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PROF SSA ATRIZIA ESSINA
A : M V
PPUNTI DI ARCO ERCILLO
M. Vercillo – Appunti di Governo Locale 1
Guardiamo subito due definizioni. Government: Governo istituzionale e
Governance: azione di governo. Il concetto di territorio subentra all'affievolimento
del concetto di settorialità (da sviluppo agricolo a sviluppo rurale). Il problema da
fronteggiare è l'incapacità di attuazione di politiche integrate di sviluppo, agirabile
unicamente mediante il superamento della specializzazione settoriale, in favore della
capacità di dialogo con altre prospettive di analisi disciplinari, complementari.
I settori della politica sono tutti strettamente connessi tra loro. Il diritto arriva
sempre in ritardo, in quanto esito di un processo regolativo, non sempre
perfettamente funzionante. Il punto non è la regolazione, ma il conseguimento di
obiettivi di sviluppo. Tali obiettivi sono perseguiti dalla politica. Easton definisce la
politica come sistema di allocazione di risorse scarse, Parsons come strumento di
conseguimento dei fini. Tali fini si conseguono mediante la progettazione di obiettivi
di lungo-medio periodo e l'individuazione dei mezzi necessari allo sviluppo degli
stessi.
La regolazione è il processo attraverso cui si formano le regole. Essa è statica,
mentre la realtà è dinamica, pertanto non a passo con i tempi. I processi storici di
formazione delle leggi, e che permettono la loro interiorizzazione da parte degli
attori, sono di importanza fondamentale. Esistono tre diverse forme di regolazione:
1. Sociale, costituita da norme sociali, strettamente connesse alla dimensione
comunitaria;
2. Economica, che consiste in delle "leggi" di mercato;
3. Politica, prerogativa dello stato, soggetto pubblico che produce norme
giuridiche, le leggi dello stato.
Questi argomenti vengono, solitamente, sviluppati in materie diverse, ma al fine di
uno studio del territorio, bisogna guardare a questi modi di regolazione in modo
coordinato. In contesti diversi potranno prevalere dimensioni diverse. Si tratta di
modi e non di modelli perché i modelli sono schemi rigidi da adattare ai contesti,
mentre i modi si sviluppano nei contesti.
Al concetto dei "modi di regolazione", vanno associati i "modi di sviluppo" (i modelli
di capitalismo), intesi come modi di fare economia di mercato. Ad ogni modo di
M. Vercillo – Appunti di Governo Locale 2
regolazione corrisponde un modo di sviluppo. Si può comparare per analogie o
differenze ma non si possono dare giudizi di valore o fare classifiche.
Un "contesto" è ciò che da significato alle azioni, non un fatto territoriale, ma un
insieme di regole che ci da la possibilità di interpretare azioni, parole, pensieri e
comportamenti degli attori. Le regole definiscono il comportamento degli attori in un
determinato contesto. Il contesto è, dunque, un sistema di significati specifici.
Comparare contesti differenti implica una profonda conoscenza degli stessi. Ciò è
possibile solo come esito di un'analisi comparata.
La comparazione per contesti, dal punto di vista metodologico è differente da
quella dei dati, in quanto si ragiona in termini di modi e non di modelli, non si
ragiona in termini quantitativi, ma solo qualitativi.
La sostenibilità dello sviluppo, consiste nella valutazione dello stesso in relazione
alla qualità e non alla quantità. La sostenibilità non è compatibile con il capitalismo
fordista. Tale modello è in crisi di stabilità economica e strutturale.
Bagnasco e Trigilia, scrivono "le tre italie", alla fine degli anni '70. All'epoca l'idea
dello sviluppo era quella della dicotomia nord-sud. Non vi erano politiche territoriali
di sviluppo, ma politiche per lo sviluppo delle grandi imprese. Arnaldo Bagnasco,
sociologo dell'economia, si accorge dell'esistenza di una terza Italia (Nord-Est e
Centro) che è quella della piccola-media impresa, di quelli che diverranno i distretti
industriali. Beccadini, studiando Prato, svilupperà il concetto di distretto industriale
come modello.
Veneto ed Emilia-Romagna, per la loro collocazione geopolitica nella terza Italia,
sono realtà simili, per quanto concerne modello (e non modo) di sviluppo. Il modello
è quello della piccola e media impresa. Interessante è che Trigilia, allievo di
Bagnasco, ex ministro dello sviluppo, sostiene che, da un approfondimento, affiora
un'altra similitudine, inerente il fatto che Toscana e Veneto siano strettamente
connesse alle culture politiche egemoniche in quel periodo. Nonostante le differenze
di colore politico, secondo Trigilia, prevalgono le somiglianze, perché il collante delle
piccole imprese è il capitale sociale. Il controllo sociale fa le veci del controllo
giuridico. Ciò che conta non è il colore politico, ma il tessuto sociale, che porta alla
"regolazione sociale del mercato" (che è un modello). Nonostante l'apparente
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somiglianza, la variabile politica, ha una profonda rilevanza perché incide fortemente
sulla regolazione. Si tratta di una variabile indipendente e interveniente.
Esempio può essere la divergenza, nel periodo, tra i servizi "pubblici" dell'Emilia,
offerti da comune/regione/stato, e quelli "comuni" del Veneto, controllati dalla chiesa
(come nel caso delle scuole per l'infanzia). Tale differenza non è quantitativa, ma
qualitativa. I numeri sono gli stessi, ma nei fatti differenze del genere hanno
rilevanza immensa. In veneto i comuni non hanno mai lavorato sulla regolazione
politica ma si sono chiusi su quella sociale. Da qui l'antistatalismo e l'antipolitica che,
in veneto, portano alla predilezioni delle associazioni a soggetti come quelli citati.
Interessante è che di fronte alla stessa sfida-crisi i due modi di regolazione, i due
sistemi regionali reagiscono diversamente in relazione alle proprie risorse ed alle
proprie esperienze.
"Grandi partiti, piccole imprese", di Trigilia è un paragone tra Veneto (Bassano) e
Toscana (Valdelsa), ove si mette in evidenza come, in entrambi questi contesti, ciò
che permette lo sviluppo di sistemi locali di piccola impresa è la "regolazione sociale
del marcato", che lui definisce "localistica", caratterizzata da una forte rete
associativa. Ciò consente il radicamento delle realtà produttive dei distretti
industriali. Dal punto di vista politologico, nonostante la somiglianza sociologica dei
modelli, vi sono profonde differenze tra i contesti, per via delle culture politiche,
rosse, in Toscana ed Emilia Romagna, e bianche, in Veneto, che li caratterizzano.
Durante la crisi agraria degli anni '80 dell'800, l'Italia, unita da appena vent'anni, ha
un crollo della produzione agricola ed un vertiginoso aumento dei prezzi dei beni di
prima necessità. Lo stato non riesce a provvedere, ma ogni realtà territoriale si deve
arrangiare con le proprie risorse. Diversi sono gli approcci dei diversi territori alla
risoluzione dei problemi.
In veneto prevale la piccola proprietà, il microfondo, ed ha un'economia basata
prevalentemente sull'agricoltura familiare del fondo, nelle campagne. Con la crisi tale
modello crolla. Le famiglie muoiono di fame. Gli aiuti arrivano dai parroci e dalla
chiesa, che diventa riferimento della famiglia povera. Le campagne sono
disseminate di parrocchie, in quanto durante la controriforma (dal '600), i parroci
erano mandati a presidiare i territori a rischio. E', sistematicamente, compito del
parroco l'organizzazione della solidarietà, la gestione della cassa peota e la gestione
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delle risorse, in quanto le persone hanno come riferimento lui, piuttosto che il
sindaco. Ciò è dovuto all'assenza di burocrazia, alla flessibilità, alla personalità,
all'informalità. Una rete informale come questa si radica nel territorio, con ottimi
risultati, diventando il modo prevalente di regolazione dei mezzi di sviluppo. Il
parroco non è più autorità unicamente perché alfabetizzato e formato, ma sopratutto
perché organizza i servizi sul territorio, sopratutto quelli alla persona (es. asili e
scuole materne).
In Emilia Romagna prevale il latifondo, pochi proprietari che fanno coltivare la terra
con il bracciantato o con la mezzadria. Il mezzadro deve metà del raccolto al
padrone, abita in una casa e coltiva una terra che non sono di sua proprietà e
dipende dal datore di lavoro. Non vi è l'autonomia del Veneto (il "fasso mi"), ma un
conflitto di classe tra datore di lavoro e lavoratore. La frattura, il clivage, tra capitale
e lavoro, pertanto, non avviene in Veneto, ma in Emilia Romagna. La tutela del
lavoro è, qui, prerogativa del partito (nell'aria mezzadrile) o del sindacato
(nell'area bracciantile). Tale differenza consiste nel fatto che i mezzadri abitano nel
fondo, con case sperdute, ma devono vendere in città, portando ad uno stretto
rapporto tra città e campagna. Ciò è diverso in Veneto, dove vi sono molti piccoli
centri e pertanto la campagna è indipendente dalla città. La relazione più stretta, in
Emilia, è, dunque, con il comune che, amministrato dal partito, si fa carico delle
domande politiche e di regolazione che derivano dai mezzadri. Nella zona del modello
mezzadrile reggiano è il comune che si fa carico delle necessità e produce servizi
comunali e non parrocchiali. Non c'è la cassa peota, ma la cassa comune, ecc. Ciò
implica che l'attore politico locale è chiamato dalla popolazione a regolare, ad agire in
modo diretto sulla regolazione, in modo prevalentemente politico. Mentre in veneto il
modo di regolazione è prevalentemente sociale.
Per Easton i partiti permettono l'accesso di alcuni input (che sono bisogni, domande
politiche di regolazione e sostegno, inteso come legittimazione) in un sistema
politico, per ottenere output (decisioni), che retro-agiscono, con il loro feedback,
portando ad ulteriore legittimazione o meno. Il fatto che le domande si pongano al
parroco o al sindaco porta alla legittimazione dell'uno piuttosto che dell'altro.
Il partito socialista utilizza le risorse del comune per erogare servizi volti a rispondere
ai bisogni dei cittadini sviluppando un "socialismo municipale": l'organizzazione
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prevalente nel contesto rosso, al posto della chiesa in quello bianco, è il partito. Qui
differenza centrale è concetto di cittadinanza, in quanto tutti sono cittadini, ma non
tutti sono religiosi. Pertanto, mentre