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LA DECISIONE
1. Ordine delle questioni da decidere
Per ragioni logiche e di economia processuale l'art. 276 c.p.c. fissa un ordine all'esame delle questioni da decidere. Devono essere esaminate, in primo luogo, le questioni pregiudiziali di diritto, concernenti, ad esempio:
- i presupposti processuali in senso stretto (giurisdizione e competenza, capacità d'essere parte, legittimazione e capacità processuale)
Ogni giudice, anche nei casi in cui egli stesso o la parte dubiti della sua competenza, deve sempre verificare innanzitutto, anche d'ufficio (previa eventuale sollecitazione del contraddittorio sul punto), in conformità con i principi costituzionali (tra i quali, in specie, quello della precostituzione per legge del giudice naturale, che non riguarda solo la competenza, ma pregiudizialmente anche la giurisdizione), e con l'art. 37 c.p.c., la sussistenza della propria giurisdizione (il cui esito sarebbe sempre opportuno esplicitare chiaramente ai).
fini dell’eventuale accertamento circala formazione della giudicato sulla giurisdizione) e solo successivamente in caso affermativodella propria competenza nel rispetto delle regole poste dall’Art. 38 c.p.c.);
- le condizioni dell'azione (legittimazione ad agire, interesse ad agire, possibilità giuridica);
-la validità degli atti processuali, cominciando dal ricorso;
-i requisiti che comunque condizionano il dovere del giudice di pronunciarsi sul merito (lamancanza di precedente giudicato, l'assenza di litispendenza e di continenza di cause, larappresentanza tecnica del difensore).
Devono poi essere esaminate le questioni preliminari di merito, che possono riguardare, adesempio, l'esistenza dell'atto impugnato e la sua impugnabilità², la decadenzadell'Amministrazione dal potere di emettere l'atto impugnato, la prescrizione, i vizi delprocedimento', la motivazione e i vizi formali dell'atto impugnato.
Segue
L'esame del contenuto dell'atto impugnato, in cui rientrano le questioni concernenti vizi sostanziali, cioè l'an e il quantum del tributo.
Il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato - stabilito dall'art. 112 c.p.c. - obbliga il giudice a pronunciare "su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa". Il giudice tributario, per la delimitazione della materia del contendere, deve fare riferimento ai motivi e al petitum del ricorso, che sono correlati alla motivazione e al dispositivo dell'atto impugnato.
Il giudice deve dare risposta alla domanda di annullamento formulata nel ricorso. Nei processi tributari di impugnazione il giudice, se accoglie la domanda per un motivo che comporta l'annullamento totale dell'atto impugnato, non deve esaminare gli altri motivi, in quanto assorbiti. Il giudice può respingere la domanda solo dopo aver esaminato tutti i motivi dedotti.
Se è stato impugnato un avviso che contiene una molteplicità di "riprese", il giudice non può omettere di pronunciarsi su tutte le "riprese" che sono censurate dal ricorrente e sui motivi dedotti. Le sentenze che non rispettano il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato sono viziate da ultrapetizione, extrapetizione o da omessa pronuncia ("La sentenza è viziata da ultrapetizione quando attribuisca al ricorrente più di quanto abbia chiesto, e cioè se il giudice, nei processi di rimborso, condanna a rimborsare una somma maggiore di quella richiesta, o se, nei processi d'impugnazione, annulla l'atto integralmente, mentre il ricorrente ha chiesto l'annullamento parziale (cioè la riduzione di una "ripresa", o l'annullamento solo di alcune "riprese"). Vi è extrapetizione quando il giudice pronuncia un provvedimento diverso da quello richiesto (ad esempio, condanna).al rimborso quando è stata richiesta solo l'annullamento del rifiuto di rimborso). La distinzione tra i due vizi è priva di rilievo pratico.
2.1. La disapplicazione dei regolamenti e degli atti generali
Anche la disapplicazione dei regolamenti e degli atti amministrativi generali dev'essere richiesta dal ricorrente. L'art. 7, comma 5, D.lgs. n. 546, dispone che "Le commissioni tributarie, se ritengono illegittimo un regolamento o un atto generale rilevante ai fini della decisione, non lo applicano, in relazione all'oggetto dedotto in giudizio, salva l'eventuale impugnazione nella diversa sede competente". La previsione espressa della disapplicabilità dei regolamenti e degli atti generali illegittimi vale ad escludere: a) che tali atti debbano essere immediatamente impugnati dinanzi al giudice amministrativo; b) che, emanato un atto applicativo, il destinatario debba impugnare, oltre l'atto applicativo dinanzi alle commissioni, anche
quello gene rale o regolamentare dinanzi al giudice amministrativo. (IlPotere di disapplicazione degli atti amministrativi illegittimi (nella specie, delibere comunali di approvazione di tariffe della Tarsu) non è inibito dalla cognizione che spetta al giudice amministrativo, anche quando l'atto amministrativo sia divenuto inoppugnabile per l'inutile decorso dei termini di impugnazione, risultando precluso soltanto quando la legittimità sia stata affermata dal giudice amministrativo con autorità di giudicato (Cass., 21 maggio 2010, n. 12574).) Ne deriva che possono essere disapplicati anche atti generali o regolamenti non più impugnabili dinanzi al giudice amministrativo". La disapplicazione non concerne gli atti individuali, che, se non sono impugnati, vincolano definitivamente (La cognizione incidentale del giudice tributario, a parte quella vertente su atti normativi e generali, è circoscritta (ed in limiti definiti) alle sole questioni
appartenenti alla giurisdizione di altro giudice, attesa la struttura impugnatoria del processo, sicché non può essere disapplicato un atto a contenuto concreto che sia autonomamente impugnabile dinanzi alla commissione tributaria, ma non sia stato impugnato (Cass., sez. un., 16 gennaio 2015, n. 643). Non è condivisibile, ed è superato, l'orientamento secondo cui il potere di disapplicazione riguarderebbe anche gli atti amministrativi individuali, divenuti definitivi). Il ricorrente può dedurre, come questione pregiudiziale, la legittimità di una norma regolamentare o di un atto generale, e chiederne la disapplicazione, in un ricorso contro un atto applicativo impugnabile. Può impugnare un avviso di accertamento deducendo il vizio di un regolamento o di un atto generale, che si riflette (viziandolo) sull'atto impugnato. Il giudice, se ritiene che il vizio sussista, dovrà giudicare l'atto impugnato come se non esistesse la
norma viziata, o come un atto su cui si riflette il vizio dell'atto generale o regolamentare. La norma regolamentare o generale viziata è dunque disapplicata, in via incidentale; disapplicata nel caso singolo, conserva la sua vigenza ed efficacia erga omnes. Se il giudice amministrativo annulla un atto generale, l'annullamento opera erga omnes: e il giudice tributario ne deve tenere conto, anche nei riguardi di soggetti che non hanno partecipato al processo amministrativo 1. Invece, il giudicato di rigetto del giudice amministrativo non vincola il giudice tributario.
3. Questioni rilevabili d'ufficio
Il giudice può rilevare d'ufficio tutto ciò che condiziona la trattazione del merito (presupposti processuali, condizioni dell'azione, validità del ricorso, ecc.) ("La decadenza del contribuente dalla possibilità di chiedere il rimborso di un tributo indebitamente versato è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado.
del giudizio (Cass., sez. VI, 13 gennaio 2015, n. 317, conforme ad orientamento consolidato). È rilevabile d'ufficio la non proponibilità di una impugnazione introdotta da un'associazione già estinta al momento della proposizione del ricorso. Non può rilevare d'ufficio gli elementi fondativi della domanda. I vizi del provvedimento impugnato devono essere dedotti dal ricorrente. Ad esempio, la decadenza dell'Amministrazione finanziaria dal l'esercizio di un potere o la mancanza di una valida sottoscrizione dell'avviso di accertamento devono essere dedotte nel ricorso, e non possono essere rilevate d'ufficio¹². Anche la disapplicazione delle sanzioni presuppone la domanda del contribuente sin dal ricorso introduttivo ¹³. I poteri d'ufficio del giudice si atteggiano in modo diverso con riguardo alle eccezioni. L'art. 112 c.p.c. dispone che il giudice "non può pronunciare d'ufficio sueccezioni,che possono essere proposte soltanto dalle parti. Il giudice non può dunque rilevare d'ufficio le eccezioni riservate alle parti, dette anche eccezioni sostanziali 4. A contrario, la regola generale è la rilevabilità d'ufficio delle eccezioni non riservate alle parti. La decadenza del contribuente dall'esercizio di un potere nei confronti dell'Amministrazione finanziaria è rilevabile anche d'ufficio, trattandosi di una eccezione non riservata alle parti 5. L'eccezione di giudicato esterno o interno è rilevabile d'ufficio, anche in Cassazione 6. Il giudicato interno è (sempre stato ritenuto) rilevabile d'ufficio 17.3.1. Contro il rilievo d'ufficio dell'elusione o abuso Ha ritenuto la Cassazione che "il rango comunitario e costituzionale del principio di divieto di abuso del diritto comporta la sua applicazione d'ufficio da parte del giudice tributario". In realtà,Non esiste, nell'ordinamento processuale, la regola secondo cui sarebbero rilevabili d'ufficio i principi (rectius, le eccezioni fondate su principi) che hanno rango costituzionale o comunitario. Il processo tributario è promosso da un ricorso che ha come petitum (necessario) l'annullamento totale o parziale di un atto impositivo e come causa petendi i vizi dell'atto impugnato; e il giudice, dal canto suo, deve giudicare la fondatezza della domanda di annullamento, come proposta dal contribuente, con riferimento ad un determinato atto impugnato, avente un determinato contenuto, esaminando i motivi dedotti. Nello stabilire se è fondato il ricorso, proposto contro un dato atto impositivo, il giudice può interpretare la domanda e l'atto impugnato, ma non valutare la fondatezza del ricorso come se l'atto impugnato fosse diverso da come è. Il giudice non può respingere un ricorso contro un avviso di accertamento basandosi ex officio.
sulla eccezione che la pretesa fiscale, se non è fondata sulla violazione di un obbligo di dichiarazione (evasione), è comunque fondata perché il compo