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INDICATORI DI FREQUENZA:
1)MORBILITà: numero di giorni lavorativi persi per malattia sul numero totale delle
giornate lavorative. (è una proporzione).
2)MORBOSITà: indica la frequenza di una malattia in una popolazione. Si esprime
facendo riferimento a due misure: la PREVALENZA e lʼINCIDENZA. La prevalenza può
essere di due tipi: puntuale o periodale. La prevalenza puntuale indica il numero di casi di
malattia (vecchi e nuovi) in un dato istante. La prevalenza periodale indica invece il
numero di casi di malattia (vecchi e nuovi) in un intervallo di tempo.
La prevalenza può essere ricavata dal prodotto tra lʼincidenza e la durata della malattia.
Lʼincidenza può essere di due tipi: cumulativa o persona/tempo. Lʼincidenza cumulativa
indica il numero di nuovi casi di malattia in un dato periodo e si ricava facendo la divisione
tra il numero di nuovi casi di malattia e la popolazione a rischio di ammalare. Lʼincidenza
persona/tempo indica il la velocità di incidenza della malattia (è un tasso); e si ricava
dividendo al numero di nuovi casi di malattia in un periodo di tempo, la somma dei periodi
di esposizione.
La differenza tra prevalenza e incidenza è che: lʼincidenza non dipende dalla durata della
malattia e indica la probabilità di sviluppare la malattia in un periodo di tempo; invece la
prevalenza dipende dalla durata della malattia e indica la probabilità di avere la malattia.
La prevalenza inoltre può aumentare se: -aumenta la durata della malattia; -aumenta
lʼincidenza; -si verifica una immigrazione di casi di malattia o emigrazione di persone sane;
-si verifica un miglioramento delle capacità diagnostiche.
3)LETALITà: numero di pazienti morti di una determinata malattia diviso il numero di casi
diagnosticati della stessa malattia. Permette di conoscere la percentuale delle persone
morte per una determinata patologia.
4)SOPRAVVIVENZA: rapporto tra numero di pazienti sopravvissuti dopo un tot di anni
dalla diagnosi e il numero di casi diagnosticati della stessa malattia.
5)MORTALITà: è una proporzione e si può distinguere in: mortalità generale (numero di
morti in un dato periodo diviso popolazione media nel periodo) e mortalità specifica che
può essere calcolata distintamente per sesso, età o malattia. Tra i quozienti di mortalità
specifici ricordiamo la mortalità infantile. La mortalità infantile è un importante indicatore
delle condizioni igineico-sanitarie e socio-economiche di un paese. Per mortalità infantile
si indica il rapporto tra il numero di neonati morti nel primo anno di vita e il numero di
bambini nati vivi nello stesso anno. Nellʼambito della mortalità infantile si distinguono i
seguenti indicatori: 1) mortalità neonatale: comprende le morti entro le prime 4 settimane
di vita e suddivisa in mortalità neonatale precoce (entro la prima settimana di vita
postnatale), e mortalità neonatale tardiva (comprende le morti nella seconda, terza e
quarta settimana); 2) mortalità postnatale: comprende le morti dopo la quarta settimana ed
entro un anno di vita; 3) mortalità perinatale: comprende le morti dalla 28esima settimna di
gestazione alla prima di vita postuterina; 4) mortalità natimortalità: comprende le morte
dalla 28esima settimana alla 36esima settimana di gestazione.
DATI EPIDEMIOLOGICI:
-possono essere:
1) GREZZI: quando non tengono conto delle specifiche caratteristiche della popolazione
(es. età, sesso,..)
2) SPECIFICI: quando si riferiscono a uno specifico sottogruppo della popolazione o a una
causa di morte.
Inoltre i dati possono essere già raccolti e facenti parte di statistiche ISTAT, presenti in
registri di ufficio anagrafe camunale, in documentazione ospedaliera (le cartelle mediche),
registri di patologia o registri di denuncia di malattie infettive.
Altri dati possono non essere subito disponibili e per questo devono essere raccolti al
momento dello studio mediante questionari, misurazioni ambientali, esami fisici.
STUDI EPIDEMIOLOGICI:
Si distinguono in OSSERVAZIONALI e SPERIMENTALI.
1) gli studi osservazionali sono studi della popolazione così come essa si presenta e gli
eventi che vi accadono naturalmente e possono essere ulteriormente distinti in: studi
descrittivi e studi analitici. Tra gli studi descrittivi ricordiamo i case report, analisi
statistiche correnti e studi di prevalenza (o trasversali). Tra gli studi analitici invece
annoveriamo gli studi a coorte (o prospettivi) e studi caso-controllo (o retrospettivi).
2) gli studi sperimentali esaminano gli effetti di modificazioni indotte nella popolazione e
nellʼambiente con introduzione di nuove terapie, misure preventive e realizzazione di
opere di bonifica ambientale. In questo caso il ricercatore modifica uno o più fattori di
rischio e registra il comportamento della malattia nel gruppo sperimentale e di controllo.
Questi studi sono usati per verificare lʼefficacia di interventi preventivi e terapeutici.
CASE REPORT: consistono in descrizioni di casi clinici;
ANALISI STATISTICHE CORRENTI: permettono di illustrare la distribuzione della malattia
in relazione al tempo, area geografica e caratteristiche della popolazione come età, sesso,
razza e permettono di confrontare la frequenza della malattia in sottogruppi della stessa
popolazione.
STUDI TRASVERSALI o DI PREVALENZA: descrivono la prevalenza di un fenomeno
(malattia, esposizione a fattore di rischio, ...). Possono essere considerati come foto
istantanee del gruppo di persone esaminate. permette di effettuare un censimento delle
persone affette da una malattia e di rilevare possibili fattori di rischio. Sono usati per
quantificare lʼentità di un fenomeno prima di impostare studi più impegnativi, costosi e di
maggiore durata. Sebbene sia classificato come studio descrittivo, non utilizza dati già
reperiti ma ricorre a rilevamenti diretti su un campione della popolazione.
STUDI LONGITUDINALI o A COORTE: sono studi di tipo analitico in cui i dati sono raccolti
al momento dello studio. Sono usati per valutare lʼassociazione tra fattori di rischio e la
malattia confrontando lʼincidenza della malattia in gruppi esposti e non esposti al fattore
considerato nocivo. La scelta dela coorte (gruppo di soggetti che hanno in comune una o
più caratteristiche) va effettuata in rapporto allʼipotesi che si vuole verificare (può essere
formata dallʼintera popolazione o gruppi professionali). Nella coorte si opera una
suddivisione in un gruppo di soggetti esposti e un gruppo di soggetti non esposti al fattore
indagato e si registra lʼincidenza della malattia negli esposti e nei non esposti costruendo
una tabella di contingenza.
Negli studi longitudinali si calcola il rischio relativo ovvero la probabilità che un soggetto
esposto a un determinato fattore ha di contrarre la malatti, dividendo l'incidenza di malattia
negli esposti per l'incidenza di malattia nei non esposti. Il rischio relativo può assumere 3
diversi valori:
RR= 1 , vuol dire che non c'è associazione tra l'esposizione al fattore e lo sviluppo della
malattia.
RR>1, vuol dire che il fattore è implicato nella comparsa della malattia.
RR<1, vuol dire che il fattore è protettivo e auindo ostacola la comparsa della malattia.