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Dopo la fine della Guerra Fredda, Kiev ha iniziato un processo di allineamento con
l'Occidente che i russi hanno interpretato come un tentativo degli Stati Uniti di spingere
l'Ucraina nella NATO e di preparare il terreno per la disintegrazione della Russia come
"grande potenza".
Così Mosca è tornata con maggior forza a promuovere una strategia in grado di ricostituire la
sua sfera d'influenza storica nelle regioni dell'ex Unione Sovietica, ma gli Stati Uniti e i Paesi
del vecchio Patto di Varsavia cercheranno sicuramente di arrestare la reconquista russa.
Tuttavia, la risposta politico-militare di Putin al terremoto di Kiev è dovuta al fatto che è stato
operato un "imbroglio" da parte di Stati Uniti, Germania e altri membri della NATO, prima
della riunificazione tedesca.
Infatti, nei primi mesi del 1990, la Germania, consapevole che i sovietici non sarebbero stati
disposti a ritirare le loro forze dalla Germania orientale in assenza di sufficienti garanzie per
il futuro, dichiararono che non ci sarebbe stata nessuna espansione dell'alleanza Atlantica
verso est, dopo il ricongiungimento delle due Germanie.
Nel 1990 Mitterrand, con il sostegno di Kohl, propose la creazione di una Confederazione
Europea inclusiva di Mosca. Il progetto fu bocciato e si creò, invece, un "triangolo strategico"
composto da USA, Germania e Francia, dominato da Washington.
Questo triumvirato rafforzò l'OSCE (l'organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in
Europa), rinforzò di pari passo la NATO, giustificata dalle guerre jugoslave, e diede
precipitosamente il via libera a tutti i vecchi satelliti europei dell'URSS ad entrare
nell'Alleanza Atlantica.
Presente e passato della crisi ucraina
Nella notte tra il 22 e il 23 febbraio 2014, il presidente filorusso Viktor Janukovyc, viene
deposto e, al suo posto, subentra la "Giovanna d'Arco ucraina" Julija Tymošenko, sotto le
grande pressioni di Berlino, Parigi e Varsavia.
Quindi, la Polonia, che aveva l'ambizione di ripristinare l'antica supremazia su Lituania,
Bielorussia, parte dell'Ucraina e della Lettonia, è stata tra i più grandi sostenitori degli
oppositori di Janukovyc. Tutto questo con il grande appoggio della Francia di Hollande.
Di fondamentale importanza sono, invece, le risorse dell'Ucraina, ricca di risorse minerarie
( carbone, petrolio, gas metano, minerali di ferro) e agricole (soprattutto cereali). Risorse a
cui era interessata la Cina, che nel 2013 voleva stipulare un accordo per l'acquisizione di tre
milioni di ettari delle fertilissime terre ucraine e ora poco propenso a schierarsi nel fronte
antirusso. Inoltre, è importantissima per essere il passaggio di gasdotti che collegano la
Russia all'Europa. Tanto che, la Russia, voleva costruire dei gasdotti che aggirassero l'Ucraina
ma gli USA sono riusciti ad impedire ciò.
Da un punto di vista geopolitico, senza l'Ucraina, la Russia potrebbe essere fatalmente
esposta ai rischi di un'aggressione.
Ciò detto, Henry Kissinger ha osservato che Mosca non potrà mai accettare che l'Ucraina
divenga un membro della NATO nè, tantomeno, che le divenga un Paese estraneo e
potenzialmente avverso.
Una possibile soluzione potrebbe essere una "finlandizzazione" dell'Ucraina, ovvero
un'Ucraina proiettata verso l'Occidente ma, militarmente, non ostile alla Russia, non
entrando a far parte della NATO.
Senza l'Ucraina, la Russia dovrebbe definitavamente rinunciare ai suoi sogni di gloria e
consegnarsi all'Occidente, ovvero legarsi ad un'Europa transatlantica.
L'Ucraina, dunque, per le sue risorse naturali, popolazione, apparato industriale e posizione
strategica, potrebbe fare la differenza e fornire al futuro blocco euroasiatico la massa critica
per avere un peso specifico paragonabile a quello delle economie occidentali. In sintesi,
Putin si trova di fronte a questa situazione: la Russia da sola è priva di un volume economico
e demografico paragonabile a quello dell'UE; la Russia, inserita nell'Unione Euroasiatica,
potrebbe acquistarlo; una Russia amputata dell'Ucraina e un'Ucraina unita all'UE
costituirebbero un'irreparabile sconfitta strategica di Mosca.
Mosca, Washington, Kiev e la "sindrome dei Balcani"
Ciò che ha reso possibile il colpo di stato contro Janukovyc, sono stati i movimenti
ultranazionalisti ucraini, che si rifanno all'ideologia di Bandera, considerato eroe nazionale,
come l'Unione Panucraina e l'UPA, movimenti di estrema destra, xenofobi, antisemiti e con
simpatie neonaziste. Un altro sostegno sul fronte antirusso è stato assicurato da alcune
organizzazioni non governative sospettate di agire in stretto contatto con l'amministrazione
statunitense.
La Federazione Russa ha, cosí, reagito con la secessione della Crimea, ceduta da Nikita
Chrušcëv alla Repubblica Socialista Sovietica Ucraina nel 1954 contro la volontà della
maggior parte dei suoi abitanti, che si è autoproclamata repubblica autonoma e si è
ricongiunta alla "Grande Madre Russia".
Ciò detto, l'Ucraina si presenta come un Paese frammentato, diviso etnicamente e
religiosamente, diviso da russofoni e russofobi, tanto da poter essere distinto in 4 diverse
zone d'influenza: 1) l'Ucraina occidentale di Leopoli, fino al 1939 appartenente alla Polonia,
poi ceduta all'URSS nel 1945; 2) l'Ucraina di Kiev; 3) la zona orientale a grande
maggioranza orientata a rinsaldare i legami con Mosca, comprensiva dell'importantissima
area carbonifera e industriale di Donetsk, dove si concentra l'80% del potenziale produttivo
ucraino e il 20-30% del reddito nazionale; 4) la Crimea ritornata sotto sovranità russa, il cui
nuovo status internazionale non è riconosciuto dall'UE e dagli Stati Uniti.
Putin, per raggiungere l'obiettivo di annettere alla Federazione Russa, l'Ucraina sud-
orientale, non intende puntare su una competizione bellica aperta, ma piuttosto su
un'operazione di forte sostegno diretto e indiretto alle province secessioniste che l'esercito
ucraino e le milizie nazionaliste dell'Euromaidan stentano a riportare sotto il controllo del
nuovo governo di Arsenij Petrovyc Jacenjuk.
Il minaccioso schieramento russo è stato smantellato da Mosca il 28 aprile, in cambio
dell'assicurazione delle autorità ucraine di non impiegare le proprie forze armate contro la
popolazione russofila disarmata, come invece poi è stato fatto. Vittime della rappresaglia di
Jacenjuk sono stati civili non belligeranti, una vera e propria "guerra ai civili", le cui atrocità
non hanno destato nessuna reazione a Occidente.
Così il sostegno del Cremlino ai secessionisti si è intensificato, con l'invio di apparati militari.
Il successo militare russo ha portato ad un accordo diplomatico per il cessate il fuoco che
rischia di trascinarsi per un tempo indefinito , forse per sempre. Un conflitto civile irrisolto,
trasformatosi in uno stato di cessate il fuoco a tempo indeterminato.
Inoltre, questo conflitto lacerante intestino all'Ucraina, porterà al collasso economico del
Paese, analogo a quello della Grecia, visto che il nuovo governo di Porošenko, una
oligarchia imprenditoriale e finanziaria, nazionale e sovranazionale, non è in grado di far
fronte a questa situazione di emergenza che necessiterà di un appoggio economico e
militare straniero, coinvolgendo attori internazionali (NATO e UE), rischiando una ripetizione
del conflitto balcanico del primo Novecento.
La rivincita della Geopolitica e il crepuscolo del New World Order
La strategia di Obama, ovvero quella di minare l'economia russa fino al collasso, ha
danneggiato le economie degli Stati europei che commerciano con la Russia e aumentato il
rischio del collasso economico russo.
Tuttavia, difficilmente le sanzioni USA- UE potranno avere gli stessi effetti sui rapporti
commerciali tra la Russia e il resto del mondo. Questi rapporti legano la Russia alla Turchia,
al Giappone assetato di gas russo, al Medio Oriente e alla Cina, che ha sottoscritto con la
compagnia russa Gazprom un contratto per la fornitura di 38 miliardi di metri cubi di gas
all'anno per i prossimi trent'anni.
Una stretta partnership con Pechino è poi indispensabile a Mosca per individuare un "socio
geopolitico" di eguale statura per far fronte alla NATO.
Lo storico accordo energetico con Pechino costituisce solo la punta dell'iceberg del Big Shift
che, tra la fine del 2012 e la primavera del 2013, ha potentemente incrementato i flussi del
commercio internazionale russo verso la Turchia, il Brasile, i nuovi Paesi emergenti (Corea
del Sud, Singapore e Vietnam), gli Stati dell'Unione Euroasiatica, l'India, il Giappone e
naturalmente la Cina.
Dunque, la strategia statunitense ha scarse probabilità di riuscita, visto che la maggior parte
delle multinazionali non europee, e in particolare quelle asiatiche, sarebbero probabilmente
disposte a rinunciare ai rapporti economici con gli Stati Uniti, pur di continuare a lavorare
nel promettente mercato russo.
L'alleanza commerciale sino-russa è la migliore risposta all'ingannevole promessa di
Washington di sostituirsi a Mosca come primo fornitore energetico dell'Europa.
Infatti, nel conflitto ucraino, l'amministrazione Obama ha come obiettivo la riduzione delle
forniture russe di gas e petrolio all'Europa e la futura sostituzione di queste ultime con la
produzione di energia "made in USA", operazione complessa che metterebbe a rischio
l'intera Europa.
Complessivamente, l'obiettivo di Obama è quello di far decadere la Russia dal rango di
Potenza imperiale e, necessariamente, detronizzare Putin con una "rivoluzione di palazzo"
analoga a quella che rimosse Chruscev, sostituendogli un'addomesticata e accomodante
leadership filoccidentale (simile a quella di Boris Eltsin), dalla cui agenda politica dovrebbe
restare escluso il progetto di restaurare l'influenza di Mosca nei territori dell'ex URSS
perseguito con ambizione da Putin.
Dal canto suo, il Cremlino, dopo il 1991 ha sempre sperato di ricostruire, in un certo qual
modo, lo spazio imperiale precedente al 1991 e di poter tranquillamente rivendicare un
diritto d'intervento nei confronti degli Stati successori dell'Unione Sovietica, quasi in una
riedizione della dottrina della "sovranità limitata" inaugurata da Breznev nel 1968,
giustificato dalla numerosa presenza russofona nell'area.
Tuttavia, la Russia di Putin ha sempre avuto il ruolo di primo baluardo contro l'espansione
dell'islamismo ed entrò a pieno titolo nella grande "Coalition of the willing" contro il
terrorismo, formatasi dopo l'11 settembre 2001