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FONTI DEL LATINO
Come si può ricostruire il latino parlato se non si può ascoltare? Ci si riferisce a delle fonti indirette. Le fonti sono di diverso tipo, organizzate secondo una sequenza di affidabilità:
- COMPARAZIONI TRA I CONTINUATORI ROMANZI (meno affidabile) → I diversi esiti romanzi nelle capitali europee e le diverse parole latine di partenza, questa varietà lessicale ha prodotto termini differenti. Diventa più complesso quando non si trova la parola latina di provenienza: es. lat. TRANSIRE (=passare): esistono diverse forme che non derivano da transire, come "passare", "pasar" (provenzale), "passar" (catalano e portoghese). Dietro a queste forme doveva trovarsi un latino parlato legato a "PASSUS", sostantivo esistente nel latino. Quindi si è creato un verbo che noi ora chiamiamo "passare". Dal punto di vista morfologico è assolutamente naturale (es. pittura - pitturare, bacio - baciare).
Transire non è scomparso, ma ha sviluppato altre forme che convivevano con le precedenti. Esistono dei criteri che stabiliscono queste ricostruzioni: giustificazione delle forme romanze superstiti (dialetti inclusi); motivazione, continuazione semantica; motivazione fonomorfologica.
ISCRIZIONI → es. Iscrizione Pompeiana 79 d.C. (non è un caso unico, la troviamo leggermente variata anche). Scritta su un rotolo di papiro in un affresco, scritta in colonna e ha una separazione tra le parole. È scritta in un latino "strano". È una scrittura effimera, non pensata per essere tramandata. C'è uno scatto rispetto al latino classico, il livello di scrittura simula il parlato (es. caduta delle t finali → amat - ama, valeat - valia; indebolimento delle finali; chiusura della E atonaprevocalica in I → valeat - valia; ricostruzione di nescit in non scit → nosci, in quanto un bambino impara a dire prima nonso rispetto ad ignoro).
testimonianze di scriventi popolari→ es.soldati, non hanno una preparazione di alto livello, ma appartengono a una fasciadiscreta.- testi di autori letterari→ es. Plauto, che tende ad accostarsi all’uso popolare; o Petronio, che ha l’intenzione di riprodurre l’usopopolare in modo caricaturale (come notiamo nel personaggio di Trimalchione)-Testimonianze di grammatici→ es. APPENDIX PROBI. Si tratta di un manoscritto, così chiamato perché segue gli Institutaartium del grammatico Valerio Probo, oggi conservato nella Biblioteca Nazionale di Napoli. Comprende una lista di 227parole o forme o grafie non corrispondenti alla buona norma, tramandate da un codice membranaceo copiato a Bobbioalla fine del VII secolo in epoca longobarda. Delle 52 pagine del codice noi ne conserviamo solo 1. Questo manoscritto èparticolarmente noto per la sua finalità di illustrazione didattica e si inserisce nel campo della conservazionegrammaticale chesempre più registra una distanza della lingua letteraria rispetto all'uso. Questo testo trascrive sequenze di errori che fanno parte della tradizione grammaticale precedente, che aveva lo stesso tipo di caratteristica (forma giusta seguita da forma sbagliata, sotto forma di elenco: A NON B). Molti degli errori sono documentati in tempi anche molto precedenti al V sec. e a questo si aggiunge il fatto che non tutte le forme considerate sbagliate sono poi l'anticipazione del parlato. È un testo molto complesso ma è utile per individuare la presenza di fenomeni vivi nel latino volgare, come ad esempio:
- Sincope della vocale postonica (speculum > speclum, masculus > masclus). Questa è una traccia già documentata a Pompei in un'iscrizione, ritroviamo la forma Masclus (nome proprio).
- Un tratto che invece non è attestato prima del V sec. è la mutazione consonantica: vetulus > veclus, vitulus > viclus.
Verificato il cambiamento da bobis a vobis. Un altro caso di confusione, in questo caso vocalico, è la confusione timbrica nel vocalismo: columna > colomna, turma > torma; si tratta della perdita della quantità della sillaba con un cambio vocalico. Questa confusione vocalica del timbro è legata a questo tipo di perdita di consapevolezza, abbiamo testimonianza dell'entrata in crisi di riconoscere la quantità vocalica. Abbiamo testimonianza notissima di sant'Agostino, che ci riferisce che le orecchie del popolo non sono più in grado di riconoscere os, oris (=bocca, o lunga) da os, ossis (=osso, o breve). Vediamo l'arrivo di questa difficoltà anche a Roma dalle testimonianze epigrafiche, che ci permettono di datarla a partire dal III sec. fino alla fine dell'Impero, partendo dagli strati sociali più bassi. Lo stesso avviene anche in posizione atona: coluber > colober.
- hercules > herculens
- occasio > occansio
Livellamento analogico in -is della desinenza del nominativo singolare della 3ª declinazione:
- cautes > cautis
- vates > vatis
- sedes > sedis
Elementi di rottura tra il latino scritto tradizionale e il latino parlato. Sono casi di semplificazione che presentano lo stesso errore. Questo livellamento analogico è vitale, di fronte a delle difficoltà, i parlanti tendono a uniformare la difficoltà. Molti errori, anche in Italiano, sono delle semplificazioni. Ci mettono in contatto con un'esigenza di economia dei parlanti che la norma tiene a freno, che in altri casi ha la meglio sulla norma.
Altri casi di livellamento:
- pecten > pectinis
- tristis > tristus
Estensione dei diminutivi, permette di dare una componente più espressiva e sono preferiti:
- mergus > mergulus
- auris > oricola (contrazione della sillaba postonica, au diventa o, non c'è un'immediata
Corrispondenza ma c'è un processo: auris > auricola > auricla > oricla, da cui noi abbiamo orecchio).
Principali tratti di caratterizzazione del latino volgare
- Semplificazione del nesso -ns- in -s-: pronuncia di Cicerone; Nosci nell'iscrizione pompeiana; Appendix Probi
- Indebolimento delle consonanti finali (diverse da S): in età repubblicana la -m non era pronunciata, ed infatti essa non impediva la sinalefe; indebolimento della -t testimoniato nelle iscrizioni pompeiane (I d.C.); Appendix Probi.
- Tendenza precoce alla monottongazione dei dittonghi AU ed AE, a cui si aggiunge il raro OE che si riduce a Ē (es. POENAM>pena). Il risultato delle tre monottongazioni è normale che dia una vocale lunga. Nel caso del dittongo AU questa tendenza si diffuse solo in: CAUSAM>CŌDA>coda e FAUCEM>FŌCEM>foce. Per i restanti casi AU in età medievale si sviluppò in una o aperta, es. AURUM>oro. Per quanto riguarda invece AE,
5. perdita della quantità vocalica a favore della qualità (o timbro)
Nell'Appendix Probi si vede l'arrivo di queste mutazioni vocaliche e in generale abbiamo documentazioni che riguardano l'arrivo di nuove abitudini uditive. I parlanti perdono progressivamente la capacità di distinguere la lunghezza delle vocali e la sostituiscono con qualcos'altro. Il sistema pertanto si riorganizza su delle basi diverse non più di tipo quantitativo ma di tipo qualitativo (il timbro).
Non è un caso che questo cambiamento si sia verificato prima nelle zone periferiche dell'impero e poi al centro. Sant'Agostino nella sua opera principale "le Confessioni" ci fornisce delle informazioni fondamentali su come abbia imparato a parlare e ricorda di aver cominciato ad attribuire a certi suoni alcuni elementi e di come abbia imparato a pronunciare il latino. Da Sant'Agostino abbia una
Testimonianza celebre sulfatto che il suo popolo non avesse la capacità di distinguere le vocali lunghe da quelle brevi. L'esempio specifico che cifornisce Sant'Agostino è tra le parole "os,oris" e "os,ossis".
EVOLUZIONE DELLA PRONUNCIA:
Lo schema sottostante mostra la distinzione quantitativa