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SOCIOLINGUISTICA
socio-economico dei parlanti. Svariati sono i condizionamenti che portano la comunità dei parlanti a
frazionarsi in più strati:
- età: la generazione più anziana è solitamente anche la più refrattaria al mutamento;
- status sociale: più alto è lo status minimo sarà l’uso di forme considerate marcate;
- occasione: più la situazione è formale più la lingua utilizzata cercherà di attenersi alla lingua
standard.
Il prestigio sociale di cui gode un dato registro è soggetto a variazione sia sul piano diacronico, sia
diatopico:
- in Francia la realizzazione uvulare [R] di r, inizialmente variante utilizzata dai ceti più bassi di
Parigi, è stata portata in auge dalla Rivoluzione francese;
- nello spagnolo la realizzazione [h] di f tipica del ceto basso dei parlanti castigliani si è presto
diffusa in tutto lo stato sorretta dal prestigio del Castigliano, mentre nella Castiglia stessa tale
realizzazione è stata per molto tempo censurata;
- in Toscano testa è forma standard, mentre capo viene sentito come rustico, al contrario in italiano
standard se testa resta la forma standard, capo è stato connotato come forma dotta non adatta alla
conversazione quotidiana.
LA SORTE TOSCO-ITALIANA DELLE OCCLUSIVE SORDE LATINE
In prosecuzione delle occlusive sorde latine in italiano possiamo avere esiti sia sordi che sonori:
Ex. DIGITU > dito LOCU > luogo
Molte sono state le teorie avanzate:
: riconduce forme del tipo > padre ad un effetto sonorizzate della
GRAZIADIO ISAIA ASCOLI PATER
[‘a] accentata, mentre opposizioni del tipo fuoco/luogo le riconduce ad
un diverso punto di partenza fonomorfologico, luogo deriverebbe
dall’accusativo, mentre fuoco da un nominativo sincopato del tipo
* < .
FOCS FOCUS
: elabora la secondo cui l’esito sonoro o sordo
WILHELM MEYER-LÜBKE TEORIA DEGLI ACCENTI
sarebbe condizionato dalla posizione relativa rispetto la vocale tonica
su penultima o terzultima sillaba.
Entrambe le teorie non risolvono il problema; è vero infatti che spesso entrambi gli esiti sono
attestati con specializzazioni differenti, ad esempio lacrima è del linguaggio standard, lagrima del
linguaggio aulico.
Appare chiaro che i due esiti non possono essere spiegati da condizionamenti esercitati dal contesto,
ne tengono conto le due maggiori spiegazioni elaborate durante il Novecento:
CLEMENTE MERLO: considera veramente toscano, e dunque italiano l’esito sonoro, e
giustifica quello sordo come un esempio di ipercorrettismo dotto su base latina.
GERARHARD ROHLFS: giudica veramente toscano, e dunque italiano, l’esito sordo e considera
quello sonoro come esito dell’influenza sul toscano delle parlate settentrionali e galloromanze.
Le due teorie si presenterebbero quasi intercambiabili se non che vi sono diverse prove a favore
dell’ipotesi di Gerarhard Rohlfs:
- nella morfologia flessiva dell’italiano (uno dei settori più stabili di ogni lingua) non riscontriamo
alcuna tendenza a sonorizzare le occlusive sorde originarie (ex. desinenze -ate, -ete, -ite
mantengono [t])
- vi sono altri casi in cui un esito propriamente toscano si affianca ad un esito allogeno di tipo
galloitalico/galloromanzo (ex. bacio (esito allogeno)/ (esito autoctono)
BASIU
-è da considerarsi il grande influsso che la cultura e langua francese ebbero sull’italiano durante il
Duecento e il Trecento
Non si può tuttavia dire che ogni occlusiva sonora sia spia di un prestito:
ad esempio l’italiano antico conosce da sia atro che adro, è tuttavia impossibile che adro si
ATRU(M)
possa ricondurre ad una forma galloromanza, in quanto non sembra avere continuatori
ATRU(M)
popolari in nessuna lingua indoeuropea. Si deve dunque postulare che la sonorizzazione delle
occlusive sorde si introdusse in italiano per mezzo di un certo numero di prestiti, ma che in seguito
tale fenomeno venne istituzionalizzato come regola, in modo così da dare all’italiano lo stesso
prestigio del francese, in modo tale che ogni occlusiva sorda a prescindere dalla sua origine, colta o
ereditaria, poté essere trasformata in sonora, a patto che si trovasse fra due elementi sonori.
GLI INDOEUROPEI
In un certo numero di lingue indoeuropee si è conservata la base lessicale *bhā(w)
g - che trova
continuatori ad esempio nel latino fagus (faggio) e nel gr. φηγός (quercia). Ciò ha fatto supporre che
se gli indoeuropei conoscevano il faggio allora la loro sede originaria avrebbe dovuto collocarsi in
un’area dove il faggio prospera, non in Asia quindi ma nell’area nord-europea. Tuttavia se è certo
che la radice *bhā(w)
g - indichi un fitonimo, è impossibile dimostrare che esso avesse lo specifico
significato di faggio, dato che ad esempio il greco lo traduce come “quercia”, il russo e l’ucraino
come “sambuco”, è inoltre molto comune che nell’ambito della fitonimia popolare vi sia il
passaggio di un significante da un significato ad un altro.
Sono riconducibili all’indoeuropeo *òwis “ovino”:
sscr. àvi- gr. οἴς,οἶς lat. ovis
w
Sono riconducibili all’indoeuropeo *g ous “bue/vacca”
sscr. gàuh gr. βου̃ ς lat. bos, bovis
L’analisi lessicalistica indica che per gli indoeuropei ovini e bovini ricoprivano un ruolo particolare,
ossia che essi erano allevatori, conferme di questa testi vengono dal metodo di analisi testuale:
-nella letteratura greca non sono infrequenti paragoni che equiparano i componenti del nucleo
familiare a bovini, vacca è la moglie, bue o toro il marito, giovenco il figlio (ancor oggi in italiano
giovenco e giovane vengono dalla stessa base radicale); si veda ad esempio la battuta “tenete il toro
dalle nere corna lontano dalla vacca” (Eschilo, Agamennone 1125 ss.), o quando Pindaro fa
chiamare a Giasone vacca la propria antenata.
-l’epiteto omerico βοῶπις “dall’occhio bovino”
Gli indoeuropei erano un popolo nomade, patriarcale, dedito all’allevamento, religioso di una
religiosità di tipo celeste, organizzato per tribù e sottomesso a re con potere più che altro religioso
(ex. a Roma quando viene abbattuta la monarchia viene mantenuta la carica del rex sacrificulus,
colui incaricato dei sacrifici).
Non si riscontra nelle lingue indoeuropee una denominazione comune per indicare il mare, ciò fa
supporre che gli indoeuropei non conoscessero il mare e che provenissero da zone interne del
continente, probabilmente le steppe dell’Eurasia.
Ex. - tipo mar/mare è il più diffuso ed è di orginine i-e. (ex. lat. mare, maris),
inizialmente doveva però avere il significato generico di “acqua chiusa” (ex. ingl
moor = ted. Moor “palude”, fr. marais “terreno paludoso”, ted. Marsch = ingl. marsch
“area fertile, bassa e paludosa”
-tipo *saiwa (da cui ingl. sea, ted. See ) di origine non indoeuropea
-denominazioni greche di origine indoeuropea mostrano evidenti slittamenti
semantici: πέλαγος/ “spazio, distesa”; πόντος (da cui il sscr. pàntha-) “ponte”
PELAGUS
Conferma l’ipotesi che almeno in un primo tempo la regione mediterranea dovesse essere
sconosciuta agli indoeuropei è il fatto che molte piante tipiche del clima mediterraneo hanno nome
non indoeuropeo. ῥόδον
Ex. - lat. gr.
ROSA
Queste sono forme evidentemente legate ma che infrangono le normali regole di
traslitterazione fonologica fra greco e latino; le due forme derivano infatti da un terza
forma preindoeuropea, che doveva presentare in posizione intervocalica un fono
probabilmente interdentale (ð), estraneo al latino e al greco che lo hanno riprodotto
con i mezzi a loro disposizione per approssimazione.
ἄμπελος
- lat. gr.
PAMPINUS
Queste forme (poiché sempre lat. p > gr. p) sono adattamenti diversi di una terza
forma pre-indoeuropea in cui la p iniziale doveva avere di prefisso (forse con valore
di articolo), prefisso mantenuto nella forma latina, abolito in quella greca.
- lat. gr. σῦκον
FICUS
Adattamenti di una forma pre-indoeuropea che conteneva un fono interdentale del
tipo θ diversamente reinterpretato da ciascuna lingua.
L’assenza di un lessico funerario comune ha fatto supporre che gli indoeuropei si fossero divisi
prima che invalessero le pratiche funerarie data attorno al 100000 a.C.; è invece più probabile che
tale frammentazione sia dovuto al processo del che sottopone ad un continuo
TABU’ LINGUISTICO
rinnovamento tale tipo di terminologia.
La presenza in Europa e in Asia di forme omoradicali provenienti da radici pre-indoeuropee prova
che gli indoeuropei si sovrapposero a popolazioni preesistenti accomunate da una stessa cultura di
fondo e da lingue affini: questo viene definito come .
SOSTRATO INOMEDITERRANEO
Ex. Gli eroi Bellerofntes “uccisore di Belleros” e Vrtra-hàn (uccisore di Vrtra)
appartengono allo stesso modulo mitologico, entrambi gli eroi uccidono un mostro
che è personificazione dell’inverno; Belleros e Vrtra sarebbero due adattamenti
della stessa base preindoeuropea con significato di “demone del gelo”.
Gli Indomediterranei erano sedentari, con organizzazione matriarcale, dediti all’agricoltura,
praticanti una religione di tipo ctonio (ex. culto dei serpenti arrivato fino a noi), probabilmente
dotati di una cultura materiale più sofisticata rispetto a quella indoeuropea, infatti la maggior parte
delle denominazioni dei comfort domestici è di origine non indoeuropea.
Fatto singolare è che gli indoeuropei abbiano potuto, pur inferiori di numero e nomadi, conquistare
popolazioni stanziali, organizzate e in numero molto maggiore, tuttavia casi analoghi si sono dati
altre volte nel corso della storia (ex. l’inserimento di tutto il nord Africa nell’orbita musulmana).
Uno degli elementi che certamente favorirono gli indoeuropei fu la domesticazione del cavallo fin
dal V millennio a.C.
Non vi sono dati per stabilire la data dell’arrivo degli indoeuropei in Europa.
Poiché la lineare B costituisce una varietà di greco compiutamente formata risalente al II millennio
a.C., l’Ittita è attestato dal XVII sec. a.C. il momento dell’originaria unità indoeuropea e
conseguente diaspora non può essere posteriore al III millennio a.C.
Molte sono le ipotesi sulla identificazione degli indoeuropei:
-MARIA GIMBUTAS, archeologa lituano-americana li