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LATINO, LATINO VOLGARE, PRE-ROMANZO

In origine, verso l'VIII secolo, il latino era parlato a Roma e in una parte del Lazio (tra il basso corso del Tevere e

l'odierna Palestrina), ma con l'espansione del dominio romano divenne la lingua dei territori dell'Impero romano.

Nella parte orientale dell'Impero non ha mai prevalso al greco ma fu comunque lingua dell'amministrazione fino

all'epoca di Giustiniano (527-565 d.C.), che scrisse proprio in latino il “Corpus iuris civilis”.

Possediamo documentazione diretta del latino scritto, quindi letterario, anche se il latino di cui le lingue romanze

sono una continuazione è quello parlato, di cui esiste solo documentazione indiretta (affermazioni autori,

osservazioni grafici) e che possiamo ricostruire anche attraverso la comparazione tra forme correlate nelle lingue

romanze.

La lingua scritta non è diversa dal parlato ma è uno degli usi che variano secondo il livello culturale e secondo il

registro dei parlanti: la lingua scritta è formalizzata e risponde ad un insieme di regole speciali (la formalizzazione

del latino fu molto rigida e resistente tanto che dal II-I secolo a.C. il latino letterario rimase stabile).

Il latino letterario è una lingua unitaria mentre le lingue romanze sono diverse tra loro nonostante l'origine comune

e ciò è dovuto al collasso delle strutture politiche, amministrative e della scuola con la crisi e il disfacimento

dell'Impero d'Occidente.

Le numerose iscrizioni distribuite in tutte le parti dell'Impero permettono di individuare una distribuzione regionale

di tratti linguistici estranei al latino letterario.

Alla variabilità del parlato fa riferimento anche San Girolamo nel commento alla lettera di San Paolo ai Galati del

386 d.C. ("il latino cambia ogni giorno secondo dove si parla e col tempo").

L'ipotesi di Varvaro è che si debba pensare ad un "latino sommerso", che non appare nemmeno nelle scritture più

vicine al parlato poiché espressioni di ignoranza, e ad esso si dovrebbero attribuire le innovazioni che si riscontrano

nelle lingue romanze da quando iniziarono ad essere documentate, ossia dal IX secolo.

La norma linguistica colta di Roma esercitò un forte potere unificante al livello alto della lingua fin quando durò la

coesione dell'Impero: il latino dell'uso colto, pubblico e letterario era quello di Roma e a ciò contribuirono la

centralizzazione del potere, la concentrazione a Roma di chi produceva cultura, un eccellente sistema di

comunicazioni e un efficiente sistema economico e scolastico.

La diversificazione e la variabilità della lingua sono rimaste confinate ai livelli bassi e negli stili informali mentre a

livelli di scambio e prestigio si parla di omogeneità del latino fino alla crisi dell'Impero.

Con "latino sommerso" si intende un latino censurato negli usi formali e nella scrittura poiché scorretto rispetto a

quello standard (che nella fase degli autori del I secolo a.C. sarà il latino classico).

Con "latino volgare" identifichiamo il latino diverso dalla norma colta e in cui si ritrovano e si attribuiscono le

innovazioni testimoniate dalle lingue romanze: significa "latino popolare", anche se tuttavia non è la lingua propria

degli strati sociali bassi ma una realtà continua che attraversa tutti gli strati sociali.

Lo stato della lingua latina da cui hanno origine le lingue romanze ricostruito a partire da sé stesse attraverso il

metodo storico comparativo si chiama "pre romanzo/ protoromanzo".

L'etichetta "latino preromanzo" guarda in diacronia retrospettiva con le tecniche della ricostruzione mentre il

secondo in diacronia prospettica poiché guarda in avanti dal latino documentato ai suoi risultati nelle lingue

romanze.

Nonostante a causa del metodo ricostruttivo il pre romanzo appare ordinato e uniforme, un latino parlato uniforme

non dev'essere mai esistito.

FONTI PER LA CONOSCENZA DEL LATINO VOLGARE

Anche i testi scritti dai meno colti si differenziavano dal latino parlato spontaneo, quindi non abbiamo testi "in

latino parlato" vero e proprio.

Tra i testi che documentano le forme e gli stili del latino diversi dal grado di quello letterario classico troviamo:

- le lettere di Cicerone rivolte agli amici, esempio di uso colloquiale della lingua ma pur sempre colta

- papiri e "òstraca" (scritture su coccio) dall'Egitto, esempi di lingua pratica non letteraria e soprattutto lettere di

soldati, tra cui 14 dalla famiglia del legionario Tiberiano

- iscrizioni, raccolte nel "Corpus Inscriptionum Latinarum", in 17 volumi. Numerose sono scolpite, rare dipinte (e

sono soprattutto a Pompei), altre graffiti (anch'esse a Pompei). Le iscrizioni sono ovviamente localizzabili e spesso

databili (perché portano una data o perché si riferiscono a specifici eventi).

Gli errori lasciano trasparire la lingua parlata: chi scrive "hoctober" ad esempio inseriva l'h per tradizione

ortografica senza sapere che la parola corretta era "october" e questo è un esempio di errore "ipercorrettissimo"

poiché tentativo fallito di produrre una forma corretta.

- tavolette d'esecrazione, ossia formule incise su lastre di piombo per portare sfortuna a nemici e rivali

- alcuni autori: le commedie di Plauto, documento di lingua arcaica, si avvicinano alla lingua parlata, mentre nella

"Cena Trimalchionis" di Petronio la lingua parlata è imitata per caratterizzare i personaggi

- opere tecniche, come il "De Agricoltura" di Catone il Vecchio, il "De Rustica" di Palladio ecc.

- autori tardi che nonostante volessero scrivere in un latino corretto a causa della loro modesta cultura usarono

invece una lingua ricca di parole e tratti della lingua corrente: il testo già notevole è la relazione del viaggio in

Terrasanta di una nobildonna di nome Egeria

- traduzioni della Bibbia precedenti a quella di San Girolamo (anche quella di San Girolamo stesso presenta tratti

del latino non classico poiché la priorità era rendersi comprensibili ai lettori meno colti)

- fonti metalinguistiche, ossia annotazioni dei grammatici e osservazioni degli autori sulla lingua (come quella di

sant’Agostino nel "De Doctrina christiana" da dove si evince che il valore distintivo dell'opposizione tra vocali

lunghe e brevi all'inizio del V secolo preesisteva a Roma ma non in Africa).

- "Appendix Probi": elenco di 227 prescrizioni del III/ VII secolo d.C. documento di numerosi fenomeni di

evoluzione del latino che hanno riscontro nelle lingue romanze

IL LATINO E LE LINGUE PRECEDENTI

Le lingue di sostrato sono le lingue alla quale il latino si è sostituito. Il processo non è stato immediato e

inizialmente tra latino e lingua del luogo c'è stato un rapporto di bilinguismo, poi di diglossia e infine l'abbandono

della lingua del luogo (con qualche eccezione, ad esempio il basco). Questo fenomeno ha avuto luogo in ambito

romanzo moderno con la conquista dell'America da parte di Spagna e Portogallo.

A partire dall'opera di Ascoli è stata formulata l'idea di spiegare con l'influsso dei sostrati vari mutamenti propri

delle lingue romanze poiché si trasporta una parte delle abitudini fonetiche della lingua materna quando si impara

una nuova lingua.

Suscitò obiezioni e discussioni, ma è certo invece l'influsso del sostrato sul lessico cioè il fatto che dalle lingue di

sostrato sono passate in latino numerose parole conservatesi nelle lingue romanze.

Tra le lingue su cui il latino si è imposto:

- etrusco e lingue italiche: etrusco, greco e lingue italiche interagirono con il latino fin dalle origini poiché il

territorio intorno a Roma era un crocevia di popolazioni. L'etrusco è una lingua non indoeuropea di cui abbiamo

conoscenza limitata poiché le iscrizioni sono brevi e ripetitive. La lingua del gruppo delle antiche lingue italiche

era il sabino, affine per molti aspetti al latino, ed era parlato sicuramente nella Roma arcaica in subordine ad esso.

Al gruppo italico appartengono osco, dialetti sabellici e umbro.

- greco: a Roma era la lingua degli schiavi proveniente dal Mediterraneo orientale, dei liberti e degli ambienti

commerciali (bilingui). Il greco interagisce col latino da una posizione di prestigio poiché le classi colte erano

bilingui e mandavano i figli a studiare in Grecia. Il lessico intellettuale latino si modella sul greco e tra gli artefici è

Cicerone.

- lingue celtiche: le lingue del celtico continentale sono gallico, lingua dei celtiberi e quella dei galati, e si estinsero

entro il 500 d.C. (tranne il Gallico che alla fine del IV secolo emerge in un passo di san Girolamo). Sono invece

ancora parlate le lingue del celtico insulare, composto dal gruppo gaelico (irlandese, scozzese, lingua dell'isola di

Man) e britannico (gallese, cornico e bretone).

Nel XII secolo la tradizione popolare di queste lingue ebbe un ruolo importante nella narrativa francese.

- lingue iberiche pre-romane: la Spagna nonostante un'aspra resistenza fu romanizzata profondamente. La

documentazione delle lingue della Penisola iberica preromana è scarsa e difficilmente interpretabile, anche se il

basco (lingua di questo gruppo non indoeuropea) è parlato ancora oggi.

-illirico, tracio e daco: le fonti per la conoscenza dell'illirico sono minime e fu probabilmente parlato fino al IV

secolo. In rapporto con l'antico illirico è l'albanese. I testi traci (a oriente nei Balcani) sono difficilmente

interpretabili e abbiamo poche testimonianze sia di questo che del daco.

Sappiamo che erano lingue di sostrato soggiacenti al romeno.

- ligure, ladino e antico veneto

RUOLO DEL CRISTIANESIMO

Nell'innovazione della lingua ebbe un ruolo fondamentale il cristianesimo sia per gli effetti sul lessico che per

l'orientamento nello stile della lingua. Un concetto fondamentale è che la lingua della cultura dovesse essere

accessibile agli ignoranti anche a prezzo di derogare dalla grammatica tradizionale (Sant'Agostino: meglio essere

censurati dai grammatici che non essere capiti dalla gente).

In realtà il latino cristiano non era affatto incolto e gli autori cristiani avevano in genere un'ottima formazione

retorica, ma viene posto come ideale l'umiltà dello stile (sermo humilis) che corrisponde sul piano teologico

all'umiltà di Cristo, sul piano linguistico al linguaggio della Bibbia (vicino alla lingua popolare) e sul piano della

predicazione alla necessità di comprensibilità del discorso.

L'idea che si dovesse cancellare la cultura greco romana del passato, patrimonio degli ambienti non cristiani, ebbe

sostenitori tra i Padri antichi della Chiesa, ma prevalse poi 'idea che la tradizione antica poteva e doveva essere

conservata al servizio della nuov

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A.A. 2017-2018
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/09 Filologia e linguistica romanza

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giorgia2808 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fondamenti di filologia e linguistica romanza e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Paradisi Gioia.