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A POLITICA DEL RICONOSCIMENTO ANCY RASER
Nancy Fraser è una filosofa femminista. Sostiene che le rivendicazioni di redistribuzione e di
riconoscimento costituiscono due paradigmi di giustizia distinti e connessi, e che spesso coesistono:
1. Rivendicazioni di redistribuzione: si incentrano sulle ingiustizie socio-economiche (come lo
sfruttamento del lavoro, la marginalizzazione economica, la povertà);
2. Rivendicazioni di riconoscimento: si riferiscono alle ingiustizie culturali.
Fraser utilizza questi due paradigmi per spiegare le dinamiche delle lotte sociali contemporanee.
49
Secondo Fraser ci sono 4 tipi di formazione delle identità collettive, che si basano su:
1. Classe sociale;
2. Genere;
3. Razza;
4. Sessualità.
A differenza di Taylor e Kymlicka, la politica del riconoscimento patrocinata da Fraser induce a
credere che nella sfera pubblica le categorie di identificazione di sé e dell’altro debbano essere tanto
complesse e diversificate quanto lo è la realtà stessa. Secondo Fraser (e Seyla Benhabib è
d’accordo), non sono accettabili quei ridimensionamenti burocratici, quelle riduzioni
amministrative della complessità che mirano al riconoscimento di certi gruppi e non di altri, in
quanto le categorie di identificazione di sé e dell’altro sono molto diversificate quanto lo è la realtà
sociale stessa, non si possono creare delle tipologie. Il censimento dovrebbe basarsi sempre più su
procedure di autoidentificazione. 50
Possibili domande parziale
I migranti di seconda generazione: le due accezioni.
Le cause delle migrazioni.
Lezione 12 – 30/04/2018
L E MIGRAZIONI E I MIGRANTI
Storicamente le migrazioni sono un fenomeno antico, tanto che molti autori hanno affermato che gli
umani sono una specie migratoria. Basti pensare all’Esodo raccontato nella Bibbia, o all’Atene
classica, dove un ruolo economico fondamentale era coperto dai “meteci”, che sono lavoratori e
commercianti forestieri, ammessi come residenti e riconosciuti come utili, ma privi di diritti politici
e di cittadinanza, che apparteneva invece a coloro che facevano parte della polis (c’era una vera e
propria asimmetria della condizione del lavoratore immigrato rispetto al cittadino della polis). Poi,
nell’epoca delle città medievali, con l’istituzione dei fondachi dei mercanti, si creano dei veri e
propri magazzini in cui i mercanti stranieri potevano sostare ed alloggiare, e che diventavano dei
veri e propri quartieri di stranieri. Inoltre, le invasioni turche nei Balcani che rievocano un tipo
particolare di migrazione: quella dei rifugiati in cerca di scampo. Le colonizzazioni sono un tipo di
emigrazione diverso, che riguarda movimenti dall’Europa verso le Americhe, verso l’Africa, il Sud-
Est asiatico e l’Oceania dove gli europei andavano ad insediarsi, in certi casi integrandosi, in altri
con violenza. Alla colonizzazione del Nuovo Mondo si collega poi l’immigrazione forzata di 15
milioni di africani in qualità di schiavi. La migrazione è dunque di un fenomeno antico e dagli
aspetti diversi nella storia.
Una definizione di migrante viene data dalle Nazioni Unite: è una persona che si è spostata in un
paese diverso da quello di residenza abituale, e che vive in quel paese da più di un anno. Nel
linguaggio comune, come pure in molte norme, definiamo immigrati solo gli stranieri provenienti
da paesi che classifichiamo come poveri, non quelli originari di paesi sviluppati. Ad esempio, non
consideriamo immigrati o extracomunitari gli americani che si stabilizzano nelle città italiane.
Le migrazioni vanno inquadrate come processi, in quanto dotate di una dinamica evolutiva, non
sono statiche e ripetitive; comportano una serie di adattamenti e di modificazioni nel tempo. Inoltre,
le migrazioni sono dei sistemi di relazioni che riguardano le aree di partenza (relazioni con la
propria patria), le aree di transito e quelle di destinazione, coinvolgendo una pluralità di attori e
istituzioni.
Gli immigrati possono essere di diverso tipo, essendo le migrazioni dei processi dinamici:
1. Immigrati per lavoro. Non sono necessariamente poveri o privi di esperienze professionali
che emigrano per trovare lavoro.
2. Immigrati stagionali o lavoratori a contratto (migrazione circolare). Sono sottoposti a
una regolamentazione specifica che ne autorizza l’ingresso nel paese di destinazione per
periodi limitati (inverno o estate), al fine di rispondere ad esigenze temporanee e definite di
manodopera. 51
3. Immigrati qualificati e imprenditori. Rappresentano una quota crescente dei flussi
migratori su scala internazionale, specialmente in direzione dei paesi più aperti
all’immigrazione (storicamente, sono USA, Canada e Australia, ma ci sono restrizioni nel
tempo). Sono tecnici informatici, ingegneri, scienziati, ricercatori, personale medico,
investitori e operatori economici. In questo caso si parla di internazionalizzazione delle
professioni. Oggi sempre di più si dirigono verso l’Europa centro-settentrionale.
4. Familiari al seguito. Si ricongiungono a un familiare partito prima di loro e che ha trovato
lavoro, mentre non necessariamente loro hanno un lavoro quando si spostano. Spesso non
partecipano al mercato del lavoro.
5. Rifugiati e richiedenti asilo. Partono per sfuggire a situazioni di persecuzione (politica,
religiosa, eccetera).
6. Immigrati in condizione irregolare (overstayers). Sono quelli entrati inizialmente in
maniera regolare ma rimasti dopo la scadenza del titolo che ne aveva consentito l’ingresso.
7. Clandestini. A differenza degli immigrati in posizione irregolare, sono entrati in maniera
fraudolenta.
8. Vittime del traffico. Sono entrate con la forza o con l’inganno (fanno parte di reti di
trafficking).
9. Migranti di seconda generazione. Sono in senso stretto figli di immigrati nati nel paese
ricevente, oppure nati nel paese d’origine e ricongiuntisi in seguito. Chi è nato nel paese
ricevente sarà più facilitato nell’integrazione (lingua, educazione), non senza problemi però;
chi nasce nel paese d’origine ed ha avuto lì la sua socializzazione vivrà altre problematiche
quando si ricongiungerà.
10. Migranti di ritorno. Sono persone andate via di casa che poi ritornano, trovando una
situazione diversa in cui non si riconoscono più, una realtà sociale e culturale che, pur
essendoci nati, trovano profondamente cambiata.
Le caratteristiche delle “minoranze etniche” (che possono essere soggetti di migrazione), secondo
Castels e Miller, sono:
1. Sono gruppi subordinati all’interno di società complesse;
2. Presentano aspetti fisici o culturali soggetti a valutazione negativa da parte dei gruppi
dominanti;
3. Acquistano un’autocoscienza di gruppo, essendo legati da una medesima lingua, cultura ed
appartenenza a una storia, ad una tradizione e ad un destino condivisi, e nello stesso tempo
da una comune posizione sociale (svantaggiata);
4. Possono trasmettere alle generazioni successive l’identità minoritaria (cioè caratterizzata
dalla coscienza di far parte di un gruppo minoritario).
Le periodizzazioni delle migrazioni nella storia contemporanea sono le seguenti:
1. Periodo dello sviluppo industriale e della “grande migrazione” (dal 1830 alla prima guerra
mondiale): migrazioni di massa, in particolare verso le Americhe;
52
2. Periodo tra le due guerre: avvengono numerose espulsioni, esodo di oppositori politici,
rifugiati e profughi (per esempio, dall’URSS verso USA e Europa e dai territori occupati
dai nazisti e fascisti), deportazioni, migrazioni per compensare i vuoti lasciati dalle perdite
belliche;
3. Periodo della ricostruzione post seconda guerra mondiale (tra il 1945 e i primi Anni ’50):
rilancio dei movimenti migratori dopo gli sconvolgimenti bellici, periodo di lenta ma vivace
ripresa economica e di penuria di manodopera;
4. Periodo del decollo economico (dagli Anni ’50 agli Anni ’70), contraddistinto dagli accordi
intergovernativi per la fornitura di forza lavoro;
5. Periodo del blocco ufficiale delle frontiere verso l’immigrazione per lavoro (primi Anni
’70): restrizione ed elaborazione di regole per limitare l’immigrazione e shock petrolifero
(1974);
6. Periodo del perfezionamento degli accordi Schengen per un controllo più rigoroso delle
frontiere esterne (dagli Anni ’00 ad oggi): c’è un nuovo picco odierno dei movimenti
migratori (le cui tendenze generali sono: globalizzazione, accelerazione, differenziazione e
femminilizzazione delle migrazioni), per cui occorre regolamentare al meglio il controllo
delle frontiere esterne a livello politico.
Ma perché avvengono le migrazioni? Cosa spinge una persona a lasciare il luogo in cui è nato e
cresciuto, in cui ha una trama di relazioni, per andare in un altro paese? Le cause delle migrazioni
sono varie, e dipendono anche dagli approcci con cui le migrazioni vengono studiate. Ognuno di
questi approcci mette in evidenza aspetti differenti, ma presi singolarmente non sono sufficienti a
definire le cause complessive che spingono gli individui a migrare. La conclusione è che
occorrerebbe un approccio multicausale per mettere insieme tutte le varie prospettive. Ci sono 4
grandi approcci.
1. Spiegazioni macrosociologiche o strutturaliste. Applicano l’ideologia di Marx e
Durkheim allo studio delle migrazioni. Le spiegazioni strutturaliste assegnano il primato alle
forze esterne (economiche, politiche, culturali), capaci di condizionare l’agire degli
individui. In altri termini, secondo questo approccio le cause prime che portano gli individui
a migrare sono di carattere economico (povertà) o politico (persecuzioni, repressioni), cause
esterne che influiscono sulle decisioni degli individui.
2. Spiegazioni microsociologiche. Utilizzano il metodo fondato da Max Weber, applicandolo
all’analisi delle migrazioni. Le spiegazioni microsociologiche considerano l’individuo come
attore razionale, capace di assumere decisioni orientate a massimizzare il proprio benessere.
All’interno di tali spiegazioni si è sviluppata una nuova economia delle migrazioni che tenta
di superare i punti deboli della spiegazione microsociologica classica: si considerano le
scelte migratorie non più come decisioni solamente individuali, bensì come opzioni
familiari: il soggetto non è soltanto l’individuo singolo ma il soggetto sociale della famiglia.
3. Spiegazioni collocate a un livello intermedio tra prospettive macro e micro.
Sottolineano l’importanza di reti sociali e istituzioni migratorie. Per il primo approccio
(spiegazioni macrosociologiche o strutturaliste), le cause principali della migrazione sono
esterne, prevalentemente di tipo politico-economico; per il secondo approccio (spiegazioni