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CENNI STORICI

I primi segni di una giustizia che si occupa specificatamente dei minori sono riscontrabili

alla fine dell’800 quando, nei paesi Anglosassoni, di fronte al crescente fenomeno della

devianza e dei reati commessi da minori, vengono istituiti i primi organi giudiziari con il

compito di occuparsi espressamente dei minorenni. Da questo si evince la presa di

consapevolezza del fatto che il minore non deve essere visto come un delinquente

comune, bensì come un soggetto bisognoso di aiuto, spesso egli stesso vittima del reato

che ha compiuto. E’ su questa stessa linea di pensiero che viene creato nel luglio del 1899

a Chicago, il “juvenile court”, ossia il primo prototipo degli odierni Tribunali per i minorenni,

che si specializza in interventi mirati al recupero e alla rieducazione di ragazzi disadattati,

devianti o abbandonati. Inizialmente è l’ambito penale che inizia ad occuparsi delle

condizioni dei minorenni, soprattutto a causa del rilevante aumento dei giovani criminali

che rischiavano di mettere a repentaglio la stabilità sociale. Dunque al fenomeno della

devianza minorile, si risponde con la punizione e la repressione, secondo l’idea base che

va salvaguardato non tanto l’interesse del minore, quanto l’incolumità della società. A

tutela della collettività si pone un modello rieducativo-correzionale, la cui applicazione

concreta si traduce nell’inserimento dei minori in istituzioni chiuse e segreganti. Nel corso

del tempo si arriva alla consapevolezza dell’inefficacia rieducativa degli Istituti di

Correzione che, anziché produrre gli effetti positivi sperati, agiscono negativamente sia sul

minore che sulla collettività. Nel clima culturale di fine ‘800, in cui si percepisce il bambino

come figura da proteggere e correggere, sono almeno tre i filoni di pensiero che viaggiano

su questa linea: in campo economico la denuncia avanzata da Karl Marx sull’ingiustizia

dello sfruttamento e delle penose condizioni di lavoro riguardanti anche, e soprattutto, i

minori; in campo psicologico le scoperte di Freud sull’importanza dell’universo infantile e

sul valore delle esperienze vissute in questa fase della vita, esperienze che influenzeranno

successivamente la vita adulta; in campo religioso per merito delle prediche in difesa della

dignità e del rispetto della persona da parte della Chiesa, in particolare rivolti al minore (ad

es. il movimento dei Children’s sauvers che sensibilizzò gli ambienti della giustizia verso il

mondo dei minori). Perciò anche la giustizia si sensibilizzò, dimostrando di aver compreso

che i minori non possono subire un trattamento equiparato a quello degli adulti, e a poco a

poco si svilupparono (anche se non in tutti i Paesi) degli organi ad hoc. Solo

successivamente e in modo del tutto graduale, i sistemi di giustizia hanno considerato

separatamente i minorenni anche nell’area civile. In Italia, la giustizia minorile nasce tardi:

solo nel 1934 viene istituito il Tribunale per i Minorenni, anche se il primo progetto risale al

1908 e non si occupava soltanto della giustizia penale. E’ con l’R.D. (Regio Decreto) del

20 Luglio 1934 n.1404 che inizia ad operare un organo giudiziario specializzato, in quanto

ne facevano parte, oltre i due giudici di carriera, anche un “rappresentante dell’assistenza

sociale”, ovvero un uomo che fosse cultore di scienze bio-mediche e umane. Tale organo

doveva occuparsi della giustizia penale e dei rapporti tra genitori e figli.

Il Ministero della Giustizia è il dicastero del Governo Italiano, al cui capo ha il Ministro

della Giustizia, che si occupa dell'amministrazione giudiziaria in campo civile, penale e

minorile, penitenziario e dei magistrati. In particolare i compiti che più interessano in

questa sede sono quelli che riguardano la gestione delle strutture dei servizi minorili per la

giustizia, sia per i minori che si trovano in particolari situazioni (adozioni, perdita della

famiglia, affidamenti, ecc.), sia per quelli che abbiano compiuto reati (i cosiddetti

riformatori minorili). Il Ministero di Grazia e Giustizia si occupa inoltre del personale e

dell’organizzazione di tutti gli Uffici Giudiziari. Tra questi, quelli che qui prenderemo in

esame sono: il Tribunale per i Minorenni (T.M. uffici giudiziari giudicanti con competenza in

ambito minorile) e la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni (uffici

giudiziari requirenti con competenza in ambito minorile).

La Procura della Repubblica per i Minorenni è un organo giudiziario specializzato nella

tutela dei minori. In ambito penale l’attività della Procura è uguale a quella di tutte le altre

procure con in più il compito di valutare la personalità e la maturità dei giovani autori di

reati per ogni caso specifico, in quanto ogni minore è trattato uno diversamente dall’altro.

Questa a differenza di tutte le altre procure possiede anche una funzione civile: in tale

ambito le sue funzioni consistono nel raccogliere le segnalazioni di situazioni di eventuale

pregiudizio nei confronti di minori e avanzare istanze al T.M., ovvero chiedere

provvedimenti. La sua funzione requirente consiste proprio nell’esprimere richieste al T.M.

oppure dare pareri in vista delle decisioni giudicanti del T.M..

Il Tribunale per i Minorenni è un organo specializzato istituito con R.D. del 20 Luglio

1934 n.1404, successivamente convertito nella Legge n.835/35. Esso è un organo

collegiale, composto da quattro giudici: due giudici professionali (anche detti “togati”) e

due giudici onorari, di cui uno uomo e l’altro donna, come definiti dall’Art.2 della

precedente Legge, essi sono “ benemeriti dell’assistenza sociale, scelti tra i cultori di

biologia, di psichiatria, di antropologia criminale, di pedagogia, di psicologia”. E’ tale

professione originaria dei giudici onorari a rendere quest’organo giudiziario specializzato

perché i suddetti professionisti hanno la capacità di interpretare i comportamenti dei minori

e le dinamiche familiari che ci sono dietro. La funzione di Giudice Onorario è tanto

complessa quanto rilevante perché finalizzata alla ricerca di soluzioni che corrispondano

all’interesse del minore attraverso l’utilizzo di conoscenze appartenenti ai saperi extra-

giuridici (legati alle dinamiche psicologiche) pur dovendosi comportare come dei giudici

veri e propri, in quanto nell’esercizio dell’attività giudiziaria devono osservare i principi

deontologici del giudice, ma allo stesso tempo godere di pari dignità degli altri giudici.

Pertanto è sbagliato pensare che svolga un ruolo di “consulente” o di “aiutante” dei giudici

“togati”, ma anch’egli deve decidere come tutti gli altri giudici, con in più la sua peculiarità

professionale. Il Tribunale dei Minori ha giurisdizione sia in materia penale che civile.

In ambito penale il T.M. ha competenza esclusiva: giudica tutti i reati commessi da un

soggetto durante la minore età, anche se commessi in concorso con persone adulte. Ha

competenza anche quando il giudizio avvenga dopo molto tempo dalla commissione del

fatto e quindi il reo sia ormai maggiorenne e si applicano sempre le regole dei processo

penale minorile. Il procedimento penale minorile si articola in tre momenti:

1. Le indagini preliminari

La prima fase del procedimento penale minorile è di natura istruttoria, ovvero il Pubblico

Ministero (P.M.), con l’ausilio della polizia giudiziaria, ricerca gli elementi utili per decidere

se è necessaria o meno avanzare un’azione penale nei confronti del minorenne.

Terminate le indagini il P.M. invia un’istanza all’organo competente di tale fase che è il

G.I.P. (Giudice per le Indagini Preliminari). Egli è un giudice “togato” , monocratico, e in

seguito agli elementi fornitegli dal P.M. decide se l’accusato è colpevole o meno: nel primo

caso chiede il rinvio al giudizio e si passa alla successiva fase dell’udienza preliminare, nel

secondo caso si effettua l’archiviazione del caso e non si procede penalmente nei

confronti del minore. Inoltre il G.I.P. ha il potere di inviare un’ordinanza per applicare una

misura cautelare su richiesta del P.M. in attesa che il minore sia giudicato. Le misure

cautelari sono misure limitative della libertà personale del minore per cui il giudice deve

applicare la misura in proporzione all’entità del fatto e alla sanzione che si prevede sarà

applicata e solo quando si procede per delitti per i quali la legge prevede l’ergastolo o

comunque una reclusione non inferiore ai 5 anni. Le misure cautelari sono regolamentate

nel D.P.R. 448 del 22 settembre 1988 dall’Art.20 (prescrizioni), dall’Art.21 (permanenza in

casa), dall’Art.22 (collocamento in comunità), dall’Art.23 (custodia cautelare).

2. L’udienza preliminare

Alla seconda fase si giunge in seguito al rinvio a giudizio e consiste in un’udienza che si

tiene dinnanzi al G.U.P. (Giudice dell’Udienza Preliminare), un organo di tipo collegiale,

ovvero composto da un giudice “togato” e due giudici laici (non “togati”), i quali devono

essere necessariamente un uomo e una donna affinché rappresentino simbolicamente la

coppia genitoriale allo scopo di rendere meno traumatica possibile l’esperienza al minore.

Inoltre devono essere necessariamente presenti anche il P.M. e la difesa dell’imputato

minorenne. Gli esiti dell’udienza preliminare sono talmente vasti che molto spesso il

procedimento penale termina in questa fase senza ricorso al dibattimento nel Tribunale dei

Minori; difatti qualora il G.U.P. emetta una sentenza di non luogo a procedere (quando il

G.U.P. ritenga che ci siano degli elementi contraddittori riguardo ad una causa di

estinzione del reato e quindi di improcedibilità dell'azione) ha ugualmente il potere di

evitare l’invio a giudizio al T.M. e chiudere la vicenda processuale emettendo una

condanna (pena sostitutiva) oppure emettendo una sentenza che non implica

l’applicazione di pene (irrilevanza del fatto, perdono giudiziale, messa alla prova). Nel

dettagli le sentenze emanate dal G.U.P.:

la pena sostitutiva è detta così perché si pone come alternativa alle pene vere e

 proprie e consiste nella semidetenzione (obbligo di trascorrere almeno 10 ore al

giorno negli istituti penitenziari), libertà controllata (divieto di allontanarsi dal

comune di residenza, salvo apposite autorizzazioni riguardanti motivi di studio,

famiglia, salute o lavoro), pena pecuniaria (conversione della pena detentiva in

denaro);

Il giudice in base all’Art.27 del D.P.R. 448/88 può decidere l’irrilevanza del fatto.

 Ciò non significa che il

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Publisher
A.A. 2014-2015
8 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Dafne23 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Giustizia sociale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Pennisi Carlo.