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Nell'epoca arcaica il principale obiettivo del matrimonio era quello di procreare, in quanto i figli
legittimi nascevano da un'unione legittima.
Chiaramente esistevano delle cerimonie e degli atti religiosi a riguardo, come per esempio il
la non
conferratio, il coemptio e l'usus, con il quale il marito acquisisce la manus sulla moglie;
esecuzione di questi atti non influiva sulla validità del matrimonio.
Solo in certi casi, già ad un'epoca più avanzata, il legislatore iniziò a considerare obbligatorie certe
cerimonie ad substantiam
cerimonie, ma solo per particolari tipologie di persone: erano imposte
(di sostanza) per due persone che si volevano sposare ma che appartenevano a due classi sociali
differenti e per due persone già conviventi che volessero legittimare il figlio; in quanto per rendere
valido il matrimonio, in questi casi non bastava la costituzione di dote ma era necessaria la
cerimonie ad probationem
cerimonia. Erano poi imposte per il matrimonio tra dignitari e attrici;
in quanto, anche in questo caso, era necessario esibire gli strumenti dotali ed effettuare la cerimonia
per rendere il matrimonio valido. monogamia
I matrimoni romani sono caratterizzati dalla (ovvero si può eseguire solo un
esogamia
matrimonio per volta) e dalla (ovvero è vietato il matrimonio tra parenti).
Inizialmente i matrimoni erano con manus, successivamente iniziarono a diventare side manus,
ovvero liberi dalla manus; ciò vuol dire che se una donna, se sui iuris, continuava ad essere tale, e se
essa era sotto la potestà di un pater rimaneva sotto la stessa potestà anche se sposata.
Erano indispensabili certi elementi per far si che il matrimonio fosse valido, ovvero: l'età pubere dei
nubendi, il consenso dell'avente potestà (per i maschi doveva essere esplicito mentre per le femmine
bastava una non opposizione), ed il connubio (ovvero la capacità giuridica di contrarre un
matrimonio); quest'ultimo non era posseduto dagli schiavi, dagli stranieri, ed in alcuni casi dalle
persone tra loro legate da un grado di parentela o di affinità.
Il matrimonio era poi caratterizzato da impedimenti, da divieti: il divieto era assoluto tra i parenti in
linea retta; per i parenti in linea collaterale inizialmente venne vietato completamente, poi
consentito a partire dalla parentela collaterale di 3° grado (in quanto il principe Claudio si sposò con
la nipote), ed infine rivenne proibito fino ad una parentela collaterale di 6° grado (fino ai limiti,
quindi, della familia communi iure); era vietato tra gli affini (ovvero tra i parenti dei due coniugi);
era vietato al tutore che voleva sposare la pupilla; era vietato alle persone appartenenti al rango
senatorio di sposare liberti; era vietato il matrimonio tra ingenui e donne attrici.
La maggior parte di questi divieti decaddero, però, col tempo.
Giustiniano rese possibile il matrimonio tra persone di rango superiore e liberti e tra ingenui e
donne attrici per esempio. lex
Molto particolare fu la legislazione di Augusto in ambito matrimoniale; quest'ultimo emanò la “
Iulia e Papia ” con la quale, per incentivare il matrimonio e l'aumento demografico dei figli
legittimi, l'unione venne resa obbligatoria per i maschi dai 25 ai 60 e per le femmine dai 20 ai 50.
Il non adempimento a quest'obbligo non veniva punito con una sanzione coercitiva, ma veniva
relativamente vietata, a coloro che non avessero rispettato le direttive di Augusto, la possibilità di
contrarre donazioni ed eredità.
Ai nubili era infatti vietato essere beneficiari di un testamento se non si fossero sposati entro 100
giorni, mentre gli orbi (ovvero coloro sposati ma senza figli) potevano ereditare solo la metà dei
beni.
Chiaramente il matrimonio poteva sciogliersi: in seguito alla morte di uno dei due coniugi; in
seguito ad una prigionia (ricordiamo che il postliminium, visto in precedenza, non faceva
riacquistare direttamente il matrimonio); e con qualsiasi capitis deminutio (diminuzione della
capacità giuridica). IL DIVORZIO
Una delle principali cause di scioglimento del matrimonio è proprio il divorzio. Dobbiamo però
consensuale
precisare fin da subito che il divorzio può essere (voluto quindi bilateralmene, dalla
volontà di entrambi i coniugi) o unilaterale (tramite la volontà di un solo coniuge; questo divorzio
ripudio
veniva classificato come ).
Nell'epoca antica, presumibilmente quella arcaica, il divorzio consensuale non era preso in
considerazione; in quanto era contemplato solo il ripudio. Quest'ultimo era sempre illecito, e veniva
quindi punito con una sanzione patrimoniale, a parte in alcuni casi come l'adulterio, l'aborto
provocato volontariamente e il possesso delle chiavi della cantina.
Gaio, nelle sue istituzioni, affermò che il ripudio poteva avvenire oralmente, con la presenza di
testimoni, o tramite un documento scritto.
A partire dall'epoca postclassica, più precisamente dal regime di Costantino (con la forte presenza
divorzio illecito.
quindi di una mentalità cristiana) iniziò a nascere il concetto di
Dobbiamo però specificare che non tutti i divorzi erano illeciti. Il divorzio consensuale era infatti
sempre lecito. I ripudi invece erano ritenuti illeciti, a parte nei seguenti casi: l'adulterio, la
somministrazione di veleni e pozioni e se il coniuge fosse macchiato di omicidio.
I divorzi illeciti prevedevano una sanzione che poteva essere pecuniaria, patrimoniale
o restrittiva (come per esempio la condanna ai lavori forzati), ma non annullava la
validità del divorzio.
Colui che al meglio disciplinò la materia dei divorzi fu Giustiniano.
Secondo quest'ultimo esistevano 4 diversi tipi di divorzio:
Divorzio consensuale (che avveniva quindi per la volontà di entrambi i coniugi); questo era
• sempre lecito.
Divorzio per motivazioni ragionevoli, ovvero per cause di cui i coniugi non hanno colpa
• (come l'impotenza, la prigionia, detto “bona gratia”); in questo caso il divorzio era sempre
lecito.
Divorzio per giuste cause; in questo caso esistevano cause ben specifiche (erano 7 per le
• donne e 5 per gli uomini. Tra le più importanti ricordiamo l'adulterio, il tentato omicidio del
coniuge, tradimento allo Stato, attentato all'imperatore, tentata prostituzione, andare ad
abitare presso terzi da parte della donna ecc..). Questo divorzio era lecito.
Divorzio senza una causa; quest'ultimo era considerato illecito, in quanto classificabile
• come un ripudio. effetto personale effetto patrimoniale.
Il matrimonio dava vita a due effetti: ed
Gli effetti personali si verificavano soprattutto nella sfera privata della donna. Sappiamo che la
donna, pur essendo sposata, non era ad un livello paritario al marito per quanto riguarda il diritto
civile, anche se nel tempo furono emanate diverse norme di favore per quest'ultima.
Gli effetti personali riguardavano soprattutto la manus, con la quale la moglie diventava figlia del
marito e rispettiva sorella dei suoi figli. La moglie era obbligata a convivere nella casa del marito e
a prestare un giuramento di fedeltà coniugale.
Qualora uno dei due coniugi venisse accusato di azioni infamanti dall'altro coniuge(come ingiuria o
furto) incapperebbe in una pesante sanzione patrimoniale. Prima di spiegare gli effetti patrimoniali
(che spiegheremo parlando della dote) è giusto precisare che quest'ultimi si verificarono solo con i
patrimoni side manus (senza l'acquisizione della manus da parte del marito), in quanto la donna
sposata com manus non aveva il diritto patrimoniale (ciò vuol dire che non poteva possedere dei
beni). LA DOTE
La dote consiste in tutti i beni che la moglie dà al marito al momento del matrimonio. La
costituzione di dote (ovvero la trasmissione di dote) è un atto indispensabile per far sì che il
matrimonio sia valido. La dote poteva essere costituita da beni mobili come il danaro, oggetti
materiali, ma anche da crediti e obbligazioni.
I beni che dovranno essere trasmessi sono quelli della donna se quest'ultima è sui iuris, mentre se
essa è alien iuris allora saranno i beni del pater ad essere trasmessi al marito.
Prima della trasmissione avveniva una promessa da parte della moglie (promessa che riguardava
proprio la trasmissione della dote al marito) che veniva espressa tramite un semplice stipulatio.
La trasmissione avveniva poi tramite i classici negozi giuridici; ovvero tramite in iure cessio,
traditio e mancipatio.
Almeno inizialmente, in seguito ad eventuale scioglimento del matrimonio, il marito non doveva
restituire la dote alla moglie. In seguito, a partire dall'epoca preclassica, il marito è obbligato a
restituire la dote alla moglie; quest'ultima, qualora il marito non adempisse all'obbligo, può
actio rei uxoriae
utilizzare l' .
Con questi cambiamenti la dote, una volta trasmessa, è di proprietà del marito; ciò vuol dire che essi
può trarne i frutti. Per alienarla, venderla o distruggerla deve però chiedere il permesso della
moglie.
Abbiamo visto che la dote va restituita in caso di scioglimento del matrimonio: se si tratta di “dos
profectia” il diritto di restituzione spetta alla moglie; se quest'ultima è morte spetta a suo padre; se
anche il padre è morto la dote rimane nelle mani del marito.
Se si tratta invece di “dos adventicia” se il matrimonio si è sciolto per divorzio o per morte del
marito la dote torna alla moglie; se invece muore la moglie la dote rimane nelle mani del marito.
Esiste anche un secondo modo per restituire la dote. La dote può anche essere restituita tramite uno
stipulatio; ovvero una promessa che la moglie fa formulare al marito. Qualora il marito non
actio ex stipulatu
rispettasse questa promessa di restituzione verrà punito con l' .
Per evitare problemi sulla restituzione si calcolava il valore dei beni dotali, per far si che
quest'ultimi venissero restituiti in denaro.
Da una parte (quella della moglie) esisteva il diritto di restituzione della dote, dall'altra (quella del
diritto di trattenuta
marito) esisteva il della dote stessa.
In seguito alla morte della moglie, se il padre di lei avrebbe chiesto la restituzione della dote, il
marito poteva richiedere la trattenuta. In questo caso il marito poteva trattenere 1/5 della dote per
quanti erano i figli nati dal matrimonio.
Anche se il matrimonio si scioglieva in seguito ad un divorzio avvenuto per colpa della donna il
marito poteva trattenere parte della dote.
Giustiniano apportò diverse modifiche alla materia della dote: innanzitutto abolì il diritto di
trattenuta da parte del marito. L'azione esperibile nei confronti del marito, qualora quest'ultimo non
avesse adempito all'obbligo