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Estratto del documento

Questo per quanto riguarda la nullità; la dispensa per inconsumazione è invece considerata

contrastante con il principio di tutela giurisdizionale e pertanto non potrà più essere

riconosciuta in alcun caso.

Art. 8.2 del nuovo Concordato:

“Le sentenze di nullità di matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici, che siano munite del

decreto di esecutività del superiore organo ecclesiastico di controllo, sono, su domanda delle parti

o di una di esse, dichiarate efficaci nella Repubblica italiana con sentenza della Corte d’appello

competente, quando questa accerti:

a) che il giudice ecclesiastico era il giudice competente a conoscere della causa in quanto

matrimonio celebrato in conformità del presente articolo;

b) che nel procedimento davanti ai tribunali ecclesiastici è stato assicurato alle parti il diritto di

agire e di resistere in giudizio in modo non difforme dai principi fondamentali dell’ordinamento

italiano;

c) che ricorrono le altre condizioni richieste dalla legislazione italiana per la dichiarazione di

efficacia delle sentenze straniere”

La norma ha recepito quanto previsto dalla Corte solo pochi anni prima, eliminando i due caratteri

dell’automaticità e dell’ufficiosità. Prendiamo in considerazione la lettera c: la Corte d’Appello, per

riconoscere la sentenza canonica di nullità, deve verificare che sussistano tutte le condizioni

previste dalla legge italiana per il riconoscimento delle sentenze straniere. Viene alla luce il

principio di tutela della sovranità dello Stato: lo Stato prende atto dell’esistenza di rapporti con altri

ordinamenti e può decidere di riconoscere una sentenza in essi pronunciata. Si può quindi

riconoscere una sentenza canonica negli stessi casi in cui è possibile riconoscere una sentenza

straniera.

[La Cassazione, nel quindicennio prima dell’inizio dell’attività della Corte Costituzionale, aveva

prima di tutto distinto tra norme programmatiche, che non possono essere usate come

parametro di legittimità, e norme di principio. Un’ulteriore differenziazione era stata fatta tra le

disposizioni antecedenti e quelle successive all’entrata in vigore della Costituzione, prevedendo

che il sindacato di legittimità potesse avvenire solo rispetto a queste ultime.

Questo intervento era strumentale ad impedire un’efficace attività della Corte stessa, la quale

poteva così avvalersi di ben poche norme per esercitare la sua funzione di controllo.

La sent. 1/1956 disconosce queste due previsioni della Cassazione: la Costituzione è al vertice

della gerarchia delle fonti e il criterio gerarchico prevale su quello della successione delle norme

nel tempo; la distinzione tra norme di principio e programmatiche non rileva in sede di giudizio di

legittimità. La Corte afferma così la propria posizione istituzionale nel sistema.]

9/05/16 – Lezione 16

Fino al 1995 le disposizioni cui fare riferimento in materia di riconoscimento delle sentenze

canoniche di nullità erano gli artt. 796 e 797 c.p.c., abrogati con l’entrata in vigore della l. 218 e

sostituiti dall’art. 64. Essendo il rinvio dell’art. 8.2 lett. c di tipo recettizio, si dovranno applicare

comunque i due articoli, i quali godono solo in questo campo e a questi fini di ultrattività. L’art. 797

c.p.c., tra gli altri requisiti, richiede che “la sentenza non contiene disposizioni contrarie

all’ordine pubblico italiano”: è esattamente quanto detto dalla Corte Costituzionale con la

sentenza 18/1982. Cosa significa? Non posso riconoscere la sentenza se i suoi effetti contrastano

con l’ordine pubblico italiano, che in questo caso corrisponde all’insieme delle regole poste dalla

Costituzione e dalle leggi alla base dell’istituto del matrimonio civile.

Un esempio di sentenza canonica di nullità che non può essere riconosciuta dallo Stato è quella

pronunciata rispetto al matrimonio fra Tizio, sacerdote, e Caia per impedimento di diritto canonico;

si può riconoscere questa sentenza? Fino al 1982 sì; dopo no, perché in conformità all’ordine

pubblico italiano tutti hanno diritto di accedere allo status coniugale senza discriminazioni basate

sul credo religioso. Quanto detto varrà anche per tutti gli altri impedimenti tipicamente

confessionali (voto di castità, disparitas cultus, ecc.)

Esempi importanti:

1) Dal punto di vista del motivo della nullità, il caso che ha occupato di più il contenzioso è stato

quello della simulazione. L’art. 123 c.c. prescrive che si debba dimostrare l’accordo simulatorio

per poter annullare il matrimonio civile. Perché non posso annullare se uno solo dei due ha

simulato? C’è un soggetto in buona fede; rispetto all’esigenza di coerenza giuridica che

imporrebbe di annullare il matrimonio faccio prevalere il principio di tutela dell’affidamento della

parte in buona fede (principio fondamentale nella materia negoziale). Per il diritto canonico non

funziona così: il matrimonio non è solo un negozio, ma anche un sacramento; se anche solo uno

dei due simula, il sacramento non si costituisce. Il diritto canonico ritiene prevalente la salvezza

delle anime che non si è realizzata, perché non c’è stato alcun sacramento, per cui la simulazione

unilaterale è considerata causa di annullamento. Per il diritto canonico sono elementi essenziali del

matrimonio: procreazione, fedeltà, indissolubilità, ecc. Se mi sposo escludendo, anche con riserva

unilaterale, uno di questi aspetti, come fa il giudice ecclesiastico a capirlo? La dimostrazione è

semplice: basta che chiunque testimoni che io non ho mai avuto intenzione, ad esempio, di fare

figli. Può quindi presentarsi il problema del riconoscimento di un matrimonio canonico

trascritto annullato per simulazione unilaterale. Lo Stato può riconoscere la sentenza di

annullamento dettata da tali motivi? Gli effetti di questa sentenza sono contrari ad un principio

fondamentale dell’istituto matrimoniale per il diritto civile; per regola generale, lo Stato non può

riconoscerla. La Cassazione ha però previsto il caso in cui la riserva mentale fosse conosciuta

dalla controparte: qualora vi sia conoscenza dell’altrui malafede, la Corte ritiene vi sia stato

qualcosa di simile ad un accordo ed è quindi possibile riconoscere la sentenza canonica di nullità.

Deve esservi quindi un accordo simulatorio oppure una riserva unilaterale conosciuta o conoscibile

con l’ordinaria diligenza (colpa della parte in buona fede) per poter riconoscere le sentenze

canoniche di nullità. Ma anche nel caso in cui la riserva sia stata a tutti gli effetti unilaterali posso

comunque riconoscere le sentenze, a condizione che a chiedere il riconoscimento sia la parte in

buona fede. Dal punto di vista delle situazioni giuridiche soggettive, la soluzione ha senso: è

tutelato l’affidamento della parte in buona fede. Dobbiamo tuttavia chiederci se gli interessi in gioco

siano o meno collegati a diritti disponibili: posso lasciare tutto all’autonomia negoziale delle parti?

No, infatti in tutti questi procedimenti è prevista la presenza necessaria del PM, proprio perché

entrano in gioco anche interessi di tipo pubblicistico (deve essere tutelato l’ordine pubblico).

L’ordine pubblico non serve a tutelare i singoli, ma la sovranità dell’ordinamento statuale e i suoi

principi fondamentali, che non possono essere negati da quanto provenga da ordinamenti terzi.

Assegnando alla strategia processuale delle parti il potere di decidere se uno strumento posto a

tutela della sovranità dello Stato debba o meno essere applicato, quindi permettendo che in alcuni

casi i contenuti trasferiti da un altro ordinamento possano confliggere con i principi fondamentali

del mio ordinamento, cosa ho previsto a fare detti principi?

2) Prescrizione dell’azione di nullità; tutte le azioni di nullità matrimoniale si prescrivono, tranne

quella per far valere il precedente vincolo. Qualora il termine di prescrizione non sia espresso, si

applica la prescrizione decennale. Le azioni di nullità canoniche invece sono tutte imprescrittibili.

Posso riconoscere una sentenza di nullità intervenuta dopo, ad esempio, quarant’anni? Non posso

riconoscerla solo se contrasta con l’ordine pubblico: contrasta? Sì, perché pregiudica la certezza

dei rapporti giuridici, e il rispetto di tale principio deve prevalere. La Cassazione ha tuttavia sempre

detto l’opposto: le sentenze canoniche di nullità si possono riconoscere in ogni tempo. Se

l’opinione della Cassazione è questa, si pone un problema di tutela dei soggetti svantaggiati: Tizio,

parte economicamente forte, e Caia si sposano con matrimonio canonico trascritto; Caia ottiene la

sentenza di divorzio, ma Tizio chiede comunque il riconoscimento della sentenza canonica di

nullità. La seconda sentenza travolge la prima, perché il negozio ad oggetto della stessa è stato

dichiarato nullo: viene meno il presupposto sostanziale della sentenza di cessazione degli effetti

civili. Questo è quanto sostenuto dalla Cassazione fino al 1997; visto che il legislatore non faceva

nulla, la Cassazione cambia radicalmente interpretazione: è vero che il giudicato di cessazione

degli effetti civili sarà travolto, ma non il capo relativo alle conseguenze patrimoniali. Quindi la

questione di tutela dei soggetti deboli è in qualche modo risolta. La questione di fondo tuttavia

rimane: può continuare ad essere accettabile che le sentenze canoniche di nullità siano

riconosciute in ogni tempo? La Cassazione ha sempre risposto di sì, fino al 2008: nel 2015, le

Sezioni Unite fissano un limite di tre anni; il riconoscimento può avvenire entro tre anni dalla

celebrazione, decorsi i quali la sentenza di nullità canonica non potrà avere effetti in Italia. Si

stratta di una sentenza discutibile, prima di tutto perché la Corte si è basata sulla disciplina

dell’adozione del minorenne. Come si sarebbe potuta risolvere la situazione? Si poteva, ad

esempio, applicare la disciplina del divorzio relativamente alle conseguenze patrimoniali della

nullità: a questo punto la scelta di una o dell’altra modalità non si basa più sul portafoglio, ma sulla

coscienza. Bastava quindi modificare l’art. 18 della legge matrimoniale e si poteva fare

unilateralmente, non essendo quest’ultima concordata con la Santa Sede.

Riserva di giurisdizione

Prevista espressamente dall’art. 34, IV: qualunque questione di validità del negozio matrimoniale

doveva essere portata dinanzi al giudice ecclesiastico. Cosa succede nell’84? L’art. 8.2 non

prevede alcuna riserva espressa d

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A.A. 2016-2017
14 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/11 Diritto canonico e diritto ecclesiastico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Giulia Lanzoni di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto ecclesiastico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Albisetti Alessandro.