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CAPITOLO II
Paura e scenari da incubo
Rifuggendo dai consueti ambienti insoliti o truculenti che richiamano gli schemi tradizionali,
Hitchcock situa i complicati intrighi in ambienti quotidiani e domestici, tra gente banale e prosaica,
che improvvisamente vede stravolgere la propria esistenza dal brivido di uno straordinario
imprevisto.
Questa caratteristica dona ai suoi film un sapore documentaristico e la forza dell’autenticità oltre ad
un costante uso dell’ironia che serve a sciogliere la tensione creata dalla suspense tipica dei suoi
film.
Ovviamente la suspense non è un espediente inventato o utilizzato solamente da Hitchcock, ma sarà
lui ha dimostrare di essere un abilissimo macchinatore nel suo utilizzo, giocando con i nervi e con il
masochismo degli spettatori.
Sin dalle origini le sue narrazioni procedono tenendo implacabilmente celato un elemento
importante dell’intrigo, fino fargli acquisire un interesse spasmodico.
Su questo particolare ad esempio, il regista, ha proposto l’espediente grafico dell’ uomo seduto su
una poltrona dietro la quale è nascosto una bomba ad orologeria, noi sappiamo che scoppierà ma
non sappiamo quando.
Dotato di uno stile brillante che si manifesta con una cura meticolosa per l’effetto, il regista
dimostrerà la sua prestigiosa abilità con la prima versione dell’Uomo che Sapeva Troppo (1934), per
poi realizzare una nuova versione dello stesso soggetto ad Hollywood nel 1956, Il Club dei 39
(1935) e The Lady Vanishes (1938), penultimo film inglese del regista e uno dei migliori della sua
prima tappa, fu girato interamente in studio, con l’uso di modellini e l’intera ricostruzione di un
vagone ferroviario.
Con i suoi diabolici intrighi Hitchcock dà un notevole sviluppo all’ulteriore evoluzione della
narrativa poliziesca, aggiungendo al genere nuovi ingredienti di carattere psicologico, sociale e
morale al genere.
La presenza di paesaggi onirici quasi da incubo è una costante dei suoi film, oltre a rappresentare
l’individuo a metà tra sogno e realtà, conscio e inconscio, in una sorta di delirio tra normalità e
follia, morale e istinto, come se il mondo fosse realmente popolati da essere umani guidati da
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comportamenti istintivi, da Eros e Thanatos, dalla libido e dall’istinto di morte, riportando sullo
schermo le teorie di un grande psicanalista come Sigmund Freud di pensiero affine.
I film di Hitchcock rappresentano proprio questo, guardando un suo film si ha l’impressione di
assistere ad una seduta di psicanalisi, i suoi personaggi sono sempre soggetti a qualche nevrosi che
inevitabilmente nel corso del film si acuisce ulteriormente, è uno studio della mente e delle sue
varie reazioni in base a quello che la natura matrigna o il fato beffardo decide di offrire durante la
vita, non manca la morale religiosa che spesso aiuta il personaggio ad espiare in un modo o
nell’altro i propri peccati, insomma un filosofo dell’infelicità.
Anche quando il genere cambia come Intrigo internazionale (1959), rimane la dimensione onirica
perché serve a mantenere la presenza di un simbolico occhio esterno che scruta e analizza i percorsi
della natura umana.
Nel film Cary Grant, uno dei grandi interpreti di Hitchcock, viene casualmente scambiato per un
agente segreto che si scoprirà essere inesistente.
Sempre attraverso una visione onirica, che propone un angosciante incubo, quest’ultimo alla ricerca
della propria identità affronterà durissime e pericolose prove.
Come il tema della vertigine che ritroviamo in vari film come I Sabotatori (1942), La Donna che
Visse Due Volte (1958), Intrigo internazionale(1959), Psyco (1960).
Rimane difficile comunque prenderlo sul serio, perché lui stesso no lo fa mai, come si vedrà nella
tappa americana, dove ironizzerà su se stesso, sulle sue opere e sulla portata e sul significato dello
stesso cinema.
8 CAPITOLO III
La Grande Abilità Tecnica
A metà degli anni 50 Hitchcock comincia a spaziare a sperimentare con entusiasmo i nuovi stili, le
innovazioni, e le nuove soluzioni narrative, anche se già si era avvalso di alcune innovazioni come
(ricordando il periodo inglese) nel film Murder (1930)dove utilizza per la prima volta nella storia
del cinema, contemporaneamente all’ Age d’Or (1930), di Luis Bunuel, la voce off per rappresentare
il monologo interiore di un personaggio.
Murder è un film intrigante, questa volta con finale a sorpresa, cioè con “colpo di scena”, è un altro
omaggio al mondo dello spettacolo.
Un attrice del circo, viene scoperta accanto al cadavere di una collega, e quindi viene additata come
colpevole e condannata a morte, l’uomo che si è innamorato di lei, decide di indagare sul caso e di
proseguire le indagini, fino a quando riuscirà a scoprire il vero colpevole che è il trapezista
omosessuale del circo ricattato dalla vittima, che era a conoscenza del suo segreto.
Il trapezista, ormai smascherato, si getta dal trapezio impiccandosi con un nodo scorsoio.
Il fil termina con la discesa del sipario su una rappresentazione teatrale, come se tutto non fosse
stato altro che una commedia, una finzione dentro la finzione del film.
L’arguta ironia del regista si manifesta anche nel tratteggiare il carattere dell’imperturbabile
detective, e persino nella prima scena, che è peraltro la più espressionista dell’intero film, si
manifesta con vari rumori nel buio (pipistrelli e gatti), le luci che si accendono, il vociare confuso, e
in primo piano l’arma del delitto.
Il lavoro di Hitchcock copre quasi 50 anni di storia del cinema, i suoi lavori affrontano sempre le
medesime tematiche ma con assoluta originalità.
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Le sue innovazioni inoltre si presentano in un altro film come Delitto perfetto (1954), girato in tre
dimensioni o come in l’Uomo che Sapeva Troppo (1956), dove ripropone se stesso a colori, oltre a
mostrare una cura meticolosa per i personaggi e alla loro intima psicologia, per la messa in scena e
il formato, e per le varie forme di racconto, inoltre lo stile classico viene spesso riutilizzato, ma non
rivisitato in maniera banale, ma con grandi scelte creative.
Nei tipici movimenti di macchina che muovono dal piccolo al grande dettaglio, dal generale al
particolare come avviene nella celebre sequenza di Giovane e Innocente (1973).
Il film si presenta come un thriller, ma è in realtà si tratta di una commedia sofisticata, la vicenda
“giallo-rosa” si snoda attraverso una serie di gag irriverenti, dove la scoperta dell’assassino avviene
tramite un tic nervoso agli occhi, con un campo totale che partendo dall’alto arriva al dettaglio degli
occhi dell’uomo.
Fino a giungere alla sfida di Nodo alla gola (1948), interamente girato in piano-sequenza.
Il film è tratto da un dramma di Patrick Hamilton del 1928, segnò l’apice del virtuosismo tecnico di
Hitchcock, che girò l’intero film dentro una stanza in un unico ambiente, rispettando il tempo
dell’azione, fu anche il primo film a colori del regista.
Anche la trama era un esagerazione dai contorni torbidi: due giovani studenti omosessuali,
ispirandosi alle lezioni di un loro docente, uccidono senza alcun motivo un loro amico,
nascondendo il cadavere in casa, il film è indirettamente un altro studio dell’angoscia
metropolitana.
Negli anni 1930-40 si assiste a un grande periodo di stasi per la sperimentazione, dovuto al largo
uso del montaggio classico Hollywoodiano, che fu considerato per un lungo periodo un punto fermo
non solo per il cinema americano ma anche per le cinematografie i tutto il mondo che lo
considerano un modello da imitare, proprio per la sua capacità di donare una visione lineare e
trasparente determinata dall’unione tra il montaggio e il decoupage.
Anche se due grandi registi di Hollywood come Orson Welles e appunto Alfred Hitchcock, tra gli
anni 1930-40 apportano considerevoli modifiche disprezzando la trasparenza.
Proprio in questi anni si assiste a svariati usi del piano-sequenza dalla quale deriva una nuova e
lunga inquadrature in movimento che Hitchcock userà molto proprio per enfatizzare le atmosfere
oniriche e la suspense, dimostrando di essere un grande innovatore, proprio perché questa tecnica
consentiva il passaggio da un inquadratura all’altra senza la presenza di sgradevoli stacchi, ed
evitando le forbici del montatore.
Il regista, accetta la prima sfida con Nodo alla Gola (1948), ma sopraggiunsero notevoli problemi
tecnici che non gli permisero di sfruttare al meglio le sue capacità, problemi dovuti anche all’uso
dell’ingombrante cinepresa Tecnicolor che aveva solo undici minuti di autonomia, per ovviare a
queste a questo inconveniente l’azione del film fu divisa in undici inquadrature.
Per nascondere gli stacchi dovuti al cambio delle bobine Hitchcock pensò di utilizzare un raccordo
che per un breve istante sfocava sulla schiena di un personaggio, invadendo la scena, ma alla lunga
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anche questo espediente mostrò le sue carenze tecniche, quindi venne usato un semplice campo-
controcampo.
Il risultato finale mostra che i raccordi non sono poi così invisibili, anzi sono proprio resi visibili da
quell’insolito mascheramento di scena che in realtà doveva celarli, mentre il campo-controcampo
risulta perfetto.
Hitchcock trasse insegnamento da questa esperienza, e ritornò all’uso del decoupage-montaggio
classico di cui era un maestro.
Infatti le sue opere pullulano di sequenze brillanti, che testimoniano la sua maestria nello sfruttare
caparbiamente il decoupage e il montaggio.
Come avviene per esempio nelle celebre scena dell’attacco aereo in Intrigo Internazionale (1959), o
il già citato omicidio di Marion in Psicho (1960), o nel celebre ma egualmente studiato nei
particolari l’Altro Uomo (Strangers on a Train, 1951) la trama si concentra su un patto omicida
contratto da due uomini in treno, l’uno ucciderà la moglie dell’altro, per consentirgli di sposare
un'altra donna, l’altro dovrà ucciderà il padre per consentirgli di ereditare il patrimonio familiare,
entrambi sono insospettabili per il delitto che devono commettere.
L’idea è del cinico playboy disposto a tutto, che ha dovuto sottostare troppo a lungo al regime
tirannico che vige in casa sua e che si insinua come un demone malefico l’idea nel cervello nel
compagno di viaggio appena conosciuto, l’altro assassino appunto che si dimostra più riluttante, è
un architetto serio ed onesto, invaghito di una brillante collega, ma a cui la moglie infedele non
vuole concedere il divorzio, il film insomma è un apologo inquietante sulla morale borghese.
La sequenza importante all’interno di questo film si trova all’inizio, qua