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Barbarossa concede agli studenti e agli insegnanti di Bologna (per la scuola delle arti,
cioè scuole delle cattedrali, o per l’università era necessario spostarsi e studiare in
luoghi diversi dalla propria città, dove queste scuole si trovavano. Oltretutto spesso gli
allievi seguivano i loro maestri in caso questi si spostassero. La legge prevede che gli
studenti o gli insegnanti di Bologna non possono essere condannati per delitti in altre
province e possono scegliere da chi farsi giudicare se coinvolti in qualche processo).
Il viaggio, insomma, non era da tutti e non era certo cosa da tutti i giorni. Però
suscitava grande attrazione. Quindi? Cosa succedeva? Succedeva che chi viaggiava
finiva per raccontare le proprie esperienze anche per la volontà di dare un’idea a chi
non poteva permettersi tali azioni coraggiose.
Nei racconti di viaggio troviamo dunque spesso la premura, nei prologhi, di garantire
la veridicità di ciò che viene raccontato dal momento che era possibile incontrare
culture e abitudini talmente diverse che potevano sembrare di fantasia. Un primo
esempio che abbiamo visto è nel prologo de Il Milione di Marco Polo, dove si marca
molto il fatto che le cose che vengono raccontate sono state viste con gli occhi e
toccate con mano direttamente dall’autore oppure raccontate a lui da persone di
fiducia incontrate sul cammino. La stessa premura a rimarcare la veridicità delle cose
la si vede anche nel prologo della Storia dei Mongoli di Giovanni di Pian del Carpine.
Questo avveniva anche perché, come possiamo capire dal racconto di Giovanni di Pian
del Carpine, sembrava esserci la tendenza ad ingigantire e modificare i racconti di
viaggio per renderli ancora più spettacolari… come un telefono senza fili che punta a
rendere sempre meglio la meraviglia. INFATTI i racconti di viaggio, una volta che
vengono “diffusi”, vengono evidentemente tramandati. Un esempio è che Salimbene
da Parma, riferisce la Lettera di Papa Innocenzo IV al Gran Kahn, quella lettera che era
stato Giovanni di Pian del Carpine, insieme a Benedetto di Polonia, a portare ai
mongoli. Questo dimostra che Salimbene fu curioso delle avventure di altri frati e ne
riscrisse.
Sembrerebbe che, una volta tornati da un viaggio, i viaggiatori venissero proprio
assaliti di domande. Addirittura Giovanni di Pian del Carpine sembrò tenere delle vere
e proprie conferenze in alcune tappe sul viaggio di ritorno verso Lione.
Della coscienza sui pericoli che potevano essere incontrati, leggiamo anche nella
Satira III di Ludovico Ariosto che, nella seconda metà del testo sostiene che sia meglio
evitare i viaggi dato i vari pericoli, per esempio parla dei pericoli in mare. Il viaggio
dunque, diventa anche per molti, una possibilità mentale! Molti autori nel Medioevo
inventano e scrivono di viaggi fantasiosi, preferendo immaginarli: Ariosto inventa il
viaggio di Orlando sulla Luna.
Ma, oltre a vederlo come un percorso pericoloso da intraprendere, il viaggio era visto
sotto un’altra ottica.
Infatti il viaggio è anche un po’ un’esperienza spirituale: visti gli elevati pericoli, viene
interpretato come una metafora della vita cristiana: si devono affrontare prove,
tentazioni e pericoli a cui si potrebbe soccombere.
La conferma che c’era consapevolezza sulla pericolosità dello spostamento è
dimostrata dalla presenza, lungo le vie, di organi di assistenza come gli Ospedali di
ponte, gli ospizi, i luoghi di ristoro o gli Xenodochi. ESEMPIO è la Via Francigena, di cui
parla Sigerico: la via non è romana, perché quelle erano cadute in disuso, è una delle
poche grandi vie medievali, una sorta di via di pellegrinaggio che conduceva
direttamente a Roma e si sviluppa già con Gregorio Magno quando il papato assume la
sua importanza; le era stato conferito un significato culturale di unione di popoli. La
via attraversa le Alpi e Sigerico indica 70 tappe da Canterbury a Roma. Qui, erano stati
istituiti ospizi e xenodochi nei cui pressi si ereggevano cappelle o aree di ricovero
intitolate a santi. Uguale alla via Francigena, anche se più breve era la Via Regina: da
Como a Gravellona, lungo il lago.
I centri postali dei romani, durante il medioevo, abbandonati così come le strade,
vengono riutilizzati come luoghi di ristoro o tappe comunque utili ai viaggiatori.
Esempio, sul limes del Reno, l’enorme area delle terme romane viene riutilizzata come
“luogo di passaggio” e vi si instaurano delle vere e proprie case che diventano villaggi.
Quali possono essere dunque le motivazioni che possono arrivare a far spostare un
uomo nel Medioevo? Dopotutto sappiamo che la mobilità era molta.
Il viaggio può avvenire per doveri lavorativi, infatti, si spostano più spesso di tutti gli
altri: i mercanti, gli ambasciatori, i nunzi… oppure per volontà spirituali di
pellegrinaggio o missioni di evangelizzazione.
Quali sono le fonti per noi?
- Itinerari di pellegrinaggio (itinerario burdigalense)
- Racconti di pellegrinaggio (peregrinatio Etheriae o diario di Sigerico)
- Racconti di esplorazioni, delle crociate, di avventurieri o di missioni/ambasciate
(San Brandano, Colombo, Marco Polo, Giovanni di Pian del Carpine o i frati
mendicanti)
- Memorie di viaggi personali (mercanti/studenti: Giacomo da Vitry)
- Guide per i mercanti
- Carte geografiche (portolani)
Itinerari di pellegrinaggio:
1. Itinerario Burdigalense: scrive le tappe del pellegrinaggio da Bordeaux a
Gerusalemme. Scrive solo i nomi delle tappe e la distanza in leghe.
Racconti di pellegrinaggio:
1. Peregrinatio Egeriae: diverso dall’itinerario burdigalense perché per ogni tappa
spiega in maniera discorsiva quello che si vede, a livello di paesaggi, proprio per
aiutare il pellegrino a ritrovarsi nei luoghi e spiega anche alcuni momenti
importanti a livello spirituale (es. quando vengono ospitati in un ospizio di
monaci nella montagna).
2. Diario di viaggio di Sigerico: monaco di Canterbury, viene eletto arcivescovo nel
990 e si dirige a Roma per ricevere il pallio. Usa la Via Francigena di cui indica
70 tappe.
Missioni:
Sono importanti i frati mendicanti: abbiamo notizie di loro tramite Giacomo da Vitry e
gli scritti di S. Francesco.
Giacomo da Vitry: XIII sec.; originario di Reims, studia a Parigi dove conosce il futuro
papa Innocenzo III. Fu tra i discepoli di Pietro Cantore, predicatore. E’ un chierico
secolare (dipende dal vescovo e dalla diocesi): uno dei compiti dei chierici in quegli
anni, è predicare per le crociate.
Dopo aver conosciuto Maria di Oignies (uanì), beghina (donna che vive da religiosa,
fuori da monasteri, che lavora con le sue mani), decide di vivere la religiosità più
intensamente e diventa un chierico REGOLARE e si fa ordinare prete. Predica contro gli
Albigesi e predica per la quinta crociata (1216). Nel 1216 viene nominato vescovo di
Acri, quindi parte per Roma per farsi nominare da Innocenzo III e poi proseguire per
Acri: parte dalle Fiandre lettera: durante il viaggio si ferma a Milano dove predica
per alcuni giorni e vede numerose eresie (i patarini). Poi si ferma a Perugia dove
Innocenzo III era appena morto, non ancora sepolto e gli avevano rubato le vesti. Poi
va a Roma dove Papa Onorio III (il nuovo papa) lo nomina vescovo.
A Roma viene a conoscere i frati minori di cui ammira l’umiltà nella prima lettera. Poi
scrive di loro nella lettera da Damietta.*
Racconta poi di dirigersi a Genova per partire per Acri e nel frattempo predica a
sostegno della crociata convincendo donne e bambini cosicché poi queste spingessero
i loro mariti a prendere la croce (intraprendendo la crociata o sostenendola in altri
modi). Racconta di come la gente accogliesse con entusiasmo le sue predicazioni. Poi
scrive del suo viaggio in nave: ha riservato la camera per dormire e ha procurato cibo
per tre mesi.
*scrive della presa di Damietta da parte dei crociati. Racconta di San Francesco e della
sua missione presso il sultano. Racconta delle novità che questo nuovo ordine
possiede e ammira di nuovo la volontà di rinnovare la Chiesa con l’umiltà e il dedicarsi
completo agli altri rinunciando a tutto.
Tommaso da Celano scrive la prima biografia di Francesco: indica che erano molto
poveri e sottolinea la precarietà delle loro condizioni, spesso non trovano ospitalità e
non avendo dimora devon dormire in grotte. Sempre presenti dove possono compiere
opere pie, come negli ospii e nelle città.
Francesco: diffidenza verso il denaro, i monaci non devono accettare di possedere
nulla. L’economia era di tipo fondiario e la ricchezza si misurava in base alla terra
posseduta.
Giordano da Giano racconta di come i frati minori vengono coordinati tramite capitoli
ed inviati in missioni, per di più in Germania ma anche in Francia e Ungheria. Cita
anche Giovanni di Pian del Carpine e Tommaso da Celano. I fatti che Giordano da
Giano racconta sono riferibili al 1219, e si trovano anche nelle fonti francescane.
Spiega come vengono spediti, mai da soli ma sempre in due o tre, e come vengono