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del governo. La fase dell’incarico:
2) il Presidente della Repubblica incarica oralmente
una persona di portare avanti la procedura di formazione del governo. Il
Presidente incaricato, che da un punto di vista giuridico è ancora un normale
cittadino, deve capire se ha la maggioranza in parlamento facendo delle
consultazioni (ad esempio con i leader dei partiti). Ora è pronto a tornare al
Quirinale o dicendo al Presidente della Repubblica di rimettere l’incarico
perché non ha trovato la maggioranza (es. Marini dopo le dimissioni di
Prodi)→ in questo caso il Presidente della Repubblica può decidere se
riprovare incaricando un'altra persona o sciogliere le camere; oppure, nel caso
in cui il presidente incaricato riesce a coagulare una maggioranza in
parlamento si dice “scioglie la riserva” e inizia la terza fase
3) La nomina: il Presidente della Repubblica nomina il presidente
incaricato “Presidente del Consiglio” e, su proposta del nuovo Presidente del
Consiglio, il Presidente della Repubblica nominerà i ministri. Tuttavia non
sono ancora ufficialmente in carica fino al giuramento, nel quale il governo
precedente muore definitivamente. Prima del giuramento si dice che il governo
“dimissionario” dovrebbe svolgere solo atti di ordinaria amministrazione, ma
non è questa una materia chiara. Basti pensare che, ad esempio, se un
terremoto si abbatte in questo lasso di tempo il governo dimissionario non può
svolgere solo atti di ordinaria amministrazione ma è giusto che intervenga.
4) Il giuramento: si giura nelle mani del Presidente della Repubblica un
secondo dopo essere stati nominati con decreto dello stesso Presidente della
Repubblica, del Presidente del Consiglio e dei ministri. Domanda importante:
se è vero che tutti gli atti del Presidente della Repubblica per essere validi
devono essere controfirmati, cosa succede al decreto con il quale il Presidente
della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio? Controfirma il Presidente
del Consiglio nuovo o vecchio? Il nuovo non potrebbe farlo perché è
Presidente del Consiglio solo per effetto di quel decreto, il vecchio si corre il
rischio che non lo firmi facendo bloccare tutto→ la soluzione è “chiudere un
occhio” e permettere al nuovo Presidente del Consiglio di firmare quel decreto
(è una finzione giuridica).
Dopo il giuramento abbiamo quindi un nuovo governo ufficialmente in carica. Ora
manca la fiducia del Parlamento: entro 10 giorni il governo deve presentarsi alle
camere per ottenerla.
in questi 10 giorni il governo “post-giuramento”?
Cosa farà
- Il governo in attesa di fiducia è paragonabile al governo dimissionario: deve
svolgere solo compiti di ordinaria amministrazione. È quindi un governo
politicamente delegittimato, in quanto se il Parlamento poi non gli darà la fiducia
il nuovo governo andrà a casa e sarebbe stato inutile stravolgere le cose.
- Il governo post-giuramento, per ora formato solo da 20/25 persone (dal Presidente
del Consiglio, dai 14 ministri + i ministri senza portafoglio), nominerà tutti gli
organi non ''necessari'' (Vicepresidente del Consiglio, Viceministri,
Sottosegretari di Stato) che andranno a formare il governo (composto in media da
80 a 100 persone) pur non essendo previsti in Costituzione.
Considerazione: è opportuno ricordare che quando si va in Consiglio dei Ministri e
ci si confronta con tutti i ministri, quello che conta è il peso politico di una persona
e non tanto la propria carriera, la propria professionalità ed esperienza: basti
pensare che la maggior parte dei tagli si fanno dove non c’è opposizione politica. Il
ministro, quindi, dovrebbe avere un notevole peso politico. Tutti questi organi non
necessari hanno un senso proprio per venire incontro alla politicità che deve avere
la carica ministeriale, per dare un profilo “tecnico”. Purtroppo le scelte che fa il
Consiglio dei Ministri spesso si può chiamare come una “spartizione” di posti: un
partito che ha promesso la fiducia al Presidente ancora incaricato, poi pretenderà
ad esempio molti sottosegretari. Questo è un chiaro esempio di come non si guardi
solo alla qualità e all’esperienza dei viceministri o dei sottosegretari che, al
dovrebbero capirne nel loro campo. L’aspetto positivo è che, almeno,
contrario,
tutto è trasparente e i cittadini potranno quindi valutare le politiche di quel governo
anche in base al peso politico e quindi all’operato di questi sottosegretari o
viceministri.
- Oltre a svolgere compiti di ordinaria amministrazione e oltre a nominare gli organi
non necessari, il governo post-giuramento mette a posto e definisce il programma
di governo, che dovrà avere la fiducia del Parlamento. Il programma di governo
non ha alcun valore giuridico: è pura e semplice politica. Il Parlamento darà la
fiducia al governo su una sorta di programma che lo stesso governo non è
giuridicamente vincolato a seguire (brutalmente: quel che conta è “accontentare il
Parlamento”). Nella storia italiana ci sono state 17 elezioni e 60 governi.
5) La fiducia: il Presidente del Consiglio, con i suoi ministri, va in
Parlamento entro 10 giorni per chiedere la fiducia. La prassi dice che il
Presidente del Consiglio si presenta per prima alla camera dove il precedente
Presidente non si presentò. A questo punto il Presidente del Consiglio espone i
motivi per il quale il Parlamento dovrebbe dargli la fiducia, espone il
programma di governo, seguono le dichiarazioni di voto dei gruppi
l’ultima dichiarazione del Presidente del
parlamentari alle quali segue
Consiglio e la votazione.
Come vota il Parlamento per dare fiducia al governo?
- Il Parlamento vota per voto palese ed appello nominale: voto palese significa che
non ci si può nascondere dietro una cabina, è giusto che sia pubblico nei confronti
dei cittadini votanti, anche per evitare i “franchi tiratori” che, ad esempio,
promettono al Presidente del Consiglio di dargli una maggioranza e poi votano
contrariamente a quanto detto. Appello nominale significa che si sorteggia a sorte
nell’elenco alfabetico di tutti i deputati un nome dal quale si parte in ordine
alfabetico per procedere alle votazioni.
- La maggioranza sufficiente per il voto di fiducia è quella relativa (la stessa per
approvare le leggi).
CRISI DI GOVERNO
Ad un certo momento può avvenire una crisi di governo parlamentare o extra-
parlamentare. La crisi di governo parlamentare è la crisi per la quale le dimissioni del
Presidente del Consiglio e quindi di tutto il governo sono giuridicamente obbligatorie.
Nella crisi di governo extra-parlamentare le dimissioni non sono giuridicamente
obbligatorie, si può decidere. Si tratta quindi di valutazioni politiche, ci si dimette ad
esempio perché si sa di non avere più la maggioranza in Parlamento (es. Berlusconi
nel 1994). In Italia, su 60 governi, ci sono stati 56 casi di crisi extra-parlamentari.
La crisi di governo parlamentare
Vi sono tre casi in cui il Presidente del Consiglio è obbligato a dimettersi:
1) Quando viene incaricato dal Presidente della Repubblica, giura, ma il Parlamento
vota no alla fiducia
Parlamento, controllando l’operato del governo, è stanco e approva la
2) Quando il
mozione di sfiducia, che prevede una votazione uguale a quella per votare la
fiducia attraverso il voto palese e l’appello nominale a maggioranza semplice.
3) La questione di fiducia: La Costituzione dice solo che quando il governo perde in
Parlamento una votazione non è obbligato a dimettersi, ma è invece giuridicamente
obbligato a farlo quando il governo su quella votazione pone la questione di
fiducia, ossia fa equivalere quella votazione su uno specifico emendamento ad una
sorta di fiducia iniziale, mettendo quindi in discussione su quell’emendamento la
propria vita di governo. Se viene bocciato il governo è obbligato a dimettersi. La
decide il consiglio dei ministri.
Ma perché si pone la questione di fiducia?
Oggi è uno strumento usato molto spesso. Il governo pone la questione di fiducia:
la questione di fiducia ha l’effetto
- Per speditezza dei lavori parlamentari:
di far decadere gli altri emendamenti. Quando il Governo pone la questione di
fiducia su un emendamento, tutti gli altri automaticamente decadono perché da
quell’emendamento lì è in gioco la vita del governo e quindi non ha senso
discutere sugli altri. Il governo, quindi, si maschera dietro al fatto che non può
legge urgente quando su quell’articolo di quella legge ci sono
approvare una
tantissimi emendamenti. Ponendo la questione di fiducia tuttavia si ammazza il
diritto delle opposizioni a vedersi discusse le proprie proposte alternativa e
anche il diritto della parte scontenta nella maggioranza di poter contribuire e
migliorare i provvedimenti. La questione di fiducia è quindi un istituto poco
democratico in quando tappa la discussione parlamentare
viste le numerose critiche all’interno della propria
- Perché il governo,
maggioranza, non è più convinto di avere una maggioranza in quanto gli
sembra di governare con una maggioranza a lui contraria: quando in una
discussione non si arriva ad un compromesso il governo, per evitare di avere
continuamente un opposizione dentro la sua maggioranza, pone la questione di
fiducia, costringendo l’opposizione all’interno della maggioranza ad
“abbassare il tiro”. Infatti l’unico modo che ha a quel punto l’opposizione
all’interno della maggioranza per ribadire le sue convinzioni è quella di
mandare a casa il governo. A questo punto quindi o si adegua e vota
l’emendamento che non voleva votare, oppure vota no ma il Presidente del
Consiglio si dovrà dimettere.
Un meccanismo così forte non poteva mai essere immaginato nella mente dei nostri
costituenti. La questione di fiducia è prevista solo nel regolamento di camera e senato.
Il suo effetto è stato tuttavia una perdita di democrazia del nostro sistema
costituzionale in quanto viene meno il dibattito parlamentare, costringendo a votare
all’emendamento ma alla vita del governo. In Italia ci sono state
non pensando
quattro crisi di governo parlamentari e ultimamente se ne sono aggiunte due la cui
perdita sulla questione di fiducia è stato il motivo delle dimissioni del governo (es.
dimissioni di Prodi). È anche importante ricordare che la Costituzione tace riguardo
l’esistenza della sfiducia individuale al singolo ministro e quindi non a tutto il
governo. A questo proposito, durante il governo Dini (1995-1996), scoppiò il caso