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Estratto del documento

Il fascicolo per il dibattimento: in questo fascicolo, in modo tassativo,

vengono raccolti quegli atti compiuti prima del dibattimento che si

sono formati nel contraddittorio delle parti o che sono nati fin

dall’origine come non ripetibili. Il fascicolo per il dibattimento è

conosciuto dal giudice e dalle parti; gli atti in esso contenuti, dopo

essere stati letti nei tempi e con le forme previste dall’art 511

possono essere utilizzati ai fini della decisione.

Il fascicolo del pm: ha un contenuto residuale e ai sensi dell’art 433 vi

sono inseriti gli atti diversi da quelli inseriti nel fascicolo per il

dibattimento, che siano stati fino a quel momento compiuti quindi tutti

gli atti compiuti dal pm e dalla polizia giudiziaria, il fascicolo del

difensore. Questo fascicolo è conosciuto dalle parti (pm e difensori)

ma non dal giudice del dibattimento. Di regola gli atti contenuti in

questo fascicolo non possono essere letti e quindi non possono

essere utilizzati per la decisione.

In base all’art 431 comma 2, le parti possono concordare

l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel

fascicolo del pm nonché della documentazione relativa all’attività di

investigazione difensiva. Una volta inserito nel fascicolo per il

dibattimento, il singolo atto può essere letto in base all’art 511 e

quindi diventa utilizzabile per la decisione.

Il contraddittorio

Le decisioni del giudice nel processo devono essere adottate “audita altera parte”, in quanto non

appare ragionevole che una qualsiasi controversia tra due parti possa essere risolta senza che

esse siano state preventivamente ascoltate in contrapposizione da un soggetto terzo. Ciò soddisfa

due esigenze: in primis il diritto di difesa delle parti, in quanto una decisione sulla pretesa di una

parte non può essere adottata senza che all’altra venga data possibilità di replicare illustrando le

proprie ragione e fornendo prove a sostegno o contro; in secundis il contraddittorio è considerato

fondamentale e quindi nessuno può essere certo di adottare una giusta decisione se non abbia

sentito le parti in contraddittorio tra loro.

Già nel codice del 1930 ci si rese conto dell’importanza del contraddittorio, come partecipazione

contemporanea e contrapposta di tutte le parti del processo, ma ciò non trovava applicazione nel

codice dell’epoca. Fino al 1930 la teoria del processo era fondata sul sistema inquisitorio, dove il

giudice aveva grande forza processuale e l’imputato un oggetto-strumento obbligato a rendere la

verità dei fatti senza omissioni. Questo modello fonda le radici sul principio di autorità e i diritti di

difesa sono chiaramente sacrificati in favore del potere del giudice che tanto era maggiore e più

poteva portare all’accertamento della verità. Il legislatore del 1988 costruì un nuovo sistema

processuale basato sul modello accusatorio, il quale attribuì al contraddittorio un ruolo pregnante.

Ci sono state delle modifiche da parte della corte costituzionale poiché non riconosceva valore

costituzionale al principio del contraddittorio, se non come estrinsecazione del diritto di difesa

sancito all’art 24 della costituzione. La corte indusse il legislatore a recuperare il modello originario

del codice facendo rientrare il principio del contraddittorio nella costituzione mediante una radicale

integrazione dell’art 111 diventando così funzione imprescindibile per la realizzazione del giusto

processo (art 111 comma 2 “ ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti in condizione di

parità davanti ad un giudice terzo ed imparziale”).

Deroghe al contraddittorio (art 111 comma 5)

Prima deroga: l’imputato ha la facoltà di accettare che la decisione sia posta in essere sulla base

di elementi di prova che si sono formati in assenza del contraddittorio. La corte costituzionale ha

affermato che l’attuazione della deroga al contraddittorio (art 507 comma 1 bis) può estrinsecarsi

diversamente a seconda del singolo istituto interessato, unitamente ad altri presupposti, soprattutto

per esigenze di economia processuale. In sostanza, per non vanificare il principio del libero

convincimento del giudice, questa norma è attuabile ogni qual volta che le prove dedotte dalle parti

siano ritenute insufficienti ad esercitare la funzione conoscitiva del processo, in base alla

valutazione del giudice. Ovviamente, la fattispecie deve essere configurata in modo tale da

assicurare uno svolgimento equilibrato del processo, evitando che una rinuncia a priori

dell’imputato al contraddittorio possa pregiudicare la correttezza della decisione.

Seconda deroga: quando per cause oggettive non sia possibile acquisire la prova in

contraddittorio. La corte dei diritti dell’uomo ha affermato che ciò è possibile solo in via eccezionale

perché la colpevolezza dell’imputato non può essere accertata sulla base di queste emergenze

probatorie. Pertanto, se l’irripetibilità dell’atto è prevedibile, bisogna che l’atto venga acquisito

ricorrendo all’incidente probatorio. Ergo, la deroga opera solo in presenza di una irripetibilità

oggettiva dell’atto e non per esigenze di economia o speditezza processuale. Spetta al giudice

verificare l’effettiva impossibilità sopravvenuta ed imprevedibile di ripetere l’atto in dibattimento,

attraverso uno specifico accertamento da compiere in contraddittorio tra le parti. L’art 512 (lettura

degli atti per sopravvenuta impossibilità di ripetizione) consente il meccanismo di recupero

dell’attività compiuta quando essa sia diventata irripetibile. Tale norma è tuttavia poco definita

poiché non sono chiarite le situazioni qualificabili come irripetibili.

Furgiuele ritiene che sarebbe stato opportuno fissare parametri più precisi per stabilire l’effettiva

impossibilità di ripetizione dell’atto che ne consentisse la lettura-acquisizione. La giurisprudenza ha

qualificato questa impossibilità come assoluta, nel senso che gli atti – ripetibili in astratto al

momento della loro formazione – divengano irripetibili in seguito a fattori sopraggiunti che non

dipendano da condotta dolosa o anche negligente della parte processuale che chieda

l’acquisizione.

Terza deroga: quando l’impossibilità di procedere alla formazione della prova in contraddittorio

dipenda da una provata condotta illecita. La disposizione non chiarisce chi debba essere l’autore

della condotta illecita e cioè se la vasta latitudine del concetto di “provata condotta illecita”

includesse , oltre alla scontata ipotesi del dichiarante coartato illecitamente si da impedirne

l’assunzione testimoniale o da pregiudicarne la genuinità, anche l’eventuale condotta illecita dello

stesso dichiarante, vale a dire il falso o la reticenza da costui commessi senza altrui pressione. È

questo il problema risolto con l’ordinanza 453/2004 nell’ambito della quale il giudice a quo

sollevava, in via subordinata rispetto ad altra questione principale, proprio questo dubbio di

legittimità costituzionale. La corte ha affermato che è senz’altro da escludere che la formula

condotta illecita sia tanto ampia da abbracciare oltre alle condotte illecite esercitate sul dichiarante

anche quelle del dichiarante stesso. La ratio della norma è da ricercarsi nell’impedimento che la

condotta illecita reca all’esplicazione del contraddittorio, che risulti impedito da condotte illecite

esterne. Rimane incerto, tra l’altro, il grado di illiceità delle condotte che per alcuni non devono

necessariamente integrare gli estremi di un reato mentre per altri (tra cui Furgiuele) devono

configurare una vera e propria subordinazione.

L’esame incrociato

Le prove orali sono tutte assunte mediante l’esame incrociato. Questo istituto può essere definito

come quell’insieme di regole con cui le parti pongono direttamente le domande alla persona

esaminata. Esso si articola nei tre momenti dell’esame diretto, del controesame e del riesame (art

498): i soggetti che pongono le domande sono il pm e i difensori delle parti private.

L’esame diretto tende ad ottenere la manifestazione dei fatti conosciuti dal testimone; questi fatti

dovrebbero essere utili a dimostrare la tesi di colui che lo ha chiamato a deporre. Si presume che

l’interrogante conosca previamente le informazioni che il testimone dovrà fornire; il suo scopo è

quello di dimostrare che il teste è attendibile e credibile. Per questo sono vietate le domande-

suggerimento.

Il controesame è condotto dalla parte che ha un interesse contrario a quella che ha chiesto

l’esame del testimone. Il controesame è eventuale, nel senso che la controparte ha la facoltà di

porre domande alla persona già sentita nell’esame diretto. Il controesame può avvenire sui fatti

oppure sulla credibilità del testimone, oppure su entrambe le cose. Qui sono ammesse le

domande-suggerimento perché il loro scopo è sia di saggiare come reagisce il testimone e sia di

farlo cadere in contraddizione.

Il riesame è condotto dalla persona che ha chiesto l’assunzione della testimonianza ed è

doppiamente eventuale nel senso che avviene solo se si è svolto il controesame e solo se la parte

che ha chiamato il testimone intende procedervi. La funzione del riesame è quella di consentire a

chi abbia introdotto la prova, la possibilità di recuperare la sequenza dei fatti dopo che il

controesame ha cercato di mettere in dubbio la loro esistenza oppure consente di esporre le

contraddizioni in cui il testimone è caduto; quindi tende a corroborare la versione iniziale dei fatti.

L’esame incrociato non può essere sottoposto ad interruzioni. Le parti hanno unicamente la

possibilità di formulare opposizioni su cui il presidente decide senza formalità. Ad esempio, può

accadere che una domande sia inammissibile perché vietata dalla legge oppure che si tratti di una

domanda-suggerimento nel caso in cui questa sia vietata. Soltanto al termine della sequenza

esame diretto-controesame-riesame il presidente può d’ufficio porre domande al testimone, per

non alterare la sequenza logica dell’esame.

Le regole: sono ammesse domande su fatti specifici anche se non è vietato che una parte chieda

al dichiarante di narrare ciò che ha percepito. Inoltre la domanda deve avere ad oggetto un fatto

determinato e non un apprezzamento del dichiarante.

Sono inoltre vietate le domande nocive che aggrediscono l’autodeterminazione del teste o che

sono idonee a minare la sincerità delle risposte e cioè non sono ammesse domande intimidatorie o

suaden

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
26 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/16 Diritto processuale penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Monnamadda di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Procedura penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Furgiuele Alfonso.