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LA QUESTIONE DEI RAPPORTI DI LAVORO SPECIALI O DI DISCIPLINA SPECIALE
Nel panorama produttivo si riscontrano rapporti di lavoro che, pur essendo sicuramente di natura subordinata, presentano deviazioni più o meno accentuate rispetto alla fattispecie tipizzata dall'art. 2094. In tali casi il legislatore correda le relative tipologie con un nucleo di disciplina speciale. Si parla allora di rapporti di lavoro speciali o a disciplina speciale.
Numerose e varie sono le ragioni della specialità; ed in proposito sono avanzate diverse teorie. Taluni ritengono che la specialità possa derivare solo da alterazioni qualitative o causali del tipo (ad esempio nell'apprendistato l'elemento formativo gioca un ruolo importante, per quanto riguarda la causa del rapporto). Altri invece ritengono che la specialità possa derivare anche da variazioni meramente quantitative (ad esempio quelle che si realizzano nel part-time o nel contratto di lavoro a tempo determinato).
Esigenze di continuità suggeriscono di trattare successivamente la specialità di taluni di questirapporti (lavoro in prova, lavoro a termine, lavoro dirigenziale, apprendistato, formazione e lavoro,lavoro a tempo parziale). Altri invece saranno trattati adesso.
La dottrina italiana preferisce tendenzialmente al termine “specialità” il termine più debole“atipicità”.
La tendenza alla deregolazione ha innescato a partire dagli anni ’80 un processo di diversificazionedelle tipologie di rapporto (c.d. articolazione del tipo).
Per distinguere le singole figure nei confronti della fattispecie madre sottesa all’art. 2094 (lavoro atempo pieno e determinato), la dottrina ha cominciato ad
Utilizzare il concetto di atipicità significa ricondurre a esso tutti quei rapporti di lavoro subordinato che si discostano dalla fattispecie madre, come ad esempio il lavoro a termine, il part-time, il lavoro temporaneo, ecc.
Il lavoro a domicilio e il telelavoro presentano un profilo di specialità fondamentale legato al luogo di esecuzione della prestazione lavorativa, che non è l'azienda del datore di lavoro ma il domicilio del prestatore stesso.
La ragione per cui è stata elaborata una disciplina specifica per questi tipi di lavoro è da ricercare nelle frequenti pratiche di evasione delle garanzie assicurate dalla disciplina tipica al lavoratore subordinato.
L'evasione della disciplina tipica viene tradizionalmente praticata collocando il rapporto di lavoro al di fuori dell'area del lavoro subordinato, sfruttando il fatto che la subordinazione, come l'eterodirezione, nel lavoro a domicilio è fortemente attenuata, rendendo incerta la linea di confine con il lavoro autonomo.
Da qui l'abbondante ricorso, in funzione di copertura, all'iscrizione del lavoratore a domicilio nell'albo degli artigiani e alla creazione di fittizie imprese familiari. La L. 877/1973 persegue l'obiettivo di scongiurare le pratiche evasive, per un verso escludendo che l'aiuto accessorio dei familiari attragga di per sé il rapporto nell'area del lavoro autonomo e, per altro verso, offrendo una nozione di subordinazione basata sull'attinenza dell'oggetto della prestazione lavorativa all'attività produttiva del datore di lavoro. In tal senso la il legislatore stabilisce che "è lavoratore a domicilio chiunque, con vincolo di subordinazione, esegue nel proprio domicilio o in locale di cui abbia disponibilità, anche con l'aiuto accessorio di membri della sua famiglia conviventi e a carico, ma con esclusione di manodopera salariata e di apprendisti, lavoro retribuito per conto di uno o più imprenditori.utilizzando il tagper ogni paragrafo:
utilizzando materie prime o accessorie e attrezzature proprie o dello stesso imprenditore, anche se fornite per il tramite di terzi”.
Dopo di che la legge passa a puntualizzare la natura tecnico-funzionale della subordinazione, che “inderoga a quanto stabilito dall'articolo 2094 del codice civile, ricorre quando il lavoratore a domicilio è tenuto ad osservare le direttive dell'imprenditore circa le modalità di esecuzione, le caratteristiche e i requisiti del lavoro da svolgere nella esecuzione parziale, nel completamento o nell'intera lavorazione di prodotti oggetto dell'attività dell'imprenditore committente”.
In parole povere, nel lavoro a domicilio la subordinazione può presentarsi anche in forma alterata, bastando ad esempio, che le direttive dell’imprenditore committente circa le modalità di esecuzione del lavoro siano impartite, non già di volta in volta, ma all’inizio ed una volta per tutte.
E chesuccessivamente vi sia un controllo ella rispondenza del lavoro finito a tali direttive.
Si configura invece un'ipotesi di lavoro a domicilio autonomo quando il lavoratore presenta unadistinta organizzazione dei mezzi produttivi (a proprio rischio) e una struttura di tipo imprenditoriale (e questo a prescindere dall'eventuale iscrizione nell'albo delle imprese artigiane).
La retribuzione del lavoratore a domicilio deve essere determinata in base alle tariffe di cottimo pienorisultanti dai contratti collettivi di categoria, o, in mancanza, fissate da una Commissione regionale i19cui membri sono designati dai sindacati di categoria maggiormente rappresentativi. (la obbligatorietà della retribuzione a cottimo è dovuta al fatto che il lavoratore che svolge la propria attività fuori dall'impresa non è controllabile e perciò il datore di lavoro può determinare la sua retribuzione solo in base al risultato)
raggiunto). Allorché non si verifichino evasioni della disciplina protettiva, il ricorso al lavoro a domicilio è ascrivibile al fenomeno del c.d. decentramento produttivo, cioè della frammentazione del processo produttivo e della esportazione di talune delle sue fasi all'esterno dell'organizzazione aziendale riconducibile all'imprenditore. Una peculiare ipotesi di lavoro a domicilio è il telelavoro, vale a dire il lavoro svolto nel proprio domicilio mediante un computer collegato ad una memoria centrale. Con questo sistema i lavori di archiviazione dati, di dattilografia e altre mansioni d'ufficio possono essere decentrate, permanendo intatto un forte potere di controllo a distanza del datore di lavoro. Mentre nel settore pubblico il telelavoro è regolato legislativamente, nel privato manca una sua disciplina legislativa ad hoc, giacché la regolamentazione è demandata ad accordi quadro con cui si definiscono le garanzie.minime dei telelavoratori. Attualmente il telelavoro non riesce neppure a configurarsi come una tipologia contrattuale specifica, costituendo piuttosto solo una modalità flessibile e delocalizzata di esecuzione della prestazione lavorativa. A seconda delle condizioni concrete di svolgimento del rapporto infatti, il telelavoratore potrà essere titolare di un rapporto autonomo, parasubordinato o subordinato.
CAPITOLO 2°
LA COSTITUZIONE DEL RAPPORTO
LA CONTRATTUALITÀ DEL RAPPORTO E L'ART. 2126 C.C.
La matrice contrattuale del rapporto di lavoro era pacifica allorché esso era considerato una sottospecie della locazione. Tale matrice restò radicata anche quando la dottrina diede avvio al suo processo di distacco dallo schema locatizio.
Tuttavia, nel corso del primo '900, per influenza di una corrente di pensiero tedesca, si affermarono presso di noi talune suggestioni di carattere istituzionalistico-comunitario. L'impresa si sostanzierebbe in una
comunione di scopo tra datore e lavoratore, destinata ad esprimersi in un rapporto di lavoro organizzato su base gerarchica. Fonte del rapporto sarebbe non il contratto, bensì l'inserzione del lavoratore nell'impresa ossia nell'organizzazione creata e diretta dal datore (tale teoria dunque configura l'impresa come un'istituzione ed il rapporto tra lavoratore e imprenditore alla stregua di un rapporto comunitario). Tali suggestioni, congeniali all'ideologia corporativa, parvero trovare consacrazione nel codice civile del '42. il codice infatti non definisce il contratto di lavoro subordinato, ma il prestatore di lavoro subordinato ed intitola la disciplina al rapporto e non al contratto, collocandola nel libro 5° (sull'impresa) e non nel libro 4°, dove sono disciplinati i più importanti contratti di scambio. Cionondimeno la nostra dottrina è rimasta contrattualistica. Infatti, pur nel quadro di unaconcezione autoritaria dell'impresa, il codice riconduce al contratto le reciproche posizioni di supremazia e soggezione delle parti. Va tuttavia dato conto di un filone dottrinale che, pur accogliendo la concezione conflittuale-scambistica della relazione tra datore e lavoratore, si è focalizzata sull'organizzazione di lavoro come fonte di situazioni giuridiche sostanzialmente autonome dal contratto, fino al punto di negare la matrice contrattuale del rapporto. Il rapporto di lavoro trarrebbe origine dal fatto in sé della materiale prestazione di attività lavorativa e dalla correlata inserzione nell'organizzazione di lavoro. Tale dottrina ha ritenuto di trovare un aggancio normativo nell'art. 2126 c.c. (prestazione di fatto con violazione di legge); tale articolo stabilisce che la nullità o l'annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità.derividall’illiceità della causa o dell’oggetto.Se, malgrado la nullità o l’annullamento del contratto, si producono i normali effetti del rapporto dilavoro subordinato in virtù della sua materiale esecuzione, bisognerebbe riconoscere, secondo questadottrina, che fonte di quel rapporto non è il contratto, bensì la prestazione di fatto dell’attivitàlavorativa.La dottrina contrattualistica però ha potuto ribattere che l’art. 2126 non prefigura un superamentodella matrice contrattuale del rapporto, giacché esso presuppone un contratto, sia pure invalido.Gli effetti dell’art. 2126 dunque si producono solo allorché esista un contratto. E la stessa nascita di unrapporto di lavoro subordinato (e l’applicazione della relativa disciplina tipica) esige un contratto. Ènecessario ossia che le parti si accordino per operare uno scambio tra lavoro e remunerazione;altrimenti non si ha
Rapporto di lavoro. Casi emblematici in tal senso sono il lavoro gratuito (ove difetta lo scambio) ed il lavoro invito domino (ove difetta lo stesso accordo). Per lavoro prestato invito domino, s'intende il lavoro pres