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IL REGOLAMENTO CONTRATTUALE
La fonte autonoma: il principio di libertà contrattuale
Determinare il regolamento contrattuale spetta alle parti, titolari degli interessi che il
contratto serve a regolare: spetta alla loro volontà. Il regolamento della
compravendita fra A e B per cui la cosa di A passa a B che in cambio è obbligato a
pagare un prezzo ad A, deriva dalla loro comune volontà di vendere e rispettivamente
quella cosa per quel prezzo. Non ne deriva una volontà esterna. Vale il principio della
libertà contrattuale, che applica nel campo dei contratti il principio generale
dell’autonomia privata: gli ordinamenti giuridici moderni riconoscono ai privati il
potere di conformare i propri rapporti patrimoniali secondo le inclinazioni e i propri
interessi, dunque secondo la propria volontà senza subire imposizioni da autorità
esterne. La libertà contrattuale è perciò il riflesso della libertà di iniziativa economica
privata. La libertà contrattuale è:
- libertà do decidere se fare o non fare un contratto;
- libertà di scegliere la controparte contrattuale;
- libertà di determinare il contenuto del contratto;
- libertà di scegliere il tipo di contratto, o anche la libertà di fare contratti
atipici, cioè contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina
particolare, come ad esempio il leasing.
Tipi contrattuali e contratti atipici: la qualificazione del contratto
La legge disciplina molti tipi di contratti che corrispondono alle operazioni
economiche più collaudate e più diffuse, e sono riconoscibili e distinguibili tra loro
proprio perché ciascuno riflette un particolare schema di operazione. Si parla di tipi
legali, per dire che sono schemi previsti e regolati dalla legge. Mentre i contratti
tipici, sono quelli che corrispondono a un qualche tipo legale. Essi si chiamano anche
contratti nominati, perché è possibile individuarli con il nome del tipo, previsto
dalla legge.
Di solito quando due parti devono regolare fra loro interessi patrimoniali, ricorrono a
un contratto tipico.
Qualche volta, però, la legge gli consente di fare un contratto che non corrisponde a
nessuno degli schemi tipici previsti e regolati dalla legge. I contratti di questo genere
si chiamano contratti atipici. La libertà di fare contratti atipici è subordinato dalla
legge a un limite, cioè devono essere diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela
secondo l’ordinamento giuridico ( Art.1322 c.2). Ciò significa che non devono avere
una causa illecita, né oggetto illecito.. in Italia esistono contratti atipici come il
leasing o il franchising.
Al concetto di tipo contrattuale si lega il concetto di qualificazione del contratto:
operazione logica mediante cui, di fronte a una concreta fattispecie di contratto si
stabilisce che essa corrisponde a uno piuttosto che a un altro tipo legale, oppure che è
un contratto atipico perché non corrisponde a nessun tipo legale.
La determinazione volontaria: elementi essenziali, elementi non essenziali, clausole
del contratto
Le parti in un contratto determinano gli elementi essenziali del contratto, cioè quegli
aspetti del regolamento contrattuale che definiscono i punti chiave dell’operazione
(cause ed oggetto). Ad esempio le parti determinano che il loro contratto è una
compravendita, fatta per trasferire quella certa cosa per quel certo prezzo. Di regola è
necessario che le parti provvedono a determinare con la loro volontà gli elementi
essenziali, in modo da esprimere il senso del loro programma: in caso contrario, si
dovrebbe concludere che non c’è un accordo tra le parti sul contratto, e quindi non
c’è nessun contratto.
Le parti provvedono a determinare anche gli aspetti marginali o accessori del
contratto, concordano i così detti elementi non essenziali del regolamento
contrattuale: in una vendita possono essere le modalità e i termini per la consegna
della cosa, per il pagamento del prezzo, le garanzie di integrità della cosa ecc.
Queste previsioni con cui le parti definiscono i vari elementi ( essenziali e non
essenziali) del regolamento contrattuale, si chiamano clausole del contratto: il
regolamento contrattuale è formato principalmente dalle clausole concordate fra le
parti.
Qualche volta nel regolamento compaiono clausole con le quali le parti non danno
una’autonoma regola al loro rapporto, ma si limitano a richiamare la disciplina legale
che si applicherebbe comunque, anche in assenza di quel richiamo, ad esempio la
clausola che dice che in caso di mancato pagamento del prezzo da parte del
compratore, il venditore potrà chiedere la risoluzione del contratto. Queste si
chiamano clausole di stile.
L’interpretazione del contratto
Il testo del contratto così come le parti lo hanno formulato, può essere di significato
incerto, in quanto oscuro; o ambiguo, in quanto si percepiscono due o più significati
diversi e incompatibili. In questa situazione ciascuna parte sosterrà il significato più
funzionale al proprio interesse, e respingerà il significato sostenuto dall’altra. Da tutto
ciò ne può nascere un conflitto. Lo strumento per potere risolvere questo conflitto è
l’interpretazione del contratto, operazione logica diretta ad attribuire alle clausole
del contratto il giusto significato. Essa è affidata al giudice, che deve attenersi a una
serie di criteri legali di interpretazione, questi criteri sono di due tipi:
criteri di interpretazione soggettiva, puntano ad accertare quella che la legge
chiama la “comune intenzione delle parti”. Attribuire al testo un significato che
non risulta dalle parole che lo compongono, si può arrivare con due criteri:
1)criterio del comportamento complessivo delle parti, se le parti si sono sempre
comportate come se il contratto avesse un certo significato, è difficile sostenere
che ha un significato diverso; 2) interpretazione contestuale, ciascuna clausola
va interpretata alla luce di tutte le altre clausole che compongono il
regolamento contrattuale. Se i criteri di interpretazione soggettiva consentono
di accertare la comune intenzione delle parti, quello è il significato del
contratto;
criteri di interpretazione oggettiva, attribuisce al contratto il senso più
rispondente a valori di ragionevolezza, funzionalità ed equità. Fra questi criteri
ricordiamo: il criterio di interpretazione secondo buona fede, il criterio della
conservazione, da cui dobbiamo scartare il significato quello che priverebbe di
effetti, criterio degli usi interpretativi, criterio dell’interpretazione contra
stipulatorem, per cui il testo predisposto unilateralmente da una parte va inteso
nel senso più favorevole all’altra; regole finali, per cui il contratto gratuito va
inteso nel senso meno gravoso per l’obbligato, e quello oneroso nel senso di
bilanciare equamente gli interessi delle parti.
L’integrazione del contratto
L’integrazione del contratto è il fenomeno per cui il regolamento contrattuale può
essere determinato anche da fonti esterne alla volontà delle parti. La norma che
disciplina questa materia è l’articolo 1374, ci dice che le parti non sono solo obbligate
a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano
secondo la legge o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità.
Dal punto di vista della logica che la ispira possiamo distinguere:
- interpretazione suppletiva, la cui logica è rispettare e favorire le scelte
dell’autonomia privata, agevola l’attuazione degli interessi programmati dalle
parti;
- interpretazione cogente, la cui logica è contrastare le scelte dell’autonomia
privata: qui l’integrazione punta a impedire la realizzazione dell’assetto di
interessi perseguito dalle parti, perché disapprovato dall’interesse generale.
Dal punto di vista degli agenti che operano come fonti di integrazione, possiamo
distinguere: integrazione legale, si realizza mediante norme giuridiche i cui
contenuti entrano nel regolamento contrattuale
integrazione giudiziale, il regolamento è integrato tramite
valutazione e decisioni del giudice.
L’integrazione suppletiva di fonte legale: norme dispositivi ed usi
È impossibile che le parti, formando il contratto, riescono a prevedere e regolare tutti
i punti che possono venire in gioco nello svolgimento del rapporto, è inevitabile che
su alcuni punti le parti non dicano niente. Ad esempio in una vendita le parti
determinano il prezzo, e il termine di pagamento, ma non prevedono le modalità di
consegna della cosa.
Una volta fatto il contratto, e venuto il momento di eseguirlo, ciascuno dei due
contraenti sostiene la tesi più favorevole per sé, e ne nasce inevitabilmente un
conflitto. Conflitto che viene risolto dalla legge, con la norma in cui in mancanza di
patto , contrario, la consegna della cosa deve avvenire nel luogo dove questa si
trovava al tempo della vendita, ovvero nel luogo in cui il venditore aveva il suo
domicilio o la sede dell’impresa (Art.1510 c.1). Questa norma entra nel regolamento