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La convenzione sul diritto del mare è entrata in vigore nel 1994, con lo scopo di regolamentare
l’utilizzo degli spazi marini e lo sfruttamento delle relative risorse. La sede è ad Amburgo.
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Il tribunale è composto da 21 membri , in carica per 9 anni, con possibilità di rielezione. Non
possono esserci più di 3 rappresentanti per area geografica e non più di 1 per nazionalità .
Il tribunale è composto da Camere di diverse tipologie:
- 2 camere (composte da 7 membri) competenti per le controversie che riguardano la pesca
e l’ambiente marino
- Camere ad hoc, composte secondo modalità concordate dal tribunale, competenti per
specifiche materie
- Camera competente per la soluzione delle controversie mediante procedura sommaria,
nell’arco di un anno
Possono inviare un’istruttoria al tribunale i paesi membri della convenzione e le organizzazioni
internazionali che hanno sottoscritto il trattato. È possibile attivare la procedura presso:
- Tribunale internazionale del diritto del mare
- Corte internazionale di giustizia
- Tribunale arbitrale (ordinario o speciale)
La procedura si avvia tramite una dichiarazione: essa rappresenta un requisito essenziale, deve
avere forma scritta e va depositata presso il Segretariato Generale delle NU.
È possibile attribuire una specifica competenza al tribunale tramite un compromesso o un accordo
internazionale.
Ricevuta quindi l’istanza presso la Cancelleria del Tribunale, la procedura si articola in due fasi:
scritta e orale, nelle quali si assiste alle testimonianze e al dibattito (di difesa e accusa). La
sentenza pronunciata dal tribunale è definitiva (e inappellabile).
Le competenze del tribunale internazionale del mare riguardano le presunte violazioni della libertà
di navigazione, di sorvolo e posa di condotte e cavi sottomarini, infine anche la protezione
dell’ambiente marino. Altre controversie sono quelle che riguardano la ricerca scientifica e la
pesca. Gli Artt. 297-8 disciplinano queste controversie; la competenza del tribunale è limitata agli
Stati che vi hanno aderito.
Controversie riguardanti attività militari, confini, zone economiche esclusive sono regolamentate
invece dalla Carta delle NU. Per questo motivo, il tribunale del mare deve prima accertare le
proprie competenze, dopodiché può notificare l’eventuale risposta affermativa alle parti in causa.
Inoltre, il tribunale può adottare misure cautelari da infliggere ad una o ad entrambe le parti; può
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disporre di immediato rilascio delle navi e/o equipaggi a seguito di un deposito cauzionale o di un
pagamento; può rilevare la Manifesta infondatezza circa la controversia in atto e autorizzare
l’intervento di un terzo soggetto al processo.
La Camera per la risoluzione delle controversie marine è composta da 11 membri. Su accordo tra
le parti, può essere costituita una camera ad hoc composta da 3 membri. La legittimazione a
procedere da parte della Camera è prevista quando una delle parti contraenti viola l’applicazione
della convenzione, ometta degli atti alle autorità o parte del contratto, usi un eccesso di potere.
Organizzazione mondiale del commercio OMC-WTO
Consta di circa 150 membri. La sua struttura è molto diversa da quelle precedentemente descritte,
poiché al suo interno coesistono procedimenti di tipo diplomatico e altri prettamente più giuridici.
Tutto ciò per regolamentare le materie di scambi internazionali e la liberalizzazione del commercio,
disciplinando eventuali accordi commerciali e conteziosi.
A differenza delle altre organizzazioni, l’OMC ha introdotto un doppio grado di giudizio, con la
creazione di un Organo di Appello. Altra innovazione riguarda le raccomandazioni del Consiglio
che, per essere approvate, non necessitano più della maggioranza assoluta, bensì dell’unanimità.
Esistono poi una serie di ricorsi differenziati per tipologia e per natura dei comportamenti: è
possibile presentare un esposto contro un comportamento palesemente illecito oppure contestare
il comportamento legale di uno Stato che però danneggia e pregiudica gli interessi di un altro.
Data la vasta complessità delle controversia di questa materia, l’organo di risoluzione delle
controversie ha il compito di dirimerle adottando provvedimenti legali, commerciali e – soprattutto –
diplomatici.
La prima fase del procedimento prende avvio quando uno Stato ritiene di essere stato danneggiato
dal comportamento di un altro, non conforme alle norme dell’OMC. In questa occasione, lo Stato
che ritiene di aver subito un torto da un altro, deve inoltrare a quest’ultimo una richiesta di tipo
negoziale di consultazioni. Questo approccio evidenzia l’impostazione tipicamente diplomatica
dell’OMC. Qualora questo primo approccio abbia esito negativo, il ricorrente può quindi rivolgersi
all’Organo di Risoluzione che deciderà sull’istituzione di un Panel di esperti, formato da 3 persone,
nominate su proposta del Segretariato (nel caso in cui le parti siano d’accordo) o dal Direttore
Generale (in caso contrario).
I compiti del Panel sono definiti dal Mandato Standard, che prevede l’esame della questione ad
esso sottoposta, grazie agli ampi poteri di inchiesta di cui esso è dotato. La parte ricorrente deve
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innanzitutto dimostrare l’illiceità del comportamento della controparte. Anche nella fase iniziale, il
Panel svolge una continua attività conciliativa. Dopo questa prima fase di consultazioni (orali e
scritte), il Panel presenta una relazione finale.
L’organo di Conciliazione (DSB) è chiamato così a votare per l’approvazione della relazione del
Panel.
In luogo del Panel, è consentito ricorrere ad un arbitrato per dirimere una controversia.
Organo di appello: a differenza dei Panel, l’organo di appello ha natura esclusivamente
giurisdizionale, ovvero non rientra nelle sue attribuzioni l’attività diplomatica e conciliativa. Esso è
unicamente chiamato ad esaminare la questione giuridica contemplata nella relazione del Panel.
Questo organo ha il potere di rivedere sia la parte procedurale che quella di diritto sostanziale. I
componenti dell’organo di appello rimangono in carica 4 anni e non possono avere nessun legame
con le P.A. La durata del ricorso in appello non deve superare i 60gg e termina con un rapporto
presentato al DSB. Tale relazione verrà poi adottata da quest’ultimo che la renderà obbligatoria
per entrambi i contendenti.
L’esecuzione delle raccomandazioni del DSB devono avvenire entro 15 mesi e lo stesso DSB ha il
compito di vigilare sull’effettiva esecuzione. Nel caso in cui gli accordi/decisioni non vengano
rispettati si giunge a degli accordi di compensazione o vengono applicate delle contromisure
(sanzioni).
L’unica possibilità della parte soccombente per contrastare la controversia è di attivare una
procedura affidata al Panel che ha esaminato la questione. Il lodo (risposta) è definitivo ed
inappellabile.
Intervento di terzi nei panel e negli organi di appello: su suggerimento degli USA, è stato concesso
anche ad ONG e ai privati di poter partecipare – grazie alle loro conoscenze tecnico-scientifiche –
alla fase procedurale. Si parla in questo caso di amicus curiae, ovvero una figura che nono
partecipa al contenzioso ma che comunque può presentare osservazioni sugli elementi giuridici
contribuendo così alle fasi del processo: ciò avviene attraverso la deposizione di memorie, sulle
quali i giudici dovranno pronunciarsi circa la loro ammissibilità, a condizione però che siano utili e
pertinenti per la risoluzione della controversia. I paesi in via di sviluppo si sono in genere opposti
alla partecipazioni degli amici curiae.
Crimini internazionali 7
Diritto alla vita, divieto di tortura e di schiavitù, genocidio sono considerati crimini internazionali
poiché riguardano gli interessi della comunità internazionale, intesi come violazioni di obblighi
derivanti da norme del diritto internazionale generale. La Commissione dei diritti dell’uomo delle
NU aveva dato questa definizione guardando al rispetto dei diritti fondamentali della persona.
Proprio in violazione dei diritti dell’uomo, sono stati istituiti 2 tribunali ad hoc per punire i crimini
commessi nella ex-Jugoslavia e nel Ruanda. La persona fisica viene giudicata penalmente
responsabile. Un esperimento simile a questo si era già verificato nel 1945, con il Processo di
Norimberga.
Le 4 Convenzioni di Ginevra del 1949 prevedono l’estradizione per chi ha commesso crimini di
genocidio: esiste una cooperazione intergovernativa che oggi ha il consenso unilaterale degli Stati
quando un crimine internazionale è commesso sul proprio o altrui territorio. I 2 tribunali sono nato
con la volontà di colpire gli autori di suddetti crimini e ciò ha indotto il Consiglio di Sicurezza delle
NU ad adottare lo Statuto del Tribunale Penale per i crimini nella ex-Jugoslavia e nel Ruanda.
L’esperimento dei 2 tribunali speciali ha spinto la comunità internazionale a creare un organo
permanente: La Corte Penale Internazionale, il cui Statuto è entrato in vigore nel 2002.
- Genocidio: crimine posto all’attenzione della comunità internazionale dopo la 1^ G.M.
(chiamato allora crimine di guerra), venne poi definito crimine internazionale, poiché poteva
essere commesso anche al di fuori di un conflitto armato, ossia in tempo di pace, finalizzato
quindi alla distruzione di un gruppo etnico, razziale o religioso, cagionando gravi lesioni
fisiche e psichiche.
- Crimini contro l’umanità: serie di atti criminosi contro persone che non partecipano
direttamente alle ostilità (omicidi volontari, riduzione in schiavitù, sterminio), collegati ad atti
compiuti prima o durante la guerra. Esiste una responsabilità individuale per chi commette
questo tipo di crimini. Lo stesso statuto della corte li definisce come atti commessi
intenzionalmente contro la popolazione civile. Rientrano in questa categoria anche
l’Apartheid , le sparizioni forzate di individui e atti riconducibili a crimini sessuali.
- Crimini di guerra: azioni che non rispettano il divieto di utilizzare tecniche che prevedono la
modifica dell’ambiente per scopi militari, l’uso e la fabbricazione di armi chimiche e
batteriologiche e dell’utilizzo di mine anti-uomo. Il crime di guerra è ritenuto un crimine
internazionale poiché viola le norme internazionali a tutela dei diritti fondamentali
dell’uomo. Nei protocolli delle 4 convenzioni di Ginevra emergono alcuni doveri degli Stati
aderenti, tra cui quello di far rispettare il diritto umanitario, soprattutto nel caso in cui viene
commessa un’infra