Gestione delle imprese finanziarie
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ESTRATTO DOCUMENTO
Capitolo. 2
LA VIGILANZA BANCARIA
La crisi finanziaria pone tre questioni nei confronti delle autorità di vigilanza
L’analisi costi benefici dell’attività di vigilanza, in virtù della quale i limiti che la
normativa pone agli intermediari devono essere proporzionali ai benefici che si
intendono raggiungere.
L’orientamento al mercato al mercato, in virtù del quale, da un lato, è legittimo
chiedere alla regolamentazione di non porre un freno all’innovazione di prodotto e di
processo nel settore finanziario ma, dall’altro lato non può essere ritenuta accettabile
una normativa basata su interventi ex post realizzati soltanto dopo che siano emersi i
problemi creati dall’innovazione
L’organizzazione della regolamentazione
Le autorità creditizie
La Banca d’Italia ha il compito di vigilare
- sulle banche
- sulle società di gestione del risparmio
- sulle società d’investimento a capitale variabile
- sulle società d’intermediazione mobiliare
- sugli istituti di moneta elettronica
- sugli intermediari finanziari
Svolge compiti di tutela della trasparenza delle condizioni contrattuali.
Con riferimento al primo punto la Banca d’Italia svolge le proprie funzioni di vigilanza
assieme alle altre due autorità creditizie previste dal TUB: il COMITATO
INTERMINISTERIALE per il CREDITO e il RISPARMIO (CICR) e il Ministro dell’economia e
delle finanze.
Il CICR ha l’alta vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio ed è composto
dal Ministro dell’economia e delle finanze, che lo presiede, e dai Ministri del
commercio internazionale, politiche agricole, sviluppo economico, infrastrutture,
trasporti, politiche comunitarie. Alle sedute partecipa il Governatore della Banca
d’Italia. Il CICR svolge funzione di organo tecnico.
La Banca d’Italia esercita le funzioni di vigilanza sulle banche, sui gruppi bancari e
sugli altri intermediari finanziari, emana regolamenti, impartisce istruzioni aventi
validità generale e adotta provvedimenti su casi specifici.
Gli obiettivi della politica della vigilanza – riconducibili alla sana e prudente gestione
dei soggetti vigilati, alla stabilità complessiva, all’efficienza e alla competitività del
sistema finanziario – accomunano pertanto tutte le autorità creditizie.
Nelle prospettive dell’Unione Bancaria Europea la Banca d’Italia ha ceduto parte delle
proprie competenze in materia di politica di vigilanza alla Banca Centrale Europea, che
ha assunto la vigilanza diretta sulle banche considerate più rilevanti.
L’organizzazione nazionale dei controlli sul sistema finanziario
L’art. 7 del TUB si preoccupa che Banca d’Italia, CONSOB, COVIP e IVASS collaborino
tra loro al fine di agevolare le rispettive funzioni, senza poter opporre segreto d’ufficio.
Il modello che predilige la frammentazione delle funzioni di vigilanza tra più autorità di
controllo impone, evidentemente, la scelta di un criterio di allocazione delle
responsabilità che può seguire la classica tripartizione dei mercati (bancario, mobiliare
e assicurativo).
Il primo criterio, detto anche “per soggetti”, è applicabile soltanto ove vi sia una chiara
separazione tra attività finanziarie e intermediari.
Il secondo criterio di organizzazione delle responsabilità, cosiddetto “per finalità”, si
fonda sul principio che sia possibile distinguere le competenze in materia di sana e
prudente gestione degli intermediari volte a garantire la stabilità, da quelle in materie
di trasparenza e di correttezza di comportamento degli intermediari e di tutela della
concorrenza.
Il TBU delinea il ciclo di vita di una banca, partendo dalla sua costituzione e
operatività, per poi passare alle regole che le banche devono rispettare nell’ordinario
funzionamento e ai controlli cui devono sottostare, per giungere infine alla disciplina di
una eventuale situazione di crisi.
L’art. 4 del TUB impone alla Banca d’Italia di determinare e rendere pubblici
preventivamente i principi e i criteri dell’attività di vigilanza. Impostazione conquistata
con il progressivo passaggio da una vigilanza strutturale (frequente ricorso
all’autorizzazione da parte dell’autorità di controllo), a una vigilanza prudenziale, che
definisce le regole del gioco all’interno delle quali il banchiere è libero di esprimere il
proprio disegno imprenditoriale.
È stato infatti il TUB a sancire la natura imprenditoriale dell’attività bancaria.
La Banca d’Italia procede con l’iscrizione all’albo di un nuovo operatore nazionale ove
ricorrano le seguenti condizioni:
Sia adottata la forma di spa o di soc. coop. Per azioni a responsabilità limitata
- Sede e direzione generale siano situate nel territorio della Repubblica
- Capitale versato sia di ammontare non inferiore a quello determinato dalla Banca
- d’Italia, che attualmente è di 6,3 milioni di euro per le prime e di due milioni per le
seconde
Venga presentato un programma concernente l’attività iniziale, con atto costitutivo
- e statuto
I partecipanti al capitale abbiano i requisiti di onorabilità
- I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo abbiano i
- requisiti di professionalità e di onorabilità
Il diniego dell’autorizzazione può avvenire o perché manchi un’autorizzazione formale
o perché non risulti garantita la sana e prudente gestione della Banca.
Trattandosi dell’unico elemento che attribuisce alla Banca d’Italia qualche
discrezionalità, la stessa ha chiarito nelle istruzioni di vigilanza, in ossequio al
principio di trasparenza, il contenuto minimale che il programma di attività deve
contenere:
I settori di intervento, le operazioni e i servizi che la banca intende svolgere
- La struttura tecnica, organizzativa e territoriale
- Le caratteristiche del sistema informativo
-
Il programma di attività deve essere inoltre accompagnato da una relazione tecnica
contenente i bilanci previsionali dei primi tre esercizi da cui risultino in particolare:
L’ammontare degli investimenti che la banca intende effettuare per impiantare la
- struttura tecnico-organizzativa e le relative coperture finanziarie
Le dimensioni operative che la banca si propone di raggiungere
- I risultati economici attesi
-
Si tratta, a tutti gli effetti, di produrre un business plan.
Nelle banche a forma di soc. coop. Ogni socio ha un voto a prescindere dal numero di
azioni possedute (voto capitario). Nelle società per azioni si applica invece la regola
classica secondo cui il socio ha diritto a tanti voti quante sono le azioni possedute.
Le banche di credito cooperativo si caratterizzano per esercitare il credito
prevalentemente a favore dei soci.
La soc. coop. A responsabilità limitata prevede due sottocategorie:
la banca popolare
la banca di credito cooperativo
La scelta relativa alla forma societaria dipende essenzialmente da:
La dimensione del capitale
- Il numero dei soci
- Grado di concentrazione del capitale
- Obiettivi della compagine sociale
-
La vigilanza prudenziale e l’adeguatezza patrimoniale
Il TUB nel Titolo III dedicato all’attività di vigilanza prevede vigilanza informativa,
vigilanza ispettiva e vigilanza regolamentare mediante la quale la Banca d’Italia,
emana disposizioni di carattere generale aventi a oggetto:
Adeguatezza patrimoniale
- Contenimento del rischio
- Partecipazioni detenibili
- Organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni
-
È importante la facoltà riconosciuta alla Banca d’Italia di:
Convocare gli amministratori, sindaci, dirigenti delle banche per esaminare la
- situazione delle stesse
Ordinare la convocazione degli organi collegiali delle banche
- Procedere direttamente alla convocazione se non viene ottemperato il punto b
-
Le prime norme di vigilanza prudenziale note come BASILEA 1, introdotte nel 1988 dal
Comitato di Basilea - organismo internazionale istituito dalle banche centrali dei paesi
più industrializzati – erano rappresentate dalla definizione di alcuni coefficienti
patrimoniali minimi obbligatori.
Tra di essi il più importante è stato il “coefficiente di solvibilità”, in base al quale il
patrimonio delle banche doveva essere pari all’8 per cento del complesso delle attività
ponderate in relazione ai rischi di perdita per inadempimento dei debitori (rischio
creditizio).
Il coefficiente di solvibilità ha legato l’entità dei rischi assunti dalle banche alla relativa
dotazione di patrimonio, sono nel tempo emersi i limiti di un approccio di misurazione
del rischio legato esclusivamente ai seguenti tre fattori:
La natura delle controparti debitrici
- Il paese di residenza
- Le garanzie ricevute
-
La nuova struttura della regolamentazione prudenziale introdotta con BASILEA 2 si
basa su tre pilastri.
1) Il primo pilastro introduce un requisito patrimoniale per fronteggiare i rischi
dell’attività bancaria
2) Il secondo pilastro richiede alle banche di dotarsi di un processo di controllo
dell’adeguatezza patrimoniale, attuale e prospettica, rimettendo all’autorità di
vigilanza il compito di verificare l’affidabilità e la coerenza
3) Il terzo pilastro introduce obblighi di informativa al pubblico riguardanti
l’adeguatezza patrimoniale, l’esposizione ai rischi e le caratteristiche generali
dei relativi sistemi di gestione e controllo
Nel corso del 2013 è stata trasposta l’ulteriore riforma degli accordi del Comitato di
Basilea – nota come BASILEA 3 – volta a rafforzare la capacità delle banche di
assorbire shock derivanti da tensioni finanziarie ed economiche, a migliorare la
gestione del rischio e a rafforzare la trasparenza e l’informativa delle banche stesse.
Le principali innovazioni introdotte con BASILEA 3 sono le seguenti:
Un miglioramento della qualità, della coerenza e della trasparenza del patrimonio
- di vigilanza
Un rafforzamento della copertura dei rischi all’interno del complessivo sistema dei
- controlli
L’introduzione di un nuovo coefficiente denominato “leverage ratio” come parte
- integrante dei coefficienti patrimoniali con l’obiettivo di evitare aggiramenti della
normativa che consentano di incrementare le esposizioni di rischio
L’introduzione di una serie di misure in grado di creare un cuscinetto di capitale
- durante i periodi di espansione economica da utilizzare nei periodi di crisi.
L’introduzione di un sistema di coefficienti focalizzati sul controllo della liquidità
- delle banche sia a brevissimo termine (30 giorni) sia a più lungo termine.
La fair play regulation
Gli strumenti di fair play regulation sono riconducibili all’esigenza di garantire
un’adeguata trasparenza del mercato dei servizi finanziari.
Vige per le banche l’obbligo di pubblicizzare i tassi d’interesse, i prezzi e ogni altra
condizione economica e di inviare delle comunicazioni alla clientela in merito allo
svolgimento del rapporto e a eventuali modifiche delle condizioni contrattuali.
La vigilanza informativa
La vigilanza informativa si realizza attraverso la richiesta di informazioni e
l’imposizione di determinate tecniche di fornitura di tali informazioni. La Banca d’Italia
può condizionare l’organizzazione amministrativa e contabile delle banche.
In vista dell’avvio dell’Unione Bancaria Europea è stato avviato un processo di
valutazione dello stato di salute delle principali banche europee basato su un’asset
quality review.
La vigilanza ispettiva
La vigilanza ispettiva si realizza in virtù del potere di effettuare ispezioni presso le
banche sottoposte a vigilanza. In effetti esiste presso la banca centrale un corpo di
ispettori che, su ordine del Governatore, si recano presso le banche sia in via ordinaria
(ogni decennio) che straordinaria (quando la vig. informativa mette in luce situazioni
da approfondire).
Verso una nuova vigilanza europea
Nuovo organismo di vigilanza macroprudenziale (European Systemic Risk Board),
incaricato di identificare rischi per la stabilità finanziaria e di raccomandare politiche
per contenerli.
Istituzione di tre autorità di controllo, con funzioni di coordinamento delle politiche di
vigilanza nazionale, distinte per il settore bancario, mobiliare e
assicurativo/previdenziale.
La BCE eserciterà direttamente la vigilanza sulle banche “significative”:
Dimensioni (min. 30 miliardi di attività totali)
- All’importanza per l’economia del paese o dell’UE
- Alla significatività delle sue attività transfrontaliere
- Alla circostanza che la banca abbia avuto accesso ai meccanismi di assistenza
- finanziaria diretta da parte dell’UE.
Capitolo 4
LA RACCOLTA NELL’ECONOMIA DELLA BANCA
La politica di raccolta
Per politica di raccolta si intende l’insieme coordinato delle diverse azioni intraprese
dalla banca allo scopo di ottenere il volume e la composizione di risorse finanziarie
idonee allo svolgimento della propria funzione.
L’acquisizione di risorse finanziarie a qualsiasi titolo, da qualsiasi fonte e su qualsiasi
mercato, costituisce attività di raccolta ed è quindi oggetto della politica di raccolta.
In un’accezione più ristretta, la nozione di politica di raccolta è invece circoscritta alla
sola provvista di risorse finanziarie a titolo di debito e ha quindi per oggetto le sole
variabili che influiscono sui depositi e sugli altri fondi con obbligo di rimborso.
Gli obiettivi della politica di raccolta
Gli obiettivi della politica di raccolta sono subordinati e funzionalmente preordinati alla
strategia aziendale e sono pertanto mutevoli da banca a banca.
La politica di incetta fondi si pone come obiettivo la conservazione o l’espansione della
base monetaria a disposizione della banca e presuppone la fissazione di obiettivi in
termini di tasso di sviluppo, di costo e di composizione della raccolta.
Tali obiettivi devono essere coerenti con i vincoli di liquidità e solvibilità.
Gli obiettivi quantitativi
Gli obiettivi quantitativi della politica di raccolta sono costantemente rivolti
all’aumento.
In realtà il mercato ha pesantemente condizionato le aspettative delle banche italiane
sulla possibile crescita, obbligando a consistenti ridimensionamenti degli obiettivi.
L’accresciuta pressione concorrenziale e la progressiva perdita di quote di mercato
hanno così indotto le banche a politiche di raccolta più aggressive. Queste variano
notevolmente fra le diverse banche a seconda:
Degli obiettivi generali del soggetto economico della banca
- Dell’articolazione territoriale
- Del grado di efficienza e di competitività del mercato di riferimento
-
Questi elementi influiscono sulla determinazione del tasso ottimo pro tempore dello
sviluppo dell’attività della banca e quindi anche del tasso ottimo pro tempore dello
sviluppo della sua raccolta.
Il grado di efficienza e di competitività dei segmenti di mercato in cui operano le
singole banche varia ancora molto da un caso all’altro e esso ha una notevole
influenza sugli obiettivi quantitativi della politica di raccolta.
In linea massima si può dire che quelle che operano in mercati meno efficienti e meno
competitivi possono darsi obiettivi di raccolta più ambiziosi.
Gli obiettivi qualitativi
Gli obiettivi qualitativi si propongono di comporre le diverse forme in cui la raccolta
può articolarsi.
In termini generali, le banche possono raccogliere risorse finanziarie a titolo di debito
con una pluralità di forme tecniche.
Il ricorso a una pluralità di forme tecniche deriva dal desiderio delle banche di disporre
della gamma più ampia possibile di strumenti di raccolta.
La diversa combinazione dei possibili strumenti di raccolta incide infatti sia sulla
stabilità della massa raccolta, sia sulla flessibilità.
L’instabilità della raccolta si ripercuote sulla liquidità e sulla tesoreria.
La flessibilità della raccolta identifica la sua capacità di adattarsi alle mutevoli
condizioni interne ed esterne.
Stabilità e flessibilità possono essere perseguite mediante un classico approccio dei
“grandi numeri”, che porta a frazionare la raccolta sul numero più ampio possibile di
clienti e di segmenti di clientela e della massima diversificazione per forme tecnico-
contrattuali, che porta a ripartire la raccolta sui diversi prodotti.
Alla luce di quanto appena detto, la banca ottiene quindi la stabilità della raccolta
quando:
Induce i singoli clienti a sostituire l’uso della moneta legale con la moneta bancaria
- Estende la propria attività a un elevato numero di clienti
- Seleziona e combina segmenti di clientela i cui flussi di cassa hanno segni contrari
- che consentono alla banca favorevoli effetti compensativi da cui deriva la stabilità
delle risorse finanziarie.
Gli obiettivi di costo
In termini di costo, ciò che importa alla gestione bancaria è l’ottimizzazione della
relazione costo-rischi.
In atri termini, le caratteristiche di rendimento, di rischio e le dinamiche delle variabili
che trovano manifestazione nelle componenti del passivo devono essere congruenti
con le caratteristiche delle variabili che si riflettono sulla struttura dell’attivo e devono
combinarsi con le politiche di impiego in prestiti, in titoli e in partecipazioni.
Gli obiettivi di soddisfazione e ritenzione della clientela
Infine, la politica di raccolta dovrebbe avere come obiettivo l’instaurazione di stabili
relazioni di clientela, orientate al lungo periodo e basate su un costante monitoraggio
dei risultati raggiunti in termini di customer satisfaction, retention, migration.
La soddisfazione dei bisogni della clientela produce infatti diversi effetti suscettibili di
migliorare la redditività. In particolare:
Facilita l’aumento dei ricavi da cross-selling
- Riduce l’elasticità della domanda alle condizioni di prezzo
- Riduce i costi di acquisizione di nuova clientela
- Riduce i rischi di perdita di ricavi per chiusura dei rapporti da parte dei clienti
-
Le leve della politica di raccolta
Al riguardo le politiche commerciali delle banche sembrano orientarsi secondo due
fondamentali approcci: il primo persegue uno sviluppo generalizzato della clientela
con un’ottica di breve periodo;
il secondo ricerca risultati di più lungo periodo e punta a una acquisizione e a una
retention più selettiva.
La politica di prodotto
La politica di prodotto, intesa come innovazione e diversificazione delle caratteristiche
delle passività offerte al pubblico, ha rappresentato negli ultimi venti anni una
variabile estremamente importante nella gestione del passivo delle banche.
L’innovazione relativa a prodotti e servizi finanziari, come noto, è contraddistinta da
un’efficacia limitata, in quanto non è brevettabile e dà luogo a meccanismi imitativi
che rendono fruibili per un periodo estremamente breve i vantaggi dell’innovazione.
Nei riguardi delle politiche di raccolta la tradizionale offerta comprende: certificati di
deposito, pronti contro termine, obbligazioni e titoli strutturati.
Quanto più+ gli strumenti sono standardizzati e presentano un limitato contenuto di
servizio, tanto più ridotta è la percezione da parte del cliente di switching cost
conseguenti allo spostamento da una banca all’altra e tantomeno forti sono i vantaggi
di mantenere una relazione esclusiva con una sola banca.
La politica di prezzo
La politica di prezzo riguarda i criteri base ai quali vengono fissati e variati i prezzi sui
diversi strumenti di raccolta. In linea generale, è evidente che il valore medio dei tassi
passii bancari dovrebbe attestarsi su livelli coerenti con la combinazione rischio-
rendimento-liquidità.
Le quote detenute da ciascuna banca sul mercato della raccolta non dipendono
esclusivamente dai tassi passivi. La strategia di prezzo è infatti più facilmente
imitabile.
In base a un’indagine della Federal Reserve, i fattori che maggiormente contribuiscono
a determinare il prezzo degli strumenti di raccolta bancaria destinati al pubblico sono:
Il tasso d’interesse sul mercato all’ingrosso
- Le strategie di prezzo adottate dai concorrenti
- L’elasticità della clientela
- La struttura per scadenze del passivo
-
Più nello specifico, le politiche di prezzo presentano profili e problematiche differenti a
seconda del tipo di strumento di raccolta desiderato.
Nello strutturare la propria politica di pricing sulle passività monetarie, ogni banca ha
la possibilità di articolare la propria offerta combinando al tasso d’interesse una serie
di elementi ulteriori, che consentono di diluire la manovra del tasso all’interno
dell’insieme di condizioni praticate sul rapporto di deposito e sui servizi a esso
collegati.
Nel caso delle passività monetarie, la combinazione dei diversi prezzi “espliciti” e
“impliciti” permette quindi alla banca di creare un sistema differenziato di offerta in
grado di adattarsi a diverse tipologie di domanda.
Nel recente passato, la distinzione fra passività monetarie e non monetarie non è stata
sempre agevole, dal momento che le passività monetarie hanno assolto per molti anni
una funzione mista, di allocazione del risparmio e di strumento per l’accesso ai servizi
bancari di pagamento, con i conseguenti problemi nell’attuazione delle politiche di
pricing.
La politica di distribuzione
La politica distributiva, intesa come scelta del mix dei canali di vendita dei prodotti e
servizi offerti alla clientela, ha importanti ricadute per le politiche di raccolta.
In passato, le banche hanno visto nell’espansione della rete di sportelli il fattore
determinante della crescita dei depositi.
Alcuni tra i maggiori gruppi bancari hanno annunciato nuovi piani di razionalizzazione
delle reti distributive, con riduzione del numero di filiali.
È inoltre significativa la crescita di:
Negozi finanziari, dedicati all’erogazione di servizi di investimento di varia natura
- Sportelli automatici (ATM)
- Apparecchiature di pagamento (POS)
-
L’introduzione di canali distributivi più moderni permette di contenere i costi, di
accrescere la qualità degli strumenti di pagamento.
L’obiettivo strategico delle banche è il progressivo spostamento dell’attività di
sportello al canale virtuale.
La politica di comunicazione
Nelle banche sono presenti quattro aree di comunicazione
1) Comunicazione commerciale (relazioni con clienti finali)
2) Comunicazione istituzionale (rapporti con diversi stakeholders)
3) Comunicazione gestionale (nella gestione dell’impresa)
4) Comunicazione economico-finanziaria (con i finanziatori)
Gli strumenti della comunicazione commerciale non agiscono solo a livello di
comportamento di acquisto, ma anche a livello di atteggiamento e, in particolare:
Prima dell’acquisto, con la finalità di valorizzare i punti di forza del
- prodotto/servizio
Dopo l’acquisto, per consolidare il comportamento di acquisto e fidelizzare il
- cliente
Gli strumenti impiegabili a tale scopo possono essere classificati in cinque categorie:
Pubblicità
- Promozione delle vendite
- Pubbliche relazioni
- Vendita personale
- Marketing diretto
-
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