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La chiesa ha svolto un ruolo molto importante nella caduta del socialismo reale. Dapprima solo tollerata da
uno Stato ufficialmente “ateo”, ha continuato la sua missione pastorale sino a diventare il punto di
riferimento dell’opposizione. La chiesa formalmente non ha mai infranto le regole, ma ha fornito un
supporto organizzativo e logistico ai movimenti pacifisti e all’opposizione politica. E il governo, di fronte al
diritto alla libertà di culto, sancita dai trattati internazionali, non ha potuto procedere contro la chiesa.
Questi movimenti di opposizione furono fondati da quello sparuto gruppo di persone che non si era
rassegnato e che non era emigrato ad ovest né si era rinchiuso nell’indifferenza del “privato” come la
maggior parte della popolazione.
Nel novembre del 1984 la repressione raggiunse anche la DEFA.
La legge della DDR prevedeva che qualsiasi pubblicazione fosse preventivamente approvata dalla
commissione ministeriale. Quindi chiunque poteva essere arrestato per pubblicazioni “non consentite”.
Anche i rapporti con i cittadini stranieri potevano essere interpretati come “trasmissioni di informazioni a
danno dello Stato”.
Nel 1986 la società di distribuzione cinematografica ricevette l’ordine di distruggere tutte le copie dei film
interpretati dagli attori passati a ovest: Manfred Krug, Armin Muller-Stahl, Renate KroBner, Nina Hagen.
Copie di questi film sono rimaste, per fortuna, negli archivi DEFA. Nel 1987 vennero proiettati nell’archivio
di Stato Berlin um die Ecke, girato da Gerhard Klein e Wolfgang Kohlhaase, uno dei film vietati nel 1965, e
Die Russen kommen di Heiner Karow, che era stato vietato nel 1968. Queste timide aperture dimostrano un
certo disorientamento nella strategia politica, dovuto al fatto che il gruppo dirigente era diviso tra i
sostenitori della linea “dura” e coloro che erano favorevoli alla perestrojka della linea sovietica.
Alla fine di gennaio del 1988 uscì il film di Lothar Warnecke Einer trage des anderen Last che è l’allegoria
del rapporto tra Stato e Chiesa nella Repubblica Democratica Tedesca. All’inizio degli anni Cinquanta, nella
stessa stanza di una clinica per malattie polmonari sono ricoverati un ufficiale della polizia e un vicario, che
studia teologia per divenire pastore protestante. La convivenza è difficile. Il carattere allegorico del film è
anche rivelato dai nomi dei personaggi: l’ufficiale di polizia si chiama Heiliger (santo), il pastore Koschez
(coscienza). Dopo liti furibonde con tentativi di mediazione dell’infermiera-capo, i due giungono a una
forma di collaborazione e alla fine il pastore cede la medicina, che ha ricevuto dall’ovest, al compagno di
stanza che guarisce e può uscire dalla clinica. Il film è girato in modo tradizionale, con aspetti paradossali e
un finale buonista. Ma ha posto l’accento, sia pure in modo metaforico, sul rapporto tra Stato e Chiesa
all’interno della Repubblica Democratica Tedesca.
Tra le curiosità va citato il fatto che il regista Lothar Warnecke aveva studiato teologia e lo sceneggiatore
Wolfgang Held era stato commissario di polizia.
La Chiesa ha offerto accoglienza e spazio ai gruppi di disadattati ed emarginati, dai punk ai perseguitati
dalla polizia per motivi politici. In chiesa si svolgevano anche concerti rock e letture di opere proibite dalla
censura, veglie di protesta, manifestazioni per i diritti civili. Le chiese offrivano uno spazio pubblico
all’opposizione politica.
La chiesa evangelica aveva compiuto la scelta di operare “dentro il socialismo” e per questo lanciò ripetuti
appelli ai cittadini a non abbandonare la DDR, ma nel contempo trattava con il governo per una
regolamentazione dei visti di uscita, sull’introduzione di norme più umane e democratiche, sull’adozione
della politica della “trasparenza” predicata da Gorbaciov.
Il movimento di protesta popolare cominciò ad esprimere raggruppamenti politici: il Neues Forum, il
Demokratischer Aufbruch, Demokratie jetzt, e molti altri. Tutti questi raggruppamenti organizzarono
dimostrazioni per la democrazia, parafrasando uno slogan molto usato dalla propaganda della SED per cui
allo slogan “Alles fur das Wohl des Volks” (tutto per il bene del popolo) il movimento democratico rispose
“Wir sind das Volk” (noi siamo il popolo). Le manifestazioni di massa portarono il 18 ottobre alle dimissioni
di Honecker, che fu sostituito da Krenz.
La sera del 9 novembre, durante una conferenza stampa, il portavoce del governo annunciò ai giornalisti la
decisione di aprire le frontiere. Alla domanda di un giornalista italiano: “A partire da quando?”, il
funzionario di governo, un po’ sorpreso e spaesato, rispose: “Per quel che mi riguarda, da subito”. Il
governo, in realtà, non aveva stabilito un regolamento applicativo di questo suo proposito. La gente,
soprattutto a Berlino, si riversò nelle strade e si recò nei punti di passaggio del muro. I poliziotti di frontiera,
che non avevano ricevuto ordini in proposito, non sapevano che fare. Trascorsero alcune ore si confusione,
la gente cominciava a salire sul muro finché il governo decise di aprire le frontiere e centinaia di migliaia di
persone passarono a Berlino ovest.
Il muro fu materialmente smantellato nelle settimane successive e milioni di tedeschi dell’est andarono a
visitare la Germania ovest. Nei mesi successivi si aprì un processo di democratizzazione e un lungo e
faticoso dibattito sulla forma politica che avrebbe dovuto assumere la DDR. L’entusiasmo della popolazione
per l’apertura delle frontiere portò al processo di unificazione. Lo slogan delle manifestazioni dell’autunno
del 1989, “Wir sind das Volk”, si trasformò nelle manifestazioni politiche ed elettorali del 1990 in “Wir sind
ein Volk”.
Il cancelliere Kohl seppe approfittare del collasso economico della DDR, delle difficoltà politiche dell’Unione
Sovietica, disposta ad accettare l’unificazione tedesca in cambio di aiuti economici, e seppe anche superare
le diffidenze degli alleati occidentali che temevano la forza industriale e politica di una Germania unita. Kohl
presentò l’unificazione tedesca come un primo passo verso l’unificazione europea e questa fu la chiave per
dissipare le diffidenze dei governi occidentali.
Al di là della festa popolare di quella notte, l’apertura delle frontiere tra le due Germanie assunse il
significato simbolico della fine della guerra fredda e di una svolta epocale. Il crollo del muro di Berlino
ancora oggi viene usato come allegoria per indicare la fine del comunismo reale. L’unificazione della
Germania ha dato il via al lungo processo che ha portato all’integrazione reale e all’introduzione della
moneta unica. Il fallimento del socialismo reale ha provocato lo sgretolamento del blocco sovietico e la
dissoluzione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, ridisegnando l’equilibrio politico
internazionale. Berlino e il muro sono entrati nell’immaginario collettivo per simboleggiare il cambiamento,
la censura tra il passato e il presente.
Gli ultimi anni della produzione DEFA sono particolarmente significativi perché i film progettati e realizzati
poco prima della svolta o subito dopo, nell’anno di interregno e nel primo anno della unificazione (1989-
1991) hanno raggiunto livelli notevoli in quanto le capacità professionali degli autori e delle maestranze si
sono espressi senza più le pastoie della censura e allora è emerso tanto il quotidiano che l’immaginario
collettivo della Repubblica Democratica Tedesca.
Die Architekten, del regista Peter Kahane, è considerato il film che rappresenta meglio la crisi di identità, il
fallimento dell’utopia e lo spaesamento di chi comprende di vivere tra due epoche storiche. Il film è stato
girato, dice, “zwischen den Zeiten”, tra le due epoche.
Il copione del film Die Architekten è stato scritto da Thomas Knauf e si basa su un suo racconto del 1987,
Zehn kleine Neger, la triste storia della decadenza di dieci architetti operanti nella DDR.
La trama del film è abbastanza semplice, ma si fa carico di significati allegorici che vanno al di là della storia
personale di Daniel Brenner e rappresenta il crollo totale di qualsiasi utopia politica, sociale, interpersonale
di costruire un paradiso in terra e un “uomo nuovo”.
Daniel Brenner, un architetto molto dotato che ha ideato grandi progetti, ma, alla soglia dei 40 anni, non ne
ha realizzato nessuno, viene incaricato di costruire un grande complesso residenziale con annesso un
centro culturale. Brenner chiama nel suo staff tutti gli amici dell’università che nel frattempo si sono
dispersi e che, come lui, sono più o meno stati vittima della dura realtà del sistema. Elaborano il progetto di
un nuovo quartiere a misura d’uomo, con la mensa, i giardini, i parcheggi, il supermercato, l’asilo-nido,
l’auditorium e tutti gli altri spazi di socializzazione. Progettano persino di utilizzare dei materiali ecologici,
più costosi, ma alla lunga in grado di garantire un risparmio energetico. I funzionari di partito eliminano dal
progetto tutti gli elementi superflui: i nuovi materiali perché troppo costosi, il teatro perché inutile, le
sculture perché negative. E’ fin troppo facile leggere nella trama del film la parabola della storia della
Repubblica Democratica Tedesca: un’utopia fatta di buone intenzioni che si è tradotta in uno stato-
prigione.
Il film affronta il mito di fondazione della DDR. L’inno nazionale iniziava con le parole: “Auferstanden aus
Ruinen”, risorti dalle rovine, che mitizzava la ricostruzione del paese dalle macerie della guerra.
La parola d’ordine più usata era “Aufbau des Sozialismus”, edificazione del socialismo. La costruzione, il
cantiere, la progettazione architettonica facevano parte integrante del mito di fondazione della DDR.
Oggi può sembrare singolare che quel gruppo di architetti avesse dei progetti così ambizioni all’interno
della DDR pochi mesi prima del crollo. Ma allora non era poi così chiara la piega che avrebbero preso gli
avvenimenti. Tutti si auguravano un cambiamento radicale, ma nessuno poteva prevedere in che direzione
questo cambiamento si sarebbe sviluppato e nemmeno quando sarebbe accaduto. Molti raccontano che
anche quando il confine fu aperto il 9 novembre, numerosi cittadini continuarono a fuggire a ovest perché
temevano che sarebbe stato richiuso entro breve tempo.
Il fallimento degli architetti e del loro progetto innovativo è l’allegoria del fallimento del progetto del
socialismo reale.
Il film è stato superato dagli eventi: quando è uscito nelle sale il muro era crollato e tutto il mondo degli
- Risolvere un problema di matematica
- Riassumere un testo
- Tradurre una frase
- E molto altro ancora...
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