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Il termine "idillio" deriva dal greco, e letteralmente indica un breve componimento poetico di
ambientazione pastorale. Leopardi rinnova la tradizione modificando innanzitutto
l'ambientazione e dando ai suoi versi una dimensione intima e personale ma anche dal
punto di vista formale, la scelta dell'endecasillabo sciolto rispetto a metri più tradizionali è
segno del profondo cambiamento di intendere la poesia, tipico del romanticismo.
La poetica dell’indefinito è al centro della raccolta degli Idilli e nasce dalle riflessioni di
Leopardi sul piacere. Secondo il poeta l'uomo prova un desiderio infinito di piacere che
risulta inappagabile. Le gioie quotidiane sono soddisfazioni effimere, prodotte dalla
cessazione temporanea di un dolore. L'aspetto principale di questa teoria è il ricordo della
fanciullezza o di un passato relativamente lontano, ricordo che rende più indefinito e poetico
il dolore, attenuandolo.
Negli Idilli Leopardi introduce quelli che saranno i temi chiave dei suoi componimenti: il
destino infelice del poeta causato da un profondo senso di esclusione dalla gioia; la caducità
delle cose; l'impossibilità di un rapporto tra uomo moderno e natura; il ricordo; la
contemplazione dell'infinito. Infatti degli Idilli fanno parte testi: L'infinito, La sera del dì di
festa, Alla luna, Il sogno, La vita solitaria, Lo spavento notturno.
CANTI PISANO RECANATESI: 2° stagione poetica
Dopo il lungo silenzio poetico (1822-1828), in cui Leopardi scrive le Operette morali, a
partire dal 1828 il poeta ricomincia a comporre. Nascono quindi tra il 1828 e 1830, durante il
soggiorno di Leopardi a Pisa e il suo ritorno a Recanati, i canti pisano-recanatesi che
rappresentano la seconda stagione poetica di Leopardi e costituiscono la seconda sezione
dei Canti (Il Risorgimento, A Silvia, Il passero solitario, Le ricordanze, La quiete dopo la
tempesta, Il sabato del villaggio, il Canto notturno di un pastore errante dell'Asia).
I canti "pisano-recanatesi” vengono anche chiamati “grandi idilli”, presentandosi cioè come
uno sviluppo dello stile e della poetica dei “piccoli idilli”. Questi componimenti si distinguono
tuttavia dalla fase precedente soprattutto per lo schema metrico e per la svolta “filosofica”
successiva alle Operette morali: la concezione leopardiana della realtà passa dal
pessimismo storico al pessimismo cosmico, in questo modo l'infelicità individuale del poeta
assume caratteri universali. Ma centrale è sempre la riflessione su temi come la giovinezza,
la morte e la crudeltà della Natura indifferente, ormai concepita come ‘’matrigna’’. Alla base
poetica dei canti "pisano-recanatesi", come degli Idilli, vi è la poetica dell'indefinito e del
vago, ma questa si evolve in una dimensione di ricordo e di rievocazione del passato.
Questo aspetto fondamentale del ricordo è presente in tutti i canti, come base e punto di
partenza.
A livello linguistico si crea un contrasto tra scelte stilistiche e riflessione filosofica: infatti
Leopardi non trasferisce del tutto (a livello ritmico-sintattico) la durezza e la drammaticità
della sua analisi, questa consapevolezza si appoggia sulla vaghezza del linguaggio e sul
ricordo consolatorio, ma sempre doloroso.
Dal punto di vista metrico, mentre i “piccoli idilli” sono in endecasillabi sciolti, questi nuovi
versi hanno la forma della canzone libera, con alternanza di settenari ed endecasillabi.
La consapevolezza che la vita è solo un inganno illusorio è particolarmente esplicita
in A Silvia, destinata a una morte prematura, dopo aver simboleggiato la speranza di
una possibile felicità. Ma non solo; il poeta recupera anche la propria biografia
personale, tratteggiando i quadri della vita nel borgo natio, come nel Sabato del
villaggio e nella Quiete dopo la tempesta. Sono figure e situazioni concrete, legate
alla memoria del poeta, che diventano esempi e testimonianze delle concezioni
morali e filosofiche di Leopardi sul mondo.
Un componimento differente, perché lontano dal mondo campagnolo di Recanati, è
invece il Canto notturno di un pastore errante dell'Asia. La riflessione del poeta non è
concentrata nella sua dimensione personale e individuale, ma assume un carattere
universale e fortemente drammatico, perché espressa da un personaggio esterno, da
un individuo comune e non eroico, e in uno spazio ideale e lontano.
IL CICLO ASPASIA: 3° stagione poetica
Dopo il periodo dei cosiddetti “grandi idilli” il poeta abbandona per sempre Recanati per
recarsi a Firenze. Qui Leopardi non incontra però un terreno ospitale per le sue idee e per la
sua concezione di poesia: il clima della Restaurazione, la situazione critica della cultura
italiana e la diffusione della corrente dello spiritualismo si oppongono all’atteggiamento ateo
e materialistico che il poeta ha ormai maturato.
Dal punto di vista tematico, nel “ciclo di Aspasia” ritroviamo la concezione tragica
dell'esistenza umana e la filosofia del pessimismo cosmico, ma stavolta vengono affrontati
col tono aspro con cui si afferma il crollo definitivo delle illusioni. In particolare, è la
sofferenza amorosa e l’opposizione allo spiritualismo ottocentesco a suscitare la vena
creativa di Leopardi, che si rivolge sarcasticamente verso questa fiducia ottimistica in un
progresso materiale e spirituale. In questo senso, le convinzioni materialistiche leopardiane
evolvono verso una poetica “eroica”, che, nell’ultimo periodo di vita del poeta, lo porta a
riaffermare con forza il rifiuto delle illusorie consolazioni ideali, per trovare invece nella
solidarietà tra uomini lo strumento per opporsi alla Natura matrigna.
Un testo decisamente significativo che conferma Leopardi come poeta isolato e non
organico è la Palinodia: una lunga epistola in endecasillabi sciolti, indirizzata allo storico e
politico Gino Capponi, nella quale Leopardi finge di ritrattare le proprie posizioni filosofico-
letterarie e mostrando poi l’infondatezza dei miti del progresso e della modernità.
Una delle più consistenti novità tematiche dell’ultimo Leopardi è senza dubbio la passione
amorosa; rispetto alle liriche precedenti, la novità sostanziale è che ora si tratta di un amore
concreto (ma mai corrisposto), quello per Fanny Tozzetti, nobildonna fiorentina che Leopardi
trasfigura col nome di Aspasia. La passione e la successiva delusione amorosa si articola in
cinque testi composti tra il 1831 e il 1834, che prendo il nome di ‘’Ciclo di Aspasia’’.
Dal punto di vista linguistico e stilistico si ha un profondo mutamento, dall’armonia sintattica
e ritmica delle prime 2 stagioni poetiche si passa a toni più aspri e duri, che esprimono la
tragicità della l’animo del poeta.
DIALOGO DELLA NATURA E DI UN ISLANDESE:
Questo dialogo viene scritto nel 1824 e fa parte delle Operette morali. In esso si evidenzia,
per la prima volta, il passaggio di Leopardi da una concezione positiva e benigna della
Natura a quella contraria di Natura matrigna, crudele e indifferente. Leopardi sviluppa l'idea
di un Islandese che viaggia per il mondo alla ricerca di tranquillità, giunto nell'Africa
equatoriale, si imbatte nella Natura, concepita come figura gigantesca di donna dall'aspetto
"tra bello e terribile". La Natura interroga l'Islandese sulle ragioni della sua fuga e in
un'articolata riflessione l’uomo spiega le ragioni delle sue disgrazie e racconta le peripezie
che lo hanno portato ad una vita peregrina. Affermando poi, in un lungo monologo, come
l’uomo viva costantemente nel pericolo, e la vera causa della sua infelicità è la Natura
stessa, che crea e poi tormenta gli esseri viventi. Celebri sono i passaggi sui disagi vissuti
dalla specie umana e causati dagli agenti atmosferici. Dopo il lungo monologo dell'Islandese
interviene la Natura, che ribalta la posizione dell'uomo: questa è totalmente insensibile al
destino degli uomini perché agisce meccanicisticamente secondo un processo di creazione
e distruzione, che coinvolge direttamente tutte le creature. Quella dell'Islandese è una
visione antropocentrica - e per tal motivo errata e parziale della realtà.
DIALOGO DI UN FOLLETTO E DI UNO GNOMO:
All’interno delle Operette morali, il Dialogo di un folletto e di uno gnomo sviluppa uno dei
temi centrali dell’intera raccolta, ovvero quello della polemica anti antropocentrica
dell’autore, che mette in scena la scomparsa del genere umano. Il Folletto e lo Gnomo,
finalmente liberi dalle prepotenze degli uomini, possono liberamente deriderne le
presuntuose convinzioni antropocentriche. Dopo che il Folletto ha convinto lo Gnomo
dell’effettiva morte del genere umano passa ad elencare le ragioni di questa scomparsa e
qui comprendiamo come la posizione ideologica di Leopardi risulti ancorata a un
pessimismo ancora di tipo storico, in cui i soli responsabili dell’infelicità terrena sono proprio
gli uomini, egoisti e ormai per sempre lontani dalle prescrizioni della Natura. I due
protagonisti argomentano le ragioni della scomparsa dell’umanità e sminuiscono
l’importanza che essi davano a certe loro invenzioni: nessuna invenzione umana ha infatti
utilità generale o un valore assoluto, tanto che dopo la scomparsa dell’intera specie tutto
sopravvive come se nulla fosse accaduto. Ma l’operetta vuole anche dimostrare come la
presunzione di superiorità che caratterizza l’uomo non sia per niente originale. Essa è infatti
ontologica, cioè appartiene da sempre a tutte le specie. L’uomo non era il solo a credere che
il mondo fosse stato creato a suo uso e consumo: ogni essere vivente ne è convinto, e
Folletto e Gnomo non mancano di battibeccare sull’argomento. La Natura, invece, cammina
su un percorso parallelo, che ignora deliberatamente le pretese dei viventi.
DIALOGO DI CRISTOFORO COLOMBO E DI PIETRO GUTIERREZ:
“Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez” è stato scritto nel 1824 e fa parte delle
Operette morali, prosa satirica che raccoglie le riflessioni filosofiche del poeta. Il dialogo
avviene durante il viaggio dell’esploratore Colombo verso terre sconosciute. Durante la
traversata dell'Atlantico, stanchi della lunga navigazione e preoccupati per la sorte avversa,
Colombo e Gutierrez si confidano speranze e convinzioni. Colombo introduce il tema della
noia, argomentando il fatto che l'occupazione della navigazione lo distoglie dal pensiero
dell'inutilità della vita. In un clima di esaltazione dell'attivismo come mezzo per scacciare la
noia e il dolore, il dialogo pone al centro il concetto di quanto l'uomo abbia car