, dubitabile ogni tipo di conoscenza; si propone invece di verificare in modo approfondito se vi siano,
quali, conoscenze valide; in particolare intende verificare la validità della conoscenza matematica e fisica, se cioè la matematica e la fisica sono valide come scienze, nonché la validità della conoscenza metafisica, se cioè la metafisica è valida anch'essa come scienza.
La teoria dei giudizi. Per giudizi si intendono qui le proposizioni dichiarative, cioè quelle che affermano o negano qualcosa. In particolare il termine "giudizio" significa attribuire un predicato (una proprietà) al soggetto della proposizione.
Per essere autentica, dice Kant, la conoscenza scientifica deve consistere di proposizioni, cioè di giudizi, universali e necessarie ma collegate anche all'esperienza, perché solo la possibilità di fare sempre nuove esperienze può incrementare la conoscenza.
Di quali giudizi si avvale allora la scienza? Kant rammenta che, solitamente, si distinguono due categorie di giudizi: i giudizi
analitici e i giudizi sintetici. Si ha un giudizio analitico (che opera un'analisi) quando il predicato è implicito nel soggetto, che si limita cioè ad analizzare, scomporre ed esplicitare quanto è già contenuto nel soggetto. Ad esempio la proposizione "ogni corpo è esteso" è un giudizio analitico perché il soggetto di essa, cioè corpo, è già sinonimo di estensione; il predicato, ossia la proprietà dell'estensione, è già implicita e contenuta nel concetto di corpo, per cui questa proposizione, o giudizio, non ci dice niente di nuovo limitandosi ad esplicitare ciò che già il soggetto significa di per sé (come dire che "il triangolo ha tre angoli"). Il giudizio analitico è basato sul principio di identità: A=A, ossia il soggetto e il suo predicato hanno il medesimo significato, nonché sul principio di non contraddizione: A nonpuò essere contemporaneamente anche B. Il giudizio analitico è "a priori": significa che precede ed è indipendente dall'esperienza, si formula cioè senza il bisogno di ricorrere all'esperienza poiché basato unicamente su principi e regole logiche. Pertanto il giudizio analitico è sempre universale e necessario (universale=valido per tutti in ogni tempo e in ogni luogo; necessario=non può che essere così in ogni caso), però non aggiunge niente di nuovo a quanto già sappiamo, non è in grado di aumentare la nostra conoscenza. Si ha invece un giudizio sintetico quando il predicato aggiunge al soggetto qualcosa di nuovo, non ricavabile da una semplice analisi e deduzione logica; sintetico significa che fa sintesi, che unisce, che aggiunge ad una cosa, il soggetto, un'altra cosa nuova e diversa, cioè un predicato, una proprietà, che non è già implicito nel soggetto stesso.
Ad esempio il giudizio "questo corpo è pesante" è un giudizio sinetico perché aggiunge al soggetto (questo corpo) un predicato, una proprietà, ossia il fatto di essere pesante, che non è implicita nel soggetto medesimo. Se l'estensione è un predicato implicito di ogni corpo, poiché tutti i corpi sono estesi, non è così per la pesantezza perché vi sono corpi pesanti ma anche leggeri. Mentre il giudizio analitico è "a priori", il giudizio sintetico è invece "a posteriori"; vuol dire che viene dopo l'esperienza, che è basato sull'esperienza e che deriva da essa. Infatti, per dire che un certo corpo è pesante devo prima vederlo, devo farne esperienza. Derivando dall'esperienza, da esperienze sempre nuove, il giudizio sintetico allora aumenta ed estende la mia conoscenza, però non è né universale né necessario, perchénonposso fare esperienza di tutto e non posso essere sicuro che le mie esperienze saranno necessariamente sempre uguali in ogni caso, ora e nel futuro. Sul giudizio analitico è basato in particolare il razionalismo, che ritiene possibile una conoscenza a priori dei fondamenti delle cose e dei principi della realtà tramite le idee innate, da cui dedurre poi le spiegazioni particolari, sottovalutando peraltro il ruolo dell'esperienza ai fini dell'aumento delle conoscenze. Sul giudizio sintetico è invece basato l'empirismo, per il quale le conoscenze sono solo posteriori, giungendo però a dubitare sulla possibilità di pervenire a conoscenze universali e necessarie, cioè autenticamente scientifiche. È chiaro allora che la vera scienza non può basarsi né su giudizi analitici né sintetici, bensì su "giudizi sintetici a priori", che siano cioè universali e necessari ma anche capaci di.incrementare la conoscenza per effetto dell'accumularsi delle esperienze. Ad esempio giudizi sintetici a priori del tipo "tutto ciò che accade ha una causa", il quale, in tal senso, attribuisce al principio di causa il valore di strumento certo di conoscenza scientifica. Ma, si chiede Kant, sono possibili giudizi sintetici a priori? Quale è il loro fondamento, la loro validità? Abbiamo visto che i giudizi analitici a priori si fondano sul principio di identità e di non contraddizione e che i giudizi sintetici a posteriori si fondano sull'esperienza. Ma quale è il fondamento dei giudizi sintetici a priori? Vedremo che Kant risponde positivamente a questa domanda attraverso quella che è stata definita e celebrata come "la rivoluzione copernicana di Kant nel campo dell'gnoseologia". La rivoluzione copernicana di Kant nella gnoseologia. Prima di Kant la conoscenza veniva spiegata supponendo che fosse il soggetto conoscente adoversi adeguare agli oggetti da conoscere, ossia a doversi regolare su di essi, ritenendo ad esempio che l'occupare un certo spazio, il trovarsi collocati in un certo tempo, il derivare da una certa causa o produrre certi effetti, od avere altre proprietà, fossero caratteristiche proprie e dirette degli oggetti stessi cui il soggetto doveva adeguarsi, ovvero cercare di capire per poterli conoscere. Kant scopre che la conoscenza invece non funziona in questo modo ma anzi in modo esattamente contrario: non è il soggetto conoscente che deve adeguarsi all'oggetto (che deve cioè far corrispondere le sue percezioni alle presunte proprietà e caratteristiche dell'oggetto) ma è l'oggetto che viene regolato, organizzato dal soggetto e che, in tale maniera, viene conosciuto. Così come in astronomia Copernico inverte, rovescia la posizione della Terra e del Sole, ponendo il Sole al centro dell'universo e non più la Terra, altrettanto.nella gnoseologia, Kant inverte il ruolo fra oggetto e soggetto: la conoscenza non si basa nel comprendere quali sono le effettive proprietà e caratteristiche dell'oggetto che si vuol conoscere, ma deriva dai modi in cui il soggetto organizza i dati sensibili percepiti nell'oggetto, deriva dai modi di funzionare del suo intelletto, ossia dai modi in cui il suo intelletto classifica ed interpreta le sensazioni ricevute a contatto con l'oggetto. Si tratta di una rivoluzione del modo di intendere il processo conoscitivo paragonabile alla rivoluzione operata da Copernico in astronomia: perciò si parla di "rivoluzione copernicana" di Kant compiuta nel campo della gnoseologia, cioè nel campo dello studio e dell' spiegazione dei modi e della validità della conoscenza umana. Detto in altri termini, non sono gli oggetti, le loro proprietà e caratteristiche che, percepite da noi, producono e causano la nostra conoscenza, ma la possibilità.del nostro intelletto, allora possiamo dire che la conoscenza è influenzata dalla nostra mente. Non possiamo conoscere direttamente le cose come sono in uno spazio specifico, in un tempo specifico o in una relazione di causa ed effetto. Ciò che conosciamo sono solo i fenomeni delle cose, ovvero come le cose ci appaiono, ma non sappiamo se le cose sono effettivamente come le percepiamo. È il nostro intelletto che organizza e mette in relazione le cose percepite nello spazio, nel tempo, nel rapporto di causa ed effetto e attribuisce loro una determinata sostanza. Quindi, se la possibilità di conoscere le cose dipende dai modi di funzionare della nostra mente e non dalle cose stesse, allora possiamo dire che la conoscenza è influenzata dai modi di funzionamento del nostro intelletto.li per tutti gli individui. L'intelletto è la facoltà che ci permette di comprendere, ragionare e apprendere. È attraverso l'intelletto che siamo in grado di elaborare le informazioni provenienti dai nostri sensi e di organizzarle in modo coerente. I meccanismi con cui l'intelletto classifica ed organizza le sensazioni sono fondamentali per la nostra capacità di interpretare il mondo che ci circonda. Questi meccanismi sono costanti e uguali per tutti gli individui, indipendentemente dalle differenze personali. Attraverso la classificazione, l'intelletto raggruppa le sensazioni in categorie e concetti, permettendoci di organizzare e comprendere meglio le informazioni che riceviamo. Ad esempio, quando vediamo un oggetto, il nostro intelletto lo classifica come "tavolo" o "sedia" in base alle caratteristiche che riconosciamo. La capacità di organizzare le sensazioni è altrettanto importante. L'intelletto ci permette di mettere in relazione le diverse sensazioni tra loro, creando connessioni e significati. Ad esempio, quando sentiamo il suono di un campanello e vediamo una porta aperta, il nostro intelletto organizza queste sensazioni e le collega, facendoci capire che qualcuno sta entrando. In conclusione, l'intelletto svolge un ruolo fondamentale nel processo di comprensione e interpretazione delle sensazioni. I meccanismi con cui l'intelletto classifica ed organizza le sensazioni sono costanti e uguali per tutti gli individui, consentendoci di dare un senso al mondo che ci circonda.