vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
COTTIMO
1. Il termine COTTIMO designa un sistema di retribuzione basato sulla quantità del prodotto realizzato, in
opposizione alla modalità basata sul tempo della prestazione d’opera. Quanto alla sua origine, non disponiamo di
quotumu(m)
alcunché di certo. Il DELI ci dice che l’etimologia tradizionale fa derivare la voce dal latino ‘di che
kottismòs kottizo
numero’. Ma questo sembra poco probabile ai DEI che la da risalire al greco ‘gioco di dadi’, da
cottizare
passato nel latino tardo a ‘giocare a dadi’ e poi ‘osare’. Ma nemmeno questa ipotesi sembra convincente.
L’etimo di ‘cottimo’ rimane oscuro.
- Sono state proposte varie ipotesi: la prima è di Napoleone Caix (proposta nel 1872), secondo il quale la voce
quotumus, quotus,
‘cottimo’ continuerebbe il latino variante di pronome e aggettivo interrogativo usato quando
nella risposta si attende un numerale ordinale. Seguono questa teoria la maggior parte dei vocabolari etimologici
quota
italiani. Dietro a questa etimologia si nascono delle difficoltà notevoli: è sicuramente una voce di tradizione
quotumus
indiretta, ma è da escludere che anche possa essere stato recuperato per via dotta. L’aggettivo ha l’aria di
septimus decimus
essere una voce marginale o una creazione occasionale, esemplata su e nelle loro varianti
septumus/decumus. quotumus cottimo
Appare anche inverosimile che possa aver dato per tradizione diretta.
Glossario latino
- Giovanni Alessio creca un’altra soluzione e la trova nel greco bizantino. Lo spunto gli viene dal
emiliano cottimum.
di Pietro Sella, dove è registrato il lemma L’Alessio si appella così al greco tardo ‘gioco di dadi’.
kotto
L’ipotesi è meno bizzarra di quanto può sembrare. Henry e Renèe Kahane si rifanno alla forma moderna ‘osare’
kotemos.
e postulano come base un deverbale Questa forma, però, oltre a non essere documentata, non trova altri
paralleli in greco e dunque non può essere giustificata sulla base di nessun modello morfologico. Per gli stessi motivi
cottimo cottizare.
è impossibile vedere in un deverbale di età romanza del latino cotimo,
- Una pista bizantina viene seguita da Manlio Cortellazo, che parte dalla forma veneziana attestata dal
secondo Trecento, e pensa a un deverbale *cotimàr a sua volta preso dal greco ‘stimare’. Ma egli stesso rinnegherà
poi questa etimologia.
- Ipotesi che viene ripresa da Sylviane Lazard, che la perfeziona inventando un ibrido *cu(m)-(e)ctimo.
- Nel Mittellateinisches Wòrterbuch troviamo la voce ‘cottuma’ in una nota di Heinz Antony.
cottimo
2. Nei testi letterari si affaccia solo verso la metà del ‘500, col marchigiano Annibal Caro e con l’aretino
a cottimo
Giorgio Vasari: il primo utilizza l’espressione in riferimento ad attività non lavorative compiute con intensa
applicazione, ma con detrimento della qualità del risultato. Il tardivo ingresso nella lingua colta si deve certo al suo
carattere tecnico, ma anche al fatto che risulta essere una voce originariamente non toscana. All’epoca in cui questo
sistema di retribuzione si affaccia nei documenti, cioè nel XIII secolo, in Toscana viene per lo più indicato con altri
forfait,
termini che sono gli stessi che designano quello che oggi chiamiamo ossia un compenso prestabilito basato su
cottimo
una valutazione complessiva della prestazione, indipendente rispetto alla sua durata. la specializzazione di
cottimo e forfait
per la retribuzione a misura è un fatto piuttosto recente, dato che ancora a inizio ‘900 potevano in
essere considerati termini equivalenti. A Firenze, in riferimento al lavoro a cottimo o a forfait, ricorrono i nessi
somma in sommo.
e, più spesso, in cottimo in somma.
Nelle prime due edizioni della Crusca troviamo già la locuzione ( 1612, 1623), ma con rimando a
pigliare in somma
Si noti, che ancora a inizio ‘800 è registrato a Lucca da Salvatore Bianchini.
La motivazione semantica risiede nel calcolo ‘sommario’, cosa che si riscontra anche altrove, come nel tipo
bot
settentrionale che alluda alla stima condotta ‘in una sola botta’.
Nel manuale di “Economia sociale” di Cossa, si distingue fra salario “a tempo” e “a compito”, cioè secondo la
quantità verificata del prodotto e ha un’attestazione letteraria già nel ‘500, in Giovan Maria Cecchi.
compito computo
Risalendo ancora con le attestazioni, vediamo che in origine è un semplice allotropo di (generato
compitare computare)
dal verbo ‘contare’, variante di e ha il suo stesso significato di ‘calcolo’. La motivazione del
tipo in questione è, dunque, il computo, cioè la misurazione del prodotto.
cottimo a richio,
Come equivalente al nostro a Siena ricorre l’espressione che fa riferimento al margine di rischio
3
insito nel lavoro non a giornata, dove il committente paga a intervalli dilatati o a prodotto finito, e non corrisponde al
prestatore d’opera il vitto, concesso invece ai salariati ( e in genere neppure le spese per la materia prima e per gli
strumenti). Questa dicitura si applicava a vari tipi di prestazione d’opera, variamente regolati dal punto di vista
a cottimo.
giuridico. Nel ‘600, alla vecchia espressione si è già affiancata quella attuale cottimo
In conclusione possiamo dire che le motivazioni semantiche delle espressioni concorrenti di si addensano
intorno ai seguenti nuclei:
1) computo sommario o dettagliato, al fine di stabilire il compenso;
2) non alterabilità del compenso stesso;
3) rischio dell’operazione.
3. Passando all’analisi delle attestazioni di cottimo notiamo che la prima documentazione in volgare rimanda
coctemo, coctomo, coptimo,
all’Umbria, a partire dagli statuti di Perugia del 1342, dove compaiono forme come
coptomo, cottomo. cottimo,
Ed esclusivamente umbri sono nel TLIO gli esempi che si leggono sotto i lemmi
cottimare, cottimatore, cottimazione. cottimum
Per quanto riguarda le attestazioni in lingua latina, rispetto al di Cesena si può risalire di circa un secolo e
mezzo: i primi esempi datano al secondo 20ennio del ‘200 e per lo più provengono dall’Umbria. Si può forse dire che
per l’Umbria del XIII e XIV secolo, quasi non c’è statuto o raccolta di documenti in cui ‘cottimo’ non sia presente. Un
po’ meno precoci, ma forse altrettanto numerosi sono i dati provenienti dalle Marche. Sia nelle fonti latine che in
quelle volgari, il termine mostra una cerca polimorfia e una notevole varietà di significati.
cottimo
Per come locazione d’opera i dati sono ricchissimi:
instrumentum
1. A Perugia il 15 aprile 1237 viene redatto un con cui due cittadini si assumono la manutenzione di
un’opera di rinforzo e troviamo “ad cotumum”.
2. A Orvieto, tra i vari esempi che compaiono nelle carte relative alla costruzione del Duomo, c’è un documento del
24 marzo 1339 dove si indica che il lavoro è pagato a misura lineare ( ad coctimum).
3. A Roma, in registrazioni degli anni 1339-1341, compare più volte la voce “coctimus seu stallum”.
4. Per la Toscana si può menzionare un documento aretino del 1386, dove si parla dei “maestri che sono coptumati”.
cottimo
Questo uso di è l’unico ad avere un rapporto di continuità con quello odierno, ma in antico il termine
conosce un impiego molto più esteso. Accanto alla locazione d’opera, cottimo sta a indicare anche una forma di
locazione di beni immobili. Tra le numerose attestazioni una delle prime si trova riferita alla conduzione dei mulini,
che erano strutture di proprietà signorile che potevano essere dati in gestione a terzi. Un documento del 1217
relativo alla diocesi di Terni, fra le altre cose stabilisce la quantità di frumento che ogni anno i conduttori o i
proprietari di un mulino devono donare al vescovo locale. L’espressione ad partem indica una conduzione concessa
ad coptumum
con pagamento in natura equivalente a una parte del ricavato; si riferisce invece ai casi in cui il canone
è stabilito preventivamente su base forfettaria.
Un’opposizione simile si trova riferita alla conduzione di un terreno. In questo caso il cottimo si contrappone al
laboricium. In entrambi i casi si tratta di contratti agrari a breve o a brevissimo termine, che si affermano nel XIII
secolo a fianco dei vecchi sistemi di conduzione a lungo termine basati sull’enfiteusi e sul livello. Mentre il contratto
di lavoraccio stabilisce che il colono ceda al proprietario una parte del prodotto del terreno, il cottimo prevede un
canone prestabilito, in natura o in denaro. Anche per questo uso le attestazioni risalgono ai primi decenni del XIII
secolo; nel registro dei censi dell’abbazia di Sassovivo presso Foligno, redatto prima del 1225, in riferimento ai
coptumi, coctumi, coctimi.
contratti degli anni 1218-1221 ricorrono numerose volte le forme di plurale
5. Numerose sono anche le attestazioni provenienti dalle Marche: tra le carte del monastero camaldolese di Fonte
ad cottimum e pro cottimo
Avellana le espressioni compaiono nel 1264.
6. Ma nelle sue prime manifestazioni il termine ha avuto anche altri valori: in un documento perugino del 1214
ad cottumum
l’espressione viene usato col significato di ‘appalto’. In altri passi invece indica il provento della colletta
data in appalto.
7. A partire dalla seconda metà del ‘200, si diffonde in Liguria e ad Arezzo col significato di ‘imposta diretta’.
8. Nella seconda metà del Trecento, cotimo, compare anche a Venezia, dove designa un’imposizione indiretta, cioè la
tassa del 2% che i consoli veneti in Levante riscuotevano dai propri mercanti sul valore delle mercanzie importante.
incoptimare
9. Il verbo ‘incettare’, si attesta prima a Spoleto e poi soprattutto nel Lazio. Il significato si spiega
partendo dal valore di ‘acquistare all’ingrosso’.
4. Riassumendo: Per cottimo e varianti la documentazione medievale ci dà tre valori fondamentali:
1. Locazione d’opera retribuita in base alla quantità di lavoro prodotta o stimata, su base forfettaria;
2. Locazione di un bene immobile, pagata su base forfettaria;
3. Appalto per la riscossione delle imposte, da cui si arriva anche a imposta.
Per quanto riguarda la motivazione semantica dei termini per cottimo, abbiamo:
- computo sommario o dettagliato, al fine di stabilire il compenso;
- non alterabilità del compenso stesso;
- rischio dell’operazione. I valori di cottimo si trovano tutti in un rapporto di intersezione con il rischio.
Che opt