vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Sulla base di quanto detto fino ad ora, si può anche intuire perché Gramsci sia stato definito (da David Lockwood, un
sociologo contemporaneo) il Durkheim del marxismo.
Un primo motivo di questa associazione sta infatti nell'attenzione che Gramsci ripone nei confronti della dimensione
culturale, a cui Marx negava ogni autonomia, rilegandola nella dimensione sovrastrutturale, e che invece Gramsci
vede come centrale per la formazione di quel CONSENSO, che insieme alla coercizione, sta alla base del potere.
Gramsci fino a pochissimo tempo fa è stato oggetto di uno straordinario silenzio nell'ambito sociolgico. Ci si può
interrogare sul perché Gramsci non sia stato considerato dalla sociologia:
1. Una prima ragione ha a che fare con il fatto che Gramsci spesso nei quaderni, si dimostra molto critico nei
confronti della sociologia e in particolare nei confronti della sociologia positivista e della sociologia di tipo
evoluzionista. Un esempio è Comte, che inscriveva lo sviluppo della società all'interno di leggi ben precise.
Gramsci era particolarmente ostile nei confronti di questa visione evoluzionistica della società, perché è una
prospettiva che sembra negare qualsiasi tipo di intervento attivo da parte degli uomini nel corso della storia.
2. Nel corso del tempo, sono stati realizzati alcuni tentativi per reintrodurre il pensiero di Gramsci nella
tradizione sociologica e in particolar modo, nel corso degli anni '80, si cercò di lavorare sul confronto di
Gramsci con alcuni autori della tradizione sociolgica. Il sociologo Massimo Paci, arrivò a pensare che in
Gramsci vi fosse una vera e propria teoria sociale complessiva. L'idea era quindi che in Gramsci si potesse
andare a trovare, non qualche singolo spunto di interesse sociologico, ma una vera e propria teoria sociale
complessiva, una visione complessiva della società.
Attraverso il confronto di Gramsci con Durkheim e Max Weber emerge come in lui, si possa trovare una teoria sociale
complessiva della società e come egli rimponga un'attenzione particolare ad alcuni specifici temi sociologici.
GRAMSCI E DURKHEIM
Ci sono dei chiari problemi di metodo nel fare un confronto di questo genere perché si tratta di due autori (come anche
nel caso di Gramsci e Weber) in cui mancano tracce di un rapporto o di una relazione tra i due.
Gramsci non si confronta mai direttamente con Durkheim, però lo fa con Sorel, un autore importante per la tradizione
di pensiero marxista che era, per molti aspetti, vicino alla sociologia durkheimiana. Gramsci in un certo senso quindi,
respira alcune categorie del pensiero di Durkheim attraverso la mediazione di altri autori come Sorel.
Nonostante ciò, non esiste una prova diretta di uno studio da parte di Gramsci del pensiero di Durkheim e lo stesso
vale anche nei confronti del rapporto con Weber.
Quindi, quando si fanno operazioni di questo genere, che non possono avere un ancoramento di natura filologica, si sta
sul piano del confronto puramente teorico → si prendono le prospettive teoriche di entrambi e si prova ad interrogare
le due teorie per capire che cosa, e se hanno qualcosa da dirsi.
Tant'è che nel mettere a confronto Gramsci e Durkheim, il professor Rosati si immagina una sorta di conversazione tra
i due, che naturalmente non si è mai data, intorno ad alcuni temi, a partire dal fatto che i due autori condividono uno
stesso tratto di base → una radicalità di pensiero. Dove per radicalismo si intende il fatto che entrambi cercano di
andare alla radice della società e quindi cercano di rispondere alla domanda intorno a che cosa renda possibile la
società?
Quel che colpisce è che i due autori, non soltanto si interrogano intorno alla stessa domanda, ma anche la risposta che
danno è straordinariamente simile.
DURKHEIM → Per Durkheim l'ordine sociale, la solidarietà sociale, è il risultato di vincoli imposti agli
• individui che li costringono ad agire in un determinato modo. Quindi la società è per Durkheim anche il
risultato di un conformismo imposto agli individui. Tuttavia questo non basta, i soli vincoli, la sola coercizione
non sono sufficienti, è necessario un ulteriore vincolo che sia vissuto come desiderabile, come qualcosa con
cui gli individui possano identificarsi, un fondamento pre-contrattuale. Si tratta di una coscienza collettiva
nella quale gli individui si identificano e che, al contempo, ha la capacità di esercitare una costrizione nei loro
confronti.
GRAMSCI → Lo stesso tipo di logica caratterizza anche il pensiero di Gramsci. Anche in Gramsci la società
• è il risultato di coercizione e consenso.
Quindi, siamo di fronte a due autori che non pensano sia possibile la società né soltanto come l'insieme di interessi, né
soltanto come il risultato di coercizione, ma che pensano che la società sia un mix di: senso di appartenenza e valori
condivisi e di coercizione e vincoli. Trascrizione di Fabiola Di Sotto
Il secondo elemento che caratterizza quest'immaginaria conversazione tra i due autori è dato dalla domanda intorno a
che cosa fonda il consenso di una collettività? Anche intorno a questo punto tra i due autori c'è una risposta simile.
DURKHEIM → La risposta a che cos'è che permetta il legame sociale, Durheim la trova nel meccanismo di
• funzionamento delle religioni. La religione è per Durkheim la chiave per studiare la vita sociale. La religione è
da intendersi nel senso durkheimiano, quindi l'insieme delle pratiche e credenze condivise intorno a cose
ritenute sacre, che sono condivise da una comunità di fedeli chiamata Chiesa. In questo tipo di immagine della
religione, che non necessariamente ha a che fare con Dio, Durkheim trova la risposta a come sia possibile la
solidarietà sociale → un gruppo per esistere ha bisogno di pratiche condivise, di credenze condivise, solo in
questo modo si può creare quell'unione che consente ad un gruppo di durare nel tempo . Durkheim quindi
sostanzialmente vuole sostenere che, perché la società possa prodursi c'è bisogno di un meccanismo che lui
definiva auto-trascendimento dell'individuo, l'individuo deve uscire fuori da sé e liberarsi del proprio
particolarismo per entrare in un'identità sovraordinato a se stesso (cioè nel gruppo) ed è ciò che accade nei
momenti di effervescenza collettiva → l'individuo è proiettato fuori da se stesso in nome di una
identificazione con il sentire della collettività.
GRAMSCI → Gramsci nei quaderni, riporta una citazione di Plutarco in cui si sottolinea il carattere
• universale della religione. Nei diversi contesti, Paesi ed epoche storiche, la religione è l'unica cosa, che a
prescindere dalle diverse specificità che assume, è presente in modo universale. In qualsiasi contesto quindi ,
“templi e dei”, hanno sempre fatto parte dello scenario dela vita sociale.
Una citazione di questo genere, avrebbe probabilmente riempito di entusiasmo Durkheim che sottolinea la
centralità della vita religiosa nella vita sociale.
Se andiamo a scavare scopriamo che Gramsci lavora molto sulla nozione di religione e distingue tra 3 diverse
concezioni della religione:
1. intende il senso di devozione che i singoli fedeli possono avere nei confronti di una o più
RELIGIONE CONFESSIONALE →
divinità.
2. è quella che prende da Benedetto Croce, e nei confronti della quale è più critico. La religione laica
RELIGIONE LAICA →
possiamo tradurla con l'ideologia, è quella che Marx considerava come oppio dei popoli, ossia quella religione intesa
come ideologia al servizio dell'ordine costituito. Religione come strumento di dominio nei confronti della realtà. E' chiaro
che quindi, Gramsci da fedele marxista, sia molto critico nei confronti di questo tipo di religione.
3. Questa è la nozione di religione su cui Gramsci si sofferma di più. Il concetto di
RELIGIONE COME SENSO COMUNE →
religione, in Gramsci, va costantemente di paripasso con il concetto di senso comune. Esiste un rapporto intimo, per
Gramsci, tra le religioni e il senso comune. Dove per senso comune si intende la condivisione di uno sfondo comune a
tutti gli individui, un sapere dato per scontato e quasi irriflessivo, qualcosa che non mettiamo in questione e che da
sempre abbiamo ereditato e che corrisponde all'immagine che abbiamo del mondo.
Per Gramsci il significato più importante della religione, che spiega perché non si danno città senza templi e senza dei, è
che la religione è l'ingrediente più importante del senso comune. Secondo lui, le religioni sono ciò che in gran parte
costituisce e fonda il senso comune.
L'altro elemento che Gramsci accosta alla religione e al senso comune, è il pensiero filosofico. Gramsci accosta la
filosofia, alla religione e al senso comune perché per lui, anche la filosofia produce immagini del mondo.
La filosofia normalmente viene pensata come qualcosa di opposto al senso comune, perché quel che il senso comune dà
per scontato, la filosofia invece cerca di analizzarlo criticamente.
Per Gramsci invece, filosofia e senso comune non sono opposte. Egli pensava che la filosofia e soprattutto la filosofia
della prassi (ridenominazione del marxismo) dovesse essere costantemente in rapporto stretto, anche se di tensione
dialettica, con il senso comune e quindi anche con la religione.
Per questo la filsofia non poteva essere disgiunta, sconnessa dal senso comune, perchè anzi, il compito della filosofia
della prassi doveva essere quello di appropriarsi del senso comune, conoscerlo e avere un rapporto organico con esso, in
modo da poterlo analizzare criticamente.
Così come l'intellettuale non può essere sradicato dal contesto in cui vive e non può reclamare un'universalità che lo
metta al di sopra delle parti, allo stesso modo, la filosofia deve essere fortemente organica con il senso comune e quindi
anche con la religione che è un suo elemento fondamentale.
Nazionale-popolare è l'espressione che Gramsci usa per descrivere l'atteggiamento che deve assumere la filosofia (che
d'altronde è lo stesso dell'intellettuale), cioè dovrà avere la capacità di essere fortemente in relazione organica con i tratti
caratteristici di una comunità nazionale e dovrà essere popolare, cioè avere la capacità di comprendere il senso comune
tipico di una società. Soltanto su queste basi una filosofia della prassi potrà essere capace di trasformare il mondo.
Gramsci parla della religione come di una forma necessaria della volontà delle masse popolari, cioè un modo in cui
necessariamente si esprime una volontà popolare.<