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Il problema della religione in Hegel Pag. 1
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Estratto del documento

Georg Wilhelm Friedrich Hegel nasce a Stoccarda nel 1770 ed è considerato il padre

dell'Idealismo tedesco. Egli prende i tratti caratteristici della filosofia dei suoi predecessori

Fichte e Schelling e crea un sistema filosofico articolato, complesso, apparentemente privo

di contraddizioni. È considerato da molti come il paladino della filosofia astratta, ma questo

non è del tutto corretto: egli ritiene che il soggetto della storia sia lo Spirito Assoluto, ma

tale Spirito non è un soggetto vuoto e astratto, ma è l'umanità, la totalità degli individui che

si riconoscono come unico individuo universale. Lo Spirito di Hegel è concreto, è il

percorso dell'intera umanità nel tempo, e la “Fenomenologia dello Spirito” (forse la sua

opera più conosciuta, pubblicata nel 1807) descrive proprio l'itinerario che la coscienza

umana compie fino a riconoscersi come Spirito; si potrebbe dire che in questa opera si

racconta la biografia dell'umanità, ma non è una semplice narrazione cronologica, ma è una

storia pensata, che raccoglie le esperienze più significative del genere umano, quelle che gli

hanno permesso di prendere coscienza di se stesso. La storia hegeliana, in questa

prospettiva, diventa il terreno che permette allo Spirito di articolarsi e conoscersi: i popoli

che si succedono nella storia sono infatti momenti dell'unico Spirito universale. Lo Spirito

diventa concreto ed immediato in un determinato popolo, e dopo aver negato la natura

concreta di quel popolo, ne assorbe il contenuto universale, e diventa il punto di partenza

per un nuovo popolo, storicamente più avanzato. Ogni attuazione dello Spirito (ossia ogni

popolo, con tutte le sue espressioni artistiche, religiose, filosofiche) è anche il suo tramonto,

perché è l'inizio del momento-popolo successivo.

Ogni epoca ha una sua arte, religione e filosofia, che si trasformano nel tempo. Quindi

insieme ai popoli cambiano anche le forme religiose: tutte le religioni sono la stessa, ma

sono diverse tra loro per carattere temporale. La religione è autocomprensione, ossia le

divinità rispecchiano le società a cui appartengono, e aiutano l'uomo a prendere coscienza di

sé; e se società più arretrate lasciano il posto a società più avanzate, questo accade anche

alle divinità, che diventano sempre più antropomorfe, a testimonianza del fatto che l'uomo si

pone sempre di più al centro dell'universo. Ad una religione più avanzata, quindi,

corrisponde uno Spirito più cosciente di sé. La religione aiuta l'uomo, lo rende consapevole,

ma si serve di rappresentazioni sensibili, quotidiane, per dire la realtà delle cose e per questo

Hegel la ritiene inferiore -anche se utile- rispetto alla filosofia, che è fredda, diretta e non ha

bisogno di immagini sensibili. (Quindi la religione e la filosofia hanno lo stesso contenuto,

il vero, solo che la religione lo esprime tramite una veste creativa, mentre la filosofia va

dritta al punto; per esempio, dietro la trinità cristiana si nasconde lo Spirito nei suoi 3

momenti razionali, e l'incarnazione di Dio in Cristo è una metafora per indicare la divinità

dell'uomo).

Abbiamo detto che ogni religione spinge più avanti il processo di antropomorfizzazione:

1) Si parte dalla religione naturale. L'uomo adora figure naturali.

persiani

I adorano l'essenza luminosa, la luce, che è un'essenza non consistente, puro essere.

Ma questo essere inconsistente deve determinarsi, farsi soggetto, ed ecco che ogni tribù

piante ed animali

comincia ad adorare come se fossero divinità. Poichè ogni tribù adora

una divinità diversa, non c'è un'universalità, ma questa negatività viene eliminata dalla

artefice egizio

figura dell' , la cui rappresentazione artistica mischia tratti umani a tratti

animali, e le piante mantengono un ruolo ornamentale. È evidente che quest'ultima

produzione non è perfetta e consapevole, ma è frutto di un lavoro istintivo, le opere non

sono ancora Spirito ma ricevono passivamente lo Spirito.

2) Si passa alla religione artistica: è il momento dell'eticità greca, il cittadino greco è libero,

partecipa alla vita della sua città, segue le leggi che egli stesso si è dato nella democrazia.

opera d'arte astratta:

Inizialmente l'artista greco rappresenta se stesso nell' la statua

(l'uomo rappresenta il divino con le sue fattezze, ma un blocco di pietra è lontano dalla

soggettività reale perchè manca il linguaggio), l'inno (indice di devozione, diverso

dall'oracolo, che si limita ad aiutare gli uomini nel momento di difficoltà), ed infine il culto

(nel quale l'uomo si rende conto che l'essenza divina è in lui, ma il pane e il vino non sono

ancora diventati carne e sangue, quindi rimane il velo della rappresentazione). A questo

opera d'arte vivente

punto l'uomo è abbastanza consapevole per diventare egli stesso un' , è

la sua corporeità la vera opera d'arte; l'atleta è l'incarnazione dell'essenza del popolo, ma

opera

l'essenza divina si è sacrificata per fare posto all'umano, ed è per questo che serve un'

d'arte spirituale , che riesca a tenere insieme umano e divino. Il divino viene costruito

mediante il linguaggio, dapprima con l'epica di Omero, dove gli uomini e gli dei sono in

stretta relazione; successivamente nella tragedia, specialmente quella di Eschilo e Sofocle,

dove l'uomo particolare diventa pian piano padrone di sé e si oppone ai valori prestabiliti,

incarnati dalle vecchie divinità. I sofisti e Socrate danno ormai importanza solo al soggetto e

alla sua morale. La crisi del mondo greco emerge completamente nella commedia, che è

atea, gli dei vengono derisi e sacrificati, e viene rappresentato solo il soggetto che vive nella

polis. Il mondo del divino viene riconosciuto per quello che è, cioè una costruzione

dell'uomo, i cittadini acquistano consapevolezza e cade il velo della rappresentazione.

L'uomo si riconosce e distrugge la realtà precedente, il mondo greco tramonta e permette il

passaggio al mondo romano-cristiano.

3) Si approda alla religione disvelata dell'Impero Romano.

La soggettività greca è ormai l'essenza assoluta, e racchiude tutto in sé, ma a Hegel non

piace questa soluzione solipsistica, la ritiene frivola, perchè non si può abbandonare

all'anarchia il mondo reale, dato che è nel mondo reale che l'uomo vive. L'impero romano è

molto diverso dallo stato greco, l'uomo diventa una persona giuridica, astratta e possiede

diritti solo a livello formale. Il sé è senza riempimento, è solo astrazione, la sua coscienza è

effettuale solo nel piano del pensare, ma non ha alcuna valenza nella realtà: in questo

stoicismo

consiste lo , nell'abbandono del mondo esterno. Nel momento successivo, lo

scetticismo , l'uomo impara a fare a meno anche della sua coscienza, oltre che del mondo

esterno, perché non trova appigli, dato che se tutto è falso, è falso anche che tutto è falso.

coscienza

L'uomo si trova senza valori, e si arriva in questo mondo alla figura della

infelice , ossia di una coscienza disperata perché troppo consapevole dei suoi limiti.

L'individuo capisce di non bastarsi, e cerca le sue radici in un mondo trascendente, quello

della religione cristiana. Per colmare la distanza infinita tra il sé particolare e il Dio

cristiano, la coscienza infelice intraprende un viaggio attraverso il Medioevo (le crociate e il

monachesimo esprimono bene il “disagio spirituale” dell'uomo), il Rinascimento (la

formazione degli stati nazionali permette all'uomo di ricostruire pian piano la sua

universalità), la Riforma protestante (la riforma luterana si è impegnata per rendere più

mondana la trascendenza medievale), l'Illuminismo, per culminare nella rivoluzione

francese, dove ormai l'uomo si è completamente riappropriato della sua essenza.

Il Cristianesimo è il punto di svolta di questo percorso storico, perché nell'immagine di

Cristo che muore e poi rinasce c'è l'essenza di tutta la fenomenologia: Cristo è un uomo

concreto, ma in sé possiede anche l'elemento spirituale del divino, e la sua morte non è una

morte reale, ma è la morte dell'io particolare che sparisce nell'universale per dare forma allo

Spirito. Dietro la figura del Cristo che muore si nasconde l'umanità che deve fare a meno del

suo carattere particolare e riconoscersi come soggetto universale della storia. Grazie

all'immagine di Cristo, l'uomo comprende la realtà delle cose, una verità che però è ancora

rappresentativa, e che il filosofo invece scopre grazie alla scienza della logica.

Hegel nota come l'Assoluto, il Dio cristiano, abbia la necessità di incarnarsi e

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
4 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/03 Filosofia morale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher simona.92 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia della religione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Scienze Storiche Prof.