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Il significato dell'atto giuridico e la distinzione tra diritto e società

QUINDIL'atto giuridico è un atto che si coglie come tale nella misura in cui l'impressione dell'accadimento esteriore è superata da quell'atteggiamento del pensiero che coglie di quell'accadimento il significato.

Il diritto è un fenomeno sociale ma dal fenomeno sociale si distingue, perché se noi ci limitassimo a dire che il diritto come fenomeno sociale esprime il significato e dunque una realtà che il pensiero coglie, adottando un principio di imputazione, non avremmo fatto nessun tipo di passo per distinguere il diritto dalla società e invece la distinzione c'è perché il diritto è certamente un fenomeno sociale, l'atto giuridico è certamente un'azione qualificabile come socialmente rilevante; ma quell'atto giuridico esprime un significato specifico che è dato dalla qualificazione, è dato cioè dal significato espresso dalla norma.

Ciò che

conferisce significato giuridico a quell'azione (che è l'azione della sentenza) è il significato che conduce a riconoscere nell'azione di quel signore la sentenza; ciò che conferisce significato a quell'accadimento che chiamo sentenza è la qualificazione della norma, cioè il fatto che quel significato sia presente e sia affermato e definito all'interno della norma giuridica. È la norma che seleziona tra i possibili significati che quell'atto sia sentenza e non sia mero monito. Il monito autorevole non è altro che un fatto sociale; invece la sentenza consente di riconoscere il significato giuridico. La norma è una struttura di qualificazione che conferisce significato giuridico ad un significato sociale. Questo ci permette di dare un significato alla cifra del positivismo kelseniano, che è un positivismo formalistico e normativistico: - formalistico nella misura in cui la dottrina pura del diritto

è teoria del diritto positivo semplicemente e cioè come forma;- normativistico perché è la norma che costituisce la struttura formale del diritto positivo. Il positivismo è una dottrina che si costituisce nel corso del XIX secolo e soprattutto nella seconda parte giunge a dei punti di elaborazione concettuale di grande pregio tra questi vi è l’imperativismo, la dottrina giuridica di Austin. Egli offre della norma una definizione peculiare, cioè la norma come dover essere. Questa teoria è strettamente legata alla teoria della sovranità perché il sovrano è colui che non solamente è legittimato a emanare il comando ma che è in grado di ottenere obbedienza di quel comando. Contro la dottrina tradizionale Kelsen intende ingaggiare un confronto serrato che affronta mediante gli strumenti del rigore concettuale, i quali giungono a lui da due influenze fondamentali. La prima è il neokantismo, che

Rappresenta uno dei punti maggiormente controversi. Le scuole del neokantismo in Germania hanno un'articolazione interna ben sviluppata. È neokantiano ad esempio Radbruch, autore della c.d. formula in base alla quale teorizzava un rapporto tra il diritto intollerabilmente ingiusto e le condizioni di disobbedienza alle quali fosse data la possibilità al soggetto di disobbedire. Kelsen è vicino a queste scuole e da questo ne deriva il tema del formalismo. Il normativismo Kelseniano, cioè la riduzione del diritto a norma, si accompagna al formalismo: non possiamo spiegare il normativismo Kelseniano senza ricorrere anche agli argomenti che costruiscono in Kelsen la tesi formalistica. Dunque il diritto positivo va conosciuto e dunque indagato in quello che è il significato specifico che esso afferma in quanto forma.

IL PROBLEMA DEL GIUSNATURALISMO

Il tema del rapporto fra diritto e natura non deve essere confuso con un problema che può essere inquadrato,

Nella polemica di Kelsen, nei riguardi del giusnaturalismo. La dottrina del giusnaturalismo non è di per sé un problema per Kelsen: egli vi fa espressamente riferimento solo nel capitolo diritto e morale, quando si occupa di offrire una rappresentazione storica, di un certo tipo di dinamica, che si stabilisce tra valutazione e validità.

Per Kelsen, in quel capitolo, il giusnaturalismo può distinguersi tra dottrine giusnaturalistiche di matrice conservatrice e dottrine giusnaturalistiche di tipo rivoluzionario e a questa dicotomia Kelsen affida un certo tipo di discorso: a suo avviso la dottrina del giusnaturalismo non è altro che la rappresentazione storica del problema del rapporto fra diritto e morale e del modo in cui la morale pretende di valutare il diritto.

Il tema del giusnaturalismo è relativo a dottrine che pretendono non di conoscere il diritto ma di valutarlo. Questo punto è un argomento che ha un respiro teorico e filosofico.

estremamente importante e complesso, perché è la prima operazione di sottrazione grazie alla quale si costruisce l'attributo della purezza. Il rapporto tra società e natura è un aspetto di cui Kelsen si è occupato per tutta la vita. Società e natura a suo avviso non sono delle realtà che esistono nella loro oggettività MA hanno dei confini mobili non sono dei sistemi dei quali si possa configurare un perimetro nel quale indagare, ma si costituiscono come mobili nella storia dell'umanità. Hanno a che fare con le categorie grazie alle quali il pensiero umano mette in forma gli elementi della realtà che gli sta di fronte. L'essere parte di quel sistema chiamato società e l'essere parte di quel sistema che è chiamato natura è un giudizio che si esprime perché si adottano delle categorie conoscitive e dunque si mettono in forma gli elementi che riguardano la realtà che

mio punto di vista, utilizzare i tag html appropriati per formattare il testo fornito. Ecco come potrebbe apparire il testo formattato:

Sta di fronte in base al principio di causalità e a quello di imputazione. Kelsen appartiene ad una tradizione di pensiero che è affermata da Weber e che si fonda sull'idea secondo cui l'azione non è il fenomeno naturale perché dotata di un elemento che manca nel fenomeno naturale ed è in base a questo elemento che noi non possiamo adottare un metodo naturalistico: LA MOTIVAZIONE. L'azione umana è motivata, è la rappresentazione di una ragione per agire, quindi non possiamo studiarla attraverso gli stessi strumenti che adopera lo scienziato naturale; Kelsen si colloca in questa prospettiva.

Nel capitolo "diritto e natura" Kelsen scrive che il diritto è un fenomeno sociale. Esso non sta dal lato di quella rappresentazione che è la natura, perché sul diritto non vi sono giudizi che adottano il principio della causalità ma vi sono giudizi che adottano il principio dell'imputazione. Occorre, dal mio punto di vista, utilizzare i tag html appropriati per formattare il testo fornito. Ecco come potrebbe apparire il testo formattato:

Il punto di vista kelseniano sostiene che il diritto non fa parte della natura, ma è una tecnica sociale che orienta il comportamento e ha a che fare con le azioni e non con i fatti naturali. Dal punto di vista di un osservatore, il diritto si manifesta come una descrizione del diritto; ad esempio, il giudice o la deliberazione che avviene in un'aula sono significati giuridici. Il diritto è un fenomeno sociale, ma si distingue dagli altri fenomeni perché si propone di essere una regola e aspira a essere una norma di condotta umana. Il problema che Kelsen affronta è capire come distinguere il diritto, che è un fenomeno sociale, dagli altri significati sociali. Kelsen spiega che ciò che caratterizza le azioni è la capacità di autoprodurre il proprio significato. Il fatto che il materiale sociale autoproduca il proprio significato,

per Kelsen, è individuato come autoqualificazione. Il significato giuridico che fa sì che quell'atto sia un atto giuridico, un significato che trova fondamento nella qualificazione della norma che Kelsen definisce come struttura di qualificazione: la norma è una struttura sintattica e logica che conferisce significato giuridico all'azione sociale. Se il materiale sociale, il complesso delle azioni umane, auto qualifica il proprio significato, il significato giuridico è il significato che troviamo dentro la qualificazione. Questo apre una serie di problemi relativi all'interpretazione, perché non vi è alcuna struttura sintattica e logica tanto completa e precisa che sia sottratta ad una indeterminatezza tanto da non richiedere un'attività interpretativa. Per Kelsen l'attività dell'interpretazione non è solo un'attività conoscitiva MA è anche un'attività di produzione.del diritto. La proprietà è un concetto giuridico che definisce il diritto di possedere, utilizzare e disporre di un bene. Questo concetto è il risultato di una costruzione concettuale che attribuisce un valore legale e protettivo alla relazione tra una persona e un bene. La norma giuridica è un elemento fondamentale nell'ordinamento giuridico. Essa rappresenta una regola di comportamento che viene imposta dalla legge e che deve essere rispettata da tutti i soggetti interessati. L'interpretazione della norma è un processo complesso che richiede l'analisi del testo normativo e la ricerca del suo significato all'interno del contesto giuridico. L'interprete, nel selezionare il significato della norma, sta effettivamente creando una regola individuale. Questo perché la norma, pur avendo una struttura semantica definita, può essere interpretata in modi diversi da diversi interpreti. Questa teoria dell'interpretazione di tipo scettico mette in discussione la certezza e l'oggettività del diritto, sottolineando il ruolo attivo dell'interprete nella creazione del significato normativo. In conclusione, la norma giuridica e i concetti giuridici come territorio e proprietà sono prodotti del pensiero umano che concettualizzano la realtà e che hanno validità all'interno dell'ordinamento giuridico. L'interpretazione di tali concetti è un processo complesso che richiede l'analisi e la comprensione del contesto normativo.spaziale e cioè di un ambito di applicazione dellanorma, che si riferisce ad una concettualizzazione di una realtà fenomenica che ha a che fare con ilrapporto tra un soggetto ed una cosa. Anche il tempo è oggetto di concettualizzazione, Kelsen fa riferimento al tema della realtà spaziotemporale. VALIDITÀ ED EFFICACIA Questo discorso che Kelsen sviluppa nel tema del rapporto tra diritto e natura, inerente a spazio e tempo,definisce il contesto dei fatti, e ci conduce al primo grande elemento certo del paradigma kelseniano chesta nella definizione del rapporto tra validità ed efficacia della norma. Nell’ambito della storia del pensiero giuridico non vi sono prodotte definizioni univoche né per quantoriguarda il tema della validità né per quanto riguarda il tema dell’efficacia. Secondo una definizione di massima:- è valido il diritto esistente, quel diritto che ha completato l’iter procedurale della suaè un termine che indica la capacità di produrre effetti.
L'efficacia si riferisce a un giudizio relativo agli effetti che il diritto è concretamente idoneo a produrre.
Quando si stressa
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A.A. 2020-2021
24 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Stabile2001 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Marzocco Valeria.