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Indice di sintesi = rappresenta il numero dei morfemi per parola, si
ottiene dividendo, in un dato testo, il numero dei morfemi per il
numero delle parole. Più è basso e più il numero dei morfemi tende
a coincidere con quello delle parole, più la lingue è detta analitica;
al contrario, più è alto l’indice, più la lingua è sintetica.
Non presentano morfologia flessionale e hanno poca o nulla
morfologia derivazionale. I significati e i valori di varia natura sono
affidati al lessico o ad altri mezzi, come la sintassi.
Oltreché mono-morfematiche, le parole sono anche spesso
monosillabiche.
Es. vietnamita, cinese, thailandese, hawaiano, etc. Anche l’inglese
presenta alcuni caratteri di lingua isolate, grazie soprattutto alla
morfologia flessionale assai ridotta che possiede.
Lingue flessive (o fusive):
o Parole internamente abbastanza complesse, costituite
tendenzialmente da una base lessicale semplice (radice) o derivata
e da uno o più affissi flessionali che spesso sono morfemi
cumulativi.
Indice di sintesi attorno a 2:1 o fra 2:1 e 3:1
Vi sono molti fenomeni di allomorfia e fusione, che amalgamano
spesso i singoli morfemi e li rendono non ben separabili e
identificabili con qualche difficoltà. Non sono rari fenomeni di
omonimia, sinonimia e polisemia di morfemi.
Es. lingue indoeuropee, greco, latino, russo, lingue romanze. Il
francese, tuttavia, nella versione parlata, sensibilmente diversa
dallo standard scritto in quanto non marca alcune opposizioni di
flessione realizzate sono nella grafia, può presentare un indice di
sintesi inferiore a 2, che lo avvicina quasi alle lingue isolanti. Anche
l’inglese viene considerato fondamentalmente una lingua fusiva,
anche se la ridotta morfologia flessionale da esso posseduta può
rendere l’indice di un testo inglese simile a quello delle lingue
isolanti.
Sottotipo delle lingue introflessive: i fenomeni di flessione
avvengono anche dentro la radice lessicale i morfemi flessionali
ed eventualmente derivazionali sono in parte dei transfissi vocalici
che si inseriscono all’interno di una base discontinua
triconsonantica, intercalandosi tra le consonanti di questa (es.
arabo)
Lingue agglutinanti:
o Le parole hanno una struttura complessa, sono formate dalla
giustapposizione di più morfemi, che danno luogo ad una catena di
morfemi anche lunga; presentano quindi un alto indice di sintesi,
spesso attorno o superiore a 3:1.
I morfemi hanno di solito un valore univoco e una sola funzione
(non vi sono, o sono rari, morfemi cumulativi).
All’interno della parola i morfemi sono facilmente individuabili, ben
separabili l’uno dall’altro; sono anche relativamente rari i fenomeni
di allomorfia e di omonimia tra morfemi.
Le parole possono essere anche molto lunghe e sono costituite da
una radice lessicale a cui sono attaccati più affissi il
corrispondente di quello che in una lingua agglutinante è una sola
parola, un nome o un verbo, in una lingua come l’italiano è spesso
un sintagma nominale o un verbo complesso.
Es. turco, basco, giapponese, lingue bantu, esperanto (più nota ed
importante delle lingue ausiliarie inventate).
Lingue polisintetiche:
o Struttura della parola più complessa, formata da più morfemi
attaccati insieme, ma presentano la peculiarità che in una stessa
parola compaiono 2 o più radici lessicali, morfemi pieni.
Realizzano nella morfologia valori semantici che di solito sono
affidati al lessico. L’indice di sintesi medio è quindi 4:1 o superiore.
Presentano fenomeni di fusione che rendono a volte poco
trasparente la struttura della parola.
Es. molte lingue amerindiane (es. lingue del gruppo eschimese),
quelle della famiglia paleosiberiana, molte lingue australiane, ecc.
Sottotipo delle lingue incorporanti: sistematicità con cui il
complemento diretto è incorporato dalle radici verbali (es. coriaco)
• Le lingue isolanti sono lingue tipicamente analitiche (= “spezzano” il
contenuto da codificare e trasmettere in blocchi unitari semplici), mentre le
lingue agglutinanti e ancor più quelle polisintetiche sono lingue sintetiche (=
sintetizzano assieme più blocchi di contenuto, ottenendo entità complesse).
• Italiano: fondamentalmente lingua flessiva. In certi settori della formazione delle
parole, tuttavia, troviamo la presenza di fenomeni o meccanismi degli altri tipi
morfologici:
Isolante, come in “auto civetta”
o Agglutinante, come nei cumuli di suffissi e/o prefissi
o Polisintetico, tipicamente nelle parole composte
o
Tipologia sintattica
• Secondo criterio o principio per classificare le lingue: basato sulla sintassi,
precisamente sull’ordine basico dei costituenti principali della frase, che
sono quelli che realizzano il soggetto (S), il verbo o predicato verbale (V) e il
complemento oggetto o diretto (O).
• Dal punto di vista delle possibilità teoriche di combinazione, sono possibili 6
ordini diversi: SVO, SOV, VSO, VOS, OVS, OSV. Almeno 5 di questi ordini, se
non tutti e 6, risultano presenti nelle lingue del mondo, ma con una consistenza
e distribuzione statistica molto diversa:
SOV è l’ordine più frequente
o SVO è il 2° per frequenza
o VSO è il 3°
o VOS è il 4°
o Gli altri 2 sono marginali: OVS si riscontra con una frequenza molto
o bassa, mentre OSV appare rarissimo, se non assente del tutto
• L’italiano, come tutte le altre lingue romanze, l’inglese e altre lingue
germaniche, le lingue slave, il greco, il finlandese, l’ebraico moderno, ecc. è
lingua SVO. Lo statuto del tedesco, invece, è discusso: può essere considerato
una lingua SVO, se si guarda l’ordine delle frasi principali, o SOV, se si guarda
quello delle subordinate.
• Sono SOV, fra le altre, turco, giapponese, coreano, ungherese, quechua. Sono
VSO arabo, ebraico classico, gaelico, ecc.
• Si noti che il latino potrebbe essere considerato sia una lingua SOV sia una
lingua ad ordine libero, data la frequenza con cui si trovano anche altri ordini. In
genere, meno morfologia flessionale – e in particolare di caso – hanno le lingue,
più tendono ad avere un ordine fisso, che consente l’identificazione delle
funzioni sintattiche altrimenti ottenute con mezzi morfologici.
• Gli ordini predominanti sono SOV e SVO, seguiti da VSO, perché:
Se non ci sono buoni motivi perché sia diversamente, il soggetto di una
o frase coincide con il tema e questo, nell’ordine naturale dei costituenti
informativi, sta in prima posizione (prima il tema, ciò di cui si parla, e
poi il rema, ciò che si dice al proposito). Entrambi i due ordini
predominanti, infatti, hanno il soggetto in prima posizione.
Inoltre, sembrano agire 2 principi:
o Di precedenza: fra i costituenti nominali il soggetto, data la sua
prominenza e priorità logica, deve precedere l’oggetto