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TERZO ATTO
- Prima scena: viene descritta la fobia di Oreste, qualsiasi cosa Pilade
cerchi di dirgli lo respinge. Pilade ha raccontato un’altra storia a Ifigenia.
Le ha raccontato che lui e Oreste erano fratelli, che venivano da Creta;
Oreste ha ucciso il terzo fratello, per questo è perseguitato dalle furie ed
è stato inviato al santuario per purificarsi. Ifigenie è profondamente
turbata per la questione del padre. Per Ifigenia è impossibile scoprire la
verità, che verrà rivelata da Oreste stesso. Per la prima volta Ifigenie
dubita della bontà degli dei.
La tecnica della botta e risposta (pag.69) si chiama STIPONIMIA.
La situazione è capovolta rispetto a Euripide. Oreste si batte per
conoscere. È una scena complessa. Oreste alla fine della scena cade in
deliquio.
- Seconda scena: quando Oreste si risveglia crede di essere morto,
incontra tutti i suoi antenati. Quello che vede è influenzato da Ifigenie.
L’animo di Oreste è sulla via della guarigione. Poi c’è Ifigenia che
pronuncia la sua preghiera.
- Terza scena: siamo al riconoscimento, dalle parole di Oreste sappiamo
che le furie si stanno allontanando.
QUARTO ATTO
- Prima scena: bisogna trovare il modo di lasciare la Tauride. Ci sarà la
storia della statua; Pilade suggerisce il modo per sottrarre la statua;
Ifigenie è indecisa sulla modalità consigliata da Pilade, Goethe pone
l’accento sul problema morale che è l’elemento che lo distingue: Ifigenie
non vuole mentire (pag.95 “non ho mai imparato a fingere..”). la colpa,
ritornando alle decisioni prese, sarebbe da attribuire a Ifigenia che ha
rifiutato il matrimonio con Toante. Fuggendo via rischia di sottrarsi alla
carica di responsabilità, se ora pensasse solo alla sua salvezza
aggraverebbe una situazione già alquanto drammatica nella Tauride.
Toante diventerebbe ancora più cattivo. L’intento religioso, la fedeltà alla
religione verrebbe meno a Ifigenia.
- Seconda scena: Arcade arriva per annunciare le intenzioni del re,
infuriato perché Ifigenie non ha ancora eseguito i sacrifici.
- Terza scena: uno dei monologhi di Ifigenia.
- Quarta scena: Pilade cerca di comunicare a Ifigenia la sua filosofia. La
morale è sì importante, ma la vita in sostanza è troppo complessa per
scegliere sempre la virtù, per scegliere sempre quella che sembra la
strada migliore. Si mostra comprensivo nei confronti del problema morale
che si pone Ifigenia, ma purtroppo a volte la vita impone delle scelte
difficili, drammatiche. In situazioni di pericolo bisogna usare l’astuzia e
l’inganno. In questa scena si trova proprio il problema morale di Ifigenia,
che prova a cambiare idea.
- Quinta scena: Ifigenia non si rassegna a compiere queste azioni in
particolare perché rivolte a una persona amica, lei vede Toante come
persona amica che l’ha salvata; non vuole fuggire in questo modo. Quello
che turba Ifigenia è che sono gli dei a richiedere un’azione ingiunta. A
questo si unisce anche una crisi spirituale, quello in cui Ifigenia ha
sempre creduto crolla.
QUINTO ATTO
- Prima scena: Pilade si dà da fare per preparare la fuga; viene scoperto;
Arcade avverte il re;
- Seconda scena: monologo di Toante. Si dà delle colpe, ha capito tutto.
- Terza scena: Toante chiama Ifigenia per avere delle spiegazioni e l’accusa
di ingratitudine. Pag.127 “io non ho che le parole”, l’arma di Ifigenia è la
parola. Importante qui è che Ifigenia dice tutta la verità sperando di poter
rispolverare la promessa che il re le aveva fatto. (pag.131) qui Ifigenia
riferisce a Toante che Apollo avrebbe mandato Oreste e Pilade nella
Tauride con l’ordine di sottrarre l’immagine di Diana e di portare con lui la
sorella; si tratta di due compiti diversi, ma sovrapponibili e identificabili
l’uno con l’altro. Ifigenia stessa è la dea. Va precisato che Ifigenia in
origine era uno degli appellativi della dea Artemide, in particolare
dell’Artemide che protegge e assiste le partorienti. L’etimologia di
Ifigenia è: forte nella nascita. Goethe in caso di identificazione non
inventa nulla, ma attinge semplicemente a basi ideologiche. Ifigenia
viene detta simile a dea, si dice che discenda dalla stirpe delle Amazzoni,
anche ninfa viene chiamata. In Euripide ci si rivolge a lei semplicemente
con il suo nome. Euripide distingue sempre molto chiaramente tra il
compito di condurre in Grecia la statua di Artemide e quello di fare lo
stesso con Ifigenia come persona. In Goethe invece vige l’ambiguità
sopra descritta. Ifigenia libera come Artemide, ma anche come uomo (lei
dice “sono nata libera come un uomo”).
- Quarta scena: arriva Oreste. Ifigenia riesce a frapporsi tra Toante e
Oreste, la soluzione sarebbe un duello. Toante vuole mostrare che Ifigenia
è stata ingannata, che Oreste non è il fratello. Goethe, però, escogita una
soluzione molto umana; l’oracolo di Delfi ha detto a Oreste di portare
indietro la sorella, in questo caso interpretato come sorella della dea,
ovvero Diana. L’oracolo aveva promesso il ritorno di Ifigenie, lei è essere
umano, ma anche dea. La divinità con Goethe si manifesta con l’essere
umano. Questo è il primo dramma di Goethe ad alludere direttamente a
una possibile identificazione tra la dea Artemide e la sacerdotessa
Ifigenia. Per due volte Goethe usa il termine “Schwester”. Il compito di
Oreste è di portare la sorella ad Apollo (pag.51). Questa tecnica di
Goethe si basa sull’aspetto psicologico, dramma di intrighi.
- Scena quinta-sesta: questa restituzione viene richiesta al re e alla fine
Toante si convince.
Ifigenia è al centro di tutto. Si rapporta solo con elementi maschili. Oreste
e Pilade sono un in un rapporto parallelo di amicizia. Tra Oreste e Toante
c’è un rapporto di opposizione. Toante e Arcade rapporto parallelo, di
sudditanza, tra re e suddito così come Pilade e Arcade. Ifigenia con tutti
ha rapporti di opposizione e parallelismo. Con Oreste, inizialmente
Ifigenia deve sacrificare Oreste, ma sono anche fratelli e quindi lui viene
salvato da lei. Anche tra Ifigenia e Pilade c’è opposizione, rappresentano
l’astuzia (Pilade) e la verità (Ifigenia), nel parallelismo hanno la patria,
anche attraverso la figura di Oreste. Tra Ifigenia e Arcade c’è un rapporto
di opposizione lei per il parlare lui per il piacere, il parallelismo avviene
attraverso la figura di Toante che è l’altro a cui si rapporta: l’opposizione
è data dalla voglia di emancipazione di Ifigenia contro la visione
patriarcale di Toante; anche l’umanità di Ifigenia contro la richiesta di
sacrifici di sangue di Toante. C’è poi un parallelismo tra Ifigenia e Toante,
c’è un collegamento di amicizia tra i due; c’è la salvezza che passa
attraverso la figura di Toante; c’è poi il progresso delle vicende e della
società che passa attraverso la figura di Ifigenia. Goethe vuole mettere al
centro della situazione Ifigenia.
Una cosa che forse potrebbe deludere di quest’opera è come ne escano
gli dèi. L’uomo potrebbe vivere senza dèi in teoria, ma è possibile vivere
senza dèi? Goethe vuole dimostrare una cosa, un insegnamento che
viene da Charlotte von Stein, ovvero lui capisce che l’uomo se aspira ad
innalzarsi deve rinunciare all’amore. Anche Ifigenia alla fine ha rinunciato
all’amore. Goethe dice che è strano perdonare gli dèi che alla fine si
prendono gioco di noi. Si ha l’impressione che Goethe sia in una sfiducia
totale. Frau von Stein lo aiuta a superare questo momento. Goethe scrive
a Kessner che solo gli dei sanno quello che vogliono, e questa è anche la
filosofia di Ifigenia. Gli dei soltanto sanno quello che vogliono veramente,
si compia la loro volontà; a noi non resta che dire la verità e portarla
avanti. Portando avanti la verità si va forse incontro a quel disegno
divino, la menzogna può essere un ostacolo alla volontà divina. Charlotte
von Stein lo aveva anche convinto della possibilità di vivere un livello di
vita superiore restando umili. Goethe si proietta nel personaggio di
Oreste, in quanto spirito inquieto che non riesce a trovare risposta alla
domanda sugli dei che giocano sulla nostra essenza, successivamente si
quieta e trova una soluzione. Questa quiete arriva grazie a Ifigenia, che
diventa quindi simile a Charlotte von Stein con Goethe; intervengono
dunque le forza femminili che sono forze materne, vengono chiamate in
causa per ovviare alla potenza degli dei. Anche nella vita di Goethe è
tutto un parallelismo.
Altri particolari, c’è molto del pietismo. Dal pietismo l’Ifigenia di Goethe
trae l’esaltazione dell’ingenuità, dell’innocenza sono tipiche del pietismo
e in Ifigenia sono legate alla sfera dell’infanzia, proprio come venivano
collegate nel pietismo. Lo osserviamo nel momento in cui Ifigenia al
sentire da Oreste il racconto dell’assassinio di Clitennestra, commenta
che gli anni di servizio al re Agamennone e da sacerdotessa le fanno
sentire in modo più acuto il dolore per quello che ha fatto la sua stirpe
(pag.71-73) da questi versi di Ifigenia emerge il collegamento tra la
purezza degli dei così come sono visti da Ifigenia e l’innocenza del culto
che a loro tributa Ifigenia che è espressa dall’associazione con l’infanzia,
la purezza viene associata all’infanzia. Negli anni di prigionia Ifigenia ha
coltivato un culto interiore della divinità, come nel pietismo. Questa
eroina non è contaminata dal sangue delle vittime sacrificali, come nelle
versioni di Euripide e nemmeno cova odio verso i responsabili della sua
rovina (Agamennone, Menelao, Perseo). Nell’Ifigenia di Euripide Ifigenia
malediceva questi. Nella versione di Goethe non li nomina nemmeno, è
proprio purificata da questi limiti epici che si hanno nel personaggio di
Euripide. Conosce solo parole, pensieri di un’eticità autentica. Proprio nel
nome di questo senso etico arriva poi a denunciare la contraddizione
dell’agire divino. Questi dei così conformati sono ancora legati a una
dimensione epico-mitologica. Non sono umani come Ifigenia, non è più
collocata nella sfera epica-mitologica di Euripide; gli dei invece sono
rimasti alla versione di Euripide, hanno bisogno di una dimostrazione
d’amore per poter davvero modificare la loro natura; è il senso pietistico
del sacrificio. Soffrire perché poi arriva la ricompensa.
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