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La glottodidattica e l'insegnamento delle lingue
Una lingua, difatti, si può apprendere in diversi ambienti, ad esempio in un contesto istituzionalizzato (scuola, università), oppure all'estero (immigrazione, turismo), etc. Questo modello del quadrato didattico ha un nome, sotto forma di acronimo, che deriva dal francese: S.O.M.A. - Soggetto, Oggetto, Ambiente (Milieu), Agente, poiché il primo a pensarlo fu il francese Legendre.
Per quanto riguarda l'insegnamento, possiamo dire che tutto ruota attorno a questi tre (o quattro) poli; sotto al polo dell'insegnante si colloca il metodo, sotto al polo dell'allievo si colloca la psico-linguistica applicata alla didattica ed attorno al polo della lingua si colloca la linguistica, intesa come disciplina che studia le lingue.
La glottodidattica è detta anche linguistica applicata, ed in tutti i paesi è riconosciuta sotto questo secondo nome, che la fa saltare all'occhio come branca della linguistica teorica: Glottodidattica - Prof.
Cambiaghi in italiano invece porta anche questo nome (che da un'idea di un ambito più specifico) grazie all'opera di Renzo Titone, psicologo del linguaggio e dei processi cognitivi, che ne ha inventato il nome e l'ha praticamente importata in Italia. Convenzionalmente la data di nascita della glottodidattica viene fatta coincidere con il 1942, anno relativo alla pubblicazione del piccolo saggio "Outline guide for the practical study of foreign languages" di Leonard Bloomfield: qui scrive che "qualunque apprendimento linguistico è (iperapprendimento, volendo riferirsi alla necessità del overlearning) continuo esercizio per non dimenticare: ne consegue che ciò che è minore di "iper" è inutile ai fini dell'apprendimento). Bloomfield scrive questo "Outline" nel pieno del conflitto mondiale quando l'America entra in guerra, ed è quindi necessario che i soldati apprendano le.lingua dunque non serve a nulla.A parte questa polemica contro gli insegnanti, è interessante notare ciò che egli dice dell'informant, cioè: "imitatelo, fatelo scrivere e copiate quello che ha scritto, leggete e ripetete le frasi finché queste non diventeranno una seconda natura"; in pratica non servono le spiegazioni, fa una
critica implicita a tutte le metodiche di natura astrattiva e ai ragionamenti sulla lingua che non erano compatibili con il suo "listen, repeat and learn". In Italia, invece, come già accennato, la glottodidattica nasce intorno agli anni '50, quando Titone, che viveva sei mesi in America e sei mesi in Italia, importa la metodologia psicologica e linguistica americana. Nel 1966 viene pubblicato il libro "Le lingue estere", un volume molto lungo che suggella questa nascita: l'aggettivo "estere" era molto in voga nell'epoca, ma Titone lo sente come qualcosa di estraneo, quasi nemico, del resto si era ben lontani dai tempi attuali della UE, e se volessimo esprimere lo stesso concetto oggi dovremmo usare l'aggettivo "friendly" per le lingue straniere. Un altro libro importante è stato "Lingue moderne e laboratori linguistici", raccolta degli atti di un convegno, quindi di autori vari; 1/3 del volume.è dedicato proprio alla glottodidattica, e si sottolinea come essa nasca sotto gli influssi dei laboratori linguistici, a quali è dedicatapiù della metà del libro. Altri testi di riferimento pubblicati nel periodo sono: „Dalla linguistica alla glottodidattica“(1968), „Principi di linguistica applicata“ (1967), ma soprattutto viene tradotto un volumedel danese Jespersen (scritto nel 1902), „Come si insegna una lingua straniera“, che eb-be una grande successo anche negli anni ’60.
La glottodidattica, ufficialmente nata nelle scuole e poi assunta dalle università come og-getto di studi, può essere geograficamente divisa in stagioni a seconda dello sviluppo da-tole dai più eminenti studiosi, e nella fattispecie:
- Americana, con Bloomfield
- Francese, negli anni ’50 con Galisson
- Inglese, con Wilkund
- Americana, con Curran (seconda stagione americana)
Glottodidattica - Prof.
Cambiaghi
Nelle prime tre stagioni l'approccio alla materia è prettamente linguistico, mentre nella quarta gli approcci cominciano ad essere anche umanistico-affettivi, poiché non sempre basta la teoria, nonostante aumenti la conoscenza delle linguistiche.
In Italia, proprio perché Titone è psicologo dei linguaggi, abbiamo avuto solo l'ultima delle stagioni, quella umanistico-affettiva.
Nel nostro paese, però, la glottodidattica nasce prima applicata alle lingue straniere:
Negli anni '60 è glottodidattica del francese
Negli anni '70 è glottodidattica dell'inglese
Negli anni '80 è come lingua materna che, per tradizione, viene glottodidattica dell'italiano
Nel '90 la glottodidattica dell'italiano diventa didattica dell'italiano come seconda e nasce anche la differenziazione tra:
lingua,
Lingua straniera, lingua altra che viene insegnata a scuola in
Italia da un docente italiano
- Lingua seconda, lingua che si parla nel contesto in cui si vive, non sempre coincide con
- la lingua materna
La differenza sostanziale è che la lingua straniera si mentre la lingua seconda
apprende,si la formula per l'apprendimento consiste dunque nel
acquisisce; trasformare l'apprendi-cioè in un fenomeno naturale, senza riflessioni linguistiche, etc.
Tutta la glottodidattica in Italia viene chiamata anche oscienza dell'educazione linguistica
il primo termine risale al 1920, usato dal ministro Lom-scienza della linguistica educativa:
bardo Radice, mentre il secondo è la dicitura moderna.
Nella proto-glottodidattica, cioè la fase preistorica della disciplina, abbiamo molte opere
con nomi quali "Porta delle lingue" o "Auree porte delle lingue": ma quali sono queste porte
da aprire per guidare all'apprendimento di una lingua?
Bloomfield dice che educare ad una
lingua „altra“ significa educare a tutte le lingue, poiché il monolinguismo è visto quasi come una malattia, dacché i popoli nel passato parlavano più lingue, come anche al giorno d‘oggi; il passaggio da fare, la porta da aprire, dice l‘americano, è l‘accorgersi che ed oggi questo discorso sta tornando una lingua è una cultura, rilevante. Lingua = cultura sarebbe un binomio valido, ma siccome apprendere una lingua altra significa „analizzare la realtà sotto un altro punto di vista, non etichettare la realtà come unica“ (Martiné), allora lingua = cultura è addirittura un monomio, non un binomio. Da questo punto invece inizia la glottodidattica come disciplina scientifica; prima si parlava solo della succitata proto-glottodidattica: analizziamo tre termini tipi della disciplina: Approccio, metodo e tecnica sono i termini su cui si basa la glottodidattica: l‘approccio è la filosofia,La considerazione della lingua in un certo settore dal quale deriva un certo metodo, che può essere applicato come tecnica. Gli approcci possono essere diversi:
- Formale: se considero la lingua come norma, regola; a questo approccio appartengono il metodo della grammatica-traduzione (metodo tradizionale) e il metodo della lettura.
- Funzionale: se considero la lingua come qualcosa che ha a che fare con la funzione, come uso; a questo approccio appartengono i metodi diretti (che sono di diverso tipo: graduato, semplificato, naturale, eclettico, riformato, etc.) e i metodi strutturali (ai quali appartengono gli audio-orali e gli audio-visivi).
- Comunicativo: se considero la lingua come comunicazione, e a questo punto appartengono l'approccio razionale-funzionale, lessicale, interculturale e umanistico-affettivo (che a sua volta comprende: community counseling, silent way, total physical response, natural approach, strategic interaction, project work, ipnopedia, etc.).
Nella glottologia possiamo distinguere tre sfere:
- La sfera pedagogica, che tocca l'insegnante
- La sfera psicologica, che tocca l'allievo
- La sfera linguistica, che tocca l'oggetto dell'insegnamento
La sfera pedagogica tocca essenzialmente il docente (valori, mete, obiettivi dell'educazione linguistica, etc.), quindi abbiamo una convergenza del concetto di lingua verso le valenze della lingua. Secondo Freddi, il primo vero e proprio professore di glottodidattica, il linguaggio verbale risponde a quattro valenze della lingua:
- Valenza comunicativa, cioè la valenza primaria della lingua
- Valenza pragmatica, lingua come strumento d'azione; il nostro dire è quasi sempre come un fare
- Valenza espressiva, quando l'uomo parla non comunica solo informazioni, ma si rivela
- Valenza culturale-matetica (cioè capace di fare acquisire informazioni e nozioni su