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ONTANELLI
17.
La prima cosa da conquistare come condizione di tutte le altre conquiste è la fiducia del lettore. E questa
conquista la si fa non ricorrendo mai ai falsi, che prima o poi vengono scoperti, e da quel momento è meglio
cambiare mestiere. L’idea di conquistare il lettore con le montature sensazionalistiche dei fatti può funzionare
sulla breve distanza. Su quella lunga, procura solo discredito. Sia chiaro che, quando si deve riferire su un fatto
mentre accade, si può cadere in qualche inesattezza. Niente paura. Se, appena te ne accorgi, lo riconosci
pubblicamente e ne chiedi scusa al lettore, questi ti perdona.
Seconda regola. Parlare al lettore nella sua semplice lingua, non in quella sussiegosa dell’Accademia, peste e
dannazione di una cultura come quella nostra, che per questo non è mai riuscita a diffondersi come sarebbe stato
suo primo dovere di fare. Noi dobbiamo essere e restare al servizio del lettore, e in senso non astratto, ma
concreto, in quanto è lui che ci mantiene comprando i nostri giornali e i nostri libri. Ciò non vuol dire
secondarne gli errori o almeno quelli che a noi sembrano tali. Significa soltanto cercar di correggere l’errore senza
mancare di rispetto a chi lo commette.
(I. M , 2003)
ONTANELLI 6
La tentazione del quotidiano, e il desiderio d’eternarsi. Giornalismo e letteratura
18.
Il problema che più appassionava il mondo delle lettere, molti anni fa, era quello se il giornalista potesse essere
anche scrittore, se lo scrittore in lui non nuocesse al giornalista, se le necessità del mestiere e le esigenze dell’arte
si potessero conciliare. Il problema mi è specialmente caro perché appassionava tutti a casa mia, salvo mio padre.
Egli pensava che fare bene il giornalista era così difficile e soddisfacente che non lasciava posto a ogni altra
occupazione.
Una volta, al principio del secolo, la cosa era semplice. Il problema non esisteva. Scrittore e giornalista si
distinguevano a vista. Lo scrittore scriveva libri, drammi, poemi. Il giornalista dispacci, servizi, articoli. Lo
scrittore usava parole difficili, ornate, eleganti, insolite, e ingemmava la sua prosa di espressioni desuete e
incomprensibili. Il giornalista usava un linguaggio il più possibile immediato, accessibile, quasi parlato. Lo
scrittore narrava per lo più cose inventate da lui, avventure di nobili ed eccezionali personaggi, travolti da bufere
d’emozioni, in ambienti immaginari. Il giornalista, cose vere, o che si supponevano vere, viste da lui, o per lo
meno apprese di prima mano.
Qualche volta, è vero, lo scrittore affidava una novella, un bozzetto, un ricordo di viaggio a un giornale. Lo
faceva però con condiscendente riluttanza, per bisogno […] Lo scrittore, in realtà, aveva quasi sempre fatto il
giornalista in gioventù. Ma si trattava di uno stadio senza apparenti legami con la sua condizione, così come ogni
farfalla è stata bruco […] Alcuni giornalisti facevano quindi il mestiere con la malagrazia con cui le farfalle fanno
il bruco, aspettando il giorno della promozione. Per quasi tutti la promozione non veniva mai. Intanto
infiorettavano i loro scritti di espressioni rare, per consolare se stessi e impressionare i colleghi.
[…] Oggi sappiamo che la vecchia separazione puramente editoriale e tipografica non vale. Non si è scrittore
solo perché si scrivono libri e giornalisti solo perché si scrivono articoli nei giornali. Vi sono libri sciatti, volgari,
inutili, e vi sono articoli dignitosi, ispirati, felici.
[…] Oggi sappiamo anche che gli accorgimenti superficiali e giochi tecnici non fanno lo scrittore. Un tempo
infatti si pensava bastassero la prosa d’arte, il tono elevato e lirico, la circonlocuzione oscura, la contorsione,
l’incomprensibilità per dare dignità letteraria a qualsiasi testo. […] Vi sono, si badi, scrittori che riescono a esserlo
malgrado l’impiego di sotterfugi. Ma oggi i sotterfugi non bastano più.
Sappiamo infine che la qualità di scrittore non è neppure legata alla conoscenza perfetta della lingua.
[…] E allora? Scrittore è colui che emerge dall’artigianato letterario al quale si dedica, romanzo, poesia, saggio,
studi storici, teatro, giornalismo, (…) per particolari qualità sue. Le necessità del mestiere che esercita non lo
paralizzano. Sembrano invece stimolarne l’ingegnosità e l’estro. Così il grande poeta di un tempo non restava
inchiodato ai quattordici versi del sonetto o agli otto dell’ottava, ma sembrava stendercisi a suo agio, e le rime
non rovinavano il ritmo del verso ma cascavano naturali e insostituibili.
Quali qualità distinguono l’artigiano dallo scrittore è difficile stabilire: una certa urgenza, una certa necessità del
racconto, la novità sostanziale delle cose che ha da dire, la probità letteraria, il disprezzo per i sotterfugi e gli
accorgimenti, la padronanza di sé, l’autorità con cui si fa ascoltare, e via discorrendo. Scrive perché sembra non
possa farne a meno, come un falco vola. Soprattutto, la qualità che oggi più si apprezza sembra essere una certa
onestà e autenticità di testimonio.
Anche il giornalista qualche volta riesce ad emergere al livello di scrittore. Il suo mestiere gli offre alcuni vantaggi
e svantaggi. Primo vantaggio: egli racconta le cose che si pensa siano vere, realmente accadute. […] Lo
svantaggio insormontabile è la costrizione del tempo.
Può dare talvolta alla prosa l’immediatezza di una pagina di diario o di una lettera. Ma non ne fa letteratura. La
pagina che resta è solo quella che racconta qualcosa che è già remoto, una emozione rivissuta nella tranquillità e
nel silenzio, decantata, ridotta all’essenziale.
Scrittore o giornalista?)
(L. B ,
ARZINI JR
19.
“Giornalismo”, “produzione giornalistica” si usa, anzitutto, in significato letterario, come termine dispregiativo,
per indicare un gruppo di prodotti letterarii di qualità inferiore. Sono queste le scritture prive di originalità e di
7
profondità, che ingegni superficiali e incolti manipolano giorno per giorno per riempirne i pubblici fogli. I loro
autori, se espongono idee, non si accorgono di accozzarne insieme di quelle che si contradicono; credono di
distinguere e dedurre, e si lasciano invece facilmente accalappiare dagli omonimi e dai sinonimi; se ricordano fatti
storici, li riferiscono senza esattezza e attingendoli a fonti impure (…).
Lo stile di quelle scritture è tutto contesto di frasi e parole belle e fatte, e tali da richiedere il minore sforzo nel
lettore; cosicché esso sembra, talvolta, un gergo, analogo a quello dei burocratici. Ed ora si sente che le cose vi si
tirano in lungo per riempire il numero di cartelle da fornirsi alla stamperia; ed ora che esse vengono strozzate nel
meglio, perché quel numero di cartelle è esaurito. Il giornalista fa una filosofia improvvisata, una storia
improvvisata, un’arte improvvisata; e le improvvisazioni richiedono uomini di pochi scrupoli e di scarsa
sensibilità estetica.
L’artista deve indugiare nel sogno, lo scienziato nella meditazione, lo storico nell’indagine documentaria, ma il
giornalista non deve, e, alla fine, anche volendo, non può. Perciò artisti, scienziati e storici guardano con
diffidenza, e quasi con orrore, la produzione giornalistica; e quando uno, che fu già dei loro, si dà a quella sorta di
lavoro, lo considerano irremissibilmente perduto. E perciò, si dice, il giornalismo, come non appartiene al mondo
del pensiero e della bellezza, ma a quello degli espedienti pratici, così dev’essere escluso dalla narrazione storica
dei fatti della scienza e della letteratura.
I medesimi articoli, che erano sembrati belli ed efficaci nel momento in cui apparvero, riletti nelle pagine di un
libro, non fanno la medesima impressione. Sparite le circostanze pratiche (…) quegli scritti si svelano, per troppi
rispetti, difettosi; e, se restano come documenti storici, artisticamente poi sono morti, appunto perché, come tali,
non sono mai stati troppo vivi.
Vi son cose che si ricordano più a lungo e più a lungo preoccupano gli animi umani, e altre meno: cibi che
l’umanità digerisce presto, e altri che le stanno più a lungo nello stomaco.
Il giornalismo e la storia della letteratura)
(B. C ,
ROCE
20.
Metodologicamente parlando, per me lo scrittore che sa essere giornalista – e, per converso, il giornalista che sa
essere scrittore – non lo dimostra scrivendo dei libri. Lo dimostra sul campo, nell’immediatezza della cronaca e
della scrittura. Ritengo, in sostanza, che in un eventuale studio del rapporto giornalista-scrittore,
nell’interscambio tra i due ruoli, vadano rigorosamente considerati non i libri che quello scrittore-giornalista ha
pubblicato, ma quanto ha scritto a caldo: perché è il momento in cui lui è in grado di evidenziare e dimostrare la
propria capacità di scrittore; quanto ha in sé dello scrittore (se giornalista) e del giornalista (se scrittore).
Esperienza di un critico militante)
(E. P ,
ACCAGNINI
21.
Se il giornalismo, per dirla con Umberto Eco, è la storiografia dell’istante, la letteratura è la storiografia
dell’eterno. L’uno è colpo d’occhio, l’altra è uno sguardo lungo. Da secoli giornalismo e letteratura sono stati
considerati due generi della stessa specie. Ciò che li distingue sarebbe il linguaggio: lo scrittore usa una prosa
elegante e ricercata, il giornalista utilizza uno stile scarno, essenziale. Il che è vero ma, a nostro giudizio, l’uno
può usare il linguaggio dell’altro senza tradire la propria funzione. Può un giornalista diventare un buono
scrittore? E può uno scrittore diventare un buon giornalista? Certamente, a condizione che l’uno dimentichi la
propria essenza e sia in grado di abbracciare l’altra.
Scritture di serie B?)
(P. I ,
SGRÒ
22.
La letteratura invece va lenta, circospetta, rispettosa. Lascia che il tempo viaggi, si agiti; lascia che rallenti, si
riposi. Magari lo aspetta, o finge di aspettarlo, in certi suoi ritorni, quando disegna anelli e sembra voglia tornare
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sui suoi passi. […] La cronaca insomma non le appartiene e vuole del tempo l’immagine alta e globale, non quella
al dettaglio.
[…] Ed ecco che, dove il giornalismo si precipita, la letteratura frena; dove il primo giuoca di rischio, la seconda
agisce con prudenza; e mentre uno annovera l’approssimazione fra i proprii inevitabili strumenti, fatalmente
legata alla velocità dell’esecuzione, l’altra la cancella sotto la mutria della severit&agr