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Italicum: sistema elettorale misto: proporzionale (con possibilità di esprimere un voto di
preferenza) con correttivi (premio di maggioranza e clausola di sbarramento).
La legge elettorale n. 52 del 2015 riguardava solamente l’elezione della Camera dei
deputati, avendo confidato il legislatore nel positivo esito del processo di revisione
costituzionale allora in atto (che avrebbe escluso il carattere del Senato).
Tuttavia, la legge elettorale n. 52 del 2015, ancora prima di essere applicata, è stata
dichiarata parzialmente incostituzionale dalla Corte costituzionale (sentenza n. 35 del
2017).
L’elemento chiave della legge n. 52 è il premio di maggioranza: se la lista vincitrice
consegue al primo turno almeno il 40% dei consensi, ottiene un premio di maggioranza che
garantisce almeno 340 seggi. Nel caso in cui la lista vincitrice non avesse raggiunto al
primo turno la soglia del 40% dei voti, si svolgesse un secondo turno, che avrebbe visto
sfidarsi in ballottaggio le due liste che avevano conseguito il maggior numero di voti al
primo turno. La lista vincitrice al ballottaggio avrebbe ottenuto il premio di maggioranza,
arrivando così a poter ottenere 340 seggi.
La legge n. 52 del 2015 prevedeva inoltre una soglia di sbarramento pari a 3% dei voti (su
base nazionale) e liste di candidati con un “capolista bloccato” candidabile al massimo in
dieci collegi diversi, e da altri candidati, alternati per genere, sottoposti al voto di preferenza
degli elettori.
Italicum “corretto” per la Camera dei Deputati e Conseltellum per il Senato dopo la
sentenza nr.35 del 2017, con la quale la Corte ha dichiarato incostituzionale alcuni elementi
dell’Italicum: il premio di maggioranza ottenuto a seguito del ballottaggio, ossia la possibilità
per il capolista risultato eletto in più collegi di scegliere il collegio di elezione. La Corte ha
ritenuto non irragionevole l’attribuzione del premio di maggioranza alla lista che al primo
turno ottiene il 40% dei consensi.
L’effetto distorsivo provocato dal ballottaggio è analogo a quello che la Corte aveva
censurato, nella sentenza n.1 del 2014, con riferimento al Porcellum. Secondo la Corte:
<una lista può accedere al turno di ballottaggio anche avendo conseguito, al primo turno,
un consenso esiguo, e ciononostante ottenendo il premio, vedendo più che raddoppiarsi i
seggi che avrebbe conseguito sulla base dei voti ottenuti al primo turno>. Si tratta di una
distorsione che sacrifica in modo eccessivo i principi costituzionali di rappresentatività ed
uguaglianza del voto.
L’altro elemento dell’Italicum dichiarato incostituzionale è la previsione della possibilità per i
candidati capilista pluricandidati che dovessero risultare eletti in più collegi di scegliere il
collegio di elezione. Tale previsione secondo la Corte incide irragionevolmente sulle scelte
effettuate dagli elettori con le preferenze.
Rosatellum per elezioni 2018: la legge 3 novembre 2017, n.156 ha delineato un sistema
1
elettorale misto proporzionale e maggioritario, in cui circa dei deputati e dei senatori è
3
eletto in collegi uninominali (un solo candidato per coalizione, il più votato è eletto) e i
2
restanti sono eletti in sistema proporzionale di lista.
3
La ripartizione del territorio nazionale:
Alla Camera:
il territorio nazionale è ripartito in 28 circoscrizioni: ciascuna circoscrizione è suddivisa in
→ collegi uninominali ed in uno o più collegi plurinominali;
i collegi uninominali sono ripartiti in ciascuna circoscrizione sulla base della popolazione;
→ l’assegnazione del restante numero di seggi avviene in modo proporzionale: ciascuna
→ circoscrizione è ripartita in collegi plurinominali costituiti dalla aggregazione del territorio di
collegi uninominali contigui e tali che a ciascuno di essi sia assegnato, di norma, un
numero di seggi non inferiore a 3 e non superiore a 8.
Al Senato:
il territorio nazionale è ripartito in 20 circoscrizioni corrispondenti al territorio di ciascuna
→ regione;
ciascuna circoscrizione regionale è suddivisa in collegi uninominali ed in uno o più collegi
→ plurinominali. I 109 collegi uninominali del territorio nazionale sono ripartiti in ciascuna
circoscrizione sulla base della popolazione;
i collegi plurinominali sono costituiti dalla aggregazione del territorio di collegi uninominali
→ contigui e tali che ciascuno di essi sia assegnato, di norma, un numero di seggi non
inferiore a 2 e non superiore a 8.
La presentazione delle liste e delle candidature:
sia alla Camera sia al Senato i partiti o i gruppi politici organizzati possono presentarsi
→ come lista singola o in coalizione, la quale è unica a livello nazionale ed è disciplinata
dall’art. 14 bis del d.P.R n. 361 del 1957. I partiti in coalizione presentano candidati unitari
in collegi uninominali;
in ogni collegio plurinominale, ciascuna lista è composta da un elenco di candidati, presenti
→ secondo un determinato ordine numerico (detto numero non può essere inferiore alla metà
dei seggi assegnati al collegio plurinominale e non può essere superiore al limite massimo
di seggi assegnati al collegio plurinominale.
Il numero dei candidati non può essere inferiore a 2 né superiore a 4;
in sede di presentazione della lista sono indicati tutti i candidati nei collegi uninominali
→ compresi nel collegio plurinominali; 2
ciascuna lista deve presentare candidature in almeno dei collegi plurinominali della
→ 3
circoscrizione, a pena di inammissibilità;
nel caso di liste collegate in coalizione, queste presentano un medesimo candidato nei
→ collegi uninominali, ad eccezione delle liste rappresentative di minoranze linguistiche
riconosciute che possono presentare separatamente il proprio candidato; in ogni caso,
nella lista e nei manifesti, un riquadro più ampio ricomprende tutte le liste collegate.
RICORDA: Alla Camera sia al Senato nessun candidato può essere incluso in liste con lo stesso
contrassegno in più di 5 collegi plurinominali. Il candidato in un collegio uninominale può essere
candidato altresì nei collegi plurinominali, fermo restando il limite di 5.
NB: Sono previste specifiche disposizioni per garantire la rappresentanza di genere.
La modalità di espressione del voto:
Ciascun elettore dispone di un voto da esprimere su un’unica scheda, recante il nome del
candidato nel collegio uninominale e il contrassegno di ciascuna lista, o nel caso di liste collegate
in coalizione, i contrassegni di tali liste, con a fianco i nominativi dei candidati, da 2 a 4, nel collegio
plurinominale.
Il voto è valido a favore della lista e ai fini dell’elezione del candidato nel collegio uninominale e
andrà al partito per la parte proporzionale.
La legge in esame prevede il voto unico ≠ nel Mattarellum erano presenti due schede:
1) per il collegio;
2) per il listino proporzionale, con possibilità di voto
disgiunto.
L’attribuzione dei seggi:
nei collegi uninominali il seggio è assegnato al candidato che consegue il maggior numero
→ di voti validi;
nei collegi plurinominali, alla Camera, il riparto dei seggi avviene a livello nazionale con
→ metodo proporzionale, tra le coalizioni di liste e le liste che abbiano superato le soglie di
sbarramento;
al Senato l’assegnazione dei seggi alle liste è effettuata con metodo proporzionale e
→ avviene a livello regionale.
La soglia per accedere al riparto dei seggi (uguale per Camera e Senato) è pari al 3% dei voti
validi a livello nazionale per le liste singole ed al 10% dei voti validi a livello nazionale per le
coalizioni, a condizione che almeno una lista abbia conseguito il 3% dei voti validi a livello
nazionale.
La proclamazione degli eletti:
Sono proclamati eletti in ciascun collegio plurinominale, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha
diritto, i candidati presenti nella lista del collegio, secondo l’ordine di presentazione.
Parlamento: i principi fondamentali
Il sistema bicamerale perfetto è stato adottato in Italia grazie al raggiungimento di un
compromesso tra due contrapposte tesi che erano emerse durante i lavori dell’Assemblea
costituente:
le sinistre sostenevano fortemente il modello monocamerale, in cui l’unica Camera avrebbe
dovuto essere quella elettiva;
gli esponenti liberali e cattolici ritenevano migliore l’adozione di un sistema bicamerale, che
avrebbe sia garantito la rappresentanza popolare, ma allo stesso tempo, grazie alla
seconda Camera (Senato= “camera di raffreddamento”), una maggiore ponderazione
rispetto le deliberazioni assunte dalla prima Camera.
Il risultato a cui si arriva è “un Parlamento che si compone della Camera dei Deputati e del Senato
della Repubblica” (art. 55, 1°comma, Cost).
I membri del Parlamento sono eletti a suffragio universale e diretto (artt. 56, 1° comma e 58, 1°
comma, Cost) e ciascun parlamentare rappresenta la Nazione (art. 67 Cost).
Si tratta di 2 Camere entrambe espressive del corpo elettorale, dotate di analoghi poteri, secondo
l’art. 70 della Costituzione.
Vi sono delle sottili differenze tra i due rami, a cui non si è mai attribuito grande rilievo, in quanto
non sono in grado di dare vita ad organi portatori di interessi diversi:
durata (art. 60, Cost):
Camera: 5 anni
→ Senato: 6 anni
→
Questa differenziazione è stata annullata dalla legge cost. 9 febbraio 1963, n. 2, che ha
parificato la durata delle due Camere in 5 anni.
Tuttavia, non è infrequente che le Camere vengano sciolte anticipatamente dal Presidente
della Repubblica laddove non siano in grado di esprimere una maggioranza capace di dar
vita o di continuare a sostenere un Governo. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi 6
mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi 6 mesi
della legislatura.
Inoltre, secondo l’art. 60, 2° comma, Cost, attraverso una legge si può prorogare la carica
delle Camere in caso di guerra per una durata del tempo determinato dalla legge (ipotesi
mai verificata).
Un altro caso in cui la durata può aumentare è la prorogatio (≠ proroga), disciplinata dall’art.
61, 2° comma, Cost. Ciò avviene nell’attesa che le nuove Camere assumano i pieni poteri,
si protraggono quelli della precedente.
Si tratta di un potere limitato, per esempio, durante la prorogatio non è possibile l’elezione
del Presidente della Repubblica. Ma, secondo l’art. 77, 2° comma, Cost, le Camere, anche
se sciolte, devono essere convocate e riunirsi entro 5 giorni al fine di dare avvio al
procedimento per la conversione dei decre