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- LA RIFUNZIONALIZZAZIONE DI CORTE VECCHIA
Nel corso del XVIII secolo, in seguito all'annessione del Mantovano all'Impero, il complesso della
corte, storicamente centro del potere politico ed amministrativo di Casa Gonzaga, esaurì la propria
funzione originaria. Destinato ad ospitare le autorità del nuovo governo imperiale, parte del vasto
complesso fu adattato e destinato agli uffici delle magistrature, a residenza e rappresentanza.
Rifunzionalizzazioni che richiesero importanti interventi di ristrutturazione che trovarono effettivo
impulso solo a partire dalla seconda metà del secolo. Si trattò di interventi sporadici e occasionali,
legati prevalentemente alla necessità di scongiurare il crollo dell'antico complesso gonzaghesco, che
misero in evidenza una situazione di notevole complessità, aggravata dalla mancanza di una
rappresentazione grafica globale del labirintico complesso, in grado di fornire alle autorità preposte
uno strumento per pianificare con logica e razionalità gli interventi futuri.
Nel 1771, con l'arrivo a Milano dell'arciduca Ferdinando d'Asburgo-Lorena, nominato dalla madre
l'Imperatrice Maria Teresa a reggere la Lombardia, si manifestò la necessità di rendere abitabile
parte della Reggia, con appartamenti in grado di accogliere degnamente il principe e la consorte
Beatrice d'Este che solevano soggiornare a Mantova. L'interesse del governo si indirizzò verso gli
ambienti prospicenti l'imponente piazza San Pietro, oggi piazza Sordello, di fato quelli meglio
conservati e i più indicati dal punto di vista rappresentativo. Al piano nobile del Palazzo del
Capitano fu sistemato l'appartamento dell'Arciduca governatore; nella Magna Domus
l'appartamento dell'Arciduchessa.
Nella relazione del 1773 inviata all'ufficio finanziario che faceva da tramite con le autorità
governative milanesi Antonio Maria Romenati (sovrintendente) illustrava lo stato di avanzamento
dei primi lavori intrapresi ed elencava le opere da eseguirsi prioritariamente. Nella stessa relazione
si proponeva inoltre il rifacimento della facciata dall'aspetto prettamente medioevale, caratterizzato
dalle arcate ogivali del porticato, dalle grandi bifore dell'armeria all'ultimo piano e dalla merlatura a
coda di rondine, mentre le piccole finestre che davano luce ai camerini posti al primo e al secondo
piano erano già state regolarizzate essendo una bassa, una alta, una tonda, una quadrata, generando
un effetto mostruoso nella facciata. Seguirono diverse proposte di sistemazione della facciata
principale. Il Romenati cercò di indirizzare la scelta verso la proposta tendente a conservare
l'aspetto medioevale del Palazzo, adducendo motivazioni di ordine estetico ed economico.
Sul finire del 1774 il vicegovernatore dispose che l'architetto veronese Paolo Pozzo si insediasse
regolarmente alla direzione della fabbrica di Palazzo Ducale, decisione che pose in secondo piano il
Romenati. Il Pozzo criticò i progetti e propose di realizzare nuove finestre simmetriche con le arcate
sottostanti ed eseguì quindi il suo progetto che prevedeva, tra le altre, una decorazione muraria
(ridotta a finto bugnato).
Nel 1787 un decreto imperiale dispose la sospensione di tutte le spese straordinarie e non
positivamente necessarie poiché le spese prioritarie divenirono quelle militari: venenro infatti
stanziate truppe in tutta la Lombardia e la città si preparava a divenire nuovamente teatro di
operazioni belliche per arrendersi dopo un lungo assedio ai francesi.
LE TRASFORMAZIONNI OTTOCENTESCHE
Durante la breve dominazione napoleonica limitati furono gli adattamenti attuati al complesso di
Palazzo Ducale. Allo stato di abbandono in cui il complesso versava fecero seguito lavori ai tetti e
ai terrazzi, così come la posa di pietre da fuoco e delle maioliche ai camini dei principali
appartamenti. Seguirono interventi alle finiture interne ed agli apparati decorativi. La zona fruita in
modo permanente continuava ad essere la parte di Corte Vecchia, quella prospicente la piazza di
San Pietro, ossia la più consona ai fini di rappresentanza e quella meglio conservata in
considerazione anche degli interventi di ristrutturazione attuati alla fine del secolo precedente.
Nel 1814 il Mantovano fu riannesso all'Impero Austriaco e compreso nel nuovo Regno Lombardo-
Veneto. Dal XVIII secolo il Palazzo, non più sede del potere assoluto, cessò d'essere dimora fissa di
autorità governative. Il Palazzo ospitava spesso nobili provenienti da diverse città e legati agli
Asburgo da rapporti di parentela o di amicizia, altre volte il viceré o un suo delegato si fermavano il
tempo necessario per compiere visite sul territorio del Regno.
Esclusa la zona degli appartamenti prospicenti piazza Sordello e destinati ad uso di rappresentanza,
le rimanenti parti del complesso per tutto l'Ottocento ospitarono una moltitudine di funzioni,
pubbliche e private e in alcui casi subirono uno stato di abbandono. L'affitto a privati divenne prassi
abituale, così come la destinazione ad usi militari e a sede di uffici pubblici quali l'Archivio di Stato
e l'Archivio Notarile.
Anche per il periodo della seconda amministrazione asburgica lo spoglio delle fonti non evidenzia
interventi di grande entità.
Tra il 1827 e il 1828 si rese necessaria la sostituzione delle catene di legno nel portico di facciata
del Palazzo perché in cattivo stato, vennero quindi inserite delle chiavi in ferro. Tra il 1836 e il 1838
furono sostituite alcune colonne del sottoportico, danneggiate alla base e in alcuni punti anche nel
fusto.
Nel 1855 si eseguirono nuovi interventi al porticato della facciata dove le antiche travature in legno,
non essendo più capaci all'uso della naturale loro destinazione, furono sostituite con arcate e volte a
vela in cotto a sostegno e coprimento del soffitto del portico. Non si trattava di opere di
abbellimento nè di miglioramento diretto ad avvantaggiare la condizione dei locali sorretti prima
dalle vecchie e cadenti travature ed ora dalle sostituite volte, ma di opere indispensabili alla
conservazione dell'edificio.
Durante i preparativi per le visite imperiali, si rese ancora una vola evidente la mancanza di
adeguati elaborati di rilievo. Nel 1859 fu pertanto disposta l'esecuzione di una campagna di rilievo
di tutta la Reggia ai diversi piani. Opera che si pose come base per la stesura di nuovi elaboorati e
strumento fondamentale per il controllo e la gestione del vasto complesso. I rilievi del 1859
costituiscono la documentazione più completa e al tempo stesso testimonianza fondamentale per la
conoscenza del complesso di Palazzo Ducale, a conclusione della lunga amministrazione asburgica,
nella sua consistenza e articolazione, in seguito agli interventi eseguiti nel tardo Settecento sotto la
direzione dell'architetto veronese Paolo Pozzo, e prima degi interventi e delle campagna di restauro
eseguite tra fine Ottocento e inizio Novecento, dettate dalla volontà di recuperare il prestigioso
complesso, imprescindibilmente legato alla storia della città, simbolo e testimonianza del passato
splendore, che non ne limitò però ulteriori trasformazioni, demolizioni e ricostruzioni.
Notizia di ua successiva campagna di rilievi è documentata nel maggio 1865: il fine era quello di
produrre un elaborato con le riparazioni indispensabili al Palazzo. Intanto però la situazione storico-
politica subiva profonde trasformazioni. Nell'ottobre del 1866 gli austriaci abandonarono la città e
Mantova fu anessa al Regno d'Italia. Così come per la città e il suo territorio, anche per il complesso
di Palazzo Ducale, passato di proprietà al Demanio italiano, iniziava un nuovo e altrettanto
importante capitolo della sua storia.
DA DIMORA A MUSEO: GLI INTERVENTI DI RESTAURO
- MANUTENZIONI E RESTAURI TRA OTTOCENTO E PRIMO NOVECENTO
Il destino di Palazzo Ducale di Mantova è comune a molte residenze di ex-sovrani abbandonate con
l'unità d'Italia. Le difficoltà della finanza pubblica dopo il 1860 avevano favorito la dismissione o
un uso intensivo, anche improprio, di questa gravosa eredità. Tuttavia il recupero di una visione più
complessa e distesa della storia nazionale aveva lentamente rivalutato il ruolo delle vecchie regge.
Nel 1887 Palazzo Ducale viene frazionato e i corpi di fabbrica più ricchie e rappresentativi vengono
ceduti al Ministero della Pubblica Istruzione. Da sedi di funzioni pubbliche, spesso incompatibili,
gli edifici (quando prevale sull'uso il valore documentario) si trasformano in museo. Vengono messi
inoltre in moto una serie di minuti interventi dove ritenuti possibili, ma una simile routine, basata su
interventi puntuali più che sul rifacimento sistematico di intere parti, non ammette interruzioni,
pena il precipitare del degrado e i crolli. Non mancano interventi più consistenti: nel portico della
Magna Domus si sostituiscono nel 1827-28 le catene lignee con nuove in ferro e poi, nel 1837, tre
colonne lesionate con analoghe di "marmo di Sant'Ambrogio" (di Valpolicella). Nel 1853-57 si
affiancano volte reali a vela ai solai lignei giudicati cadenti nel portico di Palazzo del Capitano.
Nella sua relazione del 1887 il Beltramini prefigura per il Palazzo del Capitano e la Magna Domus
una linea che sarà effettivamente seguita "non si può ammettere che si facciano ulteriori lavori i
quali non corrispondono ad una linea di condotta ben spiegata: o si ritiene possibile mantenere
all'edificio il carattere medievale, ed in tal caso qualsiasi lavoro di riparazione deve avere di mira di
ripristinare, per quanto è possibile, l'edificio nelle sue primitive disposizioni; o si giudica che a tale
ripristino si oppongono difficoltà troppo gravi o fatti compiuti irrimediabili, e allora si dovrà
abbandonare tutte quelle mezze misure ...". È lontano ogni moderno concetto di autenticità, e non si
evoca neppure la fedeltà ai documenti storici.
L'ampliamento degli ingressi alla città portò alla demolizione nel 1901 dell'esedra d'ingresso del
Palazzo Ducale e nel 1903 di Porta Pusterla di cui se ne chiedono i laterizi per la facciata del
Palazzo del Capitano. Per ripagare la distruzione, il nuovo responsabile (dal 1898) l'architetto
Achille Patricolo, che dal 1899 diventa anche amministratore del Palazzo, progetta un restauro di
fatto non meno distruttivo, la rimedievalizzazione della facciata sulla piazza Sordello, sulla base
della veduta tardoquattrocentesca del Morone. Preceduta da un rilievo accurato delle tracce sulle
martoriate pareti, l'operazione dura fino al 1906, a causa degli scarsi fondi disponibili e sotto le
pressioni dell'opinione publica e del sindaco di Mantova, che dapprima sconcertati per la
demolizione degli intonaci, pre