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3. LA METODOLOGIA DELLA RICERCA ETIMOLOGICA
3.1. PREMESSE E PROCEDURE DELL’ETIMOLOGO: L’etimologo dovrebbe in certa misura, essere scettico nei confronti
delle ricerche etimologiche precedenti. Pensiamo all’etimologia come ad una valutazione inesorabilmente critica di
ogni dato disponibile all’interno e all’esterno di una lingua, alla quale si deve unire una solida base di conoscenze
storiche, etnologiche, economiche, culturali e, a tratti, l’intuizione. Nella ricerca etimologica non esiste un unico
metodo, giusto: l’etimologo deve avvalersi, a seconda dei casi, di un particolare metodo o di una combinazione di
metodi diversi. Condizioni preliminari per la ricerca etimologica sono:
1. Una raccolta di materiale quanto più ampia possibile, che comprenderà tutte le attestazioni possibili;
2. Esatte nozioni degli sviluppi fonetici nelle lingue scritte e nei dialetti, che rendano possibili così il riconoscimento e
l’interpretazione della radice della parola e degli elementi della sua formazione, come pure la separazione delle
forme ereditarie da quelle culte e da quelle d’accatto;
3. Competenza e immaginazione che permettono di stabilire un collegamento con la realtà extralinguistica partendo
dalla definizione della parola;
4. Una conoscenza profonda della lingua o del dialetto oggetto d’esame;
5. Senza ingegnosità e fantasia non si può scoprire alcuna etimologia.
3.2. DATAZIONE E ACCERTAMENTO DELLE PRIME ATTESTAZIONI: Tanta cura l’etimologo deve porre nella
definizione della corretta databilità di un documento, nella ricerca del suo originale, e far rilevare come, molte volte,
una prima attestazione già contenga in sé la chiave della parola da giudicare. Basilari furono, prima del 1970, per il
lessico francese, gli studi sulla datazione di Höfler, e in seguito il FEW e il TLF. Inoltre è fondamentale determinare
anche gli esatti significati delle prime attestazioni. Le fonti secondarie (dizionari storici, citazioni da altre edizioni) non
sono prive di errori; magari solo di stampa ulteriore cautela sarà per l’etimologo ricostruire ogni attestazione sulla
fonte originale.
3.3. LA BASE FONETICA: Diez scrisse nel 1853 nella prefazione al suo dizionario delle lingue romanze che “Il metodo
critico si sottomette ai principi e alle regole scoperti dalla fonetica senza scostarsene di un palmo, a meno che non
esistano chiare e reali eccezioni che costringano a farlo”. Questo principio è ancor oggi valido. La discussione sul
metodo che ebbe luogo alla svolta del secolo tra neo-grammatici ed esponenti di punta della visione linguistica
psicologica e dinamica, portò a errate riflessioni e condusse la linguistica ad una visione chiusa e unilaterale.
Parallelamente la rigida prospettiva genealogica della filologia storica trascinò nella medesima orbita della critica
anche la ricerca etimologica. 5
Il criterio dell’ineccepibilità delle leggi fonetiche andava superato. Anche la guerra mossa alle leggi fonetiche
danneggiò il lavoro della ricerca etimologica, tanto che Meier ha osservato come questi contrasti avevano causato
l’interruzione brusca nello sviluppo del “metodo critico” per 75 anni. Thurneysen nel 1904 aveva ammesso che
regole rigidamente formulate non possono condurre alla meta negli studi etimologici, quando invece ogni singolo
caso vuole esser trattato individualmente e ogni parola deve essere giudicata in base all’ambiente nel quale si
muove.
Oggi non si parla più dell’ “infallibilità” delle leggi fonetiche. In ogni caso, un’etimologia scientifica si basa ancora oggi
sui principi del cambiamento fonetico in un dialetto o in una lingua e deve giustificare le forme che sembrano far
eccezione foneticamente. Infatti, un’affermazione etimologica può dirsi esatta solo se la spiegazione fonetica prende
in considerazione le tendenze fonetiche valide per il dialetto o la lingua in questione e fornisce le spiegazioni degli
abeille aveille
sviluppi divergenti o contraddittori. Ad esempio il francese in luogo di esige la spiegazione della tappa
abeille
della sonorizzazione occitanica da –p->-b- . APICULA> non è dunque evoluzione fonetica autoctona, ma si
abeille è(ès)< apem
suppone che come sostituto del monosillabico sia prestito occitanico. Si dimostra così che le leggi
fonetiche non sono applicabili rigidamente. pitocco
3.4.1. LA BASE MORFOLOGICA: Alessio e Rohlfs ritengono che l’italiano ‘mendicante, accattone’, derivi dal
grego ‘mendico’ e dunque si tratterebbe di un bizantinismo diffuso dall’Esarcato di Ravenna.
pìtoro pitòn
Spitzer e Prati propongono invece di accostare la forma italiana al lucchese ‘pulcino’, al veneziano ‘
pit- occo-.
tacchino’, riconoscendo nella forma italiana una radice onomatopeica e un suffisso In realtà, solo un
– occo pitocco,
rilevamento cronologico del suffisso e la raccolta di tutte le attestazioni di oltre all’esame comparato
pit-
con gli esiti della radice onomatopeica in italiano e nei dialetti, consentiranno una decisione tra una delle due
tesi. La precisa identificazione fonetica e morfologica, nella definizione della struttura formale di una parola,
dipendono strettamente l’una dall’altra. Non sempre è semplice una simile identificazione, soprattutto quando
bisogna esaminare forme dialettali. Nel campo della formazione delle parole, gli studi dettagliati per le singole lingue
romanze sono ancora troppo indietro, se paragonati con le attuali conoscenze di fonetica. Gli studi dei suffissi
dialettali sono indispensabili per la spiegazione della stratificazione linguistica. Accanto alla fonetica, ha sicuramente
contribuito all’eliminazione di etimologie non scientificamente basate anche lo studio dei fatti morfologici. Tra i
compiti dell’etimologo c’è anche quello dell’identificazione degli elementi derivativi.
3.4.2. LOCUZIONI VERBALI E PROVERBIALI: Nella vasta area dei modi di dire e dei detti proverbiali si apre un campo
di lavoro particolarmente fertile e stimolante per via delle relazioni reciproche tra l’etnolinguistica e la ricerca
etimologica, dimostrate in un saggio di Ottavio Lurati che ha fatto notare come l’ultimo covone viene chiamato in
tedesco Roggenhund, Roggenwolf, Graswolf (cane di segala, lupo di segala, lupo d’erba) e che in Francia prendere
l’ultimo covone, si può dire anche prendere il lupo. Punto di partenza dunque è dunque la credenza popolare,
ampiamente diffusa in Europa, che parte dalla convinzione che un demone dimori nel campo di grano e che, con
l’avanzare della mietitura del grano, venga ricacciato sempre più indietro, fino a quando, col taglio dell’ultimo
covone, muore.
3.5. BASE SEMANTICA (MUTAMENTO DI SIGNIFICATO): All’inizio del ‘900 l’attenzione degli studiosi si rivolse alla
semantica. Noi consideriamo un mutamento di significato generalmente valido uno spostamento, per esempio, della
dimensione semantica:: lì dove la denominazione del concetto superiore diventa denominazione di un concetto
ble
subordinato. Cosi il francese ‘cereale’ designava originariamente il concetto superiore. As seconda però delle
blè
aree di coltivazione, il francese può venire usato per designare quel tipo particolare di cereale principalmente
coltivato in una determinata zona o vallone. Esiste anche il fenomeno inverso, la cosiddetta estensione di significato:
panier
il francese , italiano paniere, denominano un cesto in generale e derivano dal latino PANARIUM che indicava il
cesto per il pane. I mutamenti di significato risalgono già in epoca più remota, per le lingue romanze già in epoca
latina. Per esempio, quando nel II secolo a.C., accanto al classico EQUUS apparve in latino CABALLUS, ciò avvenne per
differenziazione semantica: accanto al cavallo da sella (EQUUS), CABALLUS andò a occupare l’area che designava il
quadrupede impiegato per i lavori agricoli e di trasporto. Probabilmente la progressiva affermazione di CABALLUS
dipende dalla rivalutazione funzionale del cavallo, sempre più impiegato nel lavoro quotidiano.
Negli spostamenti semantici non si possono osservare solo singole forme isolatamente (EQUUS-CABALLUS), ma si
deve accompagnare nell’analisi anche il correlato femminile (EQUA-CABALLA-*JUMENTA). Di norma i mutamenti di
significato sono irreversibili, fanno eccezioni i neologismi e le neoconiazioni di coloro che vogliono consapevolmente
restituire ad una parola il significato originario (D’Annunzio).
Tra il 1899 e il 1903 si ebbe la disputa tra Schuchardt e Thomas a proposito del peso che potessero avere argomenti
di natura semantica per la dimostrazione della correttezza di un’etimologia. Entrambi era d’accordo sul fatto che
un’etimologia potesse essere esatta solo se, accanto ad una chiara evidenza dello sviluppo fonetico, anche la parte
semantica giocasse a sostegno della proposta etimologica. Tuttavia Thomas era convinto che le leggi fonetiche
avessero maggior peso, mentre Schuchardt sosteneva che il maggior ruolo era giocato dagli aspetti semantici. Questa
disputa non ebbe vincitori, poiché nel 1904 Tappolet unificò le proposte partendo dalla considerazione “che ogni
parola è composta di due elementi, uno fonetico e uno concettuale, e che questi due elementi hanno lo stesso
valore, in quanto non può esistere una parola senza significato e neppure un significato senza un sostegno fonetico.
La querelle prese avvio a proposito della serie lessicale trovare-trouvèr-trobare. ….. Gli studi più recenti hanno dato
ragione a Thomas, rendendo maggiormente probabile una progressione da *tropare ‘esporre allegoricamente’ >
‘comporre’> ‘trovare’.
Si può sostenere che ogni etiologia deve soddisfare sia le leggi fonetiche sia i dati di fatto semantici. Ogni etimologo,
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come ogni linguista, deve fare i conti con le regole del mutamento fonetico e di quello semantico.
3.6. DIALETTOLOGIA ED INTERPRETAZIONE GEOLINGUISTICA E STRATIGRAFICA: All’inizio del ‘900, grazie ai lavori di
Gillièron e di Jud, vengono prese in considerazione anche le istanze della geografia linguistica. L’insediamento
geografico di un lessema riveste un’importanza decisiva per le proposte etimologiche, particolarmente quando siamo
in presenza di forme provenienti dal sostrato o dal superstrato. Lo stesso Von Wartburg ebbe a riconoscere che “la
diffusione geografica di una parola è effettivamente una delle più importanti risorse metodiche per la ricerca
etimologica”. Devono, dunque, essere prese in considerazione tute le fonti dialettologiche a nostra disposizione, dai
dizionari dialettali agli atlanti linguistici di grandi e piccole aree.
La diffusione di una parola può essere determinante p