vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
MUTAMENTO E VARIAZIONE NELLE LINGUE
Le lingue, in quanto entità calate negli usi di una concreta comunità sociale, presentano la proprietà
della variazione. Questa è innanzitutto visibile in prospettiva diacronica, dato che ogni lingua
conosce cambiamenti nel suo lessico e nelle sue strutture in relazione al passare del tempo.
All'insieme di tali cambiamenti si dà il nome di mutamento linguistico (di cui si occupa la
linguistica storica). I cambiamenti che avvengono in una lingua sono graduali e progressivi;
conferiscono a uno “stato di lingua” in un certo periodo un aspetto percettibilmente diverso rispetto
allo stato della stessa lingua in un altro periodo storico. Quando uno stato di lingua risulta così
cambiato da non essere più comprensibile ai parlanti di quella lingua, si è in presenza di una lingua
nuova. Questo è il caso dell'italiano e le altre lingue romanze che sono nate dal latino per una
somma di mutamenti intervenuti via via sino a farne una lingua diversa.
Il meccanismo dei mutamenti inizia con un'innovazione, prosegue con una fase in cui quest'ultima
si diffonde, viene accettata dalla comunità, e soppianta totalmente l'elemento vecchio.
Le cause e i fattori possono essere molteplici, dal cambiamento significativo dell'ambiente,
all'evoluzione economica o lo sviluppo socioculturale; tutti possono essere eventi scatenanti di
mutamenti linguistici, inclusa l'estinzione (o “morte”) di una lingua. Spesso la lingua che si estingue
lascia traccia su quella che le subentra: si tratta di fenomeni di sostrato, ossia l'influenza di una
lingua precedente su quella successiva. (es. fenomeni dovuti alle lingue prelatine che affiorano nei
tratti delle parlate romanze di alcune regioni, oppure i latinismi accolti nelle lingue slave al
momento dell'invasione della Balcania).
( Superstrato → la lingua della comunità che si è sovrapposta per ragioni politiche, economiche,
culturali a quella di sostrato, ad es. influssi francesi sull'inglese dopo la conquista normanna del
1066)
Fattori invece interni del mutamento sono le tendenze del sistema a regolarizzarsi, ottimizzare le
strutture, e anche le operazioni inconsce del parlante volte a semplificare la lingua. I singoli
mutamenti che avvengono in una lingua sembrano sempre seguire una logica interna, un percorso
dinamico coerente; tale direzione tendenziale del mutamento linguistico è stata chiamata “deriva”
(drift).
Mutamento morfologico:
Nella morfologia possono cadere categorie o distinzioni morfologiche e nascerne di nuove: nel
passaggio ad es. dal latino all'italiano viene a perdersi la categoria flessionale del caso, e in quella
del genere si perde il neutro.
La rianalisi invece è il fenomeno per il quale nelle lingue romanze si è formato il passato prossimo,
inesistente in latino. La nascita di questo tempo verbale implica una diversa analisi e interpretazione
del valore semantico e sintattico del verbo habere, che in latino ha solo il valore di verbo pieno col
significato di possedere → a un certo punto è avvenuto un indebolimento semantico del verbo che
ha preso la funzione di ausiliare. Questo fenomeno di passaggio da parola piena a vuota è un
fenomeno di grammaticalizzazione → un elemento del lessico diventa elemento della grammatica.
E' il caso del suffisso derivazionale -mente, che altro non è che il sostantivo mens, mentis latino che
veniva utilizzato all'ablativo. (teorizzata da Meillet).
Mutamento sintattico:
Esso concerne di solito l'ordine dei costituenti → es. il latino è SOV, costruisce a sinistra,
l'aggettivo precede il nome, l'avverbio precede il verbo; le lingue neolatine sono SVO, il nome
precede l'aggettivo, il verbo precede l'avverbio.
Mutamento semantico:
Questo mutamento si manifesta soprattutto come arricchimento del lessico (neologismi) che può
avvenire con mezzi interni alla lingua (derivazione, composizione) o con l'interazione con altre
lingue (vedi dopo).
Avviene anche l'opposto, la perdita di lessemi, o dei cambiamenti fra significanti e significati, es.
“gentile” in italiano antico, legato alla radice latina “gens, gentis” “famiglia,stirpe”, che da “nobile”
è passato a significare “cortese, garbato”.
Variazioni in prospettiva sincronica:
La lingua si adatta a tutti i vari contesti di impiego possibili in una cultura e società; la ragione
ultima della variazione linguistica sta quindi nel suo essere funzionale ai diversi bisogni
comunicativi e più ampiamente sociali. → variabile sociolinguistica = un punto o unità del sistema
linguistico (morfema, parola, pronuncia, costrutto) che ammette realizzazioni diverse ed
equipollenti (valore e significato inalterato) in correlazione con qualche fatto extralinguistico.
es. variabile morfologica → “a mio zio ci ho regalato un libro” che ha come correlato sociale
“appartenenza del parlante a un ceto basso”.
es. variabile lessicale → padre/papà = contesto formale/informale
La variazione è divisibile in quattro fondamentali dimensioni: diatopica (variazione nello spazio
geografico), diastratica (variazione nello strato sociale),diafasica (variazione di situazione
comunicativa) diamesica (variazione del mezzo o canale di comunicazione).
1) es. geosinonimi (papà/babbo, cocomero/melone)
2) es. in fonetica pronunce influenzate dal dialetto come “pasiensa” o “penzare”. Oppure
generalizzazioni/semplificazioni di paradigmi complessi come “dei svizzeri, un sbaglio, bevavamo”
3) tecnicismi come leasing, rating, gastroscopia, ecc. termini volgari/registro basso (sfortuna=
sfiga)
4) es. con le nuove tecnologie sono frequenti produzioni linguistiche che presentano caratteri
strutturali del parlato e dello scritto.
Repertorio linguistico
Il repertorio linguistico è la varietà di lingua presenti presso una certa comunità; possono essere
della stessa lingua o varietà di più lingue diverse.
Lingua standard → lingua codificata, dotata di una norma prescrittiva, repertorio di manuali di
riferimento, tradizione letteraria; è unitaria e adottata nelle scuole.
Dialetti → varietà di lingua di uso prevalentemente orale, estensione areale e demografica inferiore
rispetto alla standard.
Possono essere sistemi linguistici imparentati con la lingua standard ma con una loro struttura e
storia autonoma (come le lingue sorelle dell'Italiano) oppure essere varietà risultanti dalla
diversificazione territoriale di una certa lingua (come l'inglese statunitense).
Le minoranze linguistiche sono lingue non imparentate con la lingua standard, rappresentanti una
cultura e tradizione diversa da quella dominante nel paese. (es. tedesco, francese e sloveno sono
ufficialmente riconosciute in Italia).
Le esolingue sono invece lingue coloniali che coesistono con le locali.
Repertori plurilingui:
La diglossia è una situazione di bilinguismo in cui le due lingue coprono ambiti e ruoli socialmente
differenziati. In questi casi la varietà alta della lingua, non viene usata nel parlato quotidiano fra i
membri della comunità, ma solamente in ambito formale e ufficiale (es. scuola).
La dilalia è una situazione in cui la lingua alta viene utilizzata anche nella quotidianità e nella
socializzazione primaria.
Fenomeni di contatto fra lingue:
Interferenza → influenza che un sistema linguistico può avere su un altro, e che si manifesta nel
trasporto di materiale linguistico da una lingua all'altra. Ad es. utilizzare il lessico della lingua
standard ma strutturandolo come la lingua di interferenza. (“La terza persona più simpatica del
mondo” è una struttura tipicamente inglese, che per interferenza è entrata nell'uso comune italiano).
Prestito → materiale linguistico di superficie, soprattutto lessicale, che viene adottato da una
lingua altra.
L'italiano ha assunto in tutti i secoli della sua storia prestiti dalle varie lingue con cui è venuto in
contatto, spesso non più riconoscibili come tali (es. arabo, francese, tedesco). Da almeno
cinquant'anni a questa parte sono particolarmente numerosi i prestiti dall'inglese, per questioni di
predominio sulla scena politica, culturale, economica. I prestiti subiscono quasi sempre un
adeguamento parziale alle strutture proprie del sistema ricevente. (es. jogging pronunciato
giogghing, è un adattamento fonetico, stagista è un integrazione morfologica dal francese stage)
Calco → il calco, in quanto imitazione della forma interna di un modello alloglotto, presuppone che
questo sia analizzabile sul piano della struttura e del significato o solo di quest'ultimo.
Inoltre è necessario che il parlante sia in grado di cogliere l'articolazione del modello e abbia a
disposizione nella lingua-replica strutture tali da rendere possibile un'imitazione almeno
approssimativa. Parole come “okay” che non può essere resa in italiano viene accolto come prestito;
invece composti come “outlaw” “ça va sans dire” possono fornire il modello per dei calchi.
Calco strutturale → usa mezzi linguistici della lingua modello, ne ripropone la configurazione
nella propria lingua. Le parole nate come calchi strutturali non esistevano precedentemente nella
lingua ricevente.
(es. skyscraper diventa grattacielo, basketball diventa pallacanestro, umlaut diventa metafonia)
Calco semantico → E' polisemia indotta per imitazione. Ovvero di una parola si introduce un
secondo significato non letterale, una parola preesistente nella lingua ricevente solo in senso stretto.
Es. “ala” utilizzato in senso sportivo, proviene dall'inglese “wing”, “realizzare” nel senso di
rendersi conto proviene dall'inglese “realize”.
Commutazione di codice → indica l'uso alternato di due lingue diverse, che può avvenire in
concomitanza con aspetti pragmatici o meno. es. discorso in italiano inframezzato da parti in
dialetto.
Cenni di storia della disciplina
E' nella prima metà dell'Ottocento che la linguistica si sviluppa come specializzazione autonoma,
ciò non significa però che sin dai tempi antichi non sia esistito un pensiero linguistico molto
sviluppato, con ampie speculazioni sulla natura e il ruolo del linguaggio verbale nella cultura,
nella storia e nel comportamento umano.
Il primo corpo sistematico di dottrine sul linguaggio si può rintracciare nel pensiero filosofico greco
classico (Platone, 428-348 a.C) e nella cultura indiana del V-IV sec. a.C.
E' chiaro che in India la linguistica doveva aver percorso un buon cammino già prima della metà del
primo millenn