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Zibaldone, in quella che viene de nita la “teoria del piacere”. Lui a ancherà alla teoria del piacere
anche la teoria della visione e del suono, per farci comprendere meglio il suo pensiero. La teoria
del piacere espone la realtà immaginata che non è altro che compensazione alla realtà vissuta,
che si presenta come noia e infelicità. Ciò che stimola l’immaginazione a costruire una realtà
parallela è tutto ciò che Leopardi de nisce “vago e inde nito, lontano e ignoto”, in questa realtà
parallela l’uomo può trovare un provvisorio appagamento al suo desiderio di in nito. Nella teoria
della visione Leopardi a erma che la vista impedita da un ostacolo quale può essere una siepe,
una torre, è piacevole proprio per il senso di vago e indeterminato che genera, perché oltre
l’ostacolo possiamo veder con l’occhio dell'immaginazione. Accanto alla teoria della visione
presenta anche quella del suono, nella quale elenca una serie di suoni che per lui sono suggestivi
perché vaghi: “odi greggi belar, muggire armenti”, “come il vento odo stormir tra queste piante”. Il
bello poetico consiste per Leopardi nel vago e nell‘inde nito e si esprime nelle immagini citate
nelle teorie della vista e del suono. Secondo lui esistono parole eminentemente poetiche proprio
per il senso di inde nito che suscitano, parole come lontano, antico, notte, notturno, oscurità, che
de nisce “poeticissime”. Queste immagini sono suggestive perché ci evocano sensazioni che
abbiamo provato da fanciulli, la “rimembranza” in Leopardi diventa l’elemento essenziale del
sentimento poetico. Per Leopardi la poetica dell’ inde nito e della rimembranza si vanno a
fondere e la poesia non è altro che il recupero della visione immaginosa della fanciullezza
attraverso la memoria. I veri maestri di questa poesia vaga e inde nita sono gli antichi perché più
vicini alla natura e quindi avevano la capacità immaginativa. I moderni hanno perduto la loro
capacità immaginativa nel momento in cui con la ragione se ne sono distaccati, di conseguenza ai
moderni è preclusa la poesia di immaginazione e a loro non rimane altro che una poesia di
sentimento, che si nutre di idee, loso ca, che nasce dalla consapevolezza della infelicità e
dall’arido vero.
Il rapporto con il romanticismo
Per noi Leopardi è un classicista romantico, la formazione fu classicistica e venne consolidata
dall’amicizia con Pietro Giordani, esponente principale del classicismo italiano. Nonostante ciò
Leopardi si inserisce anche nel solco del romanticismo partecipando alla polemica classico-
romantica. Egli è d’accordo con i romantici nella critica all’uso abuso della mitologia, al rispetto
delle regole, delle unità aristoteliche e all’imitazione pedissequa dei classici. Rimprovera però ai
romantici europei una certa arti ciosità soprattutto in quella ricerca dell‘orrido, soprattutto
rimprovera ai romantici italiani quell’adesione al vero, l’arido vero, che spegne ogni forma di
immaginazione. Per Leopardi tuttavia gli antichi sono un esempio di una poesia spontanea,
genuina, immaginosa, e quindi gli antichi, da lui proposti come modelli, vanno letti in chiave
romantica. Leopardi è lontano dal romanticismo anche per la predilezione per il genere della lirica,
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intesa come soggettività, sentimento, immediatezza, e qui si pone in contrapposizione al
romanticismo lombardo, la cui letteratura era più oggettiva, fondata sul vero, con intenti morali,
civili e pedagogici e oltretutto il romanticismo italiano prediligeva le forme narrative e
drammatiche. Da non dimenticare che il retroterra loso co di Leopardi è illuministico, sensistico
e materialistico, di contro alla visione del romanticismo basata su una concezione spiritualistica e
idealistica. In Leopardi sono presenti dei richiami al movimento romantico: l’esaltazione dell’io e
della soggettività, la sensucht, la tensione verso l’in nito, l’enfasi posta sul sentimento, il con itto
tra illusione e realtà con la scelta del mondo dell’immaginazione in opposizione al mondo della
realtà, il titanismo, l’esaltazione del vago e dell‘inde nito, il culto della fanciullezza e del primitivo
quali momenti essenziali del percorso umano, questo senso tormentato del dolore cosmico.
La produzione
Le Canzoni
L’opera di Leopardi è raccolta nella silloge i “Canti”. Dal 16 al 19 Leopardi sperimenta generi
diversi, alcuni di loro rimarranno ad uno stadio embrionale, altri invece verrano sviluppati e
privilegiati dall’autore. I due generi che privilegiò furono le canzoni e gli idilli. Dal 18 al 23
compone dieci canzoni di impianto classicistico in cui prevale un linguaggio aulico e sublime con
in uenze di Al eri e Foscolo. Più in particolare dal 18 al 21 compone le prime 5 canzoni:
il monumento di Dante”, Angelo Mai”, nozze della sorella Paolina”,
“All’Italia”, “Sopra “Ad “Nelle
un vincitore nel pallone”.
“Ad Alla base di queste cinque canzoni vi è il pessimismo storico, sono
canzoni animate da intenti polemici verso l’età presente, età inerte e incapace di azioni eroiche e
a questa polemica contrappone sempre l’esaltazione dell’età passata, età magnanima
Mai”
caratterizzata da generose imprese. Qui spicca la canzone ad “Angelo che possiamo de nire
la summa del pensiero Leopardiano in questa fase, dove oltre alla contrapposizione tra passato e
presente egli si so erma sul chiaro immaginar e sui leggiadri sogni che vengono però dissolti dalla
conoscenza razionale dell’arido vero. Tra il 21 e il 22 compone quelle che vengono chiamate le
minore” canto di Sa o”.
“canzoni del suicidio”: “Bruto e “L’ultimo Leopardi qui non parla più in
prima persona ma delega questo discorso poetico a Bruto (uccisore di Cesare) e Sa o (poetessa
greca). Il pessimismo storico è entrato in crisi, ci troviamo nella fase del pessimismo cosmico.
Bruto e Sa o incarnano il dramma della caduta delle illusioni, che per Bruto è l’illusione della
libertà (uccisero Cesare in nome della libertà) e per Sa o dell’amore. Il suicidio non è altro che la
rivendicazione del diritto, da parte di chi ha assisto al crollo dei suoi ideali, a ribellarsi ad una
natura che è insensibile verso l’uomo e quindi sostanzialmente ingiusta.
primavera” patriarchi”
Nel 22 compone due canzoni “Alla e “Ai che rappresentano una sorta di
commiato al mondo antico, delle favole, del mito. Anche qui c’è un lo conduttore comune tra le
due canzoni, c’è il rimando al mondo dell’immaginazione e il rimpianto per una realtà che ormai ai
sua donna”
suoi tempi non esiste più. L‘ultima: “Alla è un ritratto platonico e ideale della donna
che lui si pre gge di amare.
Gli idilli nito” Luna”, sera del dì di festa”,
Nella stagione 19-21 Leopardi compone sei idilli: “L’In , “Alla “La
sogno”, vita solitaria”,
“Il “La “Il Frammento XXXVII” (prendendo spunto dal primo verso “Odi,
spavento notturno”.
Melisso, io vò contarti un sogno”) chiamato poi nell’ultima edizione “Lo Il
termine idillio dal greco traduce il termine quadretto, bozzetto, il genere dell’idillio, nella sua forma
tradizionale, indica un quadretto di vita agreste o pastorale, genere caro a Teocrito di Siracusa (IV-
III a.C.) ripreso poi nella letteratura del 700. Leopardi tradusse gli idilli del poeta greco Mosco (II
a.C.) questo genere viene completamente rivisto da Leopardi, di fatti per lui l’idillio non è la
descrizione di vita campestre, ma come ebbe a dire è espressione di “situazioni, a ezioni,
avventure storiche dell’animo mio”. Con gli idilli si ha il passaggio dal tema civile delle canzoni al
tema degli a etti personali, dal mondo della storia al mondo dell’io, un io che cerca consolazione
nelle illusioni e nella facoltà immaginativa, che è capace di regalarci il piacere. Negli idilli
scompare la materia erudita e didascalica e compaiono invece i luoghi del paesaggio recanatese:
il monte Tabor, la luna che illumina gli orti, il canto dell’artigiano che torna nella sua modesta casa.
La rappresentazione della realtà esterna, di scene di una natura serena è tutta in funzione
soggettiva: la contemplazione della natura o re al poeta lo spunto per una ri essione di carattere
loso co e universale. C’è anche un mutamento dello stile rispetto alle canzoni: alla sintassi e al
lessico elevato e ricco di arcaismi e latinismi, subentra un linguaggio piano e paratattico. Il poeta
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rivolge la sua attenzione agli oggetti reali, ri utandone però l’esattezza descrittiva per tendere al
vago, all’indeterminato e all’inde nito. Questo mondo nello stesso tempo rarefatto e concreto,
viene esplorato nei suoi ri essi sulla soggettività individuale, però in rapporto con la più generale
condizione di tutti gli uomini. Il 19 è l’anno della crisi, coincide con i primi segnali di rottura del
sistema della natura e delle illusioni, anno in cui avviene il passaggio dal bello al vero, che va a
smorzare ogni fantasia. È sintomatico che la poesia degli idilli nasca in questo momento di
profondo pessimismo in cui il desiderio di aggrapparsi alla salvezza è forte.
Il silenzio poetico e le Operette Morali
Terminata la stagione delle canzoni e degli idilli comincia per Leopardi il silenzio poetico, che
terminerà nella primavera del 28. Il poeta stesso lamenta questo stato di aridità, di gelo, che
impedisce ogni moto dell’immaginazione e del sentimento. Egli dichiara apertamente di volersi
dedicare alla investigazione dell’arido vero. In questa disposizione d’animo nasce il progetto delle
Morali”,
“Operette progetto che si va a collocare subito dopo la conversione loso ca del 19. Già
satirici alla maniera di Luciano di Samosata”
nel 20 aveva progettato di scrivere dei ”Dialoghi (città
dell’attuale Turchia). Luciano di Samosata fu un poeta greco del II a.C. che nella sua opera irrise ai
vizi del mondo e della società a lui contemporanea. Nel 20 Leopardi scrive all’amico Giordani e
a erma “in questi giorni per vendicarmi del mondo e della virtù ho immaginato e abbozzato certe
prosette satiriche”. In realtà poi la gran