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Morfemi lessicali (classe aperta)
o Morfemi grammaticali:
o Derivazionali (classe chiusa, derivano parole da altre parole)
Flessionali (classe chiusa, danno luogo alle diverse forme di una
parola)
• Non sempre, tuttavia, la distinzione tra morfemi lessicali e morfemi
grammaticali è del tutto chiara ed applicabile senza problemi: in italiano, è
questo il caso di molte parole funzionali (o vuote), come gli articoli, i pronomi
personali, le preposizioni, le congiunzioni, che formano classi grammaticali
chiuse, ma che difficilmente si possono definire morfemi grammaticali a pieno
titolo; anzi, alcuni di questi elementi sono scomponibili in morfemi.
• Una distinzione che si fa di solito e che può essere utile in questo contesto è
quella tra morfemi liberi (lessicali) e morfemi legati (grammaticali): questi
ultimi non possono mai comparire in isolamento, ma solo in combinazione con
altri morfemi.
• Tale distinzione mal si adatta, in generale, alla struttura morfologica
dell’italiano, in cui anche i morfemi lessicali (radici) sono per lo più morfemi
legati. Adottando tale distinzione, però, possiamo trovare una casella per gli
elementi come le parole funzionali, definendoli come morfemi semiliberi.
• La derivazione, che dà luogo a parole regolandone i processi di formazione, e
la flessione, che dà luogo a forme di una parola regolandone il modo in cui si
attualizzano nelle frasi, costituiscono dunque i due grandi ambiti della
morfologia.
• A partire da determinate radici o basi lessicali, la derivazione agisce prima della
flessione. Questa priorità ha come conseguenza che, di solito, i morfemi
flessionali stanno più lontano dalla radice lessicale rispetto ai morfemi
derivazionali.
• Inoltre, mentre la derivazione non è obbligatoria, la flessione lo è, cioè si applica
invariabilmente a qualunque base lessicale ad essa soggetta. In lingue come
l’italiano, la forma di parola corrispondente alla radice lessicale nuda non esiste,
ma esistono sempre le forme di parola generate dalla flessione.
Tipi posizionali di morfemi
• Dal punto di vista della posizione, i morfemi grammaticali si suddividono in
classi diverse a seconda della collocazione che assumono rispetto al morfema
lessicale (o radice).
• Una parola piena contiene un morfema lessicale; le parole funzionali, invece,
sono vuote, prive di un significato lessicale.
• Quando sono considerati dal punto di vista posizionale, i morfemi grammaticali
prendono il nome di affissi: un affisso è ogni morfema che si combini con una
radice.
• Esistono diversi tipi di affissi:
Prefissi: si trovano prima della radice (in italiano sono solamente
o derivazionali).
Suffissi: si trovano dopo la radice. Se hanno valore flessionale, vengono
o detti desinenze.
Infissi: sono inseriti dentro la radice.
o Circonfissi: sono formati da due parti, una si trova prima e l’altra dopo la
o radice.
Transfissi: si incastrano alternativamente dentro la radice, dando quindi
o luogo a discontinuità sia dell’affisso sia della radice
• Per rappresentare l’analisi in morfemi, ovvero la trascrizione morfematica, si
scrive la forma dei morfemi tra parentesi graffe, indicando nella riga
sottostante, con opportune sigle ed abbreviazioni (glosse), nel caso dei morfemi
grammaticali, il loro significato e valore.
Altri tipi di morfemi
• Esistono anche morfemi i cui morfi non sono isolabili segmentalmente. È questo
il caso dei morfemi sostitutivi, che si manifestano con la sostituzione di un
fono ad un altro fono (es. foot/feet).
• Si parla di morfema zero laddove una distinzione obbligatoriamente marcata
nella grammatica di una certa lingua viene eccezionalmente a non essere
rappresentata in alcun modo nel significante (es. sheep/sheep).
• Esistono inoltre morfemi soprasegmentali (superfissi o sopraffissi), in cui
un determinato valore morfologico si manifesta attraverso un tratto
soprasegmentale, come l’accento, la posizione dell’accento o il tono.
• Certi valori morfologici in certe lingue vengono affidati a processi, non riducibili
a specifici morfemi segmentali: un esempio è la reduplicazione, che consiste
nella ripetizione della radice lessicale (es. in indonesiano è uno dei modi con cui
si forma il plurale).
• Spesso morfemi grammaticali recano contemporaneamente più di un significato
o valore: si parla quindi di morfemi cumulativi.
• Un caso particolare, ed un po’ complesso, di morfema cumulativo può essere
ritenuto il cosiddetto amalgama, dato dalla fusione di due morfemi in maniera
tale che nel morfema risultante non è più possibile distinguere i due morfemi
all’origine della fusione.
Derivazione e formazione delle parole
• I morfemi derivazioni mutano il significato della base a cui si applicano e
svolgono una funzione importante, quella di permettere, attraverso processi
soprattutto di prefissazione e suffissazione, la formazione di un numero
teoricamente infinito di parole, a partire da una certa base lessicale.
• In ogni lingua esiste una lista finita di moduli di derivazione, che danno luogo a
famiglie di parole (o famiglie lessicali), ognuna delle quali è formata da
tutte le parole derivate da una stessa radice lessicale.
• Nella grande maggioranza delle forme verbali e deverbali (parole derivate da
verbi), si pone in italiano il problema della cosiddetta vocale tematica, la
vocale iniziale della desinenza dell’infinito dei verbi.
Poiché si può ritenere che la vocale tematica abbia un suo significato
o “esteriore”, in quanto indica l’appartenenza della forma ad una
determinata classe di forme della lingua, potremmo a rigore scomporre
-abil-, -ebil, -ibil, in {a}/{e}/{i} e {bil}.
Possiamo dunque:
o Considerare unitariamente -abil, -ebil, -ibil- come allomorfi del
suffisso che crea aggettivi deverbali con valore potenziale
Analizzarli ulteriormente come formati da due morfemi, a uno dei
quali, appunto la vocale tematica, non corrisponde un reale
significato che modifichi la base (morfema vuoto)
• Esistono morfemi, che sono allo stesso tempo lessicali e derivazionali, chiamati:
Prefissoidi, se rappresentano una radice lessicale che si comporta come
o un prefisso, attaccandosi davanti ad un’altra radice lessicale per
modificarne il significato
Suffissoidi, se sono morfemi con significato lessicale che si comportano
o come suffissi nella formazione delle parole
• Prefissoidi e suffissoidi, che per lo più provengono da parole delle lingue
classiche, vengono anche chiamati semiparole. Essi danno luogo a parole che
vengono chiamate composti (neo)classici.
• Le parole composte sono formate da due parole che si sono agganciate tra
loro a formare un’entità unica, in cui i due membri sono perfettamente
riconoscibili e recano il loro significato lessicale normale.
• L’italiano segue, nella composizione delle parole, principalmente l’ordine
modificando-modificatore, cioè la seconda parola modifica la prima, che
funziona da testa sintattica del costrutto. Non mancano, tuttavia, parole
composte con l’ordine inverso.
• Le unità lessicali plurilessematiche (o polilessematiche o plurilessicali)
sono costituite da sintagmi fissi che rappresentano un’unica entità di significato,
non corrispondente alla semplice somma dei significati delle parole componenti,
comportandosi quindi come se fossero una parola unica.
• Spesso tali formazioni hanno valore idiomatico e costituiscono una categoria
molto ampia e variegata, che può comprendere classi diverse di elementi (es.
verbi sintagmatici o binomi coordinati).
• Una posizione intermedia tra le parole composte e le unità plurilessematiche
hanno le unità lessicali bimembri come scuola guida o parola chiave: si tratta
di formazioni in cui il rapporto tra le due parole costitutive giustapposte non ha
raggiunto il grado di fusione tipico delle parole composte, pertanto i due
elementi vengono rappresentati separatamente nello scritto.
• Altri meccanismi più marginali di formazione delle parole che hanno aspetti in
comune con la composizione sono:
La lessicalizzazione delle sigle: le sigle (o acronimi) sono formate in
o genere dalle lettere iniziali delle parole piene che costituiscono un’unità
plurilessematica, la cui pronuncia è promossa a parola autonoma
L’unione di parole diverse che si fondono con accorciamento degli
o elementi costitutivi, che dà luogo alle parole macedonia
• In italiano, il più importante e produttivo dei procedimenti di formazione di
parola è la suffissazione. Tra i suffissi derivazionali (e relativi allomorfi) più
comuni ricordiamo:
-zion- e -ment-, che formano nomi di azione o processo o risultato a
o partire da basi verbali
-ier-, -a(r)i- e -tor-, che formano nomi d’agente o di mestiere a partire da
o basi nominali o verbali
-ità, che forma nomi astratti a partire da basi aggettivali
o -abil-, -os-, -al-, -an-, -evol-, -es-, -ic-, -ist-, che formano aggettivi
o (l’ultimo anche nomi) a partire da verbi o da nomi
-izz-, che forma verbi a partire da nomi o da aggettivi
o -mente, che forma avverbi a partire da aggettivi
o
• Anche la prefissazione è molto produttiva e, in italiano, essa non muta la
classe grammaticale di appartenenza della parola, a differenza di quello che
avviene di solito con la suffissazione. I prefissi più comuni (e relativi allomorfi)
sono: in-, s- e dis-, con valore di negazione
o ad-, con valore di “verso”
o con-, con valore di “insieme”
o a-, con valore di “senza”
o ri-, con valore di “di nuovo”
o anti-, con valore di “anteriorità” o di “contro”
o
• Un altro procedimento molto produttivo in italiano è l’alterazione. Con i suffissi
alterativi si creano parole che aggiungono al significato della base lessicale un
valore generalmente valutativo, che può essere:
Diminutivo
o Accrescitivo
o Peggiorativo
o
• Nell’inventario dei morfemi derivazionali dell’italiano non sono rari i casi di
omonimia (es. in- come prefisso può avere valore di negazione o di
avvicinamento, ingresso, direzione).
• I verbi che si formano in genere da basi aggettivali con prefissazione e
suffissazione consistente nella desinenza di una delle classi di coniugazione
sono chiamati parasintetici. Più propriamente, le operazioni che intervengono
simultaneamente sono la prefissazione e la conversione.
• Le parole derivate si possono definire in maniera da tener conto:
Del procedimento di derivazione
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