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Repubblica, il cui ruolo può legittimamente oscillare tra l'essere poco più che il semplice notaio
delle decisioni delle maggioranze parlamentari e il somigliare molto al capo dello Stato di un
regime semi-presidenziale.
Il carattere della democrazia repubblicana è determinato anche dalla legge elettorale, inizialmente
frutto di un accordo tra i principali partiti. La scelta effettuata nel 1947 è a favore di un sistema
proporzionale a scrutinio di lista, dove all'elettore spetta il compito di scegliere tra le liste in campo
e di esprimere eventualmente la preferenza per i singoli candidati. I seggi sono poi attribuiti in
modo proporzionale tra le varie liste e sono eletti i candidati che ottengono maggiori preferenze.
Le elezioni del 1948 vedono confrontarsi due schieramenti; il Fronte democratico popolare (PSI e
PCI) e la coalizione di governo, dove con la Dc collaborano piccoli partiti di centro. L'esito è netto:
la Dc ottiene un fortissimo successo, la maggioranza dei seggi parlamentari e di conseguenza
diventa il perno del sistema politico, con il suo leader Alcide de Gasperi. La conseguenza principale
è che della costituzione viene data un'interpretazione maggioritaria. Si parla di “congelamento”
della Costituzione, per indicare che gli istituti di garanzia non vengono realizzati. Anzi, la
maggioranza parlamentare cerca di consolidare l'interpretazione maggioritaria della Costituzione
cambiando la legge elettorale e introducendo il cosiddetto “premio della maggioranza”. E' la nota
“legge-truffa”, che prevedeva che il 65% dei seggi della Camera fosse attribuito a quel partito che
avesse ottenuto la maggioranza assoluta (50% + 1) dei voti validi.
Questo disegno è sconfitto alle elezioni del 53, quando per una manciata di voti il premio di
maggioranza non può essere assegnato. La coalizione centrista si trova così fortemente indebolita ed
ha inizio la fase del “disgelo” costituzionale.
Tutti i mutamenti avvengono però in un quadro caratterizzato da una sostanziale stabilità, dove i
principali protagonisti sono quasi sempre gli stessi e i rapporti di forza mutano solo lentamente.
I principali elementi:
Elettori e partiti di massa: il comportamento elettorale della Prima Repubblica si divide in
• due fasi. La prima è caratterizzata da una crescente concentrazione del voto su due principali
partiti, la Dc e il Pci. Questa tendenza tocca il suo apici nel 76. Da quel momento in poi la
tendenza si inverte e il voto per i due partiti tende a diminuire fino a quando il Partito
democratico della Sinistra sostituisce il Pci. Nel frattempo aumenta la tendenza degli elettori
a cambiare la preferenza tra un'elezione e l'altra. La stabilità dell'elettorato italiano deve
molto alla natura di massa dei principali partiti di quel periodo. Il moderno partito di massa
è caratterizzato da un apparato a carattere permanente, sostenuto da un'ampia rete
organizzativa, alimentata da un numero elevato di iscritti e soprattutto di attivisti, fatto che
garantisce la presenza del partito sul territorio e in tutti gli ambiti della società. Si tratta di
partiti che tendono a sviluppare relazioni piuttosto strette con sindacati e altre associazioni,
come società di mutuo soccorso o cooperative. La capacità dei partiti di massa di indirizzare
le preferenze degli elettori e di stabilizzarle è molto elevata. Essa si basa sulla capacità di
condizionare a fondo le fonti informative e quindi anche il comportamento di voto. Le due
grandi subculture italiane presentano inoltre un forte radicamento territoriale. E' qui che
tende a prevalere il voto di appartenenza, espressione con cui si indica u elettore che si
indirizza verso un certo partito in quanto sente di appartenere allo stesso universo di valori e
di aspirazioni che il partito rappresenta. Accanto al voto di appartenenza si collocano altri
tipi di voto. Il voto d'opinione è il voto dell'elettore razionale, che sceglie di votare per un
determinato partito i quanto sente di appartenere allo stesso universo di valori e aspirazioni
che il partito rappresenta. Il voto di scambio è il voto di colui che scambia la propria
preferenza con un beneficio di natura personale o particolarista.
Il sistema partitico: la stabilità del comportamento elettorale della Prima Repubblica è legata
• anche alla sostanziale stabilità del suo sistema partitico. Infatti, i partiti rilevanti sono rimasti
sostanzialmente gli stessi ( Pci, Psi, Psdi, Pri, Dc, Pli e Msi). Anche le relazioni che si
sviluppano tra loro non sono molto cambiate. La fase politica che va fino al 92, il sistema
partitico italiano è stato classificato come un caso di pluralismo polarizzato. Il numero dei
partiti rilevanti è elevato, il centro è occupato da uno o più partiti, la distanza ideologica tra i
poli è ampia, la competizione di basa su tre poli (destra, centro e sinistra). La conseguenza
principale è che un sistema a pluralismo polarizzato è un sistema bloccato, nel senso che non
c'è alternanza tra partiti o coalizioni diverse, né ci si aspetta che ciò possa avvenire. I partiti
di centro sono condannati a governare, dato che l'ascesa al governo di uno dei poli estremi
potrebbe portare ad un radicale mutamento nel regime politico e creerebbe una tensione
politica fortissima. Così, i partiti anti-sistema, non avendo la prospettiva di andare al
governo, praticano una forte opposizione. Da tutto ciò derivano governi deboli e instabili.
La struttura del parlamento.
Al Parlamento è assegnato un ruolo di estremo rilievo. La forma di governo parlamentare prescelta
implica che il governo sia responsabile nei confronti dei Parlamento, dato che per restare in carica
deve avere la fiducia esplicita di entrambe le camere. La fiducia è accordata con una mozione votata
per appello nominale, mentre una mozione di sfiducia deve essere sottoscritta da almeno un decimo
dei componenti di una camera. Solo il venir meno della fiducia implica per il governo delle
dimissioni. Il parlamento italiano si articola in due camere con poteri identici e con una
composizione molto simile: l'unica differenza di rilievo è che il Senato è formato da un numero di
componenti eletti che è la metà di quello della Camera, oltre che da un piccolo numero di senatori a
vita. Durante la Prima Repubblica le leggi elettorali dei due organi non sono state molto diverse,
entrambe erano due varianti del sistema proporzionale. Al loro interno le Camere si articolano in un
certo numero di commissioni permanenti specializzate per materia, formate in modo da riflettere la
composizione politica dell'assemblea. All'interno del Parlamento un ruolo cruciale è svolto dai
gruppi parlamentari: sono questi i veri protagonisti dell'attività parlamentare, i gruppi designano i
membri delle commissioni e partecipano alla determinazione dell'agenda parlamentare.
La relativa elasticità del disegno costituzionale emerge già nella I legislatura. Successivamente ha
inizio un periodo di forte instabilità governativa che caratterizza la II e la III legislatura. In
Parlamento si apre una fase caratterizzata dalla continua crescita dell'influenza delle opposizioni. Il
culmine di questa tendenza è raggiunto nel 71 con la riforma dei regolamenti parlamentari.
L'aspetto più significativo della riforma è il peso attribuito ai capigruppo cui setta decidere
dell'intera programmazione dei lavori parlamentari. Con gli anni 80 si assiste ad una lenta
inversione di tendenza che porta ad un relativo rafforzamento della maggioranza parlamentare e
dello stesso governo.
I caratteri del sistema partitico si riflettono anche sul processo di formazione del governo. Con
eccezione della I legislatura, nessun partito ha mai avuto da solo la maggioranza in Parlamento.
Perciò i governi italiani sono sempre stati governi di coalizione, cioè sono sostenuti da più partiti.
La disomogeneità nelle politiche da perseguire è poi alimentata dalla tendenza, che si afferma con
gli anni '60, ad allargare il più possibile la maggioranza di governo per assicurarne così la stabilità.
Il vero punto debole dei governi della Prima Repubblica sta però nel fatto di non uscire direttamente
dalle elezioni. Il risultato elettorale non serve a decidere la composizione della maggioranza
parlamentare o dei governi, ma semmai solo a stabilire i rapporti di forza tra i partiti che formano la
coalizione di governo pro-sistema.
I caratteri del sistema partitico della Prima Repubblica si riflettono naturalmente su tutto il
complesso delle istituzioni. Una prima conseguenza riguarda i rapporti tra gruppi d'interesse e
istituzioni politiche e amministrative. L'azione di pressione dei gruppo nei confronti delle strutture
politiche si svolge solo in parte secondo le modalità tradizionali, per cui un gruppo, in gradi di
rappresentare un fascio abbastanza distinto di interessi, cerca di instaurare con le istituzioni un
rapporto privilegiato al fine di influenzarne le decisioni. La principale conseguenza di questo stato
di cose è l'estrema frammentazione del sistema dei gruppi, dividi non solo dagli interessi che
intendono rappresentare ma anche dalle diverse appartenenze politiche. Ciò ha avuto un impatto
negativo sul rendimento del sistema politico.
A partire dalla fine degli anni '70, di fronte alle crescenti difficoltà di funzionamento del sistema
politico si comincia a diffondere la necessità di affrontare il problema, anche facendo ricorso a
riforme profonde dell'assetto istituzionale. Ma nonostante gli sforzi e l'attenzione crescete
dell'opinione pubblica nessuna riforma viene varata. Quello che colpisce di più degli anni che
precedono la crisi del 1992 è la paralisi decisionale che lentamente caratterizza le istituzioni della
Repubblica.
4. LA REPUBBLICA (QUASI) MAGGIORITARIA
I risultati delle elezioni politiche del 1992 mettono in luce la situazione di crisi dei partiti di
governo. La paralisi decisionale del sistema politico si manifesta subito nella difficoltà di eleggere
un nuovo capo dello Stato. La situazione si sblocca solo a causa di un tragico evento, l'assassinio di
Giovanni Falcone e della sua scorta, e viene così eletto Oscar Luigi Scalfaro, un politico
democristiano. Nel frattempo ha iniziato a svilupparsi una serie di indagini giudiziarie destinate ad
incidere a fondo sulla vita politica italiana.
L'irrompere sulla scena politica della magistratura contribuiscono al continuo indebolimento della
classe politica. La crisi è inoltre accelerata dalla grave crisi valutaria e finanziaria. Come
conseguenza, la Banca d'Italia deve ricorre a forti aumenti di tasse d'interesse che hanno immediate
ripercussioni negative sul di